TAR Palermo, sez. III, sentenza 2018-02-13, n. 201800392

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Palermo, sez. III, sentenza 2018-02-13, n. 201800392
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Palermo
Numero : 201800392
Data del deposito : 13 febbraio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/02/2018

N. 00392/2018 REG.PROV.COLL.

N. 01131/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1131 del 2017, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato E E (pec erasmoenea@pecavvpa.it), con domicilio eletto presso lo studio del predetto difensore in Isola delle Femmine (PA), via Giovanni Falcone n. 9;

contro

l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, siti in Palermo nella via A. De Gasperi n. 81, è domiciliato per legge;

nei confronti di

Marco Del Giudice, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

- del diniego tacito formatosi il 31.3.2017 e/o comunque di quello tardivamente espresso dall'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Palermo con PEC del 10.4.2017, in ordine alla richiesta di accesso agli atti formulata dalla ricorrente con PEC del 1.3.2017;
conseguentemente, per la declaratoria del diritto della ricorrente ad accedere agli atti di cui alla citata PEC del 1.3.2017, e per l’emanazione dell’ordine, all'Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Palermo, di esibire e rilasciare alla ricorrente copia integrale della documentazione richiesta a mezzo PEC del 1/3/2017 cui per brevità si rinvia;

- per l’adozione di ogni altro provvedimento ritenuto idoneo quale mezzo al fine.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto il decreto n. 101/2017, con il quale la Commissione per il patrocinio a spese dello Stato ha respinto l’istanza presentata dalla ricorrente;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Palermo, e vista la documentazione depositata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il consigliere dottoressa Maria Cappellano;

Uditi alla camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2018 i difensori delle parti costituite, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

A. – Con il ricorso in esame l’odierna istante ha impugnato il silenzio formatosi sull’istanza di accesso agli atti presentata dalla predetta il 1° marzo 2017 all’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Palermo, avente ad oggetto le dichiarazioni dei redditi dell’ex coniuge e la titolarità di rapporti finanziari, il tutto per gli anni 2013, 2014 e 2015;
nonché, ha gravato anche il successivo diniego di accesso adottato dall’Agenzia delle Entrate dopo la scadenza del termine per la formazione del diniego tacito.

Espone, al riguardo:

- di avere promosso ricorso per separazione personale dal coniuge, odierno controinteressato, con successivo reclamo alla Corte d’Appello di Palermo;
e che, al fine di tutelare la situazione propria e della figlia minore, ha presentato all’Agenzia delle Entrate un’istanza di accesso strumentale alla piena conoscenza della documentazione fiscale del marito, sul quale grava la corresponsione dell’assegno di mantenimento;
chiedendo, in particolare, di accedere alle dichiarazioni dei redditi presentate per gli anni 2013, 2014 e 2015, nonché la “titolarità/consistenza rapporti finanziari anni 2015, 2014, 2013…” riconducibili al marito.

Formatosi il silenzio diniego, e successivamente ricevuto il diniego esplicito di tale istanza, la ricorrente ha impugnato il silenzio serbato dall’Agenzia delle Entrate, nonché il successivo diniego esplicito, deducendo le censure di 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 25 comma 4 della legge 241/90. Carenza di potere. Travisamento dei fatti. Omessa motivazione . 2) violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e ss. della legge n. 241/90 e ss. mm. e ii.;
travisamento dei fatti;
violazione dell’art. 50 CAD
.

Sostiene l’odierna istante che il diniego esplicito sarebbe illegittimo, in quanto adottato oltre il termine previsto per riscontrare le istanze di accesso e, quindi, dopo la formazione del diniego tacito.

Quanto alla motivazione, tale diniego sarebbe motivato con erroneo riferimento a disposizioni del codice di procedura civile non pertinenti alla fattispecie;
nonché, opponendo profili formali ininfluenti, quali la mancanza del mandato conferito al difensore e la mancata citazione della fonte normativa.

B. – Si è costituita in giudizio l’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Palermo, depositando documentazione.

C. – Alla camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2018, presenti i difensori delle parti costituite, come da verbale, la causa è stata rinviata al fine di consentire al difensore di parte ricorrente di depositare la prova della notifica del ricorso al controinteressato (poi depositata).

Quindi, alla camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2018, presenti i difensori delle parti costituite, come da verbale, dopo una breve discussione il ricorso è stato posto in decisione.

D. – Il ricorso non è fondato, ritenendosi condivisibile la motivazione del diniego esplicito adottato dalla resistente Amministrazione.

D.1. – Va, innanzitutto, respinto il primo motivo, con il quale la ricorrente assume la consumazione del potere dell’Amministrazione, una volta formatosi il silenzio diniego sull’istanza di accesso.

Occorre, invero, rilevare che, sebbene si sia formato il silenzio diniego ai sensi e per gli effetti dell’art. 25, co. 4, della l. n. 241/1990, non viene meno il potere dell’Amministrazione di determinarsi sull’istanza di accesso, e la P.A. ben può adottare un provvedimento espresso idoneo a far venir meno gli effetti del silenzio significativo (v. in tal senso: T.A.R. Veneto, Sez. II, 18 gennaio 2017, n. 44).

D.2. – Non è fondato neppure il secondo motivo, con il quale si contesta la motivazione esplicita del diniego di accesso.

Dispone l’art. 155 sexies disp. att. cod. proc. civ. (Ulteriori casi di applicazione delle disposizioni per la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare), che “ Le disposizioni in materia di ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare si applicano anche per l'esecuzione del sequestro conservativo e per la ricostruzione dell'attivo e del passivo nell'ambito di procedure concorsuali di procedimenti in materia di famiglia e di quelli relativi alla gestione di patrimoni altrui. Ai fini del recupero o della cessione dei crediti, il curatore, il commissario e il liquidatore giudiziale possono avvalersi delle medesime disposizioni anche per accedere ai dati relativi ai soggetti nei cui confronti la procedura ha ragioni di credito, anche in mancanza di titolo esecutivo nei loro confronti. Quando di tali disposizioni ci si avvale nell'ambito di procedure concorsuali e di procedimenti in materia di famiglia, l'autorizzazione spetta al giudice del procedimento ”.

Tale disposizione, modificata dal d.l. n. 132/2014 (conv. in l. n. 162/2014), ha ampliato, data la delicatezza della materia, i poteri di accertamento del giudice competente per i conflitti coniugali/familiari, in quanto ha previsto che (anche) nei procedimenti in materia di famiglia il giudice possa accedere alle banche dati tramite i gestori ai sensi dell’art. 155 quinquies delle stesse disposizioni di attuazione, estendendo a tali procedimenti le disposizioni speciali in materia di ricerca dei beni con modalità telematiche.

Di ciò si trae conferma anche dalla lettura dell’art. art. 7, co. 9, del d.P.R. n. 605/1973, secondo cui le informazioni comunicate all'Agenzia Tributaria sono altresì utilizzabili dall'autorità giudiziaria nei procedimenti in materia di famiglia.

Nel caso di specie l’interesse fatto valere dalla ricorrente attiene alla conoscenza dei dati reddituali e finanziari del coniuge, al fine di poterli utilizzare nella causa di separazione coniugale;
controversia, la quale rientra senza dubbio nei “procedimenti in materia di famiglia”, ai quali la disposizione appena riportata rende applicabile alcune parti della disciplina del processo esecutivo civile, con particolare riferimento alla possibilità di ricerca con modalità telematiche dei beni ex art. 492 bis cod. proc. civ. su determinate banche dati, tra le quali vi è l’Archivio dei Rapporti Finanziari tenuto dall’Agenzie delle Entrate.

Non è ininfluente rilevare che la disposizione processuale su riportata ha espressamente previsto l’autorizzazione da parte del giudice del procedimento, tenuto conto, da un lato dell’indiscussa autorevolezza, imparzialità e cognizione di causa dell’organo autorizzante;
e, dall’altro lato, della particolare importanza e delicatezza delle controversie in dette materie (e, in particolare, di quelle in materia di famiglia), che impongono una più attenta tutela di tutte le posizioni in esse coinvolte (in tal senso: v. T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 2 febbraio 2017, n. 64;
Sez. II, 24 ottobre 2016, n. 798, confermata dal Consiglio di Stato, Sez. IV, 13 luglio 2017, n. 3461).

Con tale disciplina, in sintesi, viene accordata prevalenza alle disposizioni del codice di procedura civile in tema di accesso ai dati presenti nell’Archivio dei rapporti finanziari (artt. 492 bis c.p.c., art. 155- quinquies disp. att. c.p.c.), con correlativo “limite” all’applicazione degli articoli 22 e ss. della l. n. 241/1990, in presenza di norme che diversamente dispongono in tema di acquisizione di documenti amministrativi in sede processuale;
e che assicurano comunque il diritto alla tutela giurisdizionale, per il tramite della acquisizione dei documenti nell’ambito di un giudizio tra soggetti privati (v. Cons. Stato n. 3461/2017 cit.).

In ultimo, va rilevato che il precedente del Giudice di appello menzionato nel ricorso (Cons. Stato n. 2472/2014) non può supportare la tesi di parte ricorrente, atteso che si riferisce a una fattispecie antecedente alle modifiche apportate alle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile.

La motivazione del diniego di accesso resiste, pertanto, alle censure mosse e il ricorso, in quanto infondato, deve essere respinto.

E. – Per quanto attiene all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ritiene il Collegio di confermare in via definitiva la non ammissione della ricorrente, atteso che - come già rilevato dalla Commissione con il decreto n. 101/2017 - l’art. 23 cod. proc. amm., in materia di accesso, prevede la possibilità delle parti di stare in giudizio personalmente senza l’assistenza di un difensore.

F. – Tenuto conto delle oscillazioni giurisprudenziali sulla specifica materia, sussistono i presupposti per compensare tra le parti costituite le spese di giudizio;
mentre, nulla deve statuirsi nei riguardi della parte privata non costituita.

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