TAR Salerno, sez. I, sentenza 2022-05-02, n. 202201149

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2022-05-02, n. 202201149
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202201149
Data del deposito : 2 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2022

N. 01149/2022 REG.PROV.COLL.

N. 02153/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 2153 del 2014, proposto da
G T, rappresentato e difeso dall'avvocato E R, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. Campania, sezione di Salerno, in Salerno, largo San Tommaso D'Aquino, n. 3;

contro

Comune di Acerno in persona del Sindaco pro tempore , in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato G V, con domicilio eletto presso il suo studio in Salerno, via Velia, n. 34;

per l'annullamento

- dell’ordinanza del Commissario Straordinario di Governo n. 69 del 29 dicembre 1980;

- del decreto del sindaco di Acerno n. 3432 del 6 luglio 1981;

- dei verbali del 15 luglio 1981 di stato di consistenza e immissione in possesso, e del 6 luglio 1981 di individuazione aree (decreto occupazione urgenza);

- della delibera n.15 del 26 febbraio 1990;

- della delibera Consiglio Comunale di Acerno del 26 luglio 1990 di approvazione del piano particellare di esproprio;

- della delibera n. 89 del 21 marzo 1991 di liquidazione delle indennità di esproprio;

- della delibera n. 125 del 4 maggio 1995 della Giunta Comunale di Acerno di completamento dell'indennità di liquidazione;

- della determina n. 66 dell’8 maggio 2002, dell’allegato n.11 prot. 162 del 9 gennaio 2004, dell’allegato n. 12 del 2 febbraio 2004 prot. 660 , dell’allegato n.13 attualizzato al 24 aprile 2004 e dell’allegato n.14 del 24 aprile 2014, nonché delle lettere del 9 gennaio 2004, prot. 162 e del 2 febbraio 2004, prot. 660 di determinazione delle somme per esproprio, liquidazione e risarcimento danni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Acerno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 12 aprile 2022 la dott.ssa Eleonora Monica e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti con ricorso notificato il 9 ottobre 2014 e depositato il 21 ottobre 2014 riferiscono di riassumere (giusta sentenza del Tribunale Civile di Salerno n. 3929/2014) il giudizio inizialmente instaurato innanzi al giudice ordinario per la condanna del Comune di Acerno al “ pagamento in favore di T G e D Vece Giuseppina in comunione della somma di €. 130.774,81 e, a D Vece Giuseppina in proprio della somma di 6. 59.424,09 e dunque complessivamente ad entrambi la somma di 6 190.198,9 oltre interessi e rivalutatimi sino al soddisfo ” a titolo di indennità per l'espropriazione degli immobili, particella n. 581 ex 373/b del foglio 14 di mq. 1246 di proprietà dei ricorrenti in comunione, e particella n.467 foglio 14 di mq. 472 di proprietà esclusiva della sig.ra D Vece Luigina nonché “ al risarcimento di tutti i danni patrimoniali e morali da loro subiti, rimessi nella quantificazione all'equo apprezzamento del giudicante ”.

Essi chiedono “ in via preliminare l'annullamento dei provvedimenti ” in epigrafe “ sul presupposto che l'azione di condanna, dinanzi al G.A. è proponibile ed è volta ad ottenere il risarcimento del danno ingiusto cagionato al privato dalla P.A. (art. 7 1. n. 205/2000 e ora art. 30 c.p.a.) ”.

2. Si costituiva in giudizio il Comune di Acerno, preliminarmente eccependo l’inammissibilità dell’azione impugnatoria proposta per “ genericità ”, non avendo i ricorrenti nemmeno enunciato i motivi di pretesa illegittimità degli atti impugnati, nonché, quanto alla pretesa corresponsione di ulteriori somme a titoli di indennizzo, “ l'evidente difetto di giurisdizione del G.A. ”.

L’amministrazione comunale deduce, altresì, l’infondatezza nel merito dell’azione risarcitoria intentata per la perdita dei terreni.

3. All’udienza pubblica del 12 aprile 2022, la causa veniva trattata e, dunque, trattenuta in decisione.

4. Il ricorso deve essere dichiarato parzialmente irricevibile per tardività per quanto concerne la domanda di annullamento degli atti espropriativi in epigrafe, adottati tra il 1980 ed il 2004, in quanto genericamente formulata per la prima volta “ in via preliminare ” solo in sede di ricorso proposto innanzi a questo T.A.R. con atto notificato e depositato nell’ottobre 2014 e, dunque, ben oltre il relativo termine decadenziale, invece stabilito all’art. 29 c.p.a., di sessanta giorni dalla piena conoscenza degli atti e della loro percepita lesività, risalente nel caso di specie, al più tardi, al 22 aprile 2004, quando i ricorrenti convenivano in giudizio il Comune di Acerno innanzi al Tribunale Civile di Salerno.

Né vale in senso contrario la pretesa riassunzione ai sensi dell’art. 11 del cod. proc. amm. del giudizio inizialmente instaurato innanzi al giudice ordinario, risultando dagli atti di tale processo, depositati in giudizio dai ricorrenti, come essi nel 2004 abbiano agito onde ottenere la sola condanna del Comune al pagamento dei crediti da loro in tesi ancora vantati a titolo di indennità di esproprio nonché al risarcimento dei danni subiti, senza mai chiedere la caducazione degli atti della presupposta procedura espropriativa.

La riproposizione del processo innanzi al giudice amministrativo (indicato nella pronuncia declinatoria della giurisdizione) consente, infatti, la salvezza degli effetti sostanziali e processuali delle sole domande originariamente già proposte innanzi al giudice poi dichiaratosi privo di giurisdizione e non anche delle pretese nuove ed ulteriori, che pure avrebbero potuto essere all’epoca formulate, con la conseguenza che “ la domanda, ai detti fini, dovrà essere sempre nuovamente e tempestivamente proposta, con contenuto non diverso dalla precedente, dinanzi al giudice munito di giurisdizione, così determinando l’instaurazione di un giudizio nuovo, secondo la disciplina applicabile a quest’ultimo ” (in tal senso, da ultimo, Cassazione Civile, Sezioni Unite n. 27163 del 26 ottobre 2018).

Il ricorso deve, dunque, in parte qua essere dichiarato irricevibile, stante la tardività dell’impugnativa, avvenuta oltre lo spirare dell’ordinario termine decadenziale di sessanta giorni per la notifica del ricorso, con conseguente inoppugnabilità degli atti in epigrafe.

5. Deve, invece, essere respinta la domanda di condanna al risarcimento dei danni morali e patrimoniali asseritamente subiti dai ricorrenti per effetto della perdita della proprietà dei terreni, ritenendo il Collegio che, a prescindere dall’asserita illegittimità di tali atti, non sussistano, comunque, nel caso di specie, gli elementi costitutivi della supposta responsabilità aquiliana.

E’ stato, infatti, condivisibilmente affermato in tema di responsabilità della pubblica amministrazione, come l’ingiustizia del danno di cui all’articolo 2043 del codice civile non possa considerarsi esistente in re ipsa , quale conseguenza della sola illegittimità dell’esercizio (o del mancato esercizio) della funzione amministrativa, dovendo in realtà il Giudice accertare la sussistenza di un evento dannoso, qualificabile come ingiusto, riferibile sotto il profilo causale ad una condotta della pubblica amministrazione, ed imputabile all’amministrazione medesima sotto il profilo soggettivo del dolo o della colpa (in tal senso , ex multis , Consiglio di Stato, Sezione V, sentenza del 2 maggio 2013, n. 2388).

Orbene, per quel che concerne la sussistenza dell’elemento oggettivo dell’illecito foriero di danno, osserva il Collegio come, nel caso di specie, i ricorrenti non abbiano fornito alcuna evidenza del preteso pregiudizio patrimoniale, essendosi costoro limitati ad asserire di aver subito dei non meglio specificati “ danni patrimoniali e morali ” senza null’altro allegare al riguardo.

La domanda risarcitoria formulata in atti dai ricorrenti deve, quindi, essere disattesa in ragione della mancata prova dell’elemento del danno, atteso che nessun pregiudizio ristorabile risulta essere stato, a ben vedere, nel caso di specie evidenziato in ricorso.

6. Per quel che riguarda, infine, la domanda con la quale i ricorrenti - considerati anche gli esiti della C.T.U. eseguita nell’ambito del giudizio civile riassunto (in cui si affermava che “ dal raffronto tra le somme erogate dal Comune di Acervo e l'importo delle obbligazioni da questi assunte nei confronti delle parti attrici nonché dal raffronto tra la data di insorgenza delle obbligazioni e le date delle parziali erogazioni effettuate dal Comune di Acerno a deconto del debito assunto, emerge che le parti attrici T G e D Vece Luigina vantano ancora ragioni di credito nei confronti del convenuto Comune di Acerno ”) – sostanzialmente chiedono a questo Tribunale di determinare il corretto ammontare dell’indennità definitiva di espropriazione a loro ancora dovuta, per l’effetto condannando l’amministrazione resistente al pagamento della relativa somma residua comprensiva di interessi e rivalutazione monetaria, ritiene il Collegio che, pur a fronte della citata sentenza n. 3929/2014 del Tribunale Civile di Salerno, declinatoria della giurisdizione del giudice ordinario in favore del giudice amministrativo, continuino a residuare dei dubbi sulla giurisdizione di questo Tribunale, atteso il chiaro tenore dell’art. 133, comma 1, lett. g), ultima parte del cod. proc. amm. a mente del quale le controversie riguardanti la “ determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa ” appartengono alla giurisdizione del giudice ordinario.

Tale norma, infatti, nel disegnare una sfera di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo su atti, comportamenti, accordi e provvedimenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di pubblico potere, assunti dalle amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità, tuttavia espressamente devolve al giudice ordinario le controversie riguardanti il quantum dell’indennità espropriativa e, dunque, anche l’integrazione o la riliquidazione dell’indennità medesima.

Ebbene, sulla scorta di tale chiara previsione legislativa, la giurisprudenza è costante nell'affermare che qualsiasi domanda attinente al pagamento dell’indennità di esproprio, quale che sia il vizio dedotto contro il provvedimento che la dispone, sia appannaggio della giurisdizione del giudice ordinario, persino anche se concernente la scelta dei criteri in base ai quali liquidare l’indennità (in tal senso, ex multis , Cassazione Civile, Sezioni Unite, n. 22374 del 2020, n. 24856 del 2019, n. 19894 del 2019, n. 4880 del 2019, n. 2583 del 2018, n. 15635 del 2017, n. 7303 del 2017, nonché in senso conforme Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 8473 del 2020, n. 4125 del 2018, n. 2765 del 2018 e n. 4636 del 2016).

A ciò si aggiunga come il Tribunale Civile di Salerno (già adito dai ricorrenti) abbia, nel caso di specie, “ dichiarato il difetto di giurisdizione del GO sussistendo la giurisdizione del GA ”, richiamando “ le note decisioni 204/2004 e 191/2006 della Corte Costituzionale ” come, poi, recepite (da ultimo) nel disposto dell’art. 133, comma 1, lett. g del cod. proc. amm. riferendosi a tutte “ le controversie, anche di natura risarcitoria, relative ad occupazioni illegittime preordinate all'espropriazione, attuate in presenza di un concreto esercizio del potere ablatorio, riconoscibile per tale in base al procedimento svolto ed alle forme adottate, in consonanza con le nonne che lo regolano, pur se poi l’ingerenza nella proprietà privata e la sua utilizzazione, nonché l'irreversibile trasformazione della stessa, siano avvenute senza alcun titolo che le consentiva ” (in tal senso, la sentenza n. 3929/2014), del tutto tralasciando di considerare che l’ultimo periodo di tale norma comunque riservasse, come visto, al giudice ordinario la cognizione delle domande riguardanti la determinazione e corresponsione delle indennità di esproprio, in quanto afferenti al diritto soggettivo dell’istante ad ottenere un congruo indennizzo per la perdita del bene.

Il Collegio, alla luce di quanto fin qui esposto, ritiene, pertanto, in applicazione del combinato disposto di cui all’art. 11, comma 3, c.p.a. e all’art. 59, comma 3, della l. n. 69/2009, di dover sollevare conflitto di giurisdizione dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, affinché quest’ultima individui in via definitiva il giudice munito di giurisdizione nella presente controversia.

7. In conclusione, il ricorso deve essere dichiarato irricevibile quanto alla domanda di annullamento degli atti in epigrafe mentre deve essere respinto quanto alla domanda di risarcimento ivi genericamente formulata.

Per quel che concerne, invece, la domanda di condanna del Comune di Acerno al pagamento in favore dei ricorrenti di ulteriori somme a titolo di indennità di esproprio, il Collegio solleva conflitto di giurisdizione dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, contestualmente disponendo la sospensione del processo, ai sensi dell’art. 367, comma 1, c.p.c., applicabile al processo amministrativo in virtù del richiamo contenuto nell’art. 79, comma 1, c.p.a., dandosi avvertimento alle parti che la prosecuzione dovrà avvenire su istanza di almeno una di loro entro il termine di legge stabilito all’art. 80 c.p.a., con decorrenza - però - dalla data di pubblicazione della relativa sentenza (in tal senso, Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 15 ottobre 2014, n. 28).

Sussistono giusti motivi, attesa la peculiarità della fattispecie, per compensare integralmente tra le parti le spese di lite.

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