TAR Roma, sez. III, sentenza 2022-09-21, n. 202212023

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2022-09-21, n. 202212023
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202212023
Data del deposito : 21 settembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 21/09/2022

N. 12023/2022 REG.PROV.COLL.

N. 14818/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14818 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Valentina Accidenti, Vincenzo Aglieri, Stefano Alfano, Gianfranco Alighieri, Sofia Alletto, Filippo Badami, Elena Baiata, Rossella Barba, Stefano Barbagallo, Giada Carmela Bellavia, Claudia Bellomare, G M B, Armaan Bmujun, Alessia Bologna, Carla Bona, Brigitte Burgio, Viviana Butera, Samira Cacciatore, Elisa Camarda, Beatrice Sophia Cangialosi, Clara Caramazza, Emanuele Carlino, Sabrina Cefalù, Giorgia Celicola, Elisa Città, Giorgio Collovà, Chiara Colucci, Clarissa Coniglio, F C, Filippo Costa, Greta D'Amato, Paolo D'Anna, Roberta D'Attilo, C D S, Carla Di Bella, Francesca Di Benedetto, Vincenzo Di Gristina, Anna Maria Di Marco, Noemi Di Miceli, Viviana Di Mitri, Gabriele Di Stefano, Floriana Dolce, Agnese Domè, Gabriele Diego Fazio, Alessia Fazzari, Ludovica Fernandez, Costanza Ferraro, Davide Alessio Fontana, Monica Gagliardo, Gianfilippo Roberto Gambino, Vincenzo Enrico Gambino, Erica Gandolfo, Mattia Genovese, Greta Gentile, Gioacchino Giambalvo, Julia Giuffrida, Giulia Gorgone, Giuseppe Greco, Roberta Greco, Davide Gueli, Alessandro Gueli, Miriam Iacono, Matilda Iemmolo, Silvia Indelicato, Silvia La Barbera, Chiara La Barbera, Atanasio Gabriele La Bianca, Carla La Iacona, Giorgia La Monica, Giorgia Maria Lanzafame, Francesco Laurino, Silvia Lavanco, Claudia Li Castri, Sofia Lo Cascio, Silvia Lo Presti, Martina Piera Lupo, Giorgia Maltese, Maria Concetta Valeria Marchese, Sharon Marciante, Luna Mauro, Chiara Mercurio, Ida Messina, Alice Maria Nicolosi, Chiara Notonica, Carla Pace, Ilenya Pagano, Alessandra Parrino, Salvatore Pernice, Domiziana Picone, Gaia Pontillo, Azzurra Federica Puccio, Bernardo Puccio, Maria Grazia Puma, Angelo Purrazzella, Riccardo Randisi, Roberta Rizzo, Gloria Saia, Enrico Pietro Salamone, Ignazio Sardo, Myriam Vittoria Sauro, Daniel Scafidi, Alessandra Scala, Silvia Scarpulla, Simona Sciamè, Emanuela Roberta Sciortino, Martina Sferlazza, Silvia Siragusa, Christian Sollena, Claudia Tarantino, Martina Taravella, Giulia Maria Termine, Chiara Tinnirello, Chiara Tinnirello, Federica Todaro, Francesco Tolomeo, Gabriele Triferò, Chiara Vaccarino, Ornella Maria Sofia Vella, Riccardo Venezia e Andrea Vitali, rappresentati e difesi dagli avvocati Francesco Stallone, Francesco Leone, Simona Fell e Claudia Caradonna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo Studio legale dell’avvocato Francesco Stallone in Roma, via A. Stoppani, 1;

contro

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e Università degli Studi di Palermo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Consorzio Interuniversitario per il Calcolo Automatico – Cineca, non costituito in giudizio;

nei confronti

Giorgia Marino, non costituita in giudizio;

per l’annullamento

quanto al ricorso introduttivo

- del Decreto Ministeriale 3 luglio 2015 n. 463 con i relativi allegati pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 agosto 2015 n. 189 dettante “ Modalità di svolgimento dei test per i corsi di laurea a ciclo unico ad accesso programmato a.a. 15/16 ”;

- del Decreto Interministeriale 29 luglio 2015 n. 517 con i relativi allegati pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 agosto 2015 n. 193 dettante “ Programmazione dei posti per l’accesso al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Medicina e Chirurgia a.a. 2015/2016 ”;

- del Decreto Ministeriale 5 agosto 2015 n. 544 pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 17 agosto 2015 n. 189 con i relativi allegati, dettante “ Definizione dei posti disponibili per le immatricolazioni al corso di laurea magistrale a ciclo unico in Odontoiatria e Protesi Dentaria a.a. 2015/2016 ”;

- del bando di concorso per l’accesso ai corsi di laurea a numero programmato della facoltà di medicina e chirurgia per l’anno 2015-2016 dell’Ateneo di Palermo;

- dell’elenco del 22 settembre 2015, pubblicato sul sito www.accessoprogrammato.miur.it, riportante il punteggio dei candidati in elenchi suddivisi per singoli Atenei di svolgimento della prova, prima della graduatoria definitiva;

- della graduatoria unica nazionale del concorso per l’ammissione al Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi Dentaria per l’anno accademico 2015/2016, pubblicata sul sito www.accessoprogrammato.miur.it il 7 ottobre 2015, nella quale parte ricorrente risulta collocata oltre l’ultimo posto utile e, quindi, non ammessa al corso, nonché dei successivi scorrimenti di graduatoria;

- dei verbali delle commissioni del concorso e di quelli delle commissioni d’aula dell’Università di Palermo richiamata in epigrafe;

- della documentazione di concorso distribuita ai candidati e predisposta dal CINECA, nella parte in cui risulta presente il codice segreto alfanumerico sotto il codice a barre, tanto nel questionario personalizzato delle domande e nella scheda risposte nonostante le contrarie indicazioni dell'Alto Commissario anticorruzione del 2007, del Consiglio di Stato (vedasi sez. II 14 ottobre 2013, n. 4233) e dei T.A.R. (vedasi T.A.R. Molise 4 giugno 2013 n. 396);

- della documentazione di concorso distribuita ai candidati e predisposta dal CINECA, nella parte in cui risulta presente il codice segreto alfanumerico tanto nella scheda anagrafica e nella scheda risposte nonostante le contrarie indicazioni dell'Alto Commissario anticorruzione del 2007, del Consiglio di Stato (vedasi sez. II 14 ottobre 2013, n. 4233) e dei T.A.R. (vedasi T.A.R. Molise 4 giugno 2013 n. 396);

- della scheda anagrafica distribuita ai candidati predisposta dal CINECA nella parte in cui non sono precompilate (ovvero non sono indicate le generalità del candidato) e nella parte in cui dispone come eventuale il c.d. Codice Ateneo, la cui predisposizione dovrebbe essere curata dall'Ateneo stesso;

- di ogni altro atto presupposto e/o consequenziale anche potenzialmente lesivo degli interessi dei ricorrenti;

per l’accertamento del diritto di parte ricorrente di essere ammessa al Corso di Laurea in questione (Medicina e Chirurgia, Odontoiatria e Protesi Dentaria anno accademico 2015-2016);

e per la condanna in forma specifica ex art. 30, comma 2, c.p.a. all'adozione del relativo provvedimento di ammissione al corso di Laurea per cui è causa nonché, ove occorra e, comunque in via subordinata, al pagamento delle relative somme, con interessi e rivalutazione, come per legge;

quanto al ricorso per motivi aggiunti,

- del D.M. n. 50 del 2016 nella parte in cui, per quanto di interesse, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha decretato la chiusura della graduatoria del corso di Laurea magistrale in medicina e chirurgia e odontoiatria e protesi dentaria, di cui al D.M. n. 463/2015.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dell’Università degli Studi di Palermo;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 6 aprile 2022 il dott. L B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti, con il ricorso collettivo in esame come integrato dai motivi aggiunti, espongono di aver partecipato alla prova di ammissione ai corsi programmati di medicina e chirurgia, odontoiatria e protesi dentaria, per l’anno accademico 2015/2016, sostenendo il test d’accesso presso l’Ateneo di Palermo. La procedura concorsuale, ad avviso dei ricorrenti, sarebbe affetta da svariati profili di illegittimità – sinteticamente riconducibili alla violazione del principio di anonimato, segretezza e riconducibilità ai candidati della paternità delle prove – a fronte dei quali viene chiesto l’annullamento degli atti impugnati “per quanto di interesse”, con riconoscimento del diritto ad essere ammessi al predetto corso di laurea a titolo di risarcimento in forma specifica ex art.2058 c.c. In via gradata, i ricorrenti chiedono il risarcimento del danno in forma generica, derivante dalla perdita di chance per il doppio sbarramento del completamento degli studi e del reperimento di un posto di lavoro da medico, oltre i costi sostenuti per la partecipazione alla prova di ammissione al corso di laurea in questione.

1.1. Si costituivano in giudizio il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e l’Università degli Studi di Palermo eccependo l’inammissibilità del gravame, in quanto nessuno dei ricorrenti risulta inserito in graduatoria, non avendo conseguito il punteggio minimo previsto dall’art. 10, comma 1, del d.m. n. 463/2015, e comunque la sua infondatezza nel merito.

1.2. La Sezione, alla camera di consiglio dell’11 febbraio 2016, con ordinanza n. 714/2016 respingeva l’istanza cautelare ravvisando l’insussistenza dei presupposti per concedere la misura propulsiva dell’immatricolazione con riserva e in sovrannumero in ragione del fatto che i motivi di censura articolati avverso gli atti gravati afferiscono all’indizione e alla regolarità della procedura di ammissione al corso di laurea in parola e pertanto, in caso di accoglimento, risulterebbero unicamente suscettibili di condurre all’annullamento di tale procedura.

1.3. I ricorrenti proponevano poi ricorso per motivi aggiunti con richiesta di misura cautelare. Con tale ricorso, in particolare, chiedevano l’annullamento del d.m. n. 50/2016 nella parte in cui il Ministero resistente aveva decretato la chiusura della graduatoria del corso di laurea in medicina e chirurgia e odontoiatria e protesi dentaria per l’anno accademico 2015/2016.

1.4. La Sezione, alla camera di consiglio del 7 aprile 2016, con ordinanza n. 1637/2016 respingeva l’istanza cautelare formulata con il ricorso per motivi aggiunti.

1.5. Nel corso del giudizio alcuni ricorrenti depositavano atti di rinuncia al ricorso (cfr. depositi del 28 gennaio 2016 e del 2 marzo 2022).

1.6. All’udienza pubblica del 6 aprile 2022 la causa veniva trattenuta in decisione sulla base degli atti depositati.

2. Il Collegio, in via preliminare, alla luce degli atti di rinuncia depositati dai ricorrenti C D S e F C, dichiara, nei confronti di questi, l’estinzione del giudizio. Per quel che concerne, invece, l’atto di rinuncia di G M B, in ragione del fatto che lo stesso non rispetta tutte le prescrizioni di cui all’art. 84, commi 1 e 3, c.p.a., non può dichiararsi l’estinzione del processo per rinuncia. Tuttavia, da tale istanza può desumersi, ai sensi dell’art. 84, comma 4, c.p.a., la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 6484, depositata in data 12 dicembre 2011).

2.1. Il Collegio, sempre in via preliminare, rileva come il ricorso introduttivo – i cui motivi sono articolati ripetitivamente in svariate pagine, anche con utilizzo di grafici e figure – non appare rispettoso del principio di sinteticità, richiesto tanto al Giudice quanto al difensore dalle vigenti disposizioni del codice del processo amministrativo. Inoltre, non può non evidenziarsi come la domanda di annullamento formulata “per quanto di interesse” abbia impegnato il Collegio in uno sforzo interpretativo quasi al limite del potere di qualificazione della domanda, riconosciuto al giudice dalla disciplina processuale vigente secondo quanto chiarito anche dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4 del 25 marzo 2015, che ha ribadito la centralità del principio dispositivo anche nel processo amministrativo.

3. Il Collegio ritiene che l’eccezione di inammissibilità del gravame, sollevata dalle parti resistenti, non sia meritevole di favorevole considerazione in quanto, pur avendo i ricorrenti riportato un punteggio inferiore alla soglia minima e non essendo per questo inclusi in graduatoria, essi hanno comunque azionato l’interesse strumentale all’annullamento della procedura in questione, avendo peraltro proposto solo censure di carattere demolitorio, compatibili con la richiesta di annullamento degli atti in epigrafe con la formula “per quanto di interesse”, da interpretarsi, alla luce di quanto sopra evidenziato, quale richiesta di annullamento dell’intera procedura concorsuale.

4. Passando al merito della controversia in esame e principiando dall’analisi dei mezzi di gravame articolati con il ricorso introduttivo, il Collegio, per motivi di ordine logico, ritiene di esaminare prioritariamente il secondo motivo di tale ricorso con il quale i ricorrenti lamentano la violazione del principio dell’anonimato nello svolgimento della procedura concorsuale per cui è causa. La violazione di tale principio si sarebbe avuta in ragione del fatto che la scheda anagrafica compilata dai candidati sarebbe rimasta esposta sul banco durante tutto lo svolgimento della prova, quindi visibile al personale, con possibilità di associare ai dati dei candidati il “numero segreto” del codice plico, essendo esso leggibile sui fogli della prova di concorso (questionario, modulo risposte e foglio di controllo). La violazione del principio dell’anonimato si sarebbe, inoltre, avuta in quanto sul modulo risposte di ciascun candidato era apposto un codice plico prestampato (alfanumerico composto da 9 elementi fra numeri e cifre), mentre un codice alfanumerico (c.d. “Etichetta MIUR”) doveva essere applicato dai candidati prima della consegna dell’elaborato. Nella prospettazione dei ricorrenti, dunque, ciascun candidato avrebbe potuto inserire il proprio nome e cognome nel foglio controllo (che conteneva anche il codice plico), rendendo così riferibile l’elaborato alla identità di uno specifico candidato, con la paradossale conseguenza che il “codice plico” sarebbe risultato il principale segno identificativo dei candidati.

4.1. Tale censura non risulta meritevole di accoglimento.

4.2. Il Collegio innanzitutto evidenzia che, proprio al fine di scongiurare il pericolo astratto di lesione dei principi dell’anonimato e della trasparenza nello svolgimento delle prove di ammissione al corso di laurea in medicina e chirurgia e odontoiatria e protesi dentaria (cfr. Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, sentenze nn. 26, 27 e 28 del 20 novembre 2013), il Ministero resistente ha previsto una serie di ulteriori misure “preventive e cautelative” nelle “ Linee Guida per lo svolgimento delle prove di ammissione ai corsi di laurea e di laurea magistrale di cui al d.m. 3 luglio 2015, n. 463 ”, inviate agli Atenei in data 6 agosto 2015. Contrariamente a quanto prospettato dai ricorrenti, il codice apposto sul modulo risposte, contrassegnato dal medesimo codice alfanumerico impresso sul plico, assolve solo la funzione di individuare la sequenza con cui vengono somministrati i quesiti (identici per tutti i partecipanti alla prova, ma somministrati in a ciascuno secondo un differente e casuale ordine). Tale codice, quindi, consente la correzione degli elaborati, ma non costituisce in alcun modo il “codice identificativo della prova”.

4.3. Ad avviso del Collegio, nonostante le parti resistenti non abbiano spiegato specifiche difese in ordine a tale profilo di censura, non ricorrono i presupposti per l’annullamento dell’intera procedura sotto il profilo in esame.

4.3.1. Infatti, manca qualsiasi principio di prova su intervenute manipolazioni, che avrebbero rilevanza anche penale, posto che le garanzie procedurali previste sembrano escluderne in concreto la possibilità, nei limiti delle verifiche affidate a questo giudice sulla legittimità delle procedure amministrative. Non può essere trascurata la differente configurazione del principio di anonimato nelle prove scritte di un concorso, richiedenti la stesura di elaborati originali, e nella verifica di prove a quiz con risposte predeterminate, potendo il favoritismo, nei confronti di un candidato noto, esprimersi nel primo caso con un giudizio discrezionale insindacabile nel merito (con accresciuta necessità di escludere “a priori” ogni possibile riconoscimento), mentre nel secondo l’esito – oggettivamente verificabile anche ex post – potrebbe essere alterato solo attraverso vere e proprie falsificazioni, di cui non si ha alcun riscontro nel caso di specie. Per la tipologia di prove concorsuali di cui si discute, pertanto, la mera “astratta configurabilità” della violazione del principio dell’anonimato potrebbe ritenersi invalidante (cfr. in tal senso Cons. Stato, Ad. Plen., 20 novembre 2013, nn. 26, 27 e 28), non solo con riguardo alla teorica possibilità di attribuire singole schede ai relativi compilatori, ma anche alla concorrente, oggettiva, possibilità di manipolazione delle schede nel corso della procedura. Il principio di anonimato – benché rispondente ad un’astratta “illegittimità da pericolo” – non può restare avulso dalle finalità cui lo stesso è preordinato (tutela dell’imparzialità del giudizio e della par condicio dei concorrenti) e, dunque, dalla concreta fattibilità di interventi manipolativi dei risultati.

4.3.2. La stessa giurisprudenza esclude che si debba dimostrare l’effettiva violazione del principio di imparzialità nel caso concreto, ma riconosce che il vizio di procedura è ravvisabile solo in presenza di violazione “non irrilevante” del principio di cui trattasi: appare innegabile, d’altra parte, che la rilevanza in questione debba rapportarsi anche alle concrete modalità procedurali previste (ben diverse da quelle attuali, all’epoca delle pronunce sopra citate). Nella situazione in esame dette modalità – implicanti raccolta e successiva correzione, attraverso lettore ottico, di migliaia di moduli (per i quali il codice alfanumerico, affiancato al codice a barre, costituisce presumibilmente misura di sicurezza, in vista del successivo abbinamento con le schede anagrafiche) – risultavano coperte dalle garanzie di cui al d.m. n. 546 del 2016. Va, inoltre, evidenziato che le schede anagrafiche e i moduli di risposta sono stati consegnati al CINECA, che ne ha effettuato la correzione in modo automatico, tramite lettore ottico, in base alle risposte prestabilite e, pertanto, non si vede in che modo, risultando le schede disponibili, materialmente, solo in fasi procedurali pubbliche, singoli soggetti avrebbero potuto effettuare la ricerca, la sottrazione e l’alterazione o sostituzione di alcune di esse.

4.3.3. Giova, peraltro, evidenziare che contrariamente a quanto argomentato da parte ricorrente, il codice apposto sul modulo risposte, contrassegnato dal medesimo codice alfanumerico impresso sul plico, assolve soltanto alla funzione di individuare la sequenza con cui vengono somministrati i quesiti (identici per tutti i partecipanti alla prova, ma somministrati in una randomizzazione differente per ciascuno) e di consentire, quindi, la correzione, ma non costituisce in alcun modo il “codice identificativo della prova”. Per converso, il “codice identificativo della prova”, ai sensi del punto 4 dell’Allegato 2 del D.M. n. 463/2015 del 22 settembre 2015, si compone di 15 caratteri alfanumerici, sicché la cui memorizzazione richiederebbe una capacità computazionale non comune per un essere umano. Oltretutto, l’assoluta casualità con cui l’algoritmo che genera il codice etichette “mescola” i caratteri è circostanza sufficiente a dimostrare che, all’interno del set di etichette in dotazione dell’Ateneo, è ben possibile avere codici con gli ultimi 3 caratteri identici e, quindi, l’insufficienza di soli tre caratteri ad identificare in alcun modo il candidato.

5. I ricorrenti, con il primo motivo del ricorso introduttivo, contestano l’illegittimità degli atti impugnati per “ Violazione e falsa applicazione del principio di paternità e genuinità della prova – violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.m. n. 463/2015, sotto il profilo della identificazione del candidato e del bando di ateneo – violazione e falsa applicazione degli art. 38, 46, 47 del d.P.R. n. 445/2000 per nullità della dichiarazione sostitutiva di veridicità dei dati anagrafici e conformità dei codici alfanumerici – violazione e falsa applicazione dell’art. 3 Cost. per violazione del principio di parità di trattamento, nonché dell’art. 97 Cost. per violazione dei principi di buon andamento, trasparenza e imparzialità della P.A. – eccesso di potere per disparità di trattamento e ingiustizia manifesta ”. In particolare, con tale mezzo di gravame si contesta l’irregolare, illegittimo e iniquo svolgimento della prova di ammissione al corso di laurea in questione, in ragione del fatto che quasi tutti gli Atenei avrebbero condotto le operazioni di identificazione dei candidati senza porre in essere alcun accorgimento idoneo a garantire l’univoca riconducibilità della prova a ciascun singolo candidato, dal che la lesione dei principi di buon andamento, trasparenza e correttezza della procedura concorsuale, nonché del principio di uguaglianza, con violazione anche del d.P.R. n. 445/2000 e del d.m. n. 463/2015.

5.1 Il Collegio ritiene parimenti infondata tale censura.

5.2. Infatti, la circostanza che i concorrenti – come prescritto dalle Linee guida ministeriali del 6 agosto 2015, della cui mancata applicazione nella sede di Palermo non è stata fornita alcuna prova – siano stati identificati dalla Commissione unicamente al momento dell’accesso alle aule con conseguente impossibilità per i componenti della stessa di “intercettare” i compiti di taluni candidati, ad avviso del Collegio costituisce ulteriore garanzia dell’anonimato degli elaborati, con riferimento alla quale l’eventuale ed ipotetica possibilità di comportamenti fraudolenti di taluni candidati – che ad avviso dei ricorrenti “avrebbero potuto registratisi al concorso al solo scopo di agevolare altri concorrenti meno esperti nelle materie oggetto di valutazione, ai quali potrebbero essersi sostituiti” (comportamenti, ovviamente, idonei ad integrare fattispecie penalmente perseguibili) – appare circostanza di fatto non idonea ad inficiare la legittimità dell’atto, proprio in quanto l’effetto distorsivo deriverebbe da un fatto illecito del terzo.

5.3. Le medesime considerazioni possono essere svolte con riferimento alla possibile sostituzione di persona, con eventuale “scambio” della scheda anagrafica priva di dati identificativi univocamente riconducibili a ciascun concorrente, che ad avviso di parte ricorrente ben avrebbe potuto essere abbinata al modulo risposte di altro candidato, nella fase precedente alla apposizione delle etichette adesive. In proposito, il Collegio osserva che tale “sostituzione” è comunque nella pratica di fatto alquanto implausibile, poiché avrebbe dovuto essere effettuata nella fase precedente anche alla sottoscrizione del candidato in calce alla scheda anagrafica (che consente in modo inequivocabile di accertare la corrispondenza tra la firma dell’anagrafica e la firma apposta dal candidato sul registro d’aula all’atto dell’identificazione e di smascherare eventuali sostituzioni di candidati).

6. Con il terzo motivo del ricorso introduttivo, i ricorrenti contestano la legittimità degli atti impugnati per “ Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.P.R. 9 maggio 1994 n. 487 – Violazione e falsa applicazione dell’allegato 1 del d.m. n. 463/2015 – violazione e falsa applicazione dell’art. 3 Cost. per violazione del principio di parità di trattamento, nonché dell’art. 97 Cost. per violazione dei principi di buon andamento, trasparenza ed imparzialità della P.A. – violazione dei principi di trasparenza e par condicio dei concorrenti – Eccesso di potere per disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta ”. In particolare, con tale mezzo di gravame i ricorrenti deducono che in tutte le sedi in cui si è svolta la prova di ammissione ai corsi di laurea in medicina per l’a.a. 2015/2016 sarebbe stato fatto uso di cellulari, con possibilità di comunicare con l’esterno sia prima sia durante lo svolgimento della prova, in violazione del d.m. n. 463/2015, recante “ Modalità di svolgimento dei test per i corsi di laurea a ciclo unico ad accesso programmato a.a. 15/16 ”, che espressamente prevede alla lettera f) , punto 9 dell’Allegato 1 che “ È fatto divieto di introdurre nelle aule cellulari, palmari o altra strumentazione similare, a pena di annullamento della prova ”.

6.1. Il Collegio ritiene inammissibile tale motivo di ricorso, in quanto la condotta prospettata, ancorché ne fosse data la prova che peraltro non è stata fornita nel presente giudizio, costituisce una mera causa di esclusione del singolo candidato, non essendo per converso suscettibile di determinare l’annullamento dell’intera procedura concorsuale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 2548 del 10 febbraio 2009). Pertanto, posto che i ricorrenti non sono collocati in graduatoria in ragione del punteggio ottenuto al test di ammissione, gli stessi sono privi di interesse a coltivare tale censura, dalla quale non potrebbero ritrarre alcuna utilità avendo azionato l’interesse strumentale all’annullamento dell’intera procedura, teso a conseguire un bene della vita diverso da quello dell’ammissione al corso di laurea in questione per il tramite della procedura amministrativa concretamente svolta.

6.2. Infatti, premesso che nel processo amministrativo il rimedio della reintegrazione in forma specifica, sub specie di “ammissione in sovrannumero” deve essere comunque coordinato con le regole del diritto amministrativo (T.A.R. Lazio, sez. III- bis ., n. 12416 del 9 dicembre 2014;
Cons. Stato, sez. V, 21 maggio 2013, n. 2776), tale possibilità richiede pur sempre che sia dimostrata, da parte del ricorrente, la certezza (e non solo una mera chance , risarcibile solo per equivalente) che la legittimità dei provvedimenti impugnati avrebbe consentito di ottenere il bene della vita invocato (cfr. T.A.R. Lazio, sez. III- bis , sent. n. 8801/2015). Peraltro, nella sentenza n. 12416 del 9 dicembre 2014 la Sezione – nel condividere l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’accertamento dell’illegittimità dell’atto ex art. 34 c.p.a possa essere richiesto anche in via autonoma al giudice amministrativo – ha comunque precisato che ciò può avvenire solo quando “ l’annullamento non risulti più utile per il ricorrente ” (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 23 marzo 2011, n. 3) fermo restando che all’accoglimento della domanda di risarcimento del danno in forma specifica ex art. 2058 c.c. – come pure della domanda di risarcimento per equivalente – può pervenirsi solo quando il ricorrente abbia dimostrato la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 2043 c.c.

7. Il Collegio, nel caso di specie, sia in ragione del fatto che non si ravvisano i prospettati profili di illegittimità degli atti impugnati, sia in considerazione della circostanza che i ricorrenti hanno azionato l’interesse strumentale alla riedizione della procedura di ammissione al corso di laurea in questione, non avendo raggiunto il punteggio minimo previsto per l’utile collocazione in graduatoria, la domanda risarcitoria risulta infondata e va, dunque, respinta.

8. I ricorrenti, con il ricorso per motivi aggiunti, hanno impugnato anche il d.m. n. 50 del 2016 nella parte in cui il Ministero resistente ha decretato la chiusura della graduatoria del corso di laurea magistrale in medicina e chirurgia e odontoiatria e protesi dentaria di cui al d.m. n. 463/2015. I ricorrenti, più in particolare, ritengono che tale provvedimento, per la sua natura consequenziale, risulti, anche in via derivata, illegittimo e lesivo dei loro interessi, in quanto la chiusura della graduatoria e la non ridistribuzione dei posti rimasti vacanti, ovvero non coperti in seguito alle rinunce successive all’immatricolazione, non avrebbe loro consentito di accedere al corso di laurea in parola.

8.1. Il Collegio ritiene che il ricorso per motivi aggiunti sia inammissibile in quanto, come già evidenziato in precedenza, i ricorrenti non sono collocati in graduatoria per non aver raggiunto, nel test di ammissione, il punteggio minimo a tal uopo previsto dal bando. L’aver azionato l’interesse strumentale finalizzato all’annullamento dell’intera procedura per cui è causa rende insensibili le sfere giuridiche dei ricorrenti dagli atti inerenti alle vicende dei soggetti utilmente collocati in graduatoria, in quanto dall’annullamento degli stessi non potrebbero comunque ritrarre alcuna attuale e concreta utilità.

8.2. Il Collegio, in ogni caso, evidenzia comunque l’infondatezza del ricorso per motivi aggiunti in ragione del fatto che avverso l’atto con esso gravato non sono state svolte autonome censure, essendosi i ricorrenti sostanzialmente limitati a estendere, con un unico motivo, le contestazioni già mosse avverso gli atti gravati con il ricorso introduttivo. Pertanto, dalla reiezione del ricorso introduttivo, che implica che gli atti gravati non sono affetti da alcuna delle censure proposte nel presente giudizio, discende anche l’infondatezza del ricorso per motivi aggiunti.

9. In definitiva, per le ragioni sin qui esposte, il ricorso introduttivo risulta in parte inammissibile (con riferimento al terzo motivo di ricorso) e in parte infondato (con riguardo ai primi due motivi di ricorso), mentre il ricorso per motivi aggiunti risulta inammissibile e, comunque, infondato.

10. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

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