TAR Lecce, sez. III, sentenza 2015-10-20, n. 201502983
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Testo completo
N. 02983/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00819/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Terza
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 819 del 2006, proposto da:
Carriero Maria, rappresentata e difesa dall'avv. L F, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Luca Serrano in Lecce, Via Oberdan, 37;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Direzione Provinciale di Taranto, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Lecce, Via Rubichi;
Agenzia delle Entrate - Taranto 2, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Lecce, Via F. Rubichi, 23;
- per l'annullamento del provvedimento dell'Agenzia delle Entrate di Taranto 2 del 1° marzo 2006, notificato il 13 marzo 2006, con il quale è stato negato alla ricorrente il rimborso della somma di euro 5.945,44 versata in eccesso al Comune di Martina Franca, a titolo di oblazione per condono edilizio;
- nonché per l’accertamento del diritto della ricorrente alla restituzione della suddetta somma, quale maggiore importo pagato a titolo di oblazione per condono edilizio, e la condanna delle P.A. intimate alla restituzione della suddetta somma, oltre interessi e rivalutazione dalla domanda di rimborso sino al soddisfo.
Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze - Direzione Provinciale Taranto e dell’Agenzia delle Entrate - Taranto 2;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 luglio 2015 la dott.ssa Maria Luisa Rotondano e uditi per le parti l'avv. R. De Blasi, in sostituzione dell’avv. L. Fumarola, e l'avv. dello Stato G.C. Matteo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 1° marzo 1995 la sig.ra Carriero Maria presentava al Comune di Martina Franca domanda di condono edilizio, ai sensi dell’art. 39 della L. n. 724/1994, per opere pertinenziali abusivamente realizzate su di un fondo di proprietà.
In data 27 ottobre 2004 veniva adottato il provvedimento di concessione edilizia in sanatoria , a seguito della produzione della documentazione integrativa richiesta e del versamento della somma complessiva a titolo di oblazione pari ad euro 13.943,48.
Da successivi accertamenti effettuati dall’Ente civico emergeva l’avvenuto versamento di somme a titolo di oblazione superiori a quelle dovute.
Pertanto, l’Amministrazione Comunale, con atto in data 29 aprile 2005 (prot. n. 3352), certificava quanto versato dall’interessata a fronte di quanto dovuto, con il conseguente indebito esborso pari ad euro 5.945,44.
Il successivo 28 febbraio 2006, quindi, la sig.ra Carriero Maria presentava all’Agenzia delle Entrate - Ufficio Taranto 2 istanza di rimborso della somma suindicata.
La predetta Agenzia, tuttavia, rigettava la cennata richiesta, con atto n. 9888/06 del 1° marzo 2006, per i seguenti motivi: “ ai sensi della legge n. 47 del 28/2/85, modificata dal D.L. n. 2 del 12/1/88, convertito con modificazioni in legge n. 68 del 13.3.88, trascorsi trentasei mesi dalla presentazione della domanda di concessione edilizia in sanatoria, si prescrive l’eventuale diritto al rimborso spettante. E poiché, nella fattispecie, tale domanda di concessione edilizia è stata prodotta al Comune di Martina Fr. (TA) l’1/3/1995, il diritto al rimborso richiesto con la citata istanza del 28/2/2006 si è prescritto”.
Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, l’interessata impugnava, dunque, il menzionato atto di diniego, domandandone l’annullamento, e chiedeva l’accertamento del diritto alla ripetizione di euro 5.945,44, quale maggior somma pagata a titolo di oblazione per condono edilizio, e la conseguente condanna delle Amministrazioni intimate alla restituzione della suddetta somma, oltre interessi e rivalutazione dalla domanda di rimborso sino al soddisfo.
A sostegno dell’impugnazione interposta deduceva, sinteticamente, i seguenti motivi di diritto:
1) violazione e falsa applicazione dell’art. 35 della L.n. 47/1985, eccesso di potere per difetto dei presupposti;
2) violazione e falsa applicazione delle disposizioni generali in tema di prescrizione, con particolare riferimento agli artt. 2935 e 2944 del codice civile;
3) in via subordinata, violazione e falsa applicazione dell’art. 2935 sotto altro diverso profilo.
Dopo aver diffusamente illustrato il fondamento giuridico delle domande azionate, la ricorrente concludeva come innanzi riportato.
Si costituivano in giudizio, tramite la difesa erariale, il Ministero dell'Economia e delle Finanze - Direzione Provinciale Taranto (eccependo in limine il difetto di legittimazione passiva dello stesso Ministero) e l’Agenzia delle Entrate - Taranto 2, e chiedevano il rigetto del ricorso nel merito.
All’udienza pubblica del 15 luglio 2015, la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
0. - Preliminarmente, deve essere accolta l’eccezione formulata in limine dall’Avvocatura erariale e va dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'Economia e delle Finanze.
Come condivisibilmente rilevato dall’Avvocatura dello Stato, si tratta di controversia di esclusiva competenza dell’Agenzia delle Entrate, ente con personalità giuridica di diritto pubblico.
Al riguardo, il Consiglio di Stato (Sezione IV, 14 giugno 2005, n. 3115) ha osservato che “ la Agenzia del Territorio è subentrata, a norma del D.P.R. 26 marzo 2001 n. 107 (cfr. art. 20), al Ministero nei rapporti giuridici, nei poteri, nelle competenze e controversie relative alle funzioni ad essa trasferite ….. Si tratta di una tipica successione ex lege, con la conseguenza che ad essa fanno ora carico i pregressi rapporti giuridici…. ”. Allo stesso modo, anche la Cassazione Civile (Sezioni Unite, 14 febbraio 2006, n. 3118), ha chiarito che sussiste, “ sul piano della tutela giurisdizionale, l'attribuzione della legitimatio ad causam esclusivamente al soggetto cui è stato conferito l'esercizio dei poteri e delle funzioni…. ” e che “ nei procedimenti introdotti successivamente al 1 gennaio 2001 la legittimazione appartiene soltanto all'Agenzia delle Entrate”.
Per quanto innanzi sinteticamente esposto, deve essere dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell'Economia e delle Finanze.
1. - Nel merito, il ricorso è fondato e va accolto nei confronti dell’Agenzia delle Entrate.
L’art. 35 della L. 28 febbraio 1985 n. 47, recante la disciplina del “procedimento per la sanatoria” (applicabile anche ai condoni di cui alla L. 23 dicembre 1994, n. 724, in virtù dell’espresso rinvio di cui all’art. 39, comma primo, della stessa), prevede, tra l’altro, che “ Il sindaco, esaminata la domanda di concessione o di autorizzazione, previ i necessari accertamenti, invita, ove lo ritenga necessario, l'interessato a produrre l'ulteriore documentazione;quindi determina in via definitiva l'importo dell'oblazione e rilascia, salvo in ogni caso il disposto dell'art. 37, la concessione o l'autorizzazione in sanatoria contestualmente alla esibizione da parte dell'interessato della ricevuta del versamento all'Erario delle somme a conguaglio, nonché della prova dell'avvenuta presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria ai fini dell'accatastamento ” (comma 15), che “…. .Trascorsi trentasei mesi si prescrive l'eventuale diritto conguaglio o al rimborso spettanti.” (comma 18) e che “ Qualora dall'esame della documentazione risulti un credito a favore del presentatore della domanda di concessione in sanatoria, certificato con attestazione rilasciata dal sindaco, l'interessato può presentare istanza di rimborso all'Intendenza di finanza territorialmente competente ” (ultimo comma).
Orbene, dalla lettura del suddetto art. 35 appare evidente che la determinazione dell’importo definitivo dell’oblazione spetta al Comune, sulla base degli accertamenti svolti in ordine alla domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria.
E’ solo da tale accertamento che può emergere, dunque, o la necessità di un conguaglio sulla somma dovuta a titolo di oblazione (rispetto a quella “autodeterminata” dal privato richiedente il condono), ovvero il rimborso di una parte della somma versata, in quanto eccedente.
Poiché il potere accertativo è attribuito dalla legge al Comune, fermo il termine di trentasei mesi previsto per la prescrizione (che ha sicuramente natura eccezionale rispetto al generale regime della prescrizione), il Collegio ritiene che il momento iniziale di decorrenza della stessa debba essere individuato non nella data di presentazione dell’istanza di condono (come erroneamente sostenuto dall’Amministrazione resistente), ma nella data di rilascio del certificato di cui all’art. 35, ultimo comma della Legge n. 47/1985, con l’attestazione del Comune in ordine alla sussistenza di un credito nei confronti dell’Erario, per il diritto al rimborso della parte dell’oblazione versata in eccedenza , in quanto, in tal caso, “ il privato non risulta essere titolare di un diritto di credito fintanto che l’amministrazione non procede ai necessari accertamenti, attestandogliene il risultato, come da previsione di legge” (in tal senso Consiglio di Stato, IV, 29 agosto 2013, n. 4316).
Ne consegue che, nel caso in esame, “ non ricorre tanto un’ipotesi di impossibilità di “far valere” il diritto, con conseguente applicazione dell’art. 2935 c.c. …., di modo che la prescrizione non decorre in tale periodo, quanto, più radicalmente, un’ipotesi in cui il diritto ancora non sussiste, ma sorge solo con l’accertamento dell’amministrazione e, da quel momento – salvo che non vi siano ulteriori impedimenti che postulano l’applicazione dell’art. 2935 c.c.– decorre il termine di prescrizione pari a 36 mesi” (Consiglio di Stato, IV, cit., n. 4316/2013).
Orbene, risulta dagli atti di causa che, in seguito alla certificazione comunale ( ex art. 35, ultimo comma della Legge n. 47/1985, inerente alla sussistenza del diritto di credito de quo ), rilasciata il 29 aprile 2005 (data in cui va individuato il momento iniziale del decorso del termine prescrizionale di trentasei mesi), l’interessata il successivo 28 febbraio 2006 (data di presentazione al protocollo dell’Agenzia delle Entrate) ha inoltrato la relativa domanda di rimborso: pertanto, il diritto in questione non si è estinto per prescrizione.
Va, quindi, annullato il diniego espresso dall’Agenzia delle Entrate, con contestuali accertamento del diritto della ricorrente a conseguire il richiesto rimborso di Euro 5.945,44, e condanna dell’Agenzia delle Entrate resistente al pagamento della suddetta somma, maggiorata degli interessi legali.
Gli interessi legali devono essere computati (trattandosi di ripetizione di indebito ex art. 2033 del Codice Civile e non avendo la ricorrente provato la mala fede della P.A. debitrice) “ dalla data della proposizione della domanda giudiziale e non già dalla mera richiesta dell’indebito ” (Consiglio di Stato, IV, 26 maggio 2006, n. 3189) e, pertanto, dalla data di notificazione del ricorso introduttivo del giudizio fino al soddisfo.
Circa la data di decorrenza degli interessi legali, in particolare, va rimarcato che, come chiarito dalla Suprema Corte, “ nell'ipotesi d'azione di ripetizione d'indebito oggettivo, ex art. 2033 c.c. , il debito dell'accipiens, a meno che egli non sia in mala fede, produce interessi solo a seguito della proposizione di un'apposita domanda giudiziale, non essendo sufficiente un qualsiasi atto di costituzione in mora del debitore, atteso che all'indebito si applica la tutela prevista per il possessore in buona fede - in senso soggettivo - dall'art. 1148 c.c. , a norma del quale questi è obbligato a restituire i frutti soltanto dalla domanda giudiziale, secondo il principio per il quale gli effetti della sentenza retroagiscono al momento della proposizione della domanda" (Cass., sez. 3^, 4 marzo 2005, n. 4745, m. 579737, Cass., sez. 3^, 28 gennaio 2004, n. 1581, m. 576422). Sicchè l'art. 2033 c.c. …. esclude che la decorrenza degli interessi possa essere anticipata rispetto al momento della proposizione della domanda giudiziale ” (Cassazione Civile, Sezioni Unite, 25 giugno 2009, n. 14886).
Non spetta, invece, l’invocata rivalutazione monetaria, in difetto, comunque, di prova del pregiudizio patrimoniale subìto, ex art. 1224, comma secondo del Codice Civile (in termini, T.A.R. Puglia, Lecce, III, 10 marzo 2015, n. 830).
2. - Per le ragioni sopra sinteticamente esposte il ricorso deve essere accolto, nei sensi e termini innanzi precisati.
3. - Le spese seguono la soccombenza, ex art. 91 c.p.c., e vanno liquidate come da dispositivo.