TAR Firenze, sez. II, sentenza 2010-05-11, n. 201001397

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2010-05-11, n. 201001397
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201001397
Data del deposito : 11 maggio 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01293/2007 REG.RIC.

N. 01397/2010 REG.SEN.

N. 01293/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro generale 1293 del 2007, proposto dalla
Imerys Minerali S.p.A. in persona del suo Amministratore delegato, ing. V G, rappresentata e difesa dagli avv.ti N G, M C M e F Gugli e con domicilio eletto presso lo studio dei primi due, in Firenze, via Alfieri n. 19

contro

Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero della Salute, Ministero dello Sviluppo Economico, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliati presso gli Uffici della stessa, in Firenze, via degli Arazzieri, n. 4
Regione Toscana, non costituita in giudizio
Provincia di Massa Carrara, non costituita in giudizio
Comune di Carrara, non costituito in giudizio
Comune di Massa, non costituito in giudizio
A.R.P.A.T. – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, non costituita in giudizio
A.P.A.T. – Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici, non costituita in giudizio

a) con il ricorso originario e con i motivi aggiunti depositati il 26 novembre 2007:

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 18 maggio 2007, prot. n. 3623/QdV/Di/B, contenente approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive delle Conferenze di servizi decisorie relative al sito di bonifica di interesse nazionale di Massa Carrara del 4 ottobre 2006 e del 13 dicembre 2006, nella parte recante prescrizioni a carico della Imerys Minerali S.p.A., nonché della nota ministeriale prot. n. 12178/QdV/Di/VII/VIII, a sua volta del 18 maggio 2007, con cui è stato comunicato detto decreto;

- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 18 maggio 2007, prot. n. 3622/QdV/Di/B, contenente approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive delle Conferenze di servizi decisorie relative al sito di bonifica di interesse nazionale di Massa Carrara del 24 marzo 2005, del 28 luglio 2005, del 22 dicembre 2005, del 30 marzo 2006 e del 28 aprile 2006, nella parte in cui reca prescrizioni a carico della Imerys Minerali S.p.A., nonché della nota ministeriale prot. n. 12180/QdV/Di/VII/VIII, a sua volta del 18 maggio 2007, con cui è stato comunicato detto decreto;

- per quanto occorrer possa, del verbale delle Conferenze di Servizi decisorie del 13 dicembre 2006, del 28 aprile 2006 e del 9 novembre 2004, e di quello della Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno 2007, se ritenuti lesivi;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso


b) con i motivi aggiunti depositati il 14 marzo 2008:

- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 28 dicembre 2007, prot. n. 4307/QdV/Si/B, recante approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Massa Carrara del 30 ottobre 2007, nella parte in cui contiene prescrizioni a carico della Imerys Minerali S.p.A., nonché della nota ministeriale prot. n. 33534/QdV/Di/VII/VIII, a sua volta del 28 dicembre 2007, con cui è stato comunicato detto decreto;

- per quanto occorrer possa, del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno 2007;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso


c) con i motivi aggiunti depositati il 29 maggio 2009:

per l’annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 2 marzo 2009, prot. n. 8107/QdV/Di/B, contenente approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Massa Carrara del 10 febbraio 2009, nella parte recante prescrizioni a carico della Imerys Minerali S.p.A.;

- per quanto occorrer possa, del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria dell’11 giugno 2008;

- di ogni altro atto presupposto, conseguente e connesso.


Visto il ricorso originario con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Ministero della Salute e del Ministero dello Sviluppo Economico;

Vista l’istanza di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati con il ricorso originario, proposta in via incidentale dalla ricorrente;

Vista l’ordinanza n. 845/2007 del 27 settembre 2007, con cui è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione;

Visti i motivi aggiunti depositati il 26 novembre 2007, nonché la domanda di riesame dell’istanza cautelare, proposta unitamente agli stessi;

Vista l’ordinanza n. 26/2008 del 16 gennaio 2008, con cui è stata accolta la domanda di riesame dell’istanza cautelare;

Visti i motivi aggiunti depositati il 14 marzo 2008;

Vista l’istanza di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati con i suindicati motivi aggiunti, proposta in via incidentale dalla ricorrente;

Vista l’ordinanza n. 337/2008 del 27 marzo 2008, con la quale è stata accolta l’istanza incidentale di sospensione;

Visti i motivi aggiunti depositati il 29 maggio 2009;

Vista l’istanza di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati con i suindicati motivi aggiunti, proposta in via incidentale dalla ricorrente;

Vista l’ordinanza n. 482/2009 del 19 giugno 2009, con la quale è stata accolta l’istanza incidentale di sospensione;

Visti le memorie ed i documenti depositati dalla ricorrente;

Visti tutti gli atti della causa;

Nominato relatore, nell’udienza pubblica del 4 febbraio 2010, il dr. Pietro De Berardinis;

Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue


FATTO

La società ricorrente, Imerys Minerali S.p.A., espone di esser proprietaria di un compendio di circa mq. 27.600 ubicato nella zona industriale apuana di Massa ed incluso nel sito di interesse nazionale (S.I.N.) di Massa-Carrara;
una porzione del compendio (pari a circa 2000 mq.) è appartenuta fino al 1985 al C.E.R.M.E.C. (consorzio costituito dai Comuni di Massa e di Carrara per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani), che poi l’ha ceduta in permuta.

L’esponente (che svolge attività di produzione di granulati e carbonati di calcio consistente nella frantumazione a secco di scaglie di marmo per la produzione di polveri) evidenzia che nella zona circostante il terreno di sua proprietà erano presenti industrie chimiche, le quali hanno operato per decenni e sono state poi dismesse negli anni Ottanta.

Solamente nel settembre del 2002 (pertanto a molti anni di distanza dalla permuta) la società veniva informata dal C.E.R.M.E.C. che, durante i lavori di ammodernamento dell’impianto di selezione e compostaggio, erano stati rinvenuti rifiuti nel sottosuolo dell’area di proprietà del consorzio. Dopo una serie di analisi – e dopo la denuncia ex art. 9 del d.m. n. 471/1999 – è emerso che la presenza di contaminazione, dovuta ad alcuni metalli pesanti, è riferibile solo alla porzione del compendio della ricorrente acquisita dal C.E.R.M.E.C. (a seguito della permuta del 1985). La società ha predisposto, perciò, un piano per l’asportazione dei rifiuti dall’area ex C.E.R.M.E.C. e l’ha eseguito nell’agosto del 2004, rimuovendo il materiale sino ad una profondità di mt. 4/5 nell’area libera da impianti (mq. 446 su circa 2.000 mq.), riempiendo l’area di scavo e poi impermeabilizzandola con conglomerato bituminoso. L’esponente sottolinea che il completamento della bonifica dell’area ex C.E.R.M.E.C. sarà possibile solo una volta dismessi gli impianti che vi sorgono.

Le analisi condotte dall’A.R.P.A.T. sulle acque di falda (contestate dalla società) hanno, dal canto loro, rivelato il superamento dei limiti di cui al d.m. n. 471/1999. Per conseguenza, la Conferenza di Servizi decisoria del 9 novembre 2004 ha prescritto all’esponente l’adozione di interventi di messa in sicurezza d’emergenza e la presentazione di un progetto di bonifica della falda, senza specificare – obietta la società – gli interventi da effettuare e senza accertare l’origine e l’ubicazione della fonte inquinante.

Peraltro successivamente, nella Conferenza di Servizi decisoria del 28 aprile 2006, veniva prescritto alla società di realizzare un intervento di messa in sicurezza d’emergenza della falda consistente in una barriera idraulica di emungimento e successivo trattamento delle acque emunte, “lungo tutto il fronte dello Stabilimento a valle idrogeologico dell’area”;
il relativo verbale veniva approvato con decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (d’ora in poi: Ministero dell’Ambiente) del 18 maggio 2007, prot. n. 3622/QdV/Di/B.

L’esponente, tuttavia, non eseguiva la prescrizione, sia per motivi tecnici legati all’andamento della falda ed alla natura dei terreni, sia perché lamentava che le fonti inquinanti fossero esterne al sito di sua proprietà.

Nella Conferenza di Servizi decisoria del 13 dicembre 2006 si prescriveva, ancora, all’esponente di realizzare un ulteriore intervento di messa in sicurezza d’emergenza della falda, consistente in una barriera di contenimento fisico in aggiunta al sistema di emungimento già prescritto, e di presentare un progetto di bonifica della falda basato sul confinamento fisico dell’intera area;
il relativo verbale veniva approvato con decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente del 18 maggio 2007, prot. n. 3623/QdV/Di/B.

La società evidenzia, tuttavia, che il 28 maggio 2007 – quindi subito dopo l’adozione dei decreti in discorso – è stato sottoscritto un accordo di programma per il risanamento del sito di Massa-Carrara tra il Ministero dell’Ambiente, gli Enti locali interessati, l’A.R.P.A.T. e l’I.C.R.A.M., in cui si è, tra l’altro, previsto di sostenere la redazione di studi atti a verificare la necessità di interventi di messa in sicurezza d’emergenza della falda acquifera, senza alcun richiamo né alla Conferenza di Servizi decisoria del 28 aprile 2006, né a quella del 13 dicembre 2006.

Dolendosi di tali Conferenze di Servizi decisorie, e dei decreti direttoriali del 18 maggio 2007, con cui le prescrizioni ivi assunte sono state approvate, la Imerys Minerali S.p.A. ha proposto il ricorso originario indicato in epigrafe, tramite il quale ha chiesto l’annullamento, previa sospensione, delle suindicate Conferenze e dei decreti direttoriali, nella parte in cui dettano prescrizioni a carico della medesima società. Ha impugnato, inoltre, il verbale della Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno 2007, che ha confermato le prescrizioni della Conferenza del 13 dicembre 2006, imponendo in aggiunta la redazione di una nuova versione dell’analisi di rischio.

A supporto del gravame, ha dedotto le doglianze di:

- violazione dell’art. 97 Cost., violazione ed errata applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, degli artt. 8 e 9 del d.m. n. 471/1999 e dell’art. 242 in relazione all’art. 245 del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per carenza di istruttoria, violazione del corretto procedimento, violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, difetto di motivazione, violazione dell’art. 14 della l. n. 241/1990, difetto dei presupposti ed illogicità, contraddittorietà, in quanto: a) nel caso di specie sarebbe stata totalmente omessa l’istruttoria volta ad individuare i responsabili della contaminazione delle acque di falda;
b) le prescrizioni relative all’emungimento ed al confinamento fisico sarebbero stata assunte in difetto di uno studio di fattibilità di un intervento coordinato relativo all’intero sito della zona industriale;
c) l’onerosa prescrizione della barriera di contenimento fisico sarebbe stata imposta senza precisare le ragioni tecniche idonee a giustificarla ed in assenza di un’approfondita istruttoria sulla situazione idrogeologica del sito, per di più prescindendo dalle analisi svolte dall’azienda e da quelle eseguite dall’A.R.P.A.T. (esaminate solo nella Conferenza del 26 giugno 2007);
d) i decreti di recepimento delle Conferenze di Servizi sarebbero privi di motivazione;
e) l’imposizione di proseguire la messa in sicurezza nella porzione di area già di proprietà del C.E.R.M.E.C. sarebbe illogica perché su tale area sorgono impianti e perché, per il resto, concernerebbe scavi che ricadono nell’area contigua, di proprietà, tuttora, del citato consorzio;
f) la prescrizione di messa in sicurezza dei suoli contaminati da arsenico trascura che detta area è stata cementata da anni, cioè ricoperta con materiale idoneo ad evitare dispersioni del materiale inquinante;

- violazione dell’art. 97 Cost. e dell’Allegato 3 della Parte IV del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, difetto dei presupposti ed illogicità, perché: a) la pretesa di imporre misure a carattere emergenziale sarebbe contraddetta dal fatto che le prescrizioni delle Conferenze di Servizi sono state recepite dal Ministero, con i decreti direttoriali, a distanza di svariati mesi, né le prescrizioni medesime sarebbero state imposte tempestivamente;
b) il contenuto dell’accordo di programma sottoscritto dalle P.A. interessate il 28 maggio 2007 dimostrerebbe che allo stato le P.A. non sanno né se gli interventi di emergenza siano necessari, né quali interventi si possano considerare utili, né se siano tecnicamente attuabili;
c) sarebbe stato violato il precetto ex art. 97 Cost., dettando prescrizioni della cui utilità e necessità sarebbe lecito dubitare;

- violazione ed errata applicazione della direttiva n. 2000/60/CE, nonché degli Allegati 1 e 5 della Parte IV del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, travisamento, in quanto la P.A. avrebbe imposto una nuova elaborazione dell’analisi di rischio senza considerare che l’analisi fatta redigere dalla società sarebbe pienamente rispettosa della disciplina vigente (in specie, degli obiettivi stabiliti dalla direttiva n. 2000/60/CE).

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Ambiente, quello della Salute e quello dello Sviluppo Economico, con atto di mera costituzione formale.

Nella Camera di consiglio del 26 settembre 2007 il Collegio, considerata l’ampia e documentata attività istruttoria dispiegata dalla P.A., da cui non si desumevano profili di illegittimità prima facie fondati, e ritenuta la prevalenza dell’interesse pubblico alla bonifica del terreno contaminato, con ordinanza n. 845/2007 ha respinto l’istanza incidentale di sospensione.

Con atto depositato il 26 novembre 2007, la Imerys Minerali S.p.A. ha proposto motivi aggiunti nei confronti degli atti già impugnati con il ricorso originario, alla luce dei dati maturati nelle more del giudizio, ed ha riproposto la domanda di sospensione degli stessi, ai sensi dell’art. 21, dodicesimo comma, della l. n. 1034/1971. Nello specifico, la società richiama i contenuti di una nuova proposta di accordo di programma, presentata dal Ministero dell’Ambiente in una riunione svoltasi in data 30 ottobre 2007, che sarebbero del tutto incompatibili con quanto disposto negli atti impugnati. Perciò, ha dedotto il seguente, ulteriore motivo:

- violazione ed errata applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, degli artt. 8 e 9 del d.m. n. 471/1999 e dell’art. 242 in relazione all’art. 245 del d.lgs. n. 152/2006, nonché eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, difetto dei presupposti ed illogicità e violazione dell’art. 97 Cost., in quanto la bozza di accordo: a) confermerebbe il vizio di carenza di istruttoria a carico degli atti impugnati, nella parte in cui imporrebbero interventi di messa in sicurezza d’emergenza anche a soggetti non responsabili dell’inquinamento;
b) confermerebbe il vizio di incompletezza del quadro conoscitivo in capo alla P.A. al momento dell’adozione delle prescrizioni gravate;
c) dimostrerebbe l’incompatibilità tra le linee guida del suddetto accordo di programma e le prescrizioni stesse circa i punti fondamentali dell’intervento da attuare.

Nella Camera di consiglio del 16 gennaio 2008 il Collegio, considerato l’intervento superamento di fatto, nelle more del giudizio, dei provvedimenti gravati ad opera della nuova proposta di accordo di programma, ed atteso l’onere economico derivante alla ricorrente dall’esecuzione di un intervento di impostazione non più attuale, con ordinanza n. 26/2008 ha accolto l’istanza cautelare.

Dopo l’adozione della predetta ordinanza, è pervenuto alla ricorrente il decreto direttoriale prot. n. 4307/QdV/Si/B del 28 dicembre 2007, contenente approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria del 30 ottobre 2007. Per quanto riguarda la Imerys Minerali S.p.A., detta Conferenza, tra l’altro, ha prescritto di adottare misure di messa in sicurezza d’emergenza per il suolo tramite rimozione dei suoli contaminati, attesa la presenza di un “hot spot” di arsenico nello strato superficiale del terreno;
ha ribadito la richiesta di messa in sicurezza della falda con una barriera di contenimento fisico, in aggiunta al sistema di emungimento già prescritto;
ha imposto la presentazione, entro 30 giorni, del progetto di bonifica delle acque di falda basato sul confinamento fisico dell’intera area.

La società lamenta che le indicate prescrizioni non troverebbero giustificazione in ulteriori indagini o controlli effettuati dagli Enti preposti, rispetto alle risultanze già da tempo acquisite e che hanno condotto all’emanazione degli atti sospesi con l’ordinanza cautelare n. 26/2008. Tanto premesso, la società ha depositato il 14 marzo 2008 ricorso per motivi aggiunti, impugnando il succitato decreto direttoriale del 28 dicembre 2007 e chiedendone l’annullamento, previa sospensione. Ha reiterato, altresì, l’impugnazione del verbale della Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno 2007.

A supporto del gravame, ha dedotto le seguenti censure:

- violazione dell’art. 97 Cost., violazione ed errata applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, degli artt. 8 e 9 del d.m. n. 471/1999 e dell’art. 242 in relazione all’art. 245 del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per carenza di istruttoria, violazione del corretto procedimento, violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, difetto di motivazione, violazione dell’art. 14 della l. n. 241/1990, difetto dei presupposti, illogicità, contraddittorietà, giacché anche in questo caso: a) gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza (del suolo e della falda) sarebbero stati imposti senza previa individuazione dei soggetti responsabili della contaminazione;
b) le prescrizioni sarebbero state imposte nonostante l’incompletezza del quadro conoscitivo della situazione;
c) le prescrizioni per la messa in sicurezza della falda e la redazione del progetto di bonifica sarebbero state dettate senza specificare le ragioni tecniche idonee a giustificarle;
d) la prescrizione di campionamento ed asportazione del materiale inquinante dai suoli sarebbe a sua volta illegittima, poiché l’area in cui è stata accertata la presenza di arsenico sarebbe stata già cementata e, quindi, isolata da contatti con l’esterno;

- violazione dell’art. 97 Cost. e dell’Allegato 3 della Parte IV del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, difetto dei presupposti ed illogicità, in quanto: a) la pretesa di imporre misure a carattere emergenziale sarebbe contraddetta dal fatto che le prescrizioni della Conferenza di Servizi sono state recepite dal Ministero, con i decreti direttoriali, a distanza di quasi due mesi, né le prescrizioni stesse sarebbero state imposte tempestivamente;
b) il contenuto dell’accordo di programma del 28 maggio 2007, nonché della proposta del 30 ottobre 2007, sarebbe incompatibile con le prescrizioni gravate;
c) sarebbe stata violata la regola ex art. 97 Cost., dettando prescrizioni della cui utilità e necessità sarebbe lecito dubitare;

- violazione ed errata applicazione della direttiva n. 2000/60/CE, nonché degli Allegati 1 e 5 della Parte IV del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, travisamento, in quanto la P.A. avrebbe illegittimamente ritenuto sussistente la contaminazione della falda, dettando le prescrizioni impugnate, sebbene le analisi fatte redigere dalla società dimostrassero il rispetto, per le concentrazioni nella falda, dei limiti imposti dall’Allegato 5, tabella 1, della Parte IV del d.lgs. n. 152/2006 per le acque superficiali in siti industriali.

Nella Camera di consiglio del 27 marzo 2008, il Collegio, considerato il carattere ripetitivo delle prescrizioni gravate con i motivi aggiunti rispetto a quelle imposte con il decreto direttoriale del 18 maggio 2007, sospeso con ordinanza cautelare n. 26/2008, senza che venissero rappresentati nuovi presupposti a sostegno delle stesse, con ordinanza n. 337/2008 ha accolto l’istanza cautelare.

In vista della trattazione del merito, la società ha dapprima depositato un memoria difensiva, poi, in data 29 maggio 2009, un ulteriore ricorso per motivi aggiunti, con cui ha impugnato gli atti medio tempore emanati, in particolare: 1) il decreto direttoriale prot. n. 8107/QdV/Di/B del 2 marzo 2009, di approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria del 10 febbraio 2009, nella parte in cui ha reiterato a carico della stessa le prescrizioni di realizzare una serie di pozzi di emungimento, presentare il progetto di bonifica della falda, adottare misure di messa in sicurezza d’emergenza dei suoli e presentare una nuova versione dell’analisi di rischio, in base alle regole dettate nella Conferenza di servizi istruttoria del 26 giugno 2007;
b) il verbale della Conferenza di Servizi istruttoria dell’11 giugno 2008.

A supporto dei motivi aggiunti, con cui ha richiesto l’annullamento, previa sospensione, degli atti impugnati, la società ha dedotto le seguenti doglianze:

- violazione ed errata applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, degli artt. 8 e 9 del d.m. n. 471/1999 e dell’art. 242 in relazione all’art. 245 del d.lgs. n. 152/2006, violazione dell’art. 174 del Trattato CE, eccesso di potere per difetto dei presupposti soggettivi e difetto di istruttoria, giacché gli atti impugnati sarebbero affetti dagli stessi vizi dedotti contro le precedenti determinazioni, per quanto riguarda, in particolare, l’omessa individuazione del responsabile dell’inquinamento;

- eccesso di potere per carenza di istruttoria, violazione del corretto procedimento e dell’art. 3 della l. n. 241/1990, difetto di motivazione, violazione dell’art. 14 della l. n. 241/1990, contraddittorietà, illogicità, eccesso di potere per difetto dei presupposti oggettivi, violazione ed errata applicazione della direttiva n. 2000/60/CE e degli Allegati 1 e 5 alla Parte IV del d.lgs. n. 152/2006, perché: a) la prescrizione di realizzare una serie di pozzi di emungimento contrasterebbe con le conclusioni dello studio di fattibilità redatto dall’I.C.R.A.M.;
b) la prescrizione sarebbe generica, non precisando né il numero dei pozzi, né la loro collocazione e la loro portata e non indicando le tecniche di trattamento delle acque emunte;
c) non verrebbero specificate le ragioni che hanno indotto la P.A. ad imporre la realizzazione di nuovi pozzi e del relativo impianto di trattamento;
d) le altre prescrizioni impugnate sarebbero illegittime in quanto meramente riproduttive di altre già sospese in sede giurisdizionale e non giustificate dallo studio di fattibilità dell’I.C.R.A.M.;
e) la richiesta di un progetto di bonifica si porrebbe in contrasto con l’esigenza di un intervento unitario per l’intero sito;
f) la prescrizione di messa in sicurezza del suolo dimenticherebbe che l’area contaminata da arsenico è stata già isolata cementandola;
g) la richiesta di una nuova analisi di rischio trascurerebbe che le acque di falda, pur se contaminate, non sono idonee a deteriorare la qualità delle acque di superficie;

- violazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 21 della l. n. 1034/1971 e dell’Allegato 3 alla Parte IV del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, illogicità, difetto dei presupposti e di motivazione, perché: a) non vi sarebbero i presupposti per l’adozione di misure di messa in sicurezza d’emergenza, risalendo i dati sull’inquinamento, posti a base delle misure stesse, al 2004;
b) la ripetitività dei provvedimenti impugnati violerebbe il provvedimento di sospensione, già adottato nel giudizio in esame e non appellato;
c) le prescrizioni non sarebbero tempestive, né sarebbero state svolte indagini per individuare le fonti inquinanti ed isolarle;
d) per quanto detto, si dovrebbe dubitare della necessità ed utilità delle prescrizioni impugnate, le quali, per tal ragione, si porrebbero in contrasto con l’art. 97 Cost..

Nella Camera di consiglio del 18 giugno 2009 il Collegio, considerato che le ulteriori prescrizioni gravate con i motivi aggiunti non apparivano derivare da nuovi elementi istruttori evidenzianti una mutata situazione del terreno della società, rispetto a quella posta a base degli atti precedentemente impugnati e sospesi con ordinanze nn. 26/2008 e 337/2008 (ambedue non appellate), con ordinanza n. 482/09 ha accolto l’istanza di sospensione degli atti impugnati con i predetti motivi aggiunti.

In vista dell’udienza pubblica, la società ha depositato una memoria, insistendo per l’annullamento degli atti impugnati nella parte in cui recano prescrizioni a suo carico.

All’udienza pubblica del 4 febbraio 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il ricorso originario vengono impugnati gli atti (le determinazioni delle Conferenze di Servizi decisorie ed i relativi decreti direttoriali di approvazione) tramite i quali è stato imposto alla società ricorrente di realizzare un intervento di messa in sicurezza d’emergenza del terreno di sua proprietà consistente in una barriera idraulica di emungimento e successivo trattamento delle acque emunte (cfr. Conferenza del 28 aprile 2006) , nonché – in aggiunta – in una barriera di contenimento fisico, “lungo il fronte dello Stabilimento a valle idrogeologico dell’area” (cfr. Conferenza del 13 dicembre 2006). La società si duole anche della prescrizione di eseguire una nuova analisi di rischio. Avverso tali atti la Imerys Minerali S.p.A. ha poi proposto un primo ricorso per motivi aggiunti.

Con i motivi aggiunti depositati il 14 marzo 2008 sono state impugnate le prescrizioni imposte alla ricorrente dalla Conferenza di Servizi decisoria del 30 ottobre 2007 (approvata con il decreto del 28 dicembre 2007), ed in particolare – oltre alla reiterazione dell’intervento di messa in sicurezza della falda acquifera tramite barriera di contenimento fisico – la presentazione di un progetto di bonifica della falda e l’intervento di messa in sicurezza del suolo tramite rimozione dei suoli contaminati da arsenico.

Con i motivi aggiunti depositati il 29 maggio 2009 viene impugnata, infine, la reiterazione, a carico della società ricorrente, delle prescrizioni suesposte, derivanti dagli atti precedentemente impugnati: reiterazione che è conseguita alle determinazioni assunte nella Conferenza di Servizi decisoria del 10 febbraio 2009, approvata con decreto direttoriale del successivo 10 marzo.

Comune tanto al ricorso originario, quanto ai motivi aggiunti, è la doglianza per cui gli interventi di messa in sicurezza di emergenza sarebbero stati imposti alla società ricorrente nella sua qualità di proprietaria dell’area interessata e senza alcun approfondimento istruttorio rivolto ad individuare i soggetti responsabili dell’inquinamento dell’area stessa (primo motivo del gravame originario e di quelli per motivi aggiunti).

La doglianza è fondata.

Nel caso di specie, infatti, dalla documentazione in atti non si evince alcun accertamento istruttorio volto a determinare la sussistenza dei presupposti soggettivi per l’imposizione, a carico dell’odierna ricorrente, degli obblighi di messa in sicurezza e degli altri obblighi contestati.

Come questa Sezione ha più volte avuto modo di affermare (cfr., ex multis, T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665;
id., 6 maggio 2009, n. 762), tanto la disciplina di cui al d.lgs. n. 22/1997 (in particolare, l’art. 17, comma 2), quanto quella introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 (ed in particolare, gli artt. 240 e segg.), si ispirano al principio secondo cui l’obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o colpa: l’obbligo di bonifica o di messa in sicurezza non può essere invece addossato al proprietario incolpevole, ove manchi ogni sua responsabilità (cfr., nello stesso senso, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 26 luglio 2007, n. 1254). L’Amministrazione non può, perciò, imporre ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle attività di recupero e di risanamento (così, nel vigore della precedente disciplina, T.A.R. Veneto, Sez. II, 2 febbraio 2002, n. 320). L’enunciato è conforme al principio “chi inquina, paga”, cui si ispira la normativa comunitaria (cfr. art. 174, ex art. 130/R, del Trattato CE), la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione.

Tale impostazione, sancita dal d.lgs. n. 22/1997, risulta, come detto, confermata e specificata dagli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006 (cd. Codice Ambiente), dai quali si desume l’addossamento dell’obbligo di effettuare gli interventi di recupero ambientale, anche di carattere emergenziale, al responsabile dell’inquinamento, che potrebbe benissimo non coincidere con il proprietario ovvero il gestore dell’area interessata (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 665/2009, cit.).

Va precisato, in argomento, che il principio “chi inquina, paga” vale, altresì, per le misure di messa in sicurezza d’emergenza, alle quali si riferiscono le Conferenze di Servizi per cui è causa, secondo la definizione che delle misure stesse è fornita dall’art. 240, comma 1, lett. m), del d.lgs. n. 152 cit. (ogni intervento immediato od a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lett. t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito ed a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente). Infatti, anche l’adozione delle misure di messa in sicurezza d’emergenza è addossata dalla normativa in discorso al soggetto responsabile dell’inquinamento (cfr. art. 242 del d.lgs. n. 152 cit.).

Si deve sottolineare che a carico del proprietario dell’area inquinata, che non sia altresì qualificabile come responsabile dell’inquinamento, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi in parola, ma solo la facoltà di eseguirli per mantenere l’area interessata libera da pesi. Dal combinato disposto degli artt. 244, 250 e 253 del Codice ambiente si ricava infatti che, nell’ipotesi di mancata esecuzione degli interventi ambientali in esame da parte del responsabile dell’inquinamento, ovvero di mancata individuazione dello stesso – e sempreché non provvedano né il proprietario del sito, né altri soggetti interessati – le opere di recupero ambientale sono eseguite dalla P.A. competente, che potrà rivalersi sul soggetto responsabile nei limiti del valore dell’area bonificata, anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetti dei medesimi interventi (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 10 luglio 2007, n. 5355;
T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 settembre 2009, n. 1448).

Facendo applicazione dell’ora visto principio al caso di specie, emerge con tutta evidenza come in questo la P.A. non abbia proceduto ad alcuna verifica della sussistenza, in capo alla ricorrente, del requisito della responsabilità colpevole. Invero, in nessuna delle Conferenze di Servizi contestate si rinviene alcun approfondimento istruttorio finalizzato ad accertare un responsabilità colpevole della Imerys Minerali S.p.A nelle situazioni di inquinamento della falda e dei suoli per l’area di titolarità della stessa. Questa conclusione resta ferma anche analizzando i verbali della Conferenza di Servizi decisoria del 9 novembre 2004 (anteriore a quelle cui si riferiscono il ricorso ed i motivi aggiunti) e, soprattutto, della Conferenza di Servizi istruttoria del 26 giugno 2007, che contiene una descrizione analitica della situazione pregressa e di quella attuale del sito interessato, senza far emergere nessun elemento di responsabilità colpevole a carico della ricorrente. Ciò, quando al contrario le particolari vicende attinenti ai passaggi di proprietà per una parte di tale sito (permuta con il C.E.RM.E.C.), la condotta del medesimo consorzio e, per altro verso, le tipologie di produzioni realizzate nel terreno in discorso e nelle zone circostanti, avrebbero imposto un siffatto approfondimento, anche alla luce dell’ingente onerosità delle misure prescritte all’odierna ricorrente. È evidente, invece, che in tutte le Conferenze di Servizi considerate la Imerys Minerali S.p.A. viene in rilievo esclusivamente nella sua veste di proprietaria del terreno interessato ed in tale sua qualità viene evocata quale destinataria delle prescrizioni assunte con dette Conferenze. Così facendo, però, la P.A. utilizza illegittimamente – come si è sopra visto – il criterio dominicale, in luogo di quello della responsabilità colpevole, ai fini dell’individuazione del soggetto destinatario delle prescrizioni volte al risanamento del terreno contaminato.

Si deve concludere, pertanto, per la fondatezza della censura, con conseguente illegittimità, in parte qua, sia degli atti gravati con il ricorso originario e con i motivi aggiunti depositati il 26 novembre 2007, sia di quelli gravati con i motivi aggiunti depositati il 14 marzo 2008 ed il 29 maggio 2009, non rinvenendosi nemmeno nelle Conferenze di Servizi del 30 ottobre 2007 e del 10 febbraio 2009 l’attribuzione a carico della società di comportamenti che consentano di individuarla come soggetto responsabile dell’inquinamento.

Parimenti fondate risultano, poi, le censure con cui si lamenta la contraddittorietà dell’operato della P.A., per il contrasto tra gli accordi di programma da essa sottoscritti, o le bozze di accordo da essa predisposte, da un lato, e le prescrizioni oggetto di impugnazione, dall’altro.

Sotto questo aspetto, è quindi fondato, innanzitutto, il secondo motivo del ricorso originario (punto II.b), con cui viene dedotto il contrasto tra l’imposizione alla ricorrente degli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, in specie di quello discendente della Conferenza di Servizi decisoria del 13 dicembre 2006 (realizzazione di una barriera fisica), e l’accordo di programma del 28 maggio 2007, posteriore alla Conferenza in discorso e praticamente coevo al decreto direttoriale di approvazione e recepimento della stessa (datato 18 maggio 2007).

All’art. 2, comma 2, l’accordo di programma indica quale proprio oggetto la redazione di studi atti a verificare, tra l’altro, la necessità di realizzare di interventi di messa in sicurezza d’emergenza della falda acquifera. L’operato della P.A. si connota, in tal modo, di illegittimità, sia perché palesemente contraddittorio, sia per il difetto di istruttoria che se ne ricava a carico delle prescrizioni recepite nei decreti direttoriali gravati. A distanza di pochi giorni, infatti, dapprima l’Amministrazione approva e considera come definitive le prescrizioni che impongono alla ricorrente un intervento di messa in sicurezza d’emergenza, poi, invece, sottoscrive un accordo, in base al quale dovrà essere verificata la necessità di interventi di tal genere, o di altro tipo, comunque rientranti nella messa in sicurezza d’emergenza: necessità che, pertanto, mentre sembrerebbe comprovata in base ai decreti direttoriali del 18 maggio 2007, risulta, al contrario, ancora tutta da dimostrare sulla base dell’art. 2, comma 2, dell’accordo del 28 maggio 2007.

Né potrebbe obiettarsi che il predetto accordo di programma ha ad oggetto un intervento coordinato ed unitario riguardante l’intero sito di bonifica e non i singoli terreni che vi sono ricompresi, perché allora la contraddittorietà riemergerebbe sotto altro profilo: quello, cioè, di avere la P.A. prescritto interventi sulle singole aree di proprietà, mentre nel contempo poneva le basi per un intervento non già sulle singole aree, ma sull’intero sito di Massa Carrara. Per questo aspetto, è fondata, altresì, la doglianza formulata con i motivi aggiunti depositati il 26 novembre 2007 (punto III.C), nonché con quelli depositati il 14 marzo 2008 (punto II.B), lì dove viene dedotto il contrasto irrimediabile tra i decreti direttoriali gravati, che escludono interventi unitari e coordinati, e l’accordo di programma del 28 maggio 2007, nonché lo schema di accordo del 30 ottobre 2007, i quali assumono, invece, a proprio presupposto il carattere unitario e coordinato dell’intervento di messa in sicurezza (cfr. l’art. 3 dello schema di accordo del 30 ottobre 2007 – doc. 20 della Imerys Minerali S.p.A.).

Sotto questo punto di vista risulta fondato, ancora, il secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti depositato il 29 maggio 2009, laddove (punto II.c) è censurato il contrasto tra lo studio di fattibilità redatto dall’I.C.R.A.M. (che prevede la messa in sicurezza della falda, con un intervento coordinato su scala dell’intero sito: cfr. docc. 25-29 della ricorrente, ed in particolare doc. 28) e le prescrizioni reiterate dall’Amministrazione con il decreto direttoriale di recepimento della Conferenza di Servizi decisoria del 10 febbraio 2009.

Nel caso di specie è, pertanto, rinvenibile il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà, che, per la giurisprudenza, si può configurare laddove gli atti in asserita contraddizione provengano da una stessa autorità, onde si possa ritenere che questa, adottando di volta in volta soluzioni diverse, abbia inteso usare della sua potestà discrezionale per cause mutevoli, non aderenti al fini istituzionale che è assegnato dalla norma attributiva del potere (T.A.R. Sardegna, Sez. I, 26 gennaio 2010, n. 85;
v., pure, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 6 maggio 2009, n. 4740, secondo cui è illegittimo per eccesso di potere per contraddittorietà il provvedimento che presenti contraddizioni od incongruenze rispetto a precedenti valutazioni della medesima P.A., o quando sussistano più manifestazioni di volontà dello stesso Ente che si pongano tra loro in contrasto).

Le violazioni evidenziate sono sufficienti, per il loro carattere assorbente, a determinare l’integrale accoglimento tanto del ricorso originario, quanto dei motivi aggiunti, attesa la fondatezza del primo e del secondo motivo del ricorso originario, della doglianza dedotta con i motivi aggiunti depositati il 26 settembre 2007, e del primo e del secondo motivo sia del ricorso per motivi aggiunti depositato il 14 marzo 2008, sia di quello depositato il 29 maggio 2009, restando assorbite le ulteriori censure. Per conseguenza, debbono essere annullati gli atti impugnati, nella parte in cui recano prescrizioni a carico della ricorrente Imerys Minerali S.p.A..

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo nei confronti dei Ministeri costituiti, mentre sono compensate nei confronti delle altre parti, non costituitesi in giudizio.

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