TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2024-12-04, n. 202421823
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Testo completo
Pubblicato il 04/12/2024
N. 21823/2024 REG.PROV.COLL.
N. 07050/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7050 del 2018, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, rappresentato e difeso dall'avvocato Klodjan Kolaj, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento -OMISSIS- emesso dal Ministro dell’interno, in data 15 febbraio 2018 e notificato all’odierno ricorrete in data 27 marzo 2018, con il quale veniva rigettato l’istanza di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art 9, comma 1, lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n.91 nonché di ogni atto comunque presupposto, connesso e/o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2024 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, straniero -OMISSIS-, ha impugnato il provvedimento in epigrafe, con il quale il Ministero dell'Interno ha respinto la domanda di concessione della cittadinanza italiana, presentata ai sensi dell’art. 9, comma 1, lettera e, della legge n. 91/1992, in data 15 febbraio 2018.
A fondamento del diniego, il Ministero dell’Interno ha rappresentato che, dall’attività informativa esperita, sono emersi elementi che non consentono di escludere possibili pericoli per la sicurezza della Repubblica, circostanza quest’ultima ritenuta ostativa alla concessione dello status civitatis .
Il ricorrente insorge avverso il provvedimento di diniego con il presente gravame affidato ai seguenti motivi di ricorso:
1) Violazione dell’articolo 3, comma 1, della legge 241/1990;
2) Violazione di legge – Erronea applicazione dell’art. 6 della legge n. 91 del 1992 ed eccesso di potere per travisamento dei fatti;
3) Violazione dell’articolo 8, comma 1, della legge n. 91 del 1992 per carenza di motivazione nonché mancanza di elementi che hanno portato al rigetto della domanda di concessione della cittadinanza italiana.
A seguito degli incombenti istruttori disposti con ordinanza 1394/2024, la p.a. ha depositato la documentazione con le informative coperte da riservatezza, sottese all’avversato diniego.
All’udienza pubblica del 30 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Si controverte sul rigetto della domanda di cittadinanza, presentata ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992, fondato su motivi inerenti la sicurezza della Repubblica.
La norma in questione dispone che “ La cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno: … f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica ”; ne deriva che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato è solo un presupposto per proporre la domanda a cui segue “ una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale ” (v. Consiglio di Stato, sez. IV, 16 settembre 1999, n. 1474 e, tra le tante, da ultimo, sez. III 23/07/2018 n. 4447).
Alla stregua della giurisprudenza della Sezione, deve ritenersi che l’amplissima discrezionalità dell’Amministrazione in questo procedimento si esplica in un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti - consistenti, sostanzialmente, oltre nel diritto di incolato, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consentono, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si entra a far parte e la possibilità di assunzione di cariche pubbliche) - ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità – consistenti nel dovere di difenderla anche a costo della propria vita in caso di guerra (“ il sacro dovere di difendere la Patria ” sancito, a carico dei soli cittadini, dall’art. 52 della Costituzione), nonché, in tempo di pace, nell'adempimento dei “ doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale ”, consistenti nell’apportare il proprio attivo contributo alla Comunità di cui entra a far parte (art. 2 e 53 Cost.).
A differenza dei normali procedimenti concessori, che esplicano i loro effetti esclusivamente sul piano di uno specifico rapporto Amministrazione/Amministrato, l’ammissione di un nuovo componente nell’elemento costitutivo dello Stato (Popolo), incide sul rapporto individuo/Stato-Comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo; si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (vedi, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, n. 8084/2022; n. 11538/2022; n. 104/2022; cfr. Cons. Stato, AG, n. 9/1999; sez. IV n. 798/1999; n. 4460/2000; n. 195/2005; sez, I, n. 1796/2008; sez. VI, n. 3006/2011; Sez. III, n. 6374/2018; n. 1390/2019, n. 4121/2021; TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012; n. 3920/2013; 4199/2013).
È stato, in proposito, anche osservato che il provvedimento di concessione della cittadinanza refluisce nel novero degli atti di alta amministrazione, che sottende una valutazione di opportunità politico-amministrativa, caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella valutazione dei fatti accertati e acquisiti al procedimento: l'interesse dell'istante ad ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l'interesse pubblico ad inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale.
E se si considera il particolare atteggiarsi di siffatto interesse pubblico, avente natura “composita”, in quanto coevamente teso alla tutela della sicurezza, della stabilità economico-sociale, del rispetto dell’identità nazionale, è facile comprendere il significativo condizionamento che ne deriva sul piano dell’ agere del soggetto alla cui cura lo stesso è affidato.
Quindi, alla luce di quanto premesso, è facile arguire che la valutazione condotta dall’Amministrazione si estende anche alla correlata assenza di vulnus per le condizioni di sicurezza dello Stato ed in relazione alla quale possono assumere rilievo situazioni che - anche se non caratterizzate nell'immediato da concreta lesività - possano essere tali su un piano potenziale e/o di solo pericolo (v. CdS sez. III, 11/05/2016, n. 1874).
In questo quadro, pertanto, l’amministrazione ha il compito di verificare che nel soggetto istante risiedano e si concentrino le qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprime integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.
La concessione della cittadinanza deve rappresentare il suggello sul piano giuridico di un processo di integrazione che nei fatti sia già stato portato a compimento, la formalizzazione di una preesistente situazione di “cittadinanza sostanziale” che giustifica l’attribuzione dello status giuridico (in proposito, Tar Lazio, Sez. II quater, sent. n. 621/2016: “ concessione che costituisce l’effetto della compiuta appartenenza alla comunità nazionale e non causa della stessa ”).
In altre parole, si tratta di valutare il possesso di ogni requisito atto ad assicurare l’inserimento in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare problemi all’ordine e alla sicurezza nazionale, disattendere le regole di civile convivenza ovvero violare i valori identitari dello Stato, gravare sulla finanza pubblica (cfr. ex multis , Tar Lazio, Roma, Sez. I ter, n. 3227 e n. 12006 del 2021 e sez. II quater, n.