TAR Napoli, sez. V, sentenza 2021-07-13, n. 202104855

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. V, sentenza 2021-07-13, n. 202104855
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202104855
Data del deposito : 13 luglio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/07/2021

N. 04855/2021 REG.PROV.COLL.

N. 04720/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4720 del 2016, proposto da
C M, rappresentata e difesa dall'avvocato A P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Gricignano di Aversa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato S D F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'accertamento

della occupazione senza titolo di un fondo privato da parte del Comune di Gricignano di Aversa e per la conseguente condanna dell’amministrazione al risarcimento danni.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gricignano di Aversa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 29 giugno 2021 - svoltasi con le modalità di cui all’art. 25 del D.L. n. 137/2020 convertito dalla L. n. 176/2020, al D.L. n. 44/2021, convertito dalla L. n. 76/2021, e al D.P.C.S. del 28.12.2020 - il dott. G D V;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Parte ricorrente premette che:

- è proprietaria di un fondo ubicato nel Comune di Gricignano di Aversa, riportato in catasto al foglio 6, p.lle 5910, 2025 e 1977;

- nel 2006 constatava l’esistenza di lavori di scavo sul predetto suolo, avviati dall’intimata amministrazione in esecuzione della delibera consiliare n. 3 del 27.5.2005 avente ad oggetto “Comunalizzazione di strada privata già aperta al pubblico - Via F.Santagata” e della delibera di Giunta n. 164 del 20.9.2005 recante approvazione del progetto esecutivo dei lavori di pavimentazione e urbanizzazione, eseguiti dal Consorzio per Gricignano di Aversa in esecuzione della convenzione rep. n. 59 del 24.3.2004;

- posto che non risultava adottato alcun decreto di esproprio, proponeva azione civile innanzi al Tribunale di S. Maria Capua Vetere, Sezione Distaccata di Aversa per il conseguimento dell’indennità da occupazione legittima e, in via subordinata, per la condanna al risarcimento dei danni derivanti dal comportamento illecito del Comune per lesione del diritto di proprietà;

- con sentenza n. 35/2011 il Tribunale ordinario dichiarava, rispettivamente, la competenza della Corte d’Appello sulla controversia relativa alla indennità e, quanto alla domanda risarcitoria, il proprio difetto di giurisdizione, ravvisando quella del giudice amministrativo, trattandosi di occupazione e trasformazione di un bene conseguenti alla dichiarazione di pubblica utilità implicita nella approvazione del progetto esecutivo di opera pubblica (delibera di Giunta n. 164/2005), quindi collegate all’esercizio di un pubblico potere;

- all’esito del giudizio di secondo grado, con sentenza n. 1871/2016, la Corte d’Appello di Napoli rigettava la domanda di pagamento della indennità da occupazione legittima, per mancanza di un decreto di occupazione temporanea e dichiarava inammissibile la domanda risarcitoria in adesione a quanto già statuito dal giudice di prime cure.

Tanto premesso, con il presente ricorso notificato a mezzo dell’ufficiale giudiziario il 24.10.2016 e depositato il 4.11.2016, la deducente insiste per la condanna del Comune di Gricignano di Aversa al risarcimento dei danni per occupazione sine titulo fin dal mese di marzo del 2006 all’attualità - che quantifica in € 200.000,00 (duecentomila/00) ovvero nel diverso importo quantificato in corso di causa - per l’irreversibile trasformazione del suolo in assenza di un decreto di esproprio o di altro atto idoneo a produrre l’effetto traslativo della proprietà.

Affida il gravame ai profili di illegittimità di seguito rubricati: eccesso di potere per erroneità dell’azione amministrativa, difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, violazione dell’art. 834 del codice civile.

Si è costituito il Comune che lamenta il mancato deposito della documentazione indicata nel ricorso introduttivo ed eccepisce l’inammissibilità del ricorso: I) per violazione della disposizione in materia di processo amministrativo telematico di cui all’art. 12, comma 6, dell’Allegato “A” al D.P.C.M. n. 40/2016, secondo cui “La struttura del documento con firma digitale è PAdES” ;
II) per mancata tempestiva riassunzione del giudizio entro il termine di cui all’art. 11 c.p.a. decorrente dal passaggio in giudicato della sentenza n. 35/2011 con cui il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, Sezione Distaccata di Aversa aveva dichiarato il difetto di giurisdizione sulla richiesta risarcitoria per occupazione sine titulo ;
III) per omessa impugnazione della delibera del Consiglio Comunale di San Gricignano di Aversa n. 3/2005 ( “Comunalizzazione di strada privata già aperta al pubblico – Via F. Santagata” ), di cui si assume l’immediata lesività della posizione giuridica soggettiva dedotta in giudizio;
IV) per omessa notifica del gravame ai soggetti controinteressati ex art. 41 c.p.a., tra cui i proprietari frontisti che, con istanza del 15.9.2004, avevano richiesto la “comunalizzazione” della strada privata già aperta al pubblico, ed il Consorzio per Gricignano di Aversa che ha provveduto alla esecuzione dei lavori di pavimentazione ed urbanizzazione di Via F. Santagata, giusta convenzione rep. n. 59 del 24.3.2004.

Nel merito, il Comune si oppone all’accoglimento del gravame e eccepisce l’intervenuta prescrizione del diritto di credito azionato dalla ricorrente, trattandosi di vicenda risalente al 2006 ed in assenza di atti interruttivi.

All’udienza del 29.6.2021 la causa è stata introitata in decisione.

DIRITTO

In limine litis, non hanno pregio le eccezioni in rito sollevate dall’amministrazione comunale.

In materia di processo amministrativo telematico, giova rammentare che le relative previsioni - ivi comprese quelle sull’utilizzo della sottoscrizione digitale con formato “PAdES” di cui agli artt. 6, comma 5, e 12, comma 6, dell’Allegato “A” al D.P.C.M. n. 40/2016 (le cui disposizioni sono state riprodotte nel decreto del Presidente del Consiglio di Stato n. 134 del 22.5.2020) – si applicano a far data dal 1.1.2017 ai sensi dell’art. 13, comma 1 ter, delle norme di attuazione al codice del processo amministrativo ( “Salvi i casi in cui è diversamente disposto, tutti gli adempimenti previsti dal codice e dalle norme di attuazione inerenti ai ricorsi depositati in primo o secondo grado dal 1° gennaio 2017 sono eseguiti con modalità telematiche, secondo quanto disciplinato nel decreto di cui al comma 1” );
nel caso in esame, trattandosi di un ricorso notificato il 24.10.2016 e depositato il 4.11.2016, era quindi consentita la sottoscrizione, la notifica ed il deposito del gravame (e della documentazione allegata) con modalità analogiche tradizionali.

Quanto alla ulteriore eccezione per mancata tempestiva riassunzione del giudizio in seguito alla declaratoria del difetto di giurisdizione da parte del giudice ordinario, valgano le seguenti considerazioni.

Si è visto in fatto che, con sentenza n. 35/2011 il Tribunale di S. Maria Capua Vetere, Sezione Distaccata di Aversa adottava una duplice statuizione: riguardo alla domanda di pagamento per indennità da occupazione legittima ravvisava la competenza della Corte d’Appello ai sensi degli artt. 19 e 20 della L. n. 865/1971. Viceversa, con riguardo alla domanda di risarcimento dei danni proposta in via subordinata per effetto della lesione al diritto di proprietà della istante, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione ravvisando quella del giudice amministrativo, controvertendosi di una pretesa creditoria derivante dalla occupazione e trasformazione di un bene conseguenti alla dichiarazione di pubblica utilità implicita nella approvazione del progetto esecutivo di opere pubblica (delibera di Giunta n. 164/2005), quindi collegata all’esercizio di un pubblico potere.

La sentenza in questione non veniva impugnata innanzi al giudice di seconde cure ma la ricorrente si limitava a riproporre le medesime domande giudiziali alla Corte d’Appello di Napoli individuata, come si è visto, come competente sulla determinazione della indennità da occupazione legittima. Con sentenza n. 1871/2016 i giudici di appello rigettavano tale ultima richiesta (non risultando adottato alcun decreto di occupazione temporanea) e dichiaravano l’inammissibilità dell’istanza risarcitoria richiamando la decisione del giudice di primo grado.

Ebbene, in teoria il giudizio in esame avrebbe dovuto essere riassunto, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda, nel termine di tre mesi dal passaggio in giudicato ex art. 329 c.p.c. del capo della sentenza del 2011 del Tribunale che, come si è visto, aveva dichiarato il difetto di giurisdizione e che non risulta impugnata in parte qua .

Tuttavia, il gravame in trattazione è stato proposto in via autonoma, senza cioè proseguire il precedente giudizio ai sensi dell’art. 11 c.p.a. e dell’art. 59 della L. n. 69/2009. Al riguardo, non vi è ragione di dubitare che la mancata osservanza delle formalità prescritte dalle citate disposizioni per la riassunzione del processo dinanzi al giudice provvisto di giurisdizione non possa ostacolare la proposizione della medesima domanda in via autonoma nel rispetto del termine di prescrizione del diritto azionato, conseguendo da ciò, tuttavia, la preclusione all'operatività della regola della "conservazione degli effetti sostanziali e processuali della domanda", espressamente riconnessa dalle disposizioni in parola alla tempestività della riassunzione.

In definitiva, a fronte di una pronuncia dichiarativa del difetto di giurisdizione, ferme restando le preclusioni e le decadenze già intervenute, rientra nelle facoltà della parte di determinarsi per la riassunzione del giudizio nel rispetto del termine a tal fine previsto o, in alternativa, tenuto conto della natura della situazione giuridica fatta valere, di proporre la medesima domanda in via autonoma. In tale ultima eventualità, in caso di mancata osservanza dell'anzidetto termine, non potrà certamente prodursi l'effetto salvifico proprio della translatio judicii , perdendosi irrimediabilmente gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall'instaurazione del primo giudizio (T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, n. 769/2020).

Nel caso specifico, la mancata tempestiva riassunzione del giudizio dinanzi al giudice amministrativo, in conformità alla disciplina appena tratteggiata, determina (come si vedrà innanzi) unicamente la vanificazione dell’effetto interruttivo della prescrizione connesso alla pregressa instaurazione del giudizio civile ex artt. 2943 e 2945 c.c.;
pertanto, l’eccezione di prescrizione sollevata dalla parte resistente dovrà essere scrutinata avendo presente che l’unico atto interruttivo è costituito dal ricorso in esame, autonomamente proposto nel 2016, con le precisazioni di seguito fornite in relazione alla natura permanente dell’illecito rappresentato dalla occupazione sine titulo (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 2/2020;
Sez. IV, n. 3658/2019 e n. 3070/2019).

Quanto alle ulteriori eccezioni in rito, giova poi rammentare che la domanda processuale ha ad oggetto l’accertamento dell’illegittima occupazione del fondo e la condanna dell’ente locale al risarcimento dei danni, ragion per cui non è ravvisabile alcun onere di specifica impugnazione di atti asseritamentte lesivi e non trova applicazione l’art. 41, secondo comma, c.p.a. (in tema di azione di annullamento) circa l’obbligo di notifica, oltre che alla pubblica amministrazione che ha emanato l’atto, anche ad un soggetto controinteressato.

Passando al merito, a fronte di quanto dedotto specificatamente dalla parte ricorrente, si ravvisano, nel comportamento tenuto dall'amministrazione comunale con la detenzione e modificazione illegittima dei luoghi, gli elementi costitutivi della responsabilità aquiliana per danno ingiusto.

Il Collegio individua, in particolare, sia il compimento di un atto illecito, derivante dalla perdurante occupazione sine titulo del suolo in proprietà della parte ricorrente, sia l'elemento psicologico della colpa, per la negligenza dimostrata nella mancata conclusione della procedura espropriativa, sia il nesso causale tra l'azione appropriativa e il danno patito per effetto della sottrazione del bene e la trasformazione dei luoghi.

Difatti, dall’esame degli atti di causa emerge che la condotta illecita denunciata dal ricorrente appare riconducibile alla realizzazione del programma costruttivo avente ad oggetto la “Pavimentazione ed urbanizzazione di Via Filippo Santagata” .

Ricorre il concreto esercizio del potere ablatorio, sebbene l’ingerenza nel fondo di proprietà della ricorrente si sia protratta senza alcun titolo legittimante. Infatti il comportamento dell’amministrazione - consistito nell’apprensione e modificazione del fondo della ricorrente - è mediamente riconducibile all’esercizio di un potere amministrativo, segnatamente all’approvazione di un progetto esecutivo di opera pubblica (delibera di Giunta n. 164 del 20.9.2005) comportante dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dei lavori ex artt. 51 e 52 della L. n. 865/1971.

Al riguardo, giova rammentare in termini generali come l’occupazione sine titulo di un immobile, nella quale rientra qualsiasi situazione originaria (apprensione del bene diretta da parte della P.A., senza alcuna previa attivazione di procedure ablatorie) o sopravvenuta (a seguito di declaratoria di illegittimità di procedure espropriative, ovvero di inefficacia delle stesse) di acquisizione della disponibilità materiale di immobili da parte della mano pubblica, costituisce un illecito permanente rientrante nel genus dell’art. 2043 c.c. fino a che perdura l'illecita apprensione dell'area.

Dalle suesposte considerazioni il ricorso, poiché fondato, va accolto nei sensi e limiti di seguito indicati.

Ribadita l’illegittima occupazione del fondo da parte dell’intimata amministrazione, va dichiarato l'obbligo per quest’ultima, nel termine di giorni 90 dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notifica della presente sentenza, di valutare se acquisire o meno il fondo in questione ai sensi dell’art. 42 bis D.P.R. n. 327/2001, nell’esercizio della propria discrezionalità (Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1514/2012) - fatto salvo l’eventuale acquisto iure privatorum - prospettandosi, in caso di motivata decisione di non acquisizione, l’obbligo di restituzione alla titolare, previa rimessione in pristino a spese dell’amministrazione (cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 2/2016 secondo cui “la scelta che l’amministrazione è tenuta ad esprimere nell’ipotesi in cui si verifichi una delle situazioni contemplate dai primi due commi dell’art. 42-bis, non concerne l’alternativa fra l’acquisizione autoritativa e la concreta restituzione del bene, ma quella fra la sua acquisizione e la non acquisizione, in quanto la concreta restituzione rappresenta un semplice obbligo civilistico - cioè una mera conseguenza legale della decisione di non acquisire l’immobile assunta dall’amministrazione in sede procedimentale - ed essa non costituisce, né può costituire, espressione di una specifica volontà provvedimentale dell’autorità, atteso che, nell’adempiere gli obblighi di diritto comune, l’amministrazione opera alla stregua di qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento e non agisce iure auctoritatis” ).

A tale statuizione non osta il tenore letterale del petitum contenuto nell'atto introduttivo che è limitato alla richiesta di risarcimento del danno.

Invero, va esclusa la possibilità di desumere dalla domanda risarcitoria proposta dal proprietario a fronte di un'occupazione illegittima anche una rinuncia implicita del titolare al diritto dominicale sul bene in favore dell'amministrazione, in particolare riscontrando che per le fattispecie disciplinate dall'art. 42 bis citato, l'illecito permanente viene meno nei casi da esso previsti (l'acquisizione del bene o la sua restituzione), salva la conclusione di un contratto traslativo tra le parti, di natura transattiva (Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, n. 2/2020), dal momento che nessuna disposizione o principio ordinamentale autorizzano l'amministrazione a permanere nel pieno ed illecito possesso del bene quantunque per fini di pubblico interesse.

La dichiarazione dell'obbligo per l’amministrazione di determinarsi sulla eventuale acquisizione del bene ex art. 42 bis (ovvero, in caso contrario, di restituire il bene) si pone, in tal senso, nel solco dei principi che governano l'azione di adempimento di cui all’art. 34, comma 1, lett. c) cod. proc. amm., ai sensi del quale il giudice, nei limiti della domanda, condanna, tra l'altro, "all'adozione delle misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio e dispone misure di risarcimento in forma specifica ai sensi dell'articolo 2058 del codice civile" .

In accoglimento della domanda giudiziale, spetta poi alla ricorrente il risarcimento del danno causato dall'illegittima detenzione da parte del Comune del fondo di sua proprietà, non legittimamente espropriato, né altrimenti acquisito al patrimonio dell'ente, per il periodo intercorrente tra l’inizio dell’occupazione illegittima (cioè dal marzo 2006, come accertato dalla istante, e con la precisazione di seguito fornita in relazione al decorso della prescrizione) e la regolarizzazione dell’acquisto della proprietà da parte del Comune secondo le modalità sopra descritte.

Quanto al predetto risarcimento, il Tribunale fornisce i seguenti criteri ai sensi dell’art. 34, comma 4, del c.p.a.: l’importo sarà liquidato dal Comune entro il termine sopraindicato (90 giorni dalla comunicazione o, se anteriore, dalla notifica della presente sentenza), facendo applicazione in via equitativa del parametro di cui all'art. 42 bis (Consiglio di Stato, Sez, VI, n. 5700/2019) e, dunque, determinando una somma pari al 5% annuo del valore venale del bene, secondo la relativa destinazione urbanistica (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. V, n. 5840/2020 sul metodo della “stima diretta o sintetica” che “consiste nella determinazione del più probabile valore di mercato di un bene mediante la comparazione di valori di beni della stessa tipologia di quello oggetto di stima” ), oltre rivalutazione - trattandosi di debito di valore - e interessi legali.

In relazione alla sollevata eccezione di prescrizione, va rilevato che il danno da occupazione illegittima si ricollega ad una condotta antigiuridica con carattere permanente, in quanto si protrae nel tempo e dà luogo ad una serie di fatti illeciti, a partire dall'iniziale apprensione del bene, con riferimento a ciascun periodo in relazione al quale si verifica la perdita di disponibilità dell’immobile, con la conseguenza che in ogni momento sorge per il proprietario il diritto al risarcimento del danno già verificatosi e nello stesso momento decorre il relativo termine di prescrizione quinquennale (T.A.R. Lazio, Latina, n. 497/2013);
applicando tale coordinata ermeneutica, nel caso in esame l'accertamento della fondatezza della pretesa risarcitoria deve limitarsi alla parte di danno non prescritta che va calcolata dal quinquennio anteriore alla notifica del primo atto interruttivo della prescrizione che - esclusa, come si è visto, la mancata tempestiva riassunzione del giudizio ex art. 11 c.p.a. – va individuato ai sensi dell’art. 2943 c.c. nella data di notifica del presente ricorso (24.10.2016).

La regolazione delle spese processuali segue la soccombenza ai sensi dell’art. 26 c.p.a. e 91 c.p.c. nella misura indicata in dispositivo.

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