TAR Cagliari, sez. II, sentenza 2013-04-02, n. 201300261
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N. 00261/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00499/2004 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 499 del 2004, proposto da:
L B e M C rappresentati e difesi dagli avv.ti A P C e L P, ed elettivamente domiciliati presso lo studio della seconda in Cagliari, via Sonnino n. 184;
contro
Comune di Quartu Sant'Elena, rappresentato e difeso dall'avv. C A M C, presso il cui studio in Cagliari, piazza Giovanni XXIII n. 35, è elettivamente domiciliato;
nei confronti di
Suergia s.r.l., rappresentata e difesa dagli avv.ti A Rossi e L G M, presso il cui studio in Cagliari via Andrea Galassi n. 2, è elettivamente domiciliata;
S P, non costituito in giudizio.
per l'annullamento
col ricorso introduttivo e primi motivi aggiunti:
della determinazione prot. n. 4542 del 6/2/2004 con cui il Dirigente del Settore Urbanistica e Pianificazione del Territorio ha, tra altro, parzialmente confermato la concessione edilizia n. 125/2001 rilasciata alla Suergia s.r.l.;
dell'atto di transazione in data 6/11/2003, rep/racc. 87822/33643 e del relativo provvedimento di approvazione (se esistente);
del verbale di ottemperanza all’ordinanza di sospensione dei lavori n. 227/2002, prot. U.T. 4063 del 23/9/2002;
con i secondi motivi aggiunti:
della concessione in sanatoria in data 6/12/2007, rilasciata a favore della Suergia s.r.l.,
del parere favorevole sulla detta concessione espresso dall'ufficio in data 17/9/2007;
Visti ricorso, motivi aggiunti e relativi allegati.
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Quartu Sant'Elena e della società controinteressata.
Viste le memorie difensive prodotte dalle parti.
Visti tutti gli atti della causa.
Nominato relatore per l'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2013 il Consigliere Alessandro Maggio e uditi i difensori delle parti come da separato verbale.
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con determinazione 18/7/2001 n°125 il Dirigente del Settore Urbanistica e Pianificazione del Territorio del Comune di Quartu Sant’Elena ha rilasciato, alla Suergia s.r.l., concessione edilizia per la costruzione di un edificio ad uso residenziale da realizzare su un’area ubicata nella via Turati, angolo via Palestrina, già occupata da un precedente fabbricato.
Sennonché, la concessione edilizia, su ricorso dei sig.ri L B e M C, proprietari di un’unità immobiliare posta nelle vicinanze dell’area oggetto dell’assentito intervento, è stata annullata dal TAR Sardegna, che, con sentenza 16/12/2003 n. 1737, l’ha riconosciuta viziata per aver autorizzato una volumetria eccedente quella consentita.
Alla luce della suddetta sentenza il menzionato Dirigente ha quindi adottato la determinazione prot. n. 4542 del 6/2/2004 con la quale ha stabilito:
a) di annullare parzialmente la concessione edilizia n. 125/2001 per la parte relativa alla volumetria in eccesso;
b) di confermare la medesima concessione con riguardo alla volumetria ammissibile;
c) di dare atto che con riguardo a tale volumetria la Suergia aveva presentato domanda di condono edilizio;
d) di sospendere in relazione all’avvenuta presentazione dell’istanza di condono il procedimento sanzionatorio ex art. 44 della L. n. 47/1985.
Ritenendo tale determinazione illegittima i sig.ri B e C l’hanno impugnata chiedendone l’annullamento con ricorso seguito da motivi aggiunti con i quali hanno dedotto censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
Nelle more del giudizio, il sopra citato Dirigente ha rilasciato alla società Suergia la concessione in sanatoria 6/12/2007 n. 1/20, con la quale ha condonato il descritto abuso edilizio.
Avverso la concessione in sanatoria i sig.ri B e C hanno proposto ricorso per motivi aggiunti, depositato in giudizio in data 18/7/2008, con il quale hanno dedotto censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
Si sono costituiti in giudizio sia l’amministrazione intimata che la controinteressata che con separate memorie si sono opposte all’accoglimento del ricorso.
Alla pubblica udienza del 13/3/2013 la causa, su richiesta delle parti, è stata posta in decisione.
DIRITTO
Occorre partire dall’esame del ricorso introduttivo del giudizio.
In via pregiudiziale va disattesa l’eccezione con cui la controinteressata deduce l’inammissibilità delle censure contenute nel paragrafo “A”, in quanto già affrontate e respinte dal TAR con sentenza 16/12/2003 n. 1737.
L’eccezione è palesemente infondata.
Al riguardo è sufficiente rilevare che le doglianze, seppur ripetitive di quelle già prospettate col ricorso deciso con la menzionata sentenza, si riferiscano ad un diverso provvedimento.
Con i primi quattro motivi i ricorrenti deducono:
a) che il progetto approvato con l’impugnata concessione edilizia violerebbe la prescrizione contenuta in una convenzione tra privati, fatta propria dal comune, in base alla quale le costruzioni lungo la via Palestrina, dovevano essere realizzate con un arretramento di cinque metri dal confine del lotto;
b) che la concessione edilizia si porrebbe in contraddizione con la precedente scelta operata dal comune recependo l’accordo contenuto nella ricordata convenzione e che in ogni caso la determinazione concessoria risulterebbe immotivata e non suffragata da congrua istruttoria;
c) che il difetto di istruttoria sarebbe ancor più grave per il fatto che l’area risultante dal concordato arretramento dei fabbricati avrebbe acquisito, in base agli strumenti urbanistici all’epoca vigenti, destinazione pubblicistica e che risulterebbe, comunque, violata, per il profilo in questione, la normativa urbanistica;
d) che il richiedente avrebbe surrettiziamente nascosto al comune l’esistenza della citata convenzione, affermando addirittura che l’arretramento nell’isolato interessato dall’erigenda costruzione non sarebbe stato consentito e il ché evidenzierebbe eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e sviamento.
I motivi così sinteticamente riassunti, tutti infondati, possono essere trattati in unico contesto.
Al riguardo basta osservare che, come già accertato da questo Tribunale con la citata sentenza n. 1737/2003, l’invocata convenzione tra privati (con cui gli stipulanti avevano concordato di costruire, lungo la via Palestrina, con un arretramento di cinque metri dal confine del lotto) non risulta, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso, recepita dal comune, essendosi sulla stessa pronunciata favorevolmente la sola Commissione Edilizia Comunale.
Consegue da ciò, che il menzionato regolamento pattizio è privo di un elemento essenziale per assumere i connotati di norma urbanistica. Potrà quindi rilevare, nel rapporto tra gli stipulanti, sotto il profilo civilistico, ma non può costituire parametro di legittimità dell’avversata concessione edilizia.
Col quinto motivo i ricorrenti lamentano la mancata acquisizione del prescritto parere della Commissione Consultiva Edilizia.
La censura non merita accoglimento.
Ed invero, l’impugnata determinazione 6/2/2004 n. 4542 risulta lesiva per i ricorrenti nella parte in cui conferma la concessione edilizia n. 125/2001 quanto alle opere non eccedenti la volumetria realizzabile sul lotto interessato dall’intervento. Trattandosi di confermare, seppur parzialmente, una concessione già rilasciata, non occorreva sentire la Commissione Edilizia.
Col sesto motivo si deduce che non rispettando il preesistente allineamento, l’intervento assentito pregiudicherebbe l’armonioso e coerente sviluppo urbanistico del territorio, primo criterio progettuale posto dall’art. 57 del regolamento edilizio.
La doglianza è infondata.
Infatti, come si ricava dalla menzionata sentenza n. 1737/2003, l’art. 8 delle norme di attuazione dello strumento urbanistico vigente al momento del rilascio dell’impugnato titolo autorizzatorio, stabiliva, esplicitamente, per le zone B2 ove ricade l’area interessata dall’intervento assentito con la concessione edilizia n°125/2001, l’ “obbligo di edificazione in linea sul fronte-lotto con divieto di edificazione in ambiti interni al lotto stesso”.
Col settimo motivo i ricorrenti denunciano che alla domanda di concessione non sarebbero stati allegati alcuni documenti richiesti dall’art. 40 del vigente regolamento edilizio (estratto mappale del luogo, planimetria indicante gli edifici circonvicini, rilievo aerofotogrammetrico, stralcio del PUC e del piano attuativo). Non sarebbero state fornite, inoltre, alcune indicazioni richieste dal medesimo articolo 40 (precisazioni sulla superficie del lotto e sulle strade prospicienti, rapporti di illuminazione, rete fognaria). I disegni allegati alla domanda sarebbero, infine, privi delle sezioni dell’opera messe in relazione all’ambiente circostante e dei prospetti delle facciate degli edifici aderenti.
La censura è priva di pregio.
Al riguardo è sufficiente rilevare che le denunciate carenze hanno natura meramente formale e possono al più tradursi in semplici irregolarità, non idonee, di per se sole, a viziare la concessione edilizia.
Con l’ottavo motivo i ricorrenti lamentano che sarebbero state violate alcune disposizione della normativa sull’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati (L. 9/1/1989 n. 13 e D.M. 14/6/1989 n. 236).
La censura è inammissibile, infatti i ricorrenti, che agiscono soltanto nella loro veste di “ vicini ”, non vantano alcun interesse tutelato a dedurre la violazione della detta normativa.
Con un ulteriore gruppo di doglianze, raccolte sotto il paragrafo “B”, gli odierni istanti censurano la determinazione n. 4542/2004 nella parte in cui dà atto dell’avvenuta presentazione di una domanda di condono edilizio per la volumetria eccedentaria, prefigurando il rilascio di un successiva concessione in sanatoria.
Tutte le suddette doglianze sono inammissibili, atteso che per questa parte la menzionata determinazione non ha natura provvedimentale.
Con motivi aggiunti depositati in data 8/7/2004 i ricorrenti hanno ulteriormente dedotto che la determinazione n. 4542/2004 sarebbe illegittima in quanto richiama un atto di transazione stipulato tra Comune di Quartu Sant’ Elena e l’originario richiedente della concessione edilizia n. 125/2001 che mirerebbe ad accreditare la conformità della detta concessione alla normativa urbanistica.
La censura è palesemente infondata.
Basta, infatti, osservare che col provvedimento impugnato la menzionata concessione edilizia n. 125/2001 è stata confermata solo con riguardo alla volumetria non eccedente quella realizzabile sul lotto interessato dall’intervento.
Il ricorso introduttivo non merita, in definitiva, accoglimento.
Vanno ora esaminati i secondi motivi aggiunti (depositati in giudizio in data 18/7/2008) con i quali i ricorrenti hanno esteso l’impugnazione alla concessione in sanatoria 6/12/2007 n. 1/20.
Risulta fondata la censura con cui gli istanti lamentano che i lavori non avrebbero potuto essere condonati in quanto ultimati oltre la data del 31/3/2003.
Dispone l’art. 32, comma 25, del D.L. 30/9/2003 n. 269 (conv. in L. 24/11/2003 n. 326), reso applicabile in Sardegna dalla L.R. 26/2/2004 n. 4:
“Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e successive modificazioni e integrazioni, nonché dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003”.
Per effetto del combinato disposto della trascritta norma e dell’art. 31, comma 1, contenuto nel capo IV della citata L n. 47/1985, potevano, dunque, ottenere il condono edilizio le opere abusive “ultimate entro il 31 marzo 2003”.
Il secondo comma del medesimo articolo 31, specificava poi che “ai fini delle disposizioni del comma precedente, si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura”.
Tale ultima disposizione è stata interpretata dalla costante giurisprudenza, anche di questa Sezione, nel senso che la definizione di “rustico” non può prescindere, dall'intervenuto completamento di tutte le strutture essenziali, tra le quali anche le “tamponature esterne” (cfr., fra le tante, T.A.R. Sardegna, Sez. II, 11/07/2012 n. 691;T.A.R. Lombardia – Brescia, I Sez., 8/7/2010 n. 2459;Cons. Stato, VI Sez., 27/6/2008 n. 3288).
Nel caso di specie, c’è la prova in atti che le “tamponature esterne” sono state ultimate dopo il prescritto termine del 31 marzo 2003.
Si legge, infatti, nell’impugnata determinazione n. 4542/2004:
“Premesso
omissis …
Che il Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna con ordinanza n. 272/2002 ha sospeso l’efficacia della concessione 125/2001;
Che la determinazione n. 530/09 del 08-04-2003 confermava l’accoglimento dell’istanza di concessione edilizia presentata dall’ing. P S in data 03-09-1999 prot. 27417, oggetto anch’essa di ricorso per motivi aggiunti da parte dei signori B e C;
Che nell’estate 2003 la società Suergia s.r.l. ha ripreso i lavori sullo stabile sopra indicato;
…
Considerato che nelle more del procedimento giurisdizionale, a seguito della conferma n. 530/09 del 08/04/03 della concessione edilizia, sono stati completati i lavori di tamponatura dei muri perimetrali …”.
Orbene, le affermazioni contenute nella menzionata determinazione provano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che i lavori, alla data del 31 marzo 2003, non potevano considerarsi ultimati, tenuto conto che per l’appunto i muri perimetrali non risultavano integralmente realizzati.
Del resto, le foto scattate qualche giorno prima dell’ordinanza cautelare n. 272/2002, emessa da questo Tribunale il 4/6/2002, mostrano una struttura
sicuramente priva di tutte le tamponature perimetrali.
E non è verosimile ritenere, anche in considerazione della mancanza di contrari indizi, che la controinteressata abbia continuato a costruire nel periodo intercorso tra l’ordinanza di sospensiva e la determinazione 8/4/2003 n. 530/09.
E’ appena il caso di aggiungere, che sul punto concernente l’epoca di ultimazione dei lavori, nessuna rilevanza probatoria può essere attribuita, contrariamente a quanto sostiene la controinteressata (memoria difensiva depositata in data 8/2/2013) alle foto (che mostrano un edificio già completo dei muri perimetrali) allegate all’istanza di sanatoria da quest’ultima presentata al Comune, atteso che la domanda è del 15/1/2004, e non è provato che le stesse risalgano ad un momento non successivo al 31 marzo 2003.
La Società Suergia deduce ancora (citata memoria difensiva), che i ricorrenti “avrebbero dovuto contestare l’avvenuta ultimazione delle opere entro il termine normativamente imposto dalla normativa in materia di sanatoria, proponendo se del caso querela di falso avverso i predetti atti”.
Ora, non è chiaro a quali atti la detta società abbia inteso riferirsi. Plausibilmente all’istanza di condono o alla relativa concessione in sanatoria.
Ma in nessun caso l’eccezione può essere accolta.
Nel primo, perché la domanda di condono, non avendo natura di atto pubblico, non è assistita da fede privilegiata.
Nel secondo, perché, come emerge dall’art. 2700 cod. civ., “L'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.
Sennonché, com’è noto, l'efficacia probatoria privilegiata di cui gode l’atto pubblico, non si estende alla veridicità ed esattezza delle dichiarazioni rese dalle parti, le quali, pertanto, possono essere contrastate ed accertate con tutti mezzi di prova consentiti dalla legge, senza che all'uopo occorra o possa proporsi querela di falso (giurisprudenza consolidata cfr., fra le tante, Cass. Civ., Sez. II, 16/4/1987 n. 3776;23/1/1998 n. 672;12/5/2000 n. 6090;2/8/2001 n. 10569;Cons. Stato, Sez. V, 28/4/2011 n. 2541).
A ciò aggiungasi che, per converso, incombe invece sul colui che richiede il condono l’onere di fornire la rigorosa prova dell’ultimazione delle opere da sanare entro la data prescritta dalla legge (giurisprudenza pacifica, ex plurimis, T.A.R. Sardegna, Sez. II, 18/9/2007 n. 1753;Cons. Stato, Sez. IV, 23/1/2013 n. 414;8/1/2013 n. 39 e 13/1/2010 n. 45). Onere che nella fattispecie non risulta assolto.
I secondi motivi aggiunti vanno, pertanto, accolti, con conseguente annullamento della concessione in sanatoria 6/12/2007 n. 1/20.
Spese ed onorari di giudizio vanno interamente compensate fra le parti, stante la loro reciproca soccombenza.