TAR Bari, sez. III, sentenza 2018-01-12, n. 201800067

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2018-01-12, n. 201800067
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201800067
Data del deposito : 12 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/01/2018

N. 00067/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00446/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO I

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 446 del 2013, proposto da:
G A F, S A, S P, rappresentati e difesi dall’avvocato R C, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari, via Dante Alighieri, 51;

contro

Comune di Giovinazzo, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avvocato G R N, con domicilio eletto in Bari, via Piccinni, 150;

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

- della nota dirigenziale prot. n. 1110 del 16.1.2013 con cui Dirigente del 3° Settore (Gestione del Territorio) del Comune di Giovinazzo ha comunicato alla sig.ra A F G il diniego definitivo della D.I.A. n. 732/2012;

- degli atti presupposti a tale diniego, tra cui il preavviso di diniego comunicato con nota prot. n. 26641 del 27.11.2012 del medesimo Ufficio e la nota prot. n. 3353 del 5.2.2009;

- di ogni altro atto connesso e/o consequenziale, anche se allo stato non conosciuto;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Giovinazzo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il dott. Francesco Cocomile e uditi nell’udienza smaltimento del giorno 29 novembre 2017 per le parti i difensori come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

1. - In data 17.9.1999 la sig.ra G A F ed il di lei marito, S P, ottenevano dal Comune di Giovinazzo la concessione edilizia n. 249/1998 per l’esecuzione di lavori di costruzione di un deposito di attrezzi agricoli, di un’abitazione rurale e di un impianto di smaltimento dei liquami di fogna mediante vasca tipo Imhoff, nel fondo rustico di loro proprietà sito in Giovinazzo alla Contrada “Via Vecchia Molfetta” (in catasto al fg. n. 1 p.lla 159).

Con ordinanza n. 175 dell’1.12.1999, il Responsabile del 3° Settore del Comune di Giovinazzo ordinava loro l’immediata sospensione dei lavori al fine di verificare la legittimità della concessione edilizia n. 249/1998.

In data 21.2.2000, quest’ultima veniva annullata con ordinanza dirigenziale n. 14/2000, in quanto la zona oggetto d’intervento era tipizzata come “Area a verde urbano” e non come Zona E1. Con la medesima ordinanza veniva altresì imposto la messa in pristino dello stato dei luoghi.

I coniugi Stufano-G impugnavano dinnanzi a questo Tribunale la suddetta ordinanza, domandandone la sospensione dell’efficacia, ma il T.A.R. respingeva l’istanza.

Con successiva ordinanza n. 117 del 4.12.2003, tuttavia, il Comune di Giovinazzo, nell’esercizio dei suoi poteri di autotutela, annullava d’ufficio la menzionata ordinanza n. 14 del 21.2.2000, considerando che il vincolo gravante sul terreno oggetto della concessione edilizia n. 249/98, introdotto dal PRG approvato nel 1992, in base a quanto previsto dall’art. 2 della legge n. 1187/1968, nell’interpretazione fornita dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato e della Corte Costituzionale, era da reputarsi ormai decaduto.

Ripresi i lavori, in data 1.9.2004, veniva rilasciato il permesso di costruire n. 180/2004, in variante alla citata concessione n. 249/1998, onde conseguire una diversa posizione del manufatto, una diversa sagoma ed una diversa distribuzione interna, sia del piano interrato, sia del piano terra oltre che una diversa posizione della vasca imhoff da installare.

Nei tre anni di validità di tale concessione di variante, i lavori non erano ultimati.

Nel frattempo, in data 9.11.2007, decedeva il sig. S P, lasciando a sé eredi la moglie, G A F ed i figli S A e S P.

In data 12.1.2009, la sig.ra G A F domandava di completare i lavori, eseguendo le opere restanti, mediante DIA.

Il Comune di Giovinazzo con nota del Dirgente del 3° Settore - Urbanistica ed Ambiente, prot. n. 3353 del 5.2.2009 rilevava che il completamento dell’attività edilizia denunciata richiedesse “eventuale titolo di convalida della costruzione eseguita, nonché procedimento di accertamento riferito all’intervenuta scadenza del titolo stesso”. Pertanto, ordinava alla sig.ra G di non eseguire il previsto intervento, avvertendola che, nelle more della definizione dei provvedimenti sopraddetti, i termini di cui all’art. 23, comma 1 del d.p.r. n. 380/2001 restavano sospesi;
comunicava altresì l’avvio del procedimento di riesame della C.E. n. 249/1998 rilasciata il 17.9.1999, “con riferimento agli elementi oggettivi e soggettivi di legittimazione degli stessi titoli edilizi”.

In data 6.11.2012 la sig.ra G depositava un’altra DIA n. 732 per il completamento dei lavori e per la realizzazione dei lavori già assentiti con CE n. 249/98 e con permesso di costruire in variante n. 180/2004, precisando che i suddetti lavori sarebbero stati realizzati ai sensi dell’art. 9, comma 2 d.p.r. n. 380/2001, per avvenuta decadenza dei vincoli urbanistici per decorrenza del termine di validità stabilito dall’art. 2 legge n. 1187/1968.

Tuttavia, con la censurata nota prot. n. 24160/26641 del 27.11.2012 il Dirigente del 3° Settore del Comune di Giovinazzo comunicava che la domanda non poteva essere accolta, perché “… permangono le valutazioni di cui alla nota di questo Ufficio protocollo n. 3353 del 5.2.2009 …, in particolare con riferimento al carattere conformativo dei vincoli di destinazione urbanistica a verde pubblico”. Nel contempo, concedeva termine alla richiedente per presentare osservazioni, riservando all’esito provvedimenti definitivi.

Con nota n. 1110/2013 del 16.1.2013 (parimenti oggetto della presente impugnativa) il Comune di Giovinazzo comunicava il diniego definitivo della DIA n. 732/2012 per i motivi indicati nel preavviso di diniego di cui alla precedente nota prot. n. 26644 del 27.11.2012.

Con l’atto introduttivo del presente giudizio gli odierni ricorrenti G A F, S A e S P impugnavano il provvedimento n. 1110 del 16.1.2013 di diniego definitivo della DIA n. 732/2012 e gli altri atti indicati in ricorso, tra cui il preavviso di diniego del 27.12.2012.

Deducevano censure così sinteticamente riassumibili:

1) violazione di legge (art. 23, commi 1 e 6 d.p.r. n. 380/2001;
art. 10 bis legge n. 241/1990);
eccesso di potere per erronea presupposizione, falsa ed erronea applicazione di norme di legge (art. 10 bis legge n. 241/1990);
eccesso di potere;
straripamento: il Comune di Giovinazzo non avrebbe osservato il termine di 30 giorni di cui all’art. 23, comma 6 d.p.r. 380/2001 nell’adottare il gravato provvedimento inibitorio risalente al 16.1.2013 rispetto alla DIA n. 732 del 6.11.2012, non operando nel caso di specie l’istituto del preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis legge n. 241/1990 e quindi alcun effetto sospensivo del termine entro cui concludere il procedimento inibitorio;

2) violazione di legge (art. 23, comma 6 d.p.r. n. 380/2001);
eccesso di potere per falsa presupposizione e/o per erronea interpretazione di norme di legge (art. 10 bis legge n. 241/1990);
straripamento di potere per illogicità manifesta;
abuso: il provvedimento inibitorio che può essere adottato nei 30 giorni ai sensi dell’art. 23, comma 6 d.p.r. n. 380/2001 è unicamente l’ordine-diffida di non iniziare i lavori;
nella fattispecie in esame sarebbe stato erroneamente adottato l’atto di diniego;

3) violazione di legge (art. 23, comma 6 d.p.r. n. 380/2001;
art. 3 legge n. 241/1990);
violazione di legge (art. 2 legge n. 1187/1968 ora trasfuso nell’art. 9 d.p.r. n. 327/2001;
art. 32 NTE del PRG di Giovinazzo);
eccesso di potere per insufficiente e contraddittoria motivazione;
illogicità: la gravata nota inibitoria del 16.1.2013 di diniego di DIA conterrebbe una motivazione insufficiente in violazione degli artt. 3 legge 241/1990 e 23, comma 6 d.p.r. n. 380/2001, limitandosi a richiamare le ragioni di cui al preavviso di diniego del 27.11.2012, il quale a sua volta rinvia alla nota del 5.2.2009 prot. n. 3353 secondo cui “il completamento dell’attività edilizia denunciata richiede eventuale titolo di convalida della costruzione eseguita, nonché procedimento di accertamento riferito all’intervenuta scadenza del titolo stesso”;
si tratterebbe di una motivazione generica e non comprensibile;
per quanto concerne in particolare la motivazione del censurato diniego del 16.1.2013 contenuta nella richiamata nota di prediniego del 27.11.2012 (“permangono le valutazioni di cui alla nota di questo Ufficio, protocollo 3353 del 5.2.2009 …, in particolare con riferimento al carattere conformativo dei vincoli di destinazione urbanistica a verde pubblico”), in detta nota n. 3353 del 5.2.2009 non si troverebbe affatto alcun riferimento al tale questione;

4) violazione di legge (art. 2 legge n. 1187/1968 e art. 9, commi 3 e 4 d.p.r. n. 327/2001;
art. 32 NTE del PRG di Giovinazzo);
violazione di legge (art. 23, comma 6 d.p.r. n. 380/2001;
art. 3 legge n. 241/1990);
eccesso di potere per erronea presupposizione;
straripamento: in ogni caso la zona su cui ricade l’intervento per cui è causa era tipizzata a verde pubblico ai sensi dell’art. 32 del NTE del PRG approvato nel 1992 (ove si specifica che le aree in esame sono di proprietà pubblica);
la norma in esame configurerebbe un vincolo di tipo sostanzialmente espropriativo, per sua natura ad efficacia temporalmente limitata, e quindi decaduto ai sensi dell’art. 2 legge n. 1187/1968, come del resto riconosciuto dall’ordinanza n. 117/2003;

5) violazione di legge (art. 23, comma 6 d.p.r. n. 380/2001;
artt. 3 e 21 nonies legge n. 241/1990);
eccesso di potere per insufficiente motivazione e violazione del legittimo affidamento;
ingiustizia manifesta: l’intervento in esame era stato avviato con concessione edilizia n. 249/98 e con PDC di variante n. 180/2004;
ciò ha consentito alla stessa G di realizzare il rustico della sua costruzione;
negando con il contestato diniego di DIA alla ricorrente la possibilità di completare l’opera, il Comune di Giovinazzo avrebbe violato l’affidamento maturato nel privato soprattutto a seguito dell’ordinanza n. 117/2003.

2. - Si costituiva il Comune di Giovinazzo, resistendo al gravame.

3. - Nel corso dell’udienza del 29 novembre 2017 la causa passava in decisione.

4. - Ciò premesso in punti di fatto, ritiene questo Collegio che il ricorso debba essere respinto in quanto infondato.

4.1. - Quanto ai primi due motivi di ricorso (suscettibili di disamina unitaria in quanto aventi contenuto analogo), va evidenziato che il censurato provvedimento di prediniego del 27.11.2012 (comunque avente nella sostanza portata inibitoria della DIA n. 732 del 6.11.2012) è tempestivo rispetto al termine di cui all’art. 23, comma 6 d.p.r. n. 380/2001.

4.2. - Relativamente alle successive doglianze concernenti l’asserito difetto di motivazione del censurato diniego e la natura del vincolo gravante sull’area de qua , si rileva quanto segue.

L’impugnato provvedimento del 16.1.2013 rinvia alla motivazione del prediniego del 27.11.2012.

Quest’ultimo contiene la corretta motivazione relativa al carattere conformativo del vincolo di destinazione di cui all’art. 32 NTE contemplato per le aree a verde pubblico (quale quella oggetto del presente giudizio):

«… permangono le valutazioni di cui alla nota di questo Ufficio, protocollo 3353 del 5.2.2009 …, in particolare con riferimento al carattere conformativo dei vincoli di destinazione urbanistica a verde pubblico …».

Va, altresì, evidenziato che le aree a verde pubblico per giurisprudenza amministrativa consolidata (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 22.2.2017, n. 821;
Cons. Stato, Sez. IV, 09/12/2015, n. 5582;
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 11.2.2016, n. 167;
T.A.R. Puglia, Bari, Sez. III, 11.12.2014, n. 1536) danno vita a vincoli conformativi, come correttamente sottolineato nella motivazione del prediniego del 27.11.2012, e quindi per loro natura a durata temporale illimitata.

Peraltro, dal tenore letterale dell’art. 32 NTE risulta che le capacità edificatorie dell’area in esame destinata a verde pubblico, pur se limitate, permangono in parte (essendo possibili una serie di interventi come chioschi, bar, ecc.) e quindi la disposizione attuativa depone nel senso della natura conformativa del vincolo de quo .

Tuttavia, detto vincolo certamente non consentiva l’edificazione dell’opera oggetto del presente contezioso.

Ne consegue che nell’area non è possibile alcun intervento, né tanto meno una DIA che consenta il completamento del precedente PDC n. 180/2004.

4.3. - Infine, per quanto concerne il motivo di gravame sub 5), non può ritenersi maturato alcun legittimo affidamento in capo ai ricorrenti con riferimento alla prospettiva di conseguire un bene della vita ( rectius completamento dell’opera per cui è causa) che certamente - in forza delle considerazioni in precedenza esposte sulla natura del vincolo di destinazione a verde pubblico di cui all’art. 32 NTE - non può spettare agli stessi istanti.

Ha evidenziato a tal riguardo Cons. Stato, Sez. VI, 17/11/2015, n. 5250:

«… com’è stato sottolineato sia da costante giurisprudenza italiana, sia da quella europea, la violazione del legittimo affidamento potrebbe profilarsi soltanto ove (ma non è questo il caso che qui rileva) siano state fornite all’interessato rassicurazioni precise, incondizionate, concordanti nonché provenienti da fonti autorizzate ed affidabili dell’amministrazione e che tali rassicurazioni siano state idonee a generare fondate aspettative nel soggetto cui erano rivolte e che siano conformi alla disciplina applicabile. Infatti, il diritto di avvalersi del principio della tutela del legittimo affidamento può operare solo in presenza di comportamenti che abbiano fatto sorgere fondate speranze a causa di assicurazioni sufficientemente precise provenienti da fonti istituzionali (Corte giustizia CE, sez. III, 17 settembre 2009 , n. 519 - caso Comm. CE c. Koninklijke FrieslandCampina NV;
Tribunale I grado C.e.e., sez. III, 30 novembre 2009 , n. 427, caso France Télécom;
Tribunale I grado C.e.e., sez. II, 04 febbraio 2009 , n. 145, caso Omya AG c. Comm. Ce), con la conseguenza che i principi di tutela del legittimo affidamento, di certezza del diritto e di proporzionalità non possono rappresentare un impedimento per l’azione amministrativa che si riveli per altro verso scevra da elementi che possano inficiarne la validità (sul principio del legittimo affidamento si veda inoltre la sentenza del Consiglio di Stato, sez. VI, 21 giugno 2011, n. 3719).

Applicando le illustrate coordinate interpretative al caso in esame, non sono riscontrabili i necessari presupposti per ritenere la sussistenza di un legittimo affidamento tutelabile, stante l’assenza di elementi positivi idonei ad ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della condotta e dovendo escludersi in radice che l’Autorità abbia adottato, seppur implicitamente, valutazioni aventi valenza di giudizio di liceità delle condotte. …».

Nella fattispecie de qua non sono riscontrabili i necessari presupposti per ritenere la sussistenza di un legittimo affidamento tutelabile, stante l’assenza di elementi positivi idonei ad ingenerare nell’autore della violazione il convincimento in ordine alla liceità della condotta e dovendo escludersi in radice che l’Autorità abbia adottato, seppur implicitamente, valutazioni aventi valenza di giudizio di liceità delle condotte stesse, anche in considerazione dell’alternarsi di provvedimenti (ordinanza n. 175 dell’1.12.1999;
ordinanza dirigenziale n. 14 del 21.2.2000;
preavviso di diniego comunicato con nota prot. n. 26641 del 27.11.2012) che hanno evidenziato la natura conformativa del vincolo (certamente ostativa alla realizzazione dell’opera) ed in considerazione del fatto che comunque era nota la natura conformativa del vincolo a verde pubblico in forza della previsione di cui all’art. 32 NTE e della prevalente giurisprudenza amministrativa sul punto.

Peraltro, i ricorrenti non hanno mai ultimato i lavori di cui al PDC n. 180/2004 a dimostrazione del fatto che gli stessi non avessero certezza in ordine alla legittimità delle opere.

Non può, quindi, affermarsi la sussistenza dell’elemento oggettivo del legittimo affidamento rappresentato dalla preesistenza di un vantaggio (bene giuridico) certo ed univoco conseguito e difeso dal privato.

5. - In conclusione, dalle argomentazioni espresse in precedenza discende la reiezione del ricorso.

6. - In considerazione della peculiarità e novità della controversia sussistono giuste ragioni di equità per compensare le spese di lite.

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