TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2024-05-24, n. 202410517
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Testo completo
Pubblicato il 24/05/2024
N. 10517/2024 REG.PROV.COLL.
N. 07614/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7614 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Incandela, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del diniego dell’istanza di concessione della cittadinanza -OMISSIS-;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile 2024 il dott. Gianluca Verico e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con il ricorso in epigrafe viene impugnato il decreto n. -OMISSIS- emesso in data 28.02.2019 con cui il Ministero dell'Interno ha rigettato l'istanza della ricorrente, presentata in data 9.3.2012, volta alla concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. d) della legge n. 91/1992.
L’Amministrazione, in particolare, operando nella motivazione del provvedimento finale un rinvio per relationem agli atti istruttori, risulta aver negato la cittadinanza per la ritenuta insufficienza del reddito.
Avverso il predetto decreto di rigetto ha quindi proposto ricorso l’odierna istante, deducendo i seguenti motivi di diritto:
I. “ Violazione dell’art. 10-bis della l. n. 241 del 1990 perché il provvedimento di diniego non è stato preceduto dal debito preavviso ”, con conseguente frustrazione delle garanzie partecipative;
II. “ Illegittimità per carente, omessa e contraddittoria motivazione — eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti ”, atteso che la motivazione sarebbe generica e l’Amministrazione non avrebbe adeguatamente considerato che la ricorrente vive in Italia da oltre vent’anni, ha contratto matrimonio in Italia nell’anno 2015 con un cittadino italiano, ha una residenza stabile nella casa dove vive che ha acquistato in comproprietà con la figlia, non ha precedenti penali e ben conosce bene la lingua italiana ed è inserita nel contesto sociale italiano da oltre vent’anni;
III. “ Violazione art.3 del dpr n.362 del 1994 e art.9 ter legge n.91 del 1992 ”, in quanto il diniego è stato adottato dopo la scadenza del termine previsto per la conclusione del procedimento, con conseguente consumazione del potere di provvedere.
In data 28.06.2019 si è costituito il Ministero intimato per resistere al ricorso.
Con ordinanza collegiale n. -OMISSIS-del 24.01.2024 il Collegio ha reiterato l’ordinanza istruttoria presidenziale n. -OMISSIS- così formulata: “Considerato che l’istanza di naturalizzazione è stata presentata in data 9 marzo 2012 e che dal 2015 la parte ricorrente risulta sposata con un cittadino italiano, è opportuno verificare se la parte ricorrente ha ancora interesse alla decisione nel merito del ricorso in epigrafe e, in particolare, se ha presentato istanza di attribuzione della cittadinanza per matrimonio ed eventualmente lo stato della relativa pratica”.
La ricorrente, in ottemperanza all’anzidetta ordinanza istruttoria, ha depositato una nota in data 21.03.2024, evidenziando di avere interesse alla decisione della causa e precisando di non aver mai presentata istanza di attribuzione della cittadinanza per matrimonio.
All’udienza pubblica del 22 aprile 2024, pertanto, il ricorso è stato introitato per la decisione.
2.- Il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.
Per ragioni di ordine logico deve essere scrutinato, prioritariamente, il terzo motivo di gravame riguardante l’asserita illegittimità del diniego in quanto adottato dopo la scadenza del termine previsto per la conclusione del procedimento.
Ebbene, contrariamente a quanto eccepito dalla ricorrente, allorché venga presentata un’istanza di concessione della cittadinanza per naturalizzazione ai sensi dell’art. 9, come nel caso in esame, l’Amministrazione conserva senza dubbio il potere di provvedere anche dopo la scadenza del termine di conclusione del procedimento, trattandosi di termine pacificamente ordinatorio e non perentorio, il cui inutile decorso, come ripetutamente chiarito anche da questa Sezione, può semmai legittimare il richiedente a proporre il ricorso avverso il silenzio illegittimamente serbato dall’Amministrazione ex artt. 31 e 117 c.p.a. (TAR Lazio, sez. V bis, n. 3620/2022, 5130/2022, 6604/2022, 6254/2022, 16216/2022) nonché, eventualmente, un’azione di risarcimento per il danno da ritardo, sebbene in presenza di tutti gli altri necessari presupposti.
D’altronde, la costante giurisprudenza (cfr., ex multis, Consiglio di Stato sez. IV, 06/06/2017, n.2718) ha precisato che un termine procedimentale non può rivestire carattere perentorio - tale, cioè, da determinare la consumazione del potere di provvedere in capo all'Amministrazione in caso di suo superamento - se non in presenza di una puntuale ed espressa previsione normativa ovvero di una evidente, manifesta ed univoca ratio legis in tal senso: detti presupposti non sono evidentemente ravvisabili nel caso in esame.
Dalle considerazioni che precedono consegue che l’adozione tardiva del provvedimento non può determinare, per ciò solo, l’illegittimità dell’atto, neanche sotto il profilo della violazione dei canoni generali di buon andamento e imparzialità di cui all’art. 97 Cost., anche tenuto conto della giustificabilità del ritardo in ragione dell’elevatissimo numero di richieste di cittadinanza presentate.
La doglianza va, dunque, respinta.
3.- Ciò posto, quanto al merito della controversia si rende necessario rammentare preliminarmente che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale ripetutamente condiviso anche da questa Sezione (cfr., da ultimo, TAR Lazio, Roma sez. V bis, nn. 14163/2023 e 14172/2023), nel giudizio ampiamente discrezionale che l’amministrazione svolge ai fini della concessione della cittadinanza italiana rientra anche l’accertamento della sufficienza del reddito, in quanto la condizione del possesso di adeguati mezzi di sostentamento dell’istante non è solo funzionale a soddisfare primarie esigenze di sicurezza pubblica, considerata la naturale propensione a deviare del soggetto sfornito di adeguata capacità reddituale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 febbraio 2011, n. 766; id., 16 febbraio 2011, n. 974) – ratio che è alla base delle norme che prescrivono il possesso di tale requisito per l’ingresso in Italia, per il rinnovo del permesso di soggiorno e per il rilascio della carta di soggiorno – ma è anche funzionale ad assicurare che lo straniero possa conseguire l’utile inserimento nella collettività nazionale, con tutti i diritti e i doveri che competono ai suoi membri, cui verrebbe ad essere assoggettato; in particolare, tra gli altri, al dovere di solidarietà sociale di concorrere con i propri mezzi, attraverso il prelievo fiscale, a finanziare la spesa pubblica, funzionale all’erogazione dei servizi pubblici essenziali (cfr., ex multis , Tar Lazio, I ter, 31 dicembre 2021, n. 13690; id., 19 febbraio 2018, n. 1902; Cons. Stato, sez. III, 18 marzo 2019, n. 1726).
La valutazione del requisito reddituale va effettuata tenendo conto non solo di quello già maturato al momento della presentazione della domanda (cfr., TAR Lazio, sez. I ter, 14 gennaio 2021, n. 507; id., 31 dicembre 2021, n. 13690, nonché, da ultimo, sez. V bis, n. 1590/2022 e. 1724/2022) – che deve essere corredata della dichiarazione dei redditi dell’ultimo triennio, come prescritto dal DM 22.11.1994 adottato in base all’art. 1 co. 4 del DPR 18 aprile 1994, n. 362 – ma anche di quello successivo, in quanto lo straniero deve dimostrare di possedere una certa stabilità e continuità