TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2020-03-27, n. 202003688
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Pubblicato il 27/03/2020
N. 03688/2020 REG.PROV.COLL.
N. 11066/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 11066 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall'avvocato S L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero della Salute, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la declaratoria
di illegittimità del silenzio inadempimento formatosi sulla domanda di accesso alla transazione per risarcimento danni, validata in via definitiva in data -OMISSIS-), nonché per l'accertamento dell'obbligo di provvedere in relazione alla medesima domanda, mediante l'adozione di un provvedimento espresso e la contestuale nomina di un commissario ad acta che, in caso di perdurante inadempienza del Ministero della salute, provveda senza ulteriore ritardo, con ogni e più ampia riserva di successiva separata azione;
per il risarcimento del danno subito in conseguenza dell'inosservanza dolosa e/o colposa del termine di conclusione del procedimento;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2020 il dott. Paolo Marotta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Con ricorso notificato in data -OMISSIS-successivo, la ricorrente lamenta l’inerzia del Ministero della salute sulla domanda presentata dalla ricorrente medesima nel -OMISSIS- per essere ammessa alla procedura transattiva per il risarcimento dei danni subiti per effetto di trasfusioni di sangue infetto.
La domanda è stata validata in via definitiva in data -OMISSIS-.
Da ultimo, con nota -OMISSIS-, la ricorrente ha formalmente invitato il Ministero della salute a concludere l’avviato procedimento con la conclusione della transazione.
In estrema sintesi, la ricorrente si duole della mancata stipula dell’accordo transattivo, nonostante il lungo lasso di tempo trascorso dalla presentazione della domanda;chiede quindi l’annullamento del silenzio inadempimento asseritamente formatosi e la condanna dell’Amministrazione intimata al risarcimento del danno da ritardo, ai sensi dell’art. 2 – bis, commi 1, 1-bis, della l. n. 241/1990.
Il Ministero della salute si è costituito in giudizio con memoria di stile.
All’odierna udienza camerale, su richiesta delle parti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Secondo principi consolidati nella giurisprudenza amministrativa, ai fini della valutazione della domanda azionata, l’esame di questo Tribunale amministrativo dovrà articolarsi in due momenti:
a) appurare se effettivamente ricorra nel caso di specie un comportamento inerte della p.a.;
b) verificare che lo stesso comportamento non sia giustificato dalla manifesta infondatezza (o assurdità, genericità, etc.) dell’istanza formulata dal privato.
Quanto al punto sub a) deve rilevarsi come, a fronte della istanza inoltrata dalla ricorrente, non risulta che il Ministero della salute abbia concluso, nei termini quanto meno previsti dall’art. 2 della legge n. 241 del 1990, alcun procedimento amministrativo. Né risulta che in subiecta materia il Ministero della salute si sia mai dotato di alcun regolamento interno indicante la durata massima del procedimento introdotto con tale domanda: di qui l’applicazione di quanto previsto in via generale e residuale dall’art. 2 della legge n. 241/1990 secondo cui la durata massima del procedimento amministrativo non può eccedere i 30 (trenta) giorni;termine questo ampiamente superato nel caso di specie.
Quanto al punto sub b) va invece osservato che una simile inerzia della Pubblica Amministrazione, come affermato dal Consiglio di Stato, si rivela “tanto più biasimevole, e meritevole di tutela anche nella forma dell’azione contro il silenzio, quanto più si consideri che la Corte europea dei diritti dell’uomo a più riprese – v., da ultimo, la sentenza del 14 gennaio 2016, ric. 68060/12, D.A. e autres c. Italia – ha stigmatizzato le disfunzioni sistemiche dell’ordinamento italiano nel risarcire i soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie, emotrasfusioni ed emoderivati infetti (cfr. Cons. Stato, sez. III, 11 giugno 2018, n. 3512)”: di qui la presenza di elementi idonei a far propendere per una valutazione di non manifesta inammissibilità della domanda di riconoscimento a suo tempo formulata. Si veda in tale direzione, del resto, quanto già stabilito dalla giurisprudenza amministrativa (si vedano, in particolare, TAR Puglia, Sede di Lecce, sentenza n. 380/2011;TAR Veneto, sentenza n.961/2013;TAR Campania, sentenza n. 2429/2014).
Alla luce di quanto esposto e precisato, il presente ricorso merita dunque accoglimento, conseguendone la necessità che sia irrogato un ordine di provvedere espressamente sull’istanza della ricorrente.
In conclusione, si ritiene di ordinare all’intimata Amministrazione statale di concludere il procedimento in esame nel termine di giorni 90 (novanta) dalla comunicazione/notificazione della presente sentenza.
In caso di infruttuoso decorso del termine assegnato, si nomina sin da ora il Segretario Generale del Ministero della salute, il quale provvederà in luogo dell’Amministrazione intimata, dietro presentazione di specifica istanza dell’interessata, entro l’ulteriore termine di sessanta giorni dalla ricezione della predetta istanza.
Va invece rigettata l’istanza risarcitoria, in quanto, per giurisprudenza costante, “il riconoscimento del risarcimento del danno da ritardo, relativo ad un interesse legittimo pretensivo, è subordinato alla valutazione della spettanza del bene della vita e, conseguentemente alla dimostrazione che la richiesta del provvedimento è destinata ad esito favorevole e, quindi, deve essere dimostrata la spettanza definitiva del bene collegato all'interesse legittimo” (cfr. T.A.R. Napoli, sez. V, 4 luglio 2018, n.4438). Dimostrazione qui del tutto assente, oltre al conclamato mancato raggiungimento della prova circa il danno effettivamente e concretamente subito dalla parte.
Le spese del presente giudizio vanno poste a carico dell’Amministrazione soccombente e vengono liquidate come da dispositivo.