TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-02-22, n. 202102147

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2021-02-22, n. 202102147
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202102147
Data del deposito : 22 febbraio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/02/2021

N. 02147/2021 REG.PROV.COLL.

N. 05152/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5152 del 2020, proposto da
Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati G G, C R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio C/O Codacons C R in Roma, viale Giuseppe Mazzini n. 73;

contro

Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi c/o Presidenza del Consiglio dei Ministri, non costituita in giudizio;
Banca D'Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Donato Messineo, Michele Cossa, Leonardo Droglini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avvocato Donato Messineo in Roma, via Nazionale 91;
CONSOB – Commissione Nazionale per la Società e la Borsa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Elisabetta Cappariello, Paolo Palmisano, Simona Zagaria, Gianfranco Randisi, Tiziana Moja, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia, e domicilio fisico eletto presso la propria sede in Roma, Via G.B. Martini n. 3;

nei confronti

Banca Popolare di Bari, Società Cooperativa per Azioni in A.S non costituito in giudizio;

Per.

A) l'annullamento:

- del provvedimento della Commissione per l'Accesso ai Documenti Amministrativi c/o Presidenza del Consiglio dei Ministri datato 27 maggio 2020, notificato in data 3 giugno 2020, di cui al

DICA

0012636 P-4 - 8.1.8.3 del 01/06/2020, con cui è stata dichiarata l'inammissibilità parziale per incompetenza, ed il rigetto per il resto, del ricorso presentato dal Codacons avverso il diniego della Banca d'Italia, notificato il 30 gennaio 2020, dell'istanza di accesso del 18 dicembre 2019, con cui l'Associazione chiedeva: “ ai sensi e per gli effetti di cui agli articoli 22 e ss., Legge n. 241/1990, nonché del DPR n. 184/2006, di prendere visione ed estrarre copia, entro 30 giorni dal ricevimento della presente istanza, degli accertamenti, delle ispezioni, delle istruttorie e delle relative risultanze eseguite dalla Banca d'Italia e dalla Consob ai sensi degli artt. 51, 53, 53-bis, 54 e ss., 67-ter, 68, D. lgv. 1° n. 385/1993, della Direttiva 2013/36/UE, del Provvedimento della B.I. del 18 dicembre 2012 e succ. mod., dell'art. 187-quinquiesdecies, d.lgs. 58/1998, in relazione alla crisi bancaria della Banca Popolare di Bari, oggi commissariata. Si chiede, inoltre, alle stesse Autorità di Vigilanza di avere accesso ai nominativi dei soggetti (persone fisiche, enti e società) debitori nei confronti della BPB degli ultimi 4 anni .”;

- del provvedimento di diniego della Banca d'Italia di cui al Prot. N. 0061007/20 del 17/01/2020, notificato in data 30 gennaio 2020, all'istanza di accesso presentata dal Codacons in data 18/12/2020;

nonché per

B) la disapplicazione, ove possa occorrere, ai fini dell'esibizione documentale richiesta, dell'art. 2, comma 1, lett. a), del Provvedimento del Governatore della Banca d'Italia 16 maggio 1994. e per il conseguente ordine di esibizione dei documenti richiesti con l'stanza di accesso de qua ;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, della Banca d'Italia e della CONSOB;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2020, mediante collegamento da remoto, la dott.ssa R R e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con formale istanza di accesso inoltrata il 18 dicembre 2019, formulata sia ai sensi della L. n. 241/90, sia ai sensi dei DD.LL.vi nn. 33/2013 e 97/2016, il CODACONS, ha chiesto alla Banca d’Italia e alla CONSOB – “ di prendere visione ed estrarre copia, entro 30 giorni dal ricevimento della presente istanza, degli accertamenti, delle ispezioni, delle istruttorie e delle relative risultanze eseguite dalla Banca d’Italia e dalla Consob ai sensi degli artt. 51, 53, 53-bis, 54 e ss., 67-ter, 68, D. lgv. 1° n. 385/1993, della Direttiva 2013/36/UE, del Provvedimento della B.I. del 18 dicembre 2012 e succ. mod., dell’art. 187-quinquiesdecies, d.lgs. 58/1998, in relazione alla crisi bancaria della Banca Popolare di Bari, oggi commissariata. Si chiede, inoltre, alle stesse Autorità di Vigilanza di avere accesso ai nominativi dei soggetti (persone fisiche, enti e società) debitori nei confronti della BPB degli ultimi 4 anni ”.

2. Sia la Banca d’Italia che la CONSOB hanno opposto diniego alla richiesta.

3. Precisamente, la Banca d’Italia con nota n. 0061007/20 del 17.01.2020 ha negato l’accesso invocando:

(i) la mancata sussistenza, in capo alla Associazione ricorrente, di un interesse diretto concreto ed attuale all’ostensione dei documenti:

(ii) la mancanza di specificità in relazione alla richiesta dei nominativi dei debitori della Banca Popolare di Bari, con conseguente necessità per l’Amministrazione di ricorrere ad una attività di elaborazione dati;

(iii) la sussistenza del segreto d’ufficio per i dati detenuti dall’Amministrazione per finalità di vigilanza.

4. La CONSOB, invece, ha evaso l’istanza trasmettendo al CODACONS alcuni documenti pubblici (delibere con cui erano state applicate sanzioni alla Banca Popolare di Bari, nonché sentenze della Corte d’Appello di Bari), e per il resto respingendo l’istanza di accesso deducendo (i) il segreto d’ufficio di cui al combinato disposto dell’art. 24, comma 1 della L. n. 241/90, e dell’art. 4, comma 10, del D.Lgs. n. 58 del 1998;
(ii) la mancanza, nel caso di specie, dei presupposti, connessi alla pendenza di un procedimento sanzionatorio, idonei a far venir meno tale segreto d’ufficio;
(iii) la non applicazione, nel caso di specie, del disposto di cui all’art. 53, par.1, della Direttiva 2013/36/UE, che consente la comunicazione di informazioni riservate nei soli casi di fallimento o di liquidazione coatta delle banche, ma non anche nel caso, in cui si trovava la Banca Popolare di Bari, di amministrazione straordinaria. Inoltre, con riferimento alla richiesta di accesso ai sensi del D. L.vo 33/2013, la CONSOB ha fondato il diniego sull’art.

5-bis, comma 3, del Decreto medesimo, che esclude dall’accesso civico generalizzato i casi di segreto di Stato e gli altri casi di divieti di accesso o di divulgazione “ previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’art. 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990 ”.

5. Avverso il solo diniego espresso dalla Banca d’Italia il CODACONS ha proposto ricorso alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi costituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (in prosieguo solo “la Commissione per l’Accesso”), ai sensi dell’art. 25, comma 4, della L. n. 241/90, argomentando su ciascuna delle motivazioni sulle quali la Banca d’Italia aveva fondato il diniego all’accesso.

6. Con l’atto in epigrafe indicato, oggetto di impugnazione nel presente giudizio, la Commissione per l’accesso, dopo aver rilevato la propria incompetenza a decidere in ordine alla richiesta di accesso civico, ai sensi del D. L.vo 33/2013, ha rammentato il proprio orientamento, secondo cui le Associazioni di categoria non sono tributarie di un generale potere di accesso a fini ispettivi e di vigilanza, non sottraendosi tali Associazioni al disposto di cui all’art. 22 della L. n. 241/90, e richiedendosi, pertanto, anche nei di loro confronti la titolarità di un interesse all’accesso per la tutela di situazioni giuridicamente rilevanti. La Commissione ha peraltro ritenuto l’indagine sulla sussistenza di un interesse qualificato all’accesso << assorbita in considerazione che gli atti richiesti risultano coperti da segreto d’ufficio ex art. 7 dlgs 385/2013 (TUB) per la “esigenza di segretezza in ragione della incisiva azione di vigilanza che la Banca d’Italia sta svolgendo sulla Banca Popolare di Bari ”>>, precisando di non avere il potere di disapplicare norme regolamentari. La Commissione si è quindi pronunciata dichiarando il ricorso in parte inammissibile ed in parte infondato.

7. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio il CODACONS ha impugnato sia l’originario diniego opposto dalla Banca d’Italia, sia la decisione resa dalla Commissione per l’accesso, di conferma del diniego. Dopo aver argomentato la sussistenza della propria legittimazione a ricorrere, ha dedotto:

I) di essere titolare di un interesse diretto, concreto ed attuale, all’ostensione dei documenti.

Parte ricorrente premette che l’istanza di accesso origina dal commissariamento della Banca Popolare di Bari disposto dalla Banca d’Italia con decisione del 13 dicembre 2019, decisione che, a seguito di ingenti perdite patrimoniali e della forte dequotazione delle azioni in borsa, ha indotto l’Ente di vigilanza a disporre lo scioglimento degli organi della Banca Popolare di Bari, sottoponendola a procedura di amministrazione straordinaria ai sensi degli artt. 70 e 98 del T.U.B.

Coloro che hanno collocato i propri risparmi presso la Banca Popolare di Bari, e le Associazioni di categoria che tutelano tali risparmiatori, avrebbero, pertanto, interesse a verificare se e quale attività di vigilanza sia stata svolta dalla Banca d’Italia, al fine di prevenirne il depauperamento. Richiamando il precedente di cui alla sentenza del TAR Toscana, sez. II, n. 6233/2003, l’Associazione ricorrente sostiene che, sebbene i risparmiatori e le Associazioni di categoria non possano considerarsi titolari di un potere generale ed indiscriminato di controllo sull'attività amministrativa, tuttavia, allorquando la necessità di conoscenza del documento detenuto da una Pubblica amministrazione sia collegata strettamente alla salvaguardia di un interesse giuridicamente rilevante, nonché concreto ed effettivo, di cui sia portatrice anche l'associazione, e non solo l'aderente ad essa, allora non si pongono dubbi sulla legittimazione all’accesso.

Richiamando anche il principio affermato recentemente dalla sentenza della Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 6/2020, il CODACONS sostiene di agire a tutela dell’interesse collettivo dei risparmiatori, in presenza di vicende amministrative o normative che ne possano mettere in pericolo il relativo patrimonio, e proprio a tutela del predetto interesse, l’Associazione ricorrente è titolare anche di un interesse proprio e qualificato all’esibizione dei documenti relativi al procedimento di vigilanza instaurato nei confronti della Banca Popolare di Bari;

II) la non genericità della richiesta di produzione documentale relativa ai nominativi dei debitori della Banca Popolare di Bari.

La richiesta documentale in questione non necessiterebbe di alcuna attività di elaborazione dati;
e poiché la Banca d’Italia dovrebbe essere anche nel possesso dei bilanci e delle scritture contabili dell’ente commissariato, se ne desume che essa abbia facile accesso anche all’elenco dei debitori della Banca Popolare di Bari;

III) l’inopponibilità del segreto d’ufficio di cui al combinato disposto dell’art. 24, commi 1 e 2, della L. n. 241/90, e dell’art. 2, del provvedimento del Governatore della Banca d’Italia 16 maggio 1994.

Il CODACONS rileva che l’attività della Banca d’Italia è, secondo quanto previsto dall’art. 7, comma 1, del D. L.vo n. 385/93, coperta da segreto d’ufficio limitatamente alla “ attività di vigilanza ”, per tale dovendosi intendere solo l’attività regolamentata e posta in essere in conformità di quanto previsto dal Titolo III del T.U.B.. Tuttavia, la documentazione oggetto dell’istanza d’accesso avrebbe ad oggetto non la “attività di vigilanza”, ma l’attività disciplinata dal Titolo IV del TUB, cioè alla fase c.d. di “ gestione della crisi ”, dedicata alla adozione delle “ misure preparatorie, di intervento precoce e di liquidazione coatta amministrativa ”. Da questo punto di vista la decisione del Governatore della Banca d’Italia del 16 maggio 1994, che individua i documenti sottratti all’accesso, includendovi anche quelli afferenti l’attività di “ gestione della crisi ”, costituisce l’unica fonte del segreto invocato, nel caso di specie, dalla Banca d’Italia per fondare il diniego all’accesso, ma trattandosi di una normativa di carattere secondario, dovrebbe essere disapplicata per contrarietà alla norma primaria (di cui all’art. 7, comma 1, del D. L.vo 385/93).

IV) Violazione dell’art. 24, comma 7, della L. n. 241/90, e conseguente lesione del diritto di accesso del Codacons.

Il segreto d’ufficio non può valere a paralizzare sempre il diritto di accesso: ciò in particolare quando l’accesso sia fatto valere a fini difensivi, poiché, in base a quanto previsto dall’art. 24, comma 7, della L. n. 241/90, le necessità difensive, riconducibili ai principi tutelati dall'art. 24 della Costituzione, sono ritenute prioritarie, dunque il diritto di accesso deve essere garantito a chi deve acquisire la conoscenza di determinati atti per la cura di interessi protetti dall’ordinamento: la sussistenza del diritto all’accesso nel caso di specie, pertanto, discende dall’interesse diretto, concreto ed attuale alla conoscenza dei documenti che ineriscono agli interventi posti in essere dall’Autorità anche in vista della possibile insorgenza di un diritto al risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, dell’Associazione nei confronti di Banca d’Italia. Del resto, rammenta parte ricorrente, il Consiglio di Stato già da tempo ha affermato l’autonomia del diritto di accesso rispetto alla situazione che legittima l’azione giudiziale, evidenziando che l’accesso c.d. “difensivo” non presuppone necessariamente il già avvenuto avvio di una fase contenziosa, né la fondatezza della pretesa, e neppure può essere automaticamente compresso ed escluso a fronte di ipotesi di segretezza degli atti.

V) Violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33, come modificato dal d.lgs. 25 maggio 2016, n. 97. Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 e 113 della Costituzione. Violazione dei principi di imparzialità e di trasparenza dell'attività amministrativa. eccesso di potere.

Parte ricorrente invoca infine, a sostegno della richiesta di ostensione, l’istituto dell c.d. “ accesso civico generalizzato ”, disciplinato dal D. L.vo n. 22/2013, che, a tutela del principio democratico, legittima forme di controllo diffuso sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche: nel caso di specie la Banca d’Italia e le restanti Amministrazioni pubbliche coinvolte non avrebbero assicurato il diritto del CODACONS di accedere ai dati e ai documenti detenuti da esse detenuti, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione come previsto dall’art. 5 del D.Lgs n. 33/2013.

8. Si sono costituiti in giudizio, per resistere al ricorso, la Banca d’Italia, la CONSOB e la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

8.1. La CONSOB ha preliminarmente fatto rilevare, in fatto, che il diniego da essa opposto all’istanza di accesso originariamente a lei rivolta non è stato fatto oggetto di impugnazione innanzi la Commissione per l’accesso, restando, per conseguenza, completamente estranea al procedimento svoltosi innanzi tale organo: la decisione finale della Commissione, pertanto, non avrebbe in alcun modo riguardato il provvedimento negativo adottato dalla CONSOB nei confronti del ricorrente;
in subordine ha rilevato la tardività del ricorso, tenuto conto del fatto che il diniego all’istanza di accesso è stato espresso con nota del 17 gennaio 2020, data dalla quale decorreva il termine di trenta giorni per presentare ricorso giurisdizionale o per chiedere alla Commissione il riesame del provvedimento sfavorevole: non avendo il CODACONS chiesto tale riesame il ricorso giurisdizionale, notificato il 3 luglio 2020, è irrimediabilmente tardivo. La CONSOB ha ancora eccepito l’inammissibilità del ricorso per ché fondato su motivi generici, perché diretto all’esercizio di un controllo generalizzato sull’operato della CONSOB, e per il carattere meramente esplorativo dell’istanza di accesso. Nel merito, in ulteriore subordine, la CONSOB invoca il segreto ex art. 4, comma 10, del TUF, non soltanto perché non ricorrerebbero i presupposti a fronte dei quali la Corte Costituzionale (con sentenze n. 460 del 3 novembre 2000 e n. 32 del 26 gennaio 2005) ha ritenuto inopponibile tale segreto d’ufficio, ma anche perché troverebbe applicazione nel caso di specie il disposto di cui all’art. 53, par. 1, della Direttiva 2013/36/UE che consente la comunicazione di informazioni riservate nei soli casi di fallimento o di liquidazione coatta delle banche, ma non anche nel caso (come è quello che riguarda oggi la Banca Popolare di Bari) di amministrazione straordinaria.

8.2. La Banca d’Italia ha resistito al ricorso in sostanza ribadendo le motivazioni già poste a fondamento dell’originario diniego, e quindi deducendo:

(i) che il CODACONS non è titolare di un diritto di accesso qualitativamente diverso da quello che l’ordinamento riconosce in generale ad ogni soggetto, ragione per cui a tale ente è opponibile il divieto di esercitare l’accesso finalizzato a realizzare un controllo generalizzato sull’amministrazione;

(ii) che non è chiaro quale sia l’interesse dell’Associazione ricorrente, che giustifichi la richiesta di accesso, né è chiaro dove risieda il collegamento tra le finalità dell’Associazione e i documenti richiesti: al contrario – sostiene la Banca d’Italia – le affermazioni del CODACONS - circa la necessità delle associazioni che rappresentano i risparmiatori, di essere “ coinvolti nella verifica della gestione degli istituti dove sono depositati i propri risparmi ” e di “ partecipare alle indagini svolte dall’amministrazione ” -non appaiono idonee a individuare in capo al medesimo un interesse concreto, diretto ed attuale, come tale meritevole di tutela mediante diritto all’accesso;
peraltro, la finalità meramente esplorativa dell’iniziativa del CODACONS sarebbe evidenziata anche dall’ampiezza della richiesta di accesso, che riguarda tutti gli accertamenti, ispezioni ed istruttorie e relative risultanze, relative alla crisi della Banca Popolare di Bari, nonché i nominativi dei relativi debitori;
dipoi non è dato comprendere, secondo la Banca d’Italia, se il ricorrente intenda esaminare la predetta documentazione al fine di far valere eventuali omissioni della Banca d’Italia nell’attività di vigilanza, ovvero la responsabilità dei vertici della Banca Popolare di Bari, che sono già indagati in vari procedimenti penali, che vedono la Banca d’Italia quale persona offesa;

(iii) che la richiesta di ottenere i nominativi dei debitori della Banca Popolare di Bari sarebbe inammissibile per l’estrema indeterminatezza e per la palese insussistenza di qualsiasi interesse a supporto, non apprezzandosi un collegamento tra la conoscenza dei nominativi di tutti i titolari di posizioni debitorie nei confronti della BPB ed il perseguimento delle finalità statutarie dell’associazione;
si tratterebbe, comunque, di informazioni che non sono contenute in uno specifico documento detenuto dalla Banca d’Italia, che potrebbe ricavare parte di tali informazioni solo a seguito di una attività di elaborazione dei dati ricavabili dalla Centrale dei rischi o dalle segnalazioni che a fini prudenziali effettuano le banche sulle loro posizioni a rischio;
analoga richiesta, peraltro, è già stata avanzata in passato dal CODACONS, la cui pretesa è stata ritenuta infondata con sentenza di questo Tribunale n. 9023/2017;

(iv) i documenti chiesti in ostensione sono detenuti dalla Banca d’Italia in ragione della sua attività di vigilanza, e sono perciò sottratti all’accesso in quanto coperti da segreto ai sensi dell’art. 7 del TU bancario e dell’art. 24, comma 1 della l. 241/1990, segreto che si riferisce a ogni attività di vigilanza della Banca d’Italia: l’operatività di tale segreto è predicabile in ragione del fatto che la richiesta di accesso non si riferisce ad atti adottati dalla Banca d’Italia durante il periodo di commissariamento della BPB, ma ha ad oggetto tutti gli accertamenti e ispezioni compiute sulla medesima banca precedentemente all’avvio del procedimento di amministrazione straordinaria, nel contesto delle attività eseguite dall’Autorità di vigilanza ai sensi degli artt. 51, 53, 53-bis, 54 e ss., 67-ter e 68 del TUB, tutte attività che sono regolate nel Titolo III del TUB, cioè nel corso delle attività di vigilanza demandante alla Banca d’Italia;
peraltro, anche l’attività di “ gestione della crisi ”, che si esplica nell’amministrazione straordinaria, è coperta dal segreto, ai sensi dell’art. 5 del D. L.vo n. 180/2015, anche perché le norme europee impongono di assicurare la riservatezza sull’attività di supervisione bancaria contro una indebita diffusione di informazioni, a tutela della stabilità dei mercati finanziari e della tutela del risparmio.

(v) a superare il predetto segreto d’ufficio non varrebbe neppure l’accesso difensivo, invocato dal Codacons per tutelare i diritti dei risparmiatori nell’ambito dei procedimenti penali già pendenti avanti il Tribunale di Bari: richiamando la pronuncia dell’Adunanza Plenaria n. 20/2020, la Banca d’Italia ha rilevato che l’accesso defensionale, operando entro limiti più stringenti, implica che la parte interessata all’ostensione dimostri, oltre alla corrispondenza ed al collegamento tra la situazione che si assume protetta e il documento di cui si invoca la conoscenza, anche la necessità della conoscenza dell’atto: questa necessità non è predicabile nel caso di specie, laddove è proprio il CODACONS ad affermare, in termini meramente ipotetici, che i documenti chiesti in ostensione potrebbero essere necessari nel corso dei procedimenti penali;
secondo la Banca d’Italia, poi, il segreto d’ufficio non sarebbe sempre recessivo di fronte all’accesso difensivo, avendo la giurisprudenza chiarito che le sole ipotesi in cui l’accesso difensivo sarebbe salvaguardato sono quelle in cui si chiede l’ostensione di atti che siano confluiti in un procedimento sanzionatorio o a carattere contenzioso e la cui conoscenza sia necessaria per la difesa dell’interessato nell’ambito del procedimento stesso o nella successiva fase contenziosa (v. Corte Costituzionale, sentenza 26 gennaio 2005 n. 32;
TAR Lazio, Sez. III, 10 luglio 2014 n. 7367;
Sez. III, 2 dicembre 2015, n. 13603);
la Banca d’Italia ha inoltre sostenuto che nel valutare le istanze di accesso difensivo a documenti di vigilanza coperti da segreto, l’Autorità competente deve, prima di tutto, verificare che l’istante abbia dato conto della pertinenza delle informazioni rispetto a un processo, di cui sia già individuato in modo puntuale l’oggetto, ed in secondo luogo deve bilanciare gli interessi in gioco, con esclusione della prevalenza acritica delle prospettate esigenze difensive;
nel caso di specie il CODACONS si sarebbe limitato ad una generica enunciazione delle esigenze difensive, senza chiarirne l’oggetto e senza spiegare il nesso di pertinenza tra i documenti richiesti ed i procedimenti penali pendenti avanti il Tribunale di Bari, e comunque il diniego all’accesso si giustificherebbe in ragione della delicatezza degli interessi in gioco, tenuto conto del fatto che la Banca Popolare di Bari non é stata messa in liquidazione e non è stata espulsa dal mercato.

8.3. Pure la Presidenza del Consiglio dei Ministri si è costituita in giudizio, depositando comparsa di mera forma, oltre ad una relazione del Segretariato Generale.

9. Dopo scambio di memorie il ricorso è stato chiamato ed introitato in decisione alla camera di consiglio dell’11 novembre 2020.

DIRITTO

10. Preliminarmente il Collegio deve dare atto della fondatezza dell’eccezione sollevata da CONSOB, a mezzo della quale si contesta la di lei legittimazione passiva al presente giudizio.

10.1. Emerge per tabulas , dai documenti acquisiti al fascicolo di causa, che il CODACONS, dopo aver ricevuto dalla Banca d’Italia e dalla CONSOB la notifica del diniego sull’istanza di accesso presentata il 18 dicembre 2019, ha presentato istanza di riesame alla Commissione per l’accesso ai documenti amministrativi, istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (in prosieguo indicata solo come “la Commissione” oppure “la Commissione per l’accesso”), ma ciò solo con riferimento al diniego opposto dalla Banca d’Italia: tanto si desume sia dalle conclusioni assunte dall’Associazione ricorrente nell’istanza di riesame presentata il 27 febbraio 2020, laddove si chiede che la Commissione “ riesamini il caso e, valutata la legittimità del diniego opposto dalla Banca d’Italia…assuma le conseguenti determinazioni ”;
sia dal complesso dei motivi posti a corredo dell’istanza, che richiamano esplicitamente solo il diniego opposto dalla Banca d’Italia e sono strutturati in forma di replica ai motivi da quest’ultima indicati (mancanza di interesse diretto, concreto ed attuale del CODACONS all’ostensione dei documenti;
mancanza di specificità in relazione alla richiesta dei nominativi dei debitori;
sussistenza del segreto d’ufficio).

10.2. Il ricorso introduttivo del giudizio, a sua volta, non contiene alcun riferimento al diniego opposto dalla CONSOB, mirando solo all’annullamento del provvedimento della Commissione, all’annullamento del diniego opposto dalla Banca d’Italia ed all’accertamento del diritto di parte ricorrente alla esibizione “ dei documenti richiesti con l’istanza di accesso de qua ”, cioè l’istanza di accesso diretta alla Banca d’Italia.

10.3. Segue da quanto sopra che effettivamente il diniego opposto dalla CONSOB non costituisce oggetto del presente giudizio, né per via diretta, né previa demolizione dell’impugnato provvedimento della Commissione per l’accesso, che del diniego della CONSOB non tratta minimamente.

10.4. Non ravvisandosi, poi, alcuna ragione processuale che imponesse di estendere il contraddittorio alla CONSOB, deve conclusivamente dichiararsi il difetto di legittimazione passiva di quest’ultima al presente giudizio, disponendone l’estromissione.

11. A questo punto, prima di procedere con la disamina delle doglianze poste a fondamento del ricorso, e della correlativa domanda con cui il CODACONS chiede accertarsi il suo diritto alla ostensione degli atti, il Collegio ritiene opportuno richiamare, sia pur brevemente, i principi generali che la giurisprudenza è venuta formulando in materia di interessi collettivi e diffusi, in particolare alla luce dei principi affermati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella recente sentenza n. 6/2020, a più riprese invocata da parte ricorrente per sostenere l’illegittimità del diniego opposto dalla Banca d’Italia.

11.1. La citata pronuncia, infatti, ha esaminato la questione se gli enti esponenziali di interessi diffusi abbiano la legittimazione ad agire in giudizio solo nei casi espressamente previsti dalla legge o se, invece, una tale legittimazione essi abbiano anche in relazione a situazioni non tipizzate dal legislatore, sempreché si tratti di enti aventi caratteristiche tali da far assumere loro - in base alla giurisprudenza consolidata - la titolarità di interessi diffusi ( id est : l’effettiva rappresentatività, la cura di quegli interessi da per finalità statutaria, la stabilità e non occasionalità dell’ente, il collegamento con il territorio, se del caso). Più in dettaglio essa pronuncia è stata chiamata a verificare se il CODACONS abbia legittimazione ad agire in giudizio per esperire, innanzi al Giudice Amministrativo, azioni di annullamento di atti amministrativi, sebbene simili azioni giudiziarie non siano espressamente indicate dall’art. 139 del D. L.vo n. 206/2005, tra quelle che possono esperite dalle associazioni dei consumatori e utenti inserite nell’elenco di cui all’art. 137 del Codice del Consumo.

11.2. L’Adunanza Plenaria è pervenuta, come noto, ad una risposta chiaramente ispirata alla tutela degli interessi diffusi “collettivizzati”, e quindi ad un favor per gli enti esponenziali, ai quali, se iscritti in appositi elenchi abilitanti o se in possesso dei requisiti individuati dalla giurisprudenza (sopra ricordati), ha riconosciuto l’astratta legittimazione ad esperire ogni tipo di azione giudiziaria, anche non specificamente prevista dal legislatore. Ma, per giungere a tale conclusione, l’Adunanza Plenaria si è soffermata sui tratti caratteristici dell’interesse diffuso, rammentando che, ancora all’attualità

6.1. L’interesse diffuso del quale si sta discorrendo è un interesse sostanziale che eccede la sfera dei singoli per assumere una connotazione condivisa e non esclusiva, quale interesse di “tutti” in relazione ad un bene dal cui godimento individuale nessuno può essere escluso, ed il cui godimento non esclude quello di tutti gli altri.

Ciò chiarito, l’interesse sostanziale del singolo, inteso quale componente individuale del più ampio interesse diffuso, non assurge ad una situazione sostanziale “personale” suscettibile di tutela giurisdizionale (non è cioè protetto da un diritto o un interesse legittimo) posto che l’ordinamento non può offrire protezione giuridica ad un interesse sostanziale individuale che non è in tutto o in parte esclusivo o suscettibile di appropriazione individuale.

6.2. E’ solo proiettato nella dimensione collettiva che l’interesse diviene suscettibile di tutela, quale sintesi e non sommatoria dell’interesse di tutti gli appartenenti alla collettività o alla categoria, e che dunque si dota della protezione propria dell’interesse legittimo, sicché - per tornare alla critica mossa dall’orientamento giurisprudenziale citato, incentrata sull’asserita violazione dell’art. 81 cpc - seppur è lecito opinare circa l’esistenza o meno, allo stato dell’attuale evoluzione sociale e ordinamentale, di un interesse legittimo collettivo, deve invece recisamente escludersi che le associazioni, nel richiedere in nome proprio la tutela giurisdizionale, azionino un “diritto” di altri. La situazione giuridica azionata è la propria. Essa è relativa ad interessi diffusi nella comunità o nella categoria, i quali vivono sprovvisti di protezione sino a quando un soggetto collettivo, strutturato e rappresentativo, non li incarni. Non in forza di una fictio ma di un giudizio di individuazione e selezione degli interessi da proteggere, nonché della rigorosa verifica della rappresentatività del soggetto collettivo che ne promuove la tutela.”

11.3. 11.3. Il riconoscimento della suddetta legittimazione ad agire consegue, dunque, alla considerazione che essa è, e deve intendersi, finalizzata alla tutela di un << interesse di “tutti” in relazione ad un bene dal cui godimento individuale nessuno può essere escluso, ed il cui godimento non esclude quello di tutti gli altri >>, interesse che solo giustifica l’affermazione secondo cui l’ente agisce in giudizio per far valere un interesse o un diritto “proprio”, e che peraltro implica che la relativa tutela non possa passare attraverso l’azione di singoli. Il concetto è ribadito al paragrafo 10 della pronuncia in esame, laddove questa afferma:

Si è sin qui chiarito che, fermi i presupposti individuati nel tempo dalla giurisprudenza, nessun dubbio debba porsi in ordine alla legittimazione delle associazioni, quando siano presenti, nella situazione giuridica azionata, tutti i tratti salienti dell’interesse collettivo. In altri termini, la legittimazione, per sussistere, deve riferirsi a un interesse originariamente diffuso, e quindi adespota, che, attenendo a beni a fruizione collettiva, si “personalizza” in capo a un ente esponenziale, munito di dati caratteri, ponendosi per tale via come interesse legittimo proprio dell’ente (la qual cosa esclude la pertinenza del richiamo, per negare la legittimazione, alla sostituzione processuale di cui all’articolo 81, c.p.c.).”.

11.4. Peraltro l’Adunanza Plenaria, dando ulteriori indicazioni alla Sezione rimettente, ai fini del decidere, e con specifico riferimento al caso all’esame - che vedeva proprio il CODACONS ricorrente, per ottenere l’annullamento di atti con cui la Banca d’Italia aveva disposto la risoluzione di alcuni istituti di credito ed altre determinazioni conseguenziali, incidenti sul valore del patrimonio di tali istituti - si è posta anche il problema della azionabilità degli interessi diffusi “collettivizzati”, quando essi coesistano con interessi plurisoggettivi;
sul punto la pronuncia così ha statuito:

“.. questa Adunanza ritiene che quando vi sia compresenza di interessi collettivi in capo all’ente associativo e di interessi individuali concorrenti, autonomamente azionabili, sia necessario acclarare che l’ente non si sta affiancando alle posizioni individuali di più soggetti nella difesa di un interesse che resta individuale pur se plurisoggettivo –il che potrebbe al più sorreggere una legittimazione al mero intervento- ma sta facendo valere un interesse proprio, di natura collettiva nei termini dianzi evidenziati, che può coesistere con più posizioni individuali.

Tale accertamento non può che essere condotto alla luce dei seguenti punti fermi:

- l’interesse collettivo del quale si è occupata la giurisprudenza, sin qui considerata, è una "derivazione" dell'interesse diffuso per sua natura adespota, non già una "superfetazione" o una "posizione parallela" di un interesse legittimo comunque ascrivibile anche in capo ai singoli componenti della collettività (sul punto, Consiglio di Stato, Sez V, 12 marzo 2019, n. 1640).

- esso può considerarsi sussistente ove riferito a beni materiali o immateriali a fruizione collettiva e non esclusiva, tenendo comunque presente, in linea generale, che è pur possibile che un provvedimento amministrativo incida al contempo su interessi sia collettivi che individuali, ma che l’associazione è legittimata ad agire solo quando l’interesse collettivo possa dirsi effettivamente sussistente secondo la valutazione che ne fa il giudice;

- la diversità ontologica dell’interesse collettivo (ove accertato secondo il criterio sin qui rappresentato), rispetto all’interesse legittimo individuale, porta ad escludere, in radice, la necessità di un’indagine in termini di omogeneità (oltre che degli interessi diffusi dal quale quello collettivo promana, anche) degli interessi legittimi individuali eventualmente lesi dall’esercizio del potere contestato. Nel senso che se l’interesse collettivo c’è, si tratta di un interesse dell’ente e quindi diventa non pertinente in radice porsi anche il tema dell’omogeneità degli interessi legittimi individuali dei singoli (in tal senso, chiaramente, Cons. Stato, sez. IV, 18 novembre 2013, n. 5451)… .”.

11.5. Emerge, dunque, da una attenta lettura della sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 6/2020 che l’ampia e atipica legittimazione ad agire riconosciuta agli enti esponenziali di interessi diffusi comunque non prescinde dalla titolarità dell’interesse sostanziale, ragione per cui “ l’associazione è legittimata ad agire solo quando l’interesse collettivo possa dirsi effettivamente sussistente secondo la valutazione che ne fa il giudice ”.

12. In punto di diritto è ancora utile ricordare, prima di passare alla disamina del ricorso introduttivo del giudizio, che l’interesse collettivo e la finalità meramente esplorativa del diritto di accesso si pongono, tra loro, in relazione inversa, nel senso che: se un interesse collettivo é concreto, diretto ed attuale, esso può essere azionato in giudizio dall’ente esponenziale, anche in sede di accesso, malgrado la domanda di ostensione possa avere ad oggetto una vasta quantità e gamma di documenti;
viceversa, laddove l’interesse azionato dall’ente esponenziale non sia concreto, diretto ed attuale, esso non è apprezzabile e qualificabile in termini di interesse collettivo, e quindi l’eventuale istanza di accesso presentata dall’ente esponenziale, in pretesa tutela di un simile interesse, inevitabilmente si traduce in un mero controllo dell’attività amministrativa, finalizzata alla ricerca della prova della lesione di una situazione di vantaggio ,di cui non è ancora nota l’esistenza.

Quanto sopra è ben evidenziato in un passaggio della motivazione di altra pronuncia dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, cioè la n. 10/2020: ivi, dopo aver passato in rassegna le varie tipologie di interessi che possono motivare un operatore economico a chiedere l’accesso agli atti di gara, l’Adunanza Plenaria si esprime nei termini che seguono:

“…occorre però, ai fini dell'accesso, che l'interesse dell'istante, pur in astratto legittimato, possa considerarsi concreto, attuale, diretto, e, in particolare, che preesista all'istanza di accesso e non ne sia, invece, conseguenza;
in altri termini, che l'esistenza di detto interesse - per il verificarsi, ad esempio, di una delle situazioni che legittimerebbe o addirittura imporrebbe la risoluzione del rapporto con l'appaltatore, ai sensi dell'art. 108, commi 1 e 2, del d. lgs. n. 50 del 2016, e potrebbero indurre l'amministrazione a scorrere la graduatoria - sia anteriore all'istanza di accesso documentale che, quindi, non deve essere impiegata e piegata a "costruire" ad hoc, con una finalità esplorativa, le premesse affinché sorga ex post.

15.1. Diversamente, infatti, l'accesso documentale assolverebbe ad una finalità, espressamente vietata dalla legge, perché preordinata ad un non consentito controllo generalizzato sull'attività, pubblicistica o privatistica, delle pubbliche amministrazioni (art. 24, comma 4, della l. n. 241 del 1990) .”.

13. Venendo al caso che occupa, il Collegio osserva, anzitutto, che non si comprende la natura dell’interesse collettivo che il CODACONS intende tutelare mediante l’ostensione dei documenti richiesti alla Banca d’Italia: precisamente non si comprende se, ed in cosa, esso si distingua dall’interesse dei singoli risparmiatori e quale sia, esattamente, il bene, materiale o immateriale, a fruizione non esclusiva, cui afferirebbe tale interesse.

13.1.Posto che le decisioni adottate dalla Banca d’Italia nei confronti della Banca Popolare di Bari, benché note al CODACONS – quantomeno nella parte dispositiva – e benché risalenti alla fine del 2019, non sono state impugnate dal ricorrente, non si capisce quale interesse di natura collettiva, riferibile in via diretta al solo CODACONS e connotato da concretezza ed attualità, sia sotteso alla istanza di accesso. Ed invero:

- il ricorrente accenna alla necessità di verificare se non siano ravvisabili responsabilità in capo all’organo di vigilanza (cioè la Banca d’Italia) per lo stato di dissesto in cui è venuta a trovarsi la Banca Popolare di Bari, ma il Collegio ritiene che simili responsabilità, di natura civilistica, possano essere fatte valere solo dai singoli risparmiatori, non dal CODACONS in nome proprio;

- quest’ultimo accenna anche alla pendenza di procedimenti penali nell’ambito dei quali esso avrebbe intenzione di costituirsi parte civile: ma dal momento che il CODACONS nulla di specifico e chiaro ha riferito, circa la natura dell’interesse che dovrebbe sostenere la costituzione di parte civile e che – in tesi – dovrebbe legittimarlo a reclamare per sé un risarcimento di natura civilistica, il Collegio, ancora una volta, deve constatare la vaghezza dell’interesse fatto valere;

- infine, anche a voler ipotizzare che l’interesse del CODACONS, alla ostensione degli atti richiesti, sia collegabile alla sanzionabilità in sede amministrativa o penale di eventuali fatti di mala gestio occorsi durante l’attività di vigilanza della Banca d’Italia, resta il fatto che esso nulla ha prospettato al proposito, mancando di fornire al Collegio elementi di valutazione.

13.2. E’ lo stesso CODACONS, del resto, ad ammettere nei propri scritti di non sapere ancora quale uso possa/intenda fare della documentazione di cui ha chiesto l’ostensione: così facendo, però, dimostra di non aver rettamente inteso il principio enunciato dall’Adunanza Plenaria, nella sentenza n. 6/2020, dando per scontato che il riconoscimento “a 360 gradi” della legittimazione ad agire in giudizio equivalga al riconoscimento, in capo agli enti esponenziali dell’interesse collettivo sostanziale: si è visto, invece, che così non è, tanto che la citata pronuncia ha ritenuto di dover richiamare l’attenzione della Sezione rimettente sul fatto che “ l’associazione è legittimata ad agire solo quando l’interesse collettivo possa dirsi effettivamente sussistente secondo la valutazione che ne fa il giudice ”, lasciando intendere che l’esistenza e la titolarità dell’interesse collettivo sostanziale non si presume, deve essere accertata caso per caso, e tanto vale anche nei confronti del CODACONS.

14. Da quanto esposto consegue che l’istanza di accesso oggetto del presente giudizio risulta, inevitabilmente, finalizzata all’esercizio di un controllo generalizzato sull’operato della Pubblica Amministrazione: vale sul punto precisare che per “ controllo generalizzato ” non si deve intendere solo il controllo che sia esteso all’intera attività di una Pubblica Amministrazione, ben potendosi tale locuzione riferire ad ogni controllo che non abbia una finalità già definita ed individuabile al momento della proposizione dell'istanza di accesso.

15. Alla luce delle considerazioni che precedono, gli atti impugnati devono considerarsi legittimi nella parte in cui hanno negato al CODACONS l’accesso c.d. “documentale”, essendo stata correttamente ravvisata una preclusione nella natura meramente esplorativa dell’istanza e nella correlata mancanza, in capo al ricorrente, di un interesse diretto, concreto ed attuale. Tale motivazione giustifica da sola il diniego opposto al CODACONS ai sensi della L. n. 241/90, stante che il diritto di accesso disciplinato da tale legge non cambia natura e connotati a seconda che si tratti di tutelare un interesse individuale o collettivo: gli enti esponenziali di interessi collettivi sono pertanto soggetti, nell’esercitare l’accesso ex L. 241/90, agli stessi limiti e divieti ai quali soggiace il diritto di accesso di qualsiasi altro soggetto ( C.d.S. Sez. IV, n. 2462/2015), tra i quali anche il divieto di utilizzarlo per finalità di controllo generalizzato.

16. Gli atti impugnati, peraltro, sono legittimi anche nella parte in cui hanno negato a parte ricorrente l’ostensione degli atti ai sensi del D. L.vo 33/2013.

16.1. L’art. 5 bis, introdotto nel corpo del D. L.vo 33/2013 dal D. L.vo n. 97/2016, prevede limiti all’esercizio del c.d. “accesso civico generalizzato”, in particolare avendo introdotto limiti “assoluti”, coperti da riserva di legge e come tali mai derogabili, e limiti “relativi”, caratterizzati dal fatto che all’Amministrazione è rimesso di valutare discrezionalmente se l’accesso sia idoneo a cagionare un pregiudizio a determinati interessi, indicati dalla norma.

16.2. Nel caso che occupa, la Banca d’Italia ha opposto al CODACONS un limite riconducibile all’art. 5 bis, comma 3, il quale stabilisce che “ il diritto di cui all'articolo 5, comma 2, e' escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l'accesso e' subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalita' o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990. ”;
trattasi di un limite del quale la giurisprudenza ha già affermato la natura “assoluta”, e quindi non derogabile, ed al quale sono state ricondotte anche le ipotesi di segreto contemplate all’art. 24 comma 1 della L. n. 241/90: si veda, al proposito, quanto esposto al paragrafo 6.3. delle Linee Guida dell’ANAC recanti indicazioni per la definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico generalizzato (approvate con Delibera dell’Autorità n. 1309/2016) nonché la già citata sentenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 10/2020.

16.3. La Banca d’Italia ha invocato, precisamente, il segreto di cui all’art. 7 del D. L.vo n. 385/93, secondo cui “ Tutte le notizie, le informazioni e i dati in possesso della Banca d'Italia in ragione della sua attività di vigilanza sono coperti da segreto d'ufficio anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, a eccezione del Ministro dell'economia e delle finanze, Presidente del CICR. Il segreto non può essere opposto all'autorità giudiziaria quando le informazioni richieste siano necessarie per le indagini, o i procedimenti relativi a violazioni sanzionate penalmente , e tale richiamo risulta assolutamente pertinente se si pensa che nella istanza di accesso il CODACONS ha fatto specifico riferimento agli accertamenti, alle ispezioni, alle istruttorie ed alle relative risultanze eseguite dalla Banca d’Italia e dalla Consob ai sensi degli artt. 51, 53, 53-bis, 54 e ss., 67-ter, 68, D. lgv. 1° n. 385/1993, ai sensi della Direttiva 2013/36/UE, del Provvedimento della B.I. del 18 dicembre 2012 e succ. mod., nonché ai sensi dell’art. 187-quinquiesdecies, d.lgs. 58/1998: si osserva, in altre parole, che proprio il ricorrente, individuando gli atti richiesti in ostensione mercé il richiamo alle norme di legge che contemplano l’attività di vigilanza della Banca d’Italia, ha spontaneamente limitato l’istanza di accesso agli atti di tale natura, rispetto ai quali la Banca d’Italia ha però, doverosamente, opposto il segreto previsto dall’art. 7 del T.U.B., che costituisce limite assoluto anche all’accesso civico generalizzato, ai sensi dell’art. 5 bis, comma 3, del D. L.vo 33/2013.16.4.

16.4. Quanto, poi, all’elenco nominativo dei debitori della Banca Popolare di Bari, il Collegio ne ritiene inammissibile l’ostensione (anche) ai sensi dell’art. 5 del D. L.vo 33/2013, non solo perché si tratta di informazioni, se del caso, verosimilmente acquisite nell’esercizio dell’indicata attività di vigilanza, ma anche per la ragione che non si comprende come tale informazione possa contribuire « allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico », scopo indicato dall’art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33 del 2013, come finalità caratterizzante l’accesso civico generalizzato.

17. Va infine respinta l’istanza che il CODACONS ha proposto, in corso di causa, per ottenere l’ammissione al gratuito patrocinio. Essa istanza, infatti, risulta corredata da un’autodichiarazione del legale rappresentante, attestante il non superamento del reddito soglia, ai fini del beneficio: ma tale dichiarazione non è resa nelle forme dell’autocertificazione ai sensi dell’art. 46 del D.P.R. 445/2000 e, dunque, di per sé non ha valore probatorio. E’ stato poi prodotto uno stralcio del bilancio e del verbale dell’Assemblea che l’ha approvato, ma tali documenti sono prodotti in copia non legalizzata e non è dato sapere se il risultato (passivo) d’esercizio sia stato riprodotto in una dichiarazione fiscale ritualmente presentata.

18. Conclusivamente vanno respinte sia le domande - di annullamento e di accertamento - formulate con il ricorso introduttivo del giudizio, sia la domanda di ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio.

19. Le spese di giudizio vanno poste a carico del CODACONS, in favore della Banca d’Italia, della Presidenza del Consiglio dei Ministri, nonchè nei confronti della CONSOB, del tutto inappropriatamente chiamata in giudizio.

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