TAR Trento, sez. I, sentenza breve 2023-04-17, n. 202300054

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trento, sez. I, sentenza breve 2023-04-17, n. 202300054
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trento
Numero : 202300054
Data del deposito : 17 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/04/2023

N. 00054/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00034/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 60 cod. proc. amm.;
nel giudizio introdotto con il ricorso numero di registro generale 34 del 2023, proposto da E M, rappresentata e difesa dall’avvocato E L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, via Brigata Acqui, n. 4 presso lo studio dell’anzidetto avvocato L;

contro

Ministero della Difesa, nella persona del Ministro in carica, non costituitosi in giudizio;
Comando Truppe Alpine, nella persona del comandante in carica, non costituitosi in giudizio;

per l’annullamento, previa sospensione dell'efficacia

- del provvedimento del Comando Truppe Alpine, M_D A773390 REG 2022 prot. numero 72628 DD. 16.12.2022 cod. id.

VCTETERR

Ind.cl. 1.13.11/, notificato alla ricorrente in data 03.01.2023, avente ad oggetto la “ rideterminazione del canone di occupazione ai sensi del DM 16 marzo 2011. Alloggio ETN0006. Comunicazione di conclusione del procedimento e decorrenza del canone rideterminato ”;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 35, comma 1, lettera b), c.p.a.;

Visto l’art. 60 c.p.a.;

Visto il decreto del Presidente di questo Tribunale n. 9 del 2 maggio 2022;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2023 il consigliere Antonia Tassinari e udita per la ricorrente l’avvocato E L, come specificato nel relativo verbale;

Sentita ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. la parte presente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. L’odierna ricorrente, signora E M, risiede insieme al figlio minorenne in un alloggio concesso in uso dall’Amministrazione della difesa assegnatole giudizialmente a seguito della separazione dal coniuge, militare di professione, intervenuta con sentenza del Tribunale di Trento n. 301 del 19 maggio 2022.

2. Il canone di occupazione, che prima della separazione giudiziale dei coniugi ammontava ad euro 173,12, successivamente, dal maggio 2022, è aumentato ad euro 425,76 mensili e da ultimo, dal mese di gennaio 2023, ad euro 806,92 euro mensili. Poiché l’alloggio è utilizzato “ sine titulo ” l’importo del canone è stato infatti rideterminato con provvedimento del Comando del Corpo Truppe Alpine del 16 dicembre 2022 con le modalità previste nel decreto del Ministro della Difesa datato 16 marzo 2011, emanato in attuazione dell'articolo 286, comma 3 bis del d.lgs. 15 marzo 2010 n. 66, come modificato dal d.lgs. 24 febbraio 2012 n. 20.

3. L’istanza di revisione ed aggiornamento del calcolo del canone presentata dalla signora M il 27 gennaio 2023 non è stata accolta (cfr. nota del 24 febbraio 2023 del Comando Truppe Alpine) e, conseguentemente, ella ha depositato il ricorso in esame chiedendo l’annullamento del provvedimento di rideterminazione del canone di occupazione ritenuto illegittimo per aver erroneamente considerato in violazione dell’art. 2 del decreto 16 marzo 2011 la composizione del nucleo familiare nonché il reddito complessivo del nucleo familiare convivente.

4. In particolare, posto che ai fini della determinazione del canone dovuto dagli utenti non aventi titolo alla concessione, l’art. 2 del decreto 16 marzo 2011 prevede l'applicazione di un « coefficiente correttivo » calcolato in funzione del reddito del nucleo familiare dell'occupante e del periodo di occupazione dell'alloggio senza titolo, la ricorrente sostiene che il “ reddito di riferimento ” è quello ottenuto dalla somma dei redditi annui lordi di tutti i componenti conviventi del suo nucleo familiare. Il coniuge separato con sentenza passata in giudicato della ricorrente non fa più parte del nucleo familiare della medesima e dunque il reddito dello stesso, deduce ancora la ricorrente, non doveva essere considerato ai fini della rideterminazione del canone degli alloggi di servizio militari occupati da utenti senza titolo. A dire della ricorrente l'importo corretto, calcolato sulla base del coefficiente correttivo globale pari a 0,30 (e non a 0,90 come indicato dal Comando) ammonta ad euro 302,59.

5. L’Amministrazione intimata non si è costituita in giudizio.

6. Alla camera di consiglio, convocata per la trattazione dell’incidente cautelare, la parte presente è stata avvisata della possibilità di definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm. Quindi il ricorso è stato trattenuto in decisione.

7. In via preliminare, il Collegio ritiene che il giudizio può essere definito con sentenza in forma semplificata, a norma dell’art. 60 c.p.a., secondo il quale “ In sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso, il collegio, accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria, sentite sul punto le parti costituite, può definire, in camera di consiglio, il giudizio con sentenza in forma semplificata, salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione... ”, ricorrendone i presupposti poiché il contraddittorio va considerato integro atteso quanto si dirà circa la notificazione del ricorso, l’istruttoria è completa e le parti costituite non hanno manifestato l’intenzione di proporre motivi aggiunti o un ricorso incidentale o regolamento di competenza ovvero regolamento di giurisdizione.

8. Premesso tutto quanto precede, è appena il caso di sottolineare l’erroneità della vocatio in ius rivolta all’Amministrazione della difesa da parte della ricorrente. Invero la notificazione del ricorso è stata effettuata presso la sede reale dell’Amministrazione intimata e non presso l’Avvocatura dello Stato configurandosi quindi, secondo la giurisprudenza consolidata (Cass. Civile sez. II 30 ottobre 2020, n. 240329), quale notificazione nulla e non inesistente, peraltro nella specie non sanata dalla costituzione in giudizio dell’Amministrazione, come dianzi rilevato, il che comporterebbe (cfr. al riguardo Cons. Stato, Sez. II, 20 dicembre 2021, n. 8436) l’assegnazione alla ricorrente di un termine per la rinnovazione nei confronti dell’Amministrazione intimata della notificazione medesima presso la competente Avvocatura distrettuale dello Stato (cfr. T.R.G.A. Trento, ord. n. 172 del 17 ottobre 2022). Tuttavia tale profilo è logicamente e naturalmente destinato ad essere assorbito dalla sovrastante questione della giurisdizione cui ricondurre la cognizione della fattispecie in esame.

9. Vale osservare a quest’ultimo riguardo che la ricorrente non contesta la “ fonte ” del canone dovuto cioè le disposizioni del decreto ministeriale 16 marzo 2011 le quali non sono state gravate, né la qualificazione del rapporto, relativo all'immobile in questione, quale occupazione sine titulo di alloggio demaniale a seguito della separazione dal coniuge e neppure la spettanza all’Amministrazione di poteri esercitati con discrezionalità amministrativa. La ricorrente si duole infatti sic et simpliciter dell'ammontare del canone così come determinato e richiesto dall'Amministrazione con modalità a parer suo erronee. Appare evidente come nel caso in esame non si tratti affatto di atti rimessi alla discrezionalità dell'Amministrazione con i quali essa eserciti anche mediatamente potestà autoritative, ma di semplici atti piuttosto di natura paritetica (T.A.R. Toscana Firenze, sez. I, 23 giugno 2022, n. 849) finalizzati a dare applicazione a regole di valutazione già interamente predeterminate che prefigurano una posizione di diritto soggettivo.

La questione, prescindendo dal rapporto di lavoro pubblico (che ha avuto rilievo solo per avere consentito al coniuge della ricorrente di ottenere, a suo tempo, la disponibilità dell’alloggio) ed altresì dal rapporto di concessione di beni pubblici, si prospetta in definitiva quale mero calcolo del canone, della cui natura e debenza non si controverte. Sul punto, la giurisprudenza è incontroversa nel sostenere " che, laddove sia in questione la mera quantificazione di quanto dovuto e non la " intera economia " del rapporto, la giurisdizione spetti al giudice ordinario ” (Cass. Civ. sez. unite 3 marzo 2020, n. 5908;
Cass. Civ. sez. unite 21 gennaio 2020, n. 1180;
T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, 6 dicembre 2022, n. 16277;
T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 28 giugno 2022, n. 8821;
T.A.R. Veneto Venezia Sez. I, 31 maggio 2021, n. 721;
Tar Bari, Sez. III, 19 aprile 2021, n. 683;
TAR Lazio, Roma, Sez. I Bis, 16 marzo 2021, n. 3214;
T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, 20 ottobre 2020, n. 4632;
Consiglio di Stato, sezione I, parere n. 1602 del 2019;
parere n. 1276 del 29 aprile 2019, che richiama Cass. SS.UU., 9 giugno 2017, n. 14428;
Cons. Stato, sez. V, 30 marzo 2017, n. 1466;
id., sez. V, 11 dicembre 2017, n. 5833 e sez. III, 1 giugno 2016, n. 2335;
T.A.R. Lazio Roma sez. I bis, 9 maggio 2017, n. 5562;
T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, 8 luglio 2016, n. 3511). Invero la norma di riferimento che trova applicazione nella circostanza è l’art. 133, comma 1 lett. b) c.p.a. nella parte in cui, in relazione ai rapporti di concessione di beni pubblici, esclude dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, demandandone la cognizione al giudice ordinario.

Ne consegue che la cognizione sulla questione qui sottoposta spetta al giudice ordinario, ai sensi e per gli effetti dell’art. 133 comma 1 lett. b) seconda parte c.p.a. avendo la controversia natura patrimoniale ed essendo coinvolte nel contenzioso posizioni di diritto soggettivo.

E ciò anche a prescindere dal fuorviante avviso apposto in calce all’impugnato provvedimento che presumibilmente ha tratto in inganno la stessa ricorrente, ma che non vale per certo a giustificare lo strumento di tutela utilizzato e quindi la giurisdizione del giudice amministrativo. Al riguardo si consideri tra l’altro che l’omessa o, come nel caso di specie, erronea indicazione, dell’Autorità cui è possibile ricorrere, indicazione di natura meramente agevolativa prevista dal comma 4 dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, rappresenta una mera irregolarità e non un’illegittimità dell’atto che obiettivamente nel caso concreto non avrebbe dovuto più di tanto determinare incertezza circa gli strumenti di tutela azionabili (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 30 dicembre 2019, n. 8889) da parte della ricorrente, soggetto su cui grava in definitiva l’onere di individuare l’Autorità giurisdizionale.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione, spettando la controversia alla cognizione del giudice ordinario, dinanzi al quale la stessa potrà essere riassunta nei termini di cui all'articolo 11 del codice del processo amministrativo.

Nulla per le spese non essendosi costituita in giudizio l’intimata Amministrazione della difesa.

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