TAR Bari, sez. III, sentenza 2013-08-01, n. 201301223

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2013-08-01, n. 201301223
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201301223
Data del deposito : 1 agosto 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01565/2008 REG.RIC.

N. 01223/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01565/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1565 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Essediemme s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., e G C, rappresentati e difesi dall'avv. S P, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Bari, via Cognetti, n. 25;

contro

Comune di Altamura, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. E B, con domicilio eletto presso il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari, Segreteria Sezione III, in Bari, Piazza Massari, nn. 6-14;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

quanto al ricorso introduttivo:

“del provvedimento prot. n. 316 del 20.10.2008 emesso dal Dirigente dell’U.T.C., recante il rigetto della domanda di condono edilizio ai sensi dell’art. 32 del D.L. 269/03 convertito in legge n. 326/03 nonché della contestuale ingiunzione alla demolizione delle opere abusive nel termine ultimo di 90 gg. , pena la demolizione a spese del responsabile, ferma e impregiudicata l’applicazione delle sanzioni previste dalle disposizioni di legge”

quanto al ricorso per motivi aggiunti depositato il 4 maggio 2010:

“- ancorchè non conosciuto, del verbale di inottemperanza del 15.3.2010 all’ordine di demolizione di cui al provvedimento prot. n. 316 del 20.10.2008 emesso dal Dirigente dell’U.T.C. (recante il rigetto della domanda di condono edilizio ai sensi dell’art. 32 del D.L. 269/03 convertito in legge n. 326/03 nonché della contestuale ingiunzione alla demolizione delle opere abusive nel termine ultimo di 90 gg. , pena la demolizione a spese del responsabile);

- della nota del Dirigente dell’U.T.C. addì 2 aprile 2010, notificata il 7 aprile 2010, con la quale si comunicava che “stante la sospensione dell’ordinanza di demolizione n. 316 del 20.10.2008 accolta dal Consiglio di Stato, questo Settore ha disposto il rinvio del procedimento di trascrizione a seguito del verbale di inottemperanza, in attesa del merito da parte del TAR Puglia”

- di ogni ulteriore atto e provvedimento comunque connesso, consequenziale e presupposto rispetto a quelli impugnati, ancorchè non conosciuti.”

Visto il ricorso introduttivo, con i relativi allegati;

Visto il ricorso per motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Altamura;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Vista l’ordinanza n. 673 del 19 novembre 2008, di rigetto dell’istanza incidentale di sospensione cautelare;

Vista l’ordinanza della Sezione IV del Consiglio di Stato, n. 6687 del 16 dicembre 2008, di accoglimento dell’istanza cautelare in primo grado, in riforma della suddetta ordinanza di questo T.A.R.;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 aprile 2013 la dott.ssa R G e uditi per le parti i difensori, gli avv.ti S P e E B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Espongono in fatto la Essediemme s.r.l. e la sig.ra G C che, a seguito dell’istanza prodotta in data 21 gennaio 1999, il Comune di Altamura, con concessione edilizia n. 581 del 21 gennaio 2002, aveva autorizzato la Essediemme s.r.l. alla costruzione di una struttura sportiva su un’area individuata nel P.R.G. del suddetto Comune come F3 – Parco Urbano e distinta in catasto al fg. 157, part.lle 1915-1953-1956;
aggiungono che i lavori avevano avuto inizio in data 14 febbraio 2002 e che con successiva istanza del 29 novembre 2002 erano state richieste delle varianti.

Riferiscono inoltre di aver apportato ulteriori varianti nel corso dei lavori e specificatamente: di aver realizzato un ampliamento al piano interrato di circa mq. 133, al piano terra di circa mq. 30 ed al primo piano un ampliamento più contenuto di circa mq. 10 e di aver modificato la destinazione d’uso del piano terra, per una superficie utile complessiva di mq. 142,92, e del primo piano, per una superficie di mq. 45,90, destinate a civile abitazione anziché, rispettivamente, a “palestra” e “uso uffici”.

Espongono altresì i ricorrenti che, a seguito della emanazione del d.l. n. 269 del 2003 e della legge regionale n. 28 del 2003, in data 30 gennaio 2004 avevano depositato la dichiarazione di interesse prevista dalla citata legge regionale e successivamente la domanda di sanatoria ai sensi della legge n. 326 del 2003;
che il Comune di Altamura aveva prima inviato il preavviso di rigetto, con nota del 15 settembre 2008, al quale essa società ricorrente aveva prodotto osservazioni e poi il provvedimento di rigetto della istanza di sanatoria prodotta, con contestuale ordine di demolizione.

Con ricorso, ritualmente notificato il 7 novembre 2008 e depositato l’8 novembre 2008, la Essediemme s.r.l. e la sig.ra G C, proprietaria dell’immobile per cui è causa dal 1997 (unitamente al sig. V F), hanno chiesto l’annullamento del provvedimento prot. n. 316 del 20 ottobre 2008 emesso dal Comune di Altamura, recante il rigetto della domanda di condono edilizio, ai sensi dell’art. 32 del d.l. n. 269/03 convertito in legge n. 326 del 2003 nonché della contestuale ingiunzione alla demolizione delle opere abusive nel termine ultimo di 90 gg. , pena la demolizione a spese del responsabile, ferma e impregiudicata l’applicazione delle sanzioni previste dalle disposizioni di legge.

A sostegno del gravame i ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi di censura:

1) violazione e malgoverno dell’art. 32, comma 25, del d.l. n. 269 del 2003;
parte ricorrente lamenta che tra i requisiti previsti da tale norma vi sarebbe l’ultimazione delle opere entro il 31 marzo 2003 ed in forza di quanto previsto dal secondo comma dell’art. 31 della legge n. 47 del 1985, applicabile anche con riferimento al nuovo condono, l’opera per cui è causa avrebbe tale requisito essendo stato eseguito il rustico;

2) violazione dell’art. 32, comma 37 del d.l. n. 269 del 2003 in quanto ad avviso di parte ricorrente sul’istanza di condono si sarebbe formato il silenzio assenso decorsi 24 mesi dal 31 ottobre 2005 e dunque dal 30 ottobre 2007;

3) violazione dell’art. 24 della Cost., violazione del principio di imparzialità e buona amministrazione, in quanto il provvedimento impugnato, recando il duplice effetto contestuale di diniego di condono edilizio e di ingiunzione alla demolizione entro 90 giorni, comprimerebbe il diritto di difesa;
parte ricorrente lamenta che il termine di 60 giorni che l’ordinamento accorda per adire il giudice amministrativo o 120 per proporre ricorso straordinario al Capo dello Stato, sarebbe di fatto incompatibile con l’ingiunzione a demolire nel termine di 90 giorni;
di fatto essa sarebbe posta di fronte all’alternativa o di adire il giudice amministrativo (nel caso di esito negativo dell’istanza cautelare) di avere a disposizione un termine entro cui demolire prossimo a non più di 30 giorni, oppure di rinunciare all’esercizio delle facoltà di difesa riconosciute e accordate dalla Carta Costituzionale;

4) violazione dell’art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 380 del 2001, in quanto la norma che si assume violata imporrebbe che l’ingiunzione a demolire venga notificata al responsabile dell’abuso (Essediemme s.r.l.) e al proprietario;
parte ricorrente rappresenta che la società Essediemme non sarebbe più proprietaria dell’immobile;
quest’ultimo, infatti, sarebbe stato acquistato per il 60% dalla sig.ra G C e, per il restante 40% dal sig. V F;
la sig.ra Columella, odierna ricorrente, non avrebbe potuto, quindi, prendere parte alla istruttoria procedimentale del condono, e la conoscenza avvenuta recentemente e aliunde dell’ingiunzione di demolizione avrebbe ulteriormente ridotto i termini entro cui provvedere alla demolizione.

Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Altamura deducendo l’infondatezza dei motivi di ricorso e chiedendo il rigetto del gravame.

Entrambe le parti hanno prodotto documentazione.

Alla camera di consiglio del 19 novembre 2008, con ordinanza n. 673, è stata respinta la domanda incidentale di sospensione cautelare.

Con ordinanza n. 6687 del 16 dicembre 2008 la Sezione IV del Consiglio di Stato ha accolto l’istanza cautelare proposta in primo grado “Considerato che, avuto riguardo ai profili di danno evidenziati da parte appellante, sussistono ragioni per riformare l’ordinanza appellata con riguardo all’ordine di demolizione dei manufatti per i quali non è stato concesso il titolo abilitativo in sanatoria”.

Con ricorso per motivi aggiunti, notificato il 29 aprile 2010 e depositato il 4 maggio 2010 la Essediemme s.r.l. e la sig.ra G C hanno chiesto l’annullamento, ancorchè non conosciuto, del verbale di inottemperanza del 15 marzo 2010 all’ordine di demolizione relativo al provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo, nonché della nota del Dirigente dell’U.T.C. del 2 aprile 2010, notificata il 7 aprile 2010, con la quale si comunicava che “stante la sospensione dell’ordinanza di demolizione n. 316 del 20.10.2008 accolta dal Consiglio di Stato, questo Settore ha disposto il rinvio del procedimento di trascrizione a seguito del verbale di inottemperanza, in attesa del merito da parte del TAR Puglia”.

Avverso i suddetti atti i ricorrenti hanno dedotto il vizio di eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto in quanto la P.A. avrebbe accertato l’inottemperanza ad un ordine di demolizione privo di effetto poichè sospeso dal giudice amministrativo.

Il Comune di Altamura ha presentato una memoria per l’udienza di discussione nella quale ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti;
parte ricorrente ha depositato note di replica.

All’udienza pubblica del 7 giugno 2012 la causa è stata rinviata a data da destinarsi.

All’udienza pubblica del 18 aprile 2013 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso introduttivo è infondato e va come tale respinto.

Il Collegio ritiene di dover dare priorità, nella disamina dei motivi, in mancanza di una graduazione degli stessi da parte della ricorrente, alla seconda doglianza di ricorso con il quale è stata dedotta la violazione dell’art. 32, comma 37, del d.l. n. 269 del 2003;
ad avviso della medesima parte ricorrente, sull’istanza di condono si sarebbe formato il silenzio assenso decorsi 24 mesi dal 31 ottobre 2005 e dunque dal 30 ottobre 2007;
tale disamina prioritaria deve ritenersi necessaria, in ottemperanza al principio di effettività della tutela giurisdizionale, trattandosi di motivo di ricorso dal cui accoglimento potrebbe derivare un effetto pienamente satisfattivo per i ricorrenti.

Il Collegio aderisce, infatti, all’orientamento della prevalente giurisprudenza amministrativa che ad avviso del Collegio deve ritenersi condivisibile anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, alla luce della quale in difetto di graduazione dei motivi da parte del ricorrente, come nella fattispecie oggetto del presente giudizio, è rimesso alla discrezionalità dell’organo giudicante l’ordine con il quale intenda procedere all’esame delle questioni sottoposte al suo esame. In particolare, nel processo amministrativo di tipo impugnatorio, nell’affrontare le diverse questioni prospettate dal ricorrente, il giudice adito deve procedere, nell’ordine logico, preliminarmente all’esame di quelle questioni o di quei motivi che, evidenziando in astratto una più radicale illegittimità del provvedimento impugnato, appaiono idonei a soddisfarne pienamente ed efficacemente l’interesse sostanziale dedotto in giudizio;
per passare poi, soltanto in caso di rigetto di tali censure, all’esame degli altri motivi che, pur idonei a determinare l’annullamento dell’atto gravato, evidenzino profili meno radicali d’illegittimità (cfr. TAR Bari, Sezione III, n. 3951/2010, Consiglio di Stato, Sezione V, n. 4445/2006, richiamata da C.G.A.R.S. n. 299/2009);
tale orientamento non è stato messo in discussione dall’ordinanza n. 761 dell’11 febbraio 2013 con la quale il Consiglio di Stato, Sezione VI, ha rimesso all’Adunanza Plenaria la questione inerente l’ordine di esame dei motivi da parte del giudice.

Il motivo è infondato.

Il comma 37 dell’art. 32 del d.l. n. 269 del 2003 dispone: “Il pagamento degli oneri di concessione, la presentazione della documentazione di cui al comma 35, della denuncia in catasto, della denuncia ai fini dell'imposta comunale degli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, nonché, ove dovute, delle denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani e per l'occupazione del suolo pubblico, entro il 31 ottobre 2005, nonché il decorso del termine di ventiquattro mesi da tale data senza l'adozione di un provvedimento negativo del comune, equivalgono a titolo abilitativo edilizio in sanatoria. Se nei termini previsti l'oblazione dovuta non è stata interamente corrisposta o è stata determinata in forma dolosamente inesatta, le costruzioni realizzate senza titolo abilitativo edilizio sono assoggettate alle sanzioni richiamate all'articolo 40 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e all'articolo 48 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.”

Nella fattispecie oggetto di gravame, dirimente è la circostanza che dall’elenco degli allegati indicati e prodotti unitamente alla domanda di sanatoria, depositati in giudizio, emerge che non è stata prodotta tutta la documentazione richiesta dalla norma ai fini della formazione del silenzio assenso;
è palese, infatti, la mancanza della denuncia in catasto e della denuncia ai fini dell'imposta comunale degli immobili di cui al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 (cfr. TAR Palermo, Sez. III, 3 maggio 2012, n. 906).

Ritenuto infondato il secondo motivo di ricorso, il Collegio ritiene privo di pregio anche il primo motivo di ricorso con il quale la società Essediemme e la sig.ra Columella deducono la violazione ed il malgoverno dell’art. 32, comma 25, del d.l. n. 269 del 2003;
parte ricorrente lamenta che tra i requisiti previsti da tale norma vi sarebbe l’ultimazione delle opere entro il 31 marzo 2003 ed in forza di quanto previsto dal secondo comma dell’art. 31 della legge n. 47 del 1985, applicabile anche con riferimento al nuovo condono, l’opera per cui è causa avrebbe tale requisito essendo stato eseguito il rustico.

Premesso che ai sensi dell’art. 32, comma 25, del d.l. n. 269 del 2003 “Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003”, requisito necessario ai fini della sanabilità delle opere alla luce della suddetta normativa è la loro ultimazione entro il 31 marzo 2003.

La legge n. 47 del 1985, ritenuta applicabile in virtù del richiamo della citata disposizione normativa, all’art. 31, comma 2, chiarisce quando gli interventi possono ritenersi ultimati prevedendo: “ Ai fini delle disposizioni del comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente.”

Premesso quanto sopra in punto di diritto, occorre innanzitutto far presente che nel provvedimento oggetto di gravame il Comune di Altamura ha rappresentato che “L’illecito, così come riportato nella domanda di condono prodotta in data 10/12/204 prot. n. 12924 del 16/03/2005” riguardava gli ampliamenti al piano interrato, al piano terra ed al primo piano, quest’ultimo di minore dimensioni, nonché era stata richiesta la “variazione della destinazione d’uso, funzionale senza opere, del piano terra da palestra-attività sportiva a civile abitazione per una superficie utile complessiva di mq. 142,92, del primo piano da uso ufficio a civile abitazione per una superficie di mq. 45,90;”.

Premesso quanto sopra ha ritenuto che: “La richiesta di sanatoria avanzata, riguarda, oltre gli ampliamenti, la modifica della destinazione d’uso per il quale l’ultimazione corrisponde al completamento funzionale delle opere finalizzate alla nuova destinazione, che nel caso di specie, non si configura quale opera edilizia completata, in quanto dalla documentazione fotografica allegata si evince che trattasi di realizzazione di struttura portante con travi e pilastri in c.a. e con solai in latero-cemento, e tampognature esterne con pareti in c.a. tufo e forato, pertanto, la mancata realizzazione di opere necessarie all’uso del bene, rende l’istanza non accoglibile ai sensi dell’art. 31, comma 2, della legge 47/1985”.

Il Collegio ritiene che legittimamente il Comune abbia fatto riferimento al criterio funzionale, trattandosi di richiesta di condono di cambio di destinazione d’uso, rispettivamente del piano terra e del primo piano da palestra-attività sportiva e uso ufficio a civile abitazione,.

Al riguardo, infatti, la giurisprudenza prevalente, condivisa dal Collegio (cfr. da ultimo C.d.S., sez. V, 3 giugno 2013, n. 3034), ritiene che ai fini del condono edilizio la realizzazione dell’opera abusiva, alla data del 31 dicembre 1993, è identificabile se l’immobile è già eseguito, sia pure al rustico in tutte le sue strutture essenziali, fra le quali devono essere comprese le tamponature che sono necessarie per stabilire la relativa volumetria e la sagoma esterna (C.d.S., sez. V, 18 novembre 2004, n. 7547), aggiungendosi che, per quanto riguarda le opere interne o quelle non destinate ad uso non residenziale, la loro ultimazione è da ricollegare al loro completamento funzionale, inteso nel senso della sussistenza delle opere indispensabili a rendere effettivamente possibile l’uso per il quale sono state realizzate o l’uso diverso da quello a suo tempo assentito o incompatibile con l’originaria destinazione d’uso, nel caso di mutamento di quest’ultimo, come nella fattispecie oggetto di gravame (cfr. C.d.S., sez. IV, 9 febbraio 2012, n. 683;
9 maggio 2011, n. 2750;
sez. V, 21 maggio 1999, n. 587;
18 novembre 2004, n. 7547;
23 maggio 2005, n. 2578;
4 ottobre 2007, n. 5153).

In particolare la Sezione IV del Consiglio di Stato, nella sentenza n. 2750 del 9 maggio 2011 sopra richiamata, ha rammentato quanto ritenuto dal Consiglio stesso per ottenere il condono edilizio in caso di mutamento di destinazione d'uso di un fabbricato:

- “per completamento funzionale deve intendersi la realizzazione delle principali opere necessarie per attuare il mutamento di destinazione, incompatibili con l'originaria destinazione assentita, ancorché non siano stati ancora realizzati gli impianti e le rifiniture di carattere complementare ed accessorio;
pertanto, gli indicatori principali del completamento funzionale in caso di mutamento d'uso da alberghiero ad abitativo di un edificio sono dati dalla individuazione e definizione degli ambienti costituenti l'unità residenziale e dalla presenza degli impianti per l'installazione delle cucine, non occorrendo l'effettiva utilizzazione della nuova destinazione” (V, 4 luglio 2002, n. 3679);

- “per ottenere il condono edilizio in caso di mutamento di destinazione d'uso di un fabbricato è sufficiente (in base al combinato disposto degli art. 4 comma 1 e 18 comma 1 e 5 l. 28 gennaio 1977 n. 10 e dell'art. 31 comma 2 l. 28 febbraio 1985 n. 47) che quest'ultimo venga funzionalmente completato entro il I ottobre 1983, ossia che entro tale data, pur se le attività costruttive siano ancora in corso, il fabbricato sia comunque già fornito delle opere indispensabili a renderne effettivamente possibile un uso diverso da quello a suo tempo assentito...cioè di opere del tutto incompatibili con l'originaria destinazione d'uso, e ciò per l'evidente ragione di non incorrere nell'eventuale disparità di trattamento, che potrebbe scaturire tra le ipotesi di nuova costruzione totalmente abusiva - per la cui sanabilità bastano l'esecuzione del rustico ed il completamento della copertura - e i casi di opere interne con mutamento di destinazione d'uso, per le quali è appunto sufficiente il completamento funzionale” (V, 14 luglio 1995, n. 1071);

- “per il condono dell'abusivo mutamento della destinazione d'uso di un immobile è sufficiente che, ai sensi dell'art. 31 comma 2 l. 28 febbraio 1985 n. 47, lo stesso sia stato "completato funzionalmente" entro il termine del I ottobre 1983, vale a dire che entro tale data (anche se le attività costruttive siano ancora in corso) l'immobile deve essere comunque già fornito delle opere indispensabili a rendere effettivamente possibile un uso diverso da quello assentito” (V, 16 dicembre 1994, n. 1514).

Alla luce di quanto sopra il Collegio ritiene che, dalla documentazione fotografica allegata alla istanza di condono, depositata in giudizio dallo stesso Comune di Altamura, da quanto rappresentato nel medesimo provvedimento di diniego sopra riportato, l’edificio per cui è causa, abusivamente realizzato, destinato ad uso residenziale, non può ritenersi ultimato in conformità a quanto disposto dall’art. 31, comma 2, della legge n. 47 del 1985, in quanto non risulta funzionalmente completato a civile abitazione, come richiesto con l’istanza di condono, ma, come peraltro ammesso dalla stessa parte ricorrente, è completato al rustico, nelle pareti perimetrali e nella copertura.

Con il terzo motivo di ricorso parte ricorrente ha dedotto le seguenti censure: violazione dell’art. 24 della Cost., violazione del principio di imparzialità e buona amministrazione, in quanto il provvedimento impugnato, recando il duplice effetto contestuale di diniego di condono edilizio e di ingiunzione alla demolizione entro 90 giorni, comprimerebbe il diritto di difesa;
parte ricorrente lamenta che il termine di 60 giorni che l’ordinamento accorda per adire il giudice amministrativo o 120 per proporre ricorso straordinario al Capo dello Stato, sarebbe di fatto incompatibile con l’ingiunzione a demolire nel termine di 90 giorni;
di fatto essa sarebbe posta di fronte all’alternativa o di adire il giudice amministrativo (nel caso di esito negativo dell’istanza cautelare) di avere a disposizione un termine entro cui demolire prossimo a non più di 30 giorni, oppure di rinunciare all’esercizio delle facoltà di difesa riconosciute e accordate dalla Carta Costituzionale.

Il motivo è inammissibile per carenza di interesse in riferimento al ricorso straordinario, avendo parte ricorrente scelto di proporre ricorso giurisdizionale dinanzi a questo TAR e chiedendo, con il medesimo ricorso, istanza incidentale di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.

In relazione a quest’ultimo il motivo è infondato in quanto è pacifica in giurisprudenza la piena conformità all’art. 24 della Cost. del termine decadenziale di 60 giorni previsto per l’annullamento degli atti autoritativi, senza effetto automatico sospensivo, ma con facoltà della parte di chiedere la sospensiva al giudice adito.

Attiene al normale rischio intrinseco di tutte le azioni giurisdizionali circa l’esito della domanda, l’inconveniente di cui si duole parte ricorrente in ordine alla necessità di decidere, nel termine di 90 giorni dalla notifica dell’ingiunzione di demolizione, se eseguire l’ordine oppure agire per l’impugnativa in sede giurisdizionale.

Non può, infine, non rilevarsi come la suddetta contestazione è ulteriormente smentita dalla avvenuta introduzione nel nostro ordinamento giuridico, per tutte le tipologie di controversie, dello strumento delle misure cautelari monocratiche disciplinate dall’art. 56 c.p.a..

Con il quarto motivo di ricorso la Essediemme s.r.l. e la sig.ra Columella hanno dedotto le seguenti censure: violazione dell’art. 31, comma 2, del d.p.r. n. 380 del 2001, in quanto la norma che si assume violata imporrebbe che l’ingiunzione a demolire venga notificata al responsabile dell’abuso (Essediemme s.r.l.) e al proprietario;
parte ricorrente rappresenta che la società Essediemme non sarebbe più proprietaria dell’immobile;
quest’ultimo, infatti, sarebbe stato acquistato per il 60% dalla sig.ra G C e, per il restante 40% dal sig. V F;
la sig.ra Columella, odierna ricorrente, non avrebbe potuto, quindi, prendere parte alla istruttoria procedimentale del condono, e la conoscenza avvenuta recentemente e aliunde dell’ingiunzione di demolizione avrebbe ulteriormente ridotto i termini entro cui provvedere alla demolizione.

Il Comune oltre a rappresentare in giudizio che non risultava all’ente locale che la società avesse alienato l’immobile, circostanza peraltro non smentita da parte ricorrente, ha altresì prospettato un profilo di nullità dell’atto di vendita stesso, ai sensi dell’art. 46 del d.p.r. n. 380 del 2001, trattandosi di alienazione di immobile abusivo.

Il motivo è infondato, in quanto la Essediemme s.r.l., in qualità di proprietaria, in data 30 gennaio 2004 avevano depositato la dichiarazione di interesse prevista dalla legge regionale n. 28 del 2003 e successivamente, la domanda di sanatoria, ai sensi d.l. n. 269 del 2003 convertito dalla legge n. 326 del 2003;
la stessa società aveva, inoltre, presentato osservazioni, assunte al protocollo comunale in data 23 settembre 2008, a seguito del preavviso di rigetto inviatole dal Comune, senza rappresentare che nel frattempo non era più proprietaria dell’immobile, e, pertanto, al Comune non risultava che la società avesse alienato l’immobile stesso ed ha, quindi, legittimamente, notificato alla Essediemme s.r.l., in qualità di proprietaria e committente dei lavori per cui è causa, il provvedimento impugnato, non essendo tenuta ad effettuare ulteriori verifiche in ordine al titolo di proprietà.

Solo in giudizio è stato depositato l’atto di vendita Rep. n. 64879 dell’11 gennaio 2007, nel quale è rappresentato che era stata presentata istanza di sanatoria e che alla data della stipula dell’atto non risultava che il Comune avesse adottato alcun provvedimento;
pertanto, era onere della sig.ra Columella seguire la relativa pratica di condono presso il Comune.

Passando al ricorso per motivi aggiunti, esso è invece meritevole di accoglimento.

Con il ricorso per motivi aggiunti la Essediemme s.r.l. e la sig.ra Columella hanno chiesto l’annullamento, ancorchè non conosciuto, del verbale di inottemperanza del 15 marzo 2010 all’ordine di demolizione relativo al provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo, nonché della nota del Dirigente dell’U.T.C. del 2 aprile 2010, notificata il 7 aprile 2010, con la quale si comunicava che “stante la sospensione dell’ordinanza di demolizione n. 316 del 20.10.2008 accolta dal Consiglio di Stato, questo Settore ha disposto il rinvio del procedimento di trascrizione a seguito del verbale di inottemperanza, in attesa del merito da parte del TAR Puglia.”

Il Comune resistente ha eccepito l’inammissibilità della domanda demolitoria avverso il suddetto verbale in quanto gli effetti lesivi di tale provvedimento sarebbero cessati a seguito della adozione della nota del 26 marzo 2010 con la quale si comunicava che l’ordinanza di demolizione impugnata risultava sospesa in virtù dell’ordinanza del Consiglio di Stato n. 6687 del 18 dicembre 2008;
né all’attualità sarebbe lesiva la successiva determinazione, oggetto di gravame, avendo con tale atto il Comune unicamente comunicato la sospensione del procedimento in attesa della pronuncia di merito da parte del TAR Puglia.

Avverso i suddetti atti i ricorrenti hanno dedotto il vizio di eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto in quanto la P.A. avrebbe accertato l’inottemperanza ad un ordine di demolizione privo di effetto poichè sospeso dal giudice amministrativo.

Il motivo è fondato.

I provvedimenti impugnati devono ritenersi illegittimamente adottati in quanto, come sostenuto da parte ricorrente, su di essa non gravava alcun obbligo di ottemperare all’ordinanza di demolizione in quanto, alla data di adozione del verbale oggetto di gravame, il 15 marzo 2010, tale provvedimento era stato sospeso dalla Sezione IV del Consiglio di Stato, con ordinanza n. 6687 del 16 dicembre 2008.

Né può ritenersi fondata l’eccezione di inammissibilità sollevata dal Comune per aver adottato la nota del 2 aprile 2010, con la quale aveva comunicato che “stante la sospensione dell’ordinanza di demolizione n. 316 del 20.10.2008 accolta dal Consiglio di Stato, questo Settore ha disposto il rinvio del procedimento di trascrizione a seguito del verbale di inottemperanza, in attesa del merito da parte del TAR Puglia.”;
ciò in quanto parte resistente ha disposto un mero rinvio mentre, come condivisibilmente sostenuto da parte ricorrente, quest’ultima ha invece titolo a godere di un nuovo termine legale per ottemperare.

Il Collegio, in considerazione del principio della soccombenza reciproca, ritiene che sussistono giusti motivi per disporre l'integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

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