TAR Trento, sez. I, sentenza 2022-07-19, n. 202200144

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trento, sez. I, sentenza 2022-07-19, n. 202200144
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trento
Numero : 202200144
Data del deposito : 19 luglio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 19/07/2022

N. 00144/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00059/2022 REG.RIC.

N. 00060/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 59 del 2022, proposto da M S, rappresentato e difeso dall’avvocato B T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

- Comune di Borgo D’Anaunia, in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato F M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Avv. F M B in Trento, piazza Mosna n. 8;
- Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, in persona del suo legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Trento, largo Porta Nuova, n. 9;



sul ricorso numero di registro generale 60 del 2022, proposto da M S, rappresentato e difeso dall’avvocato B T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Borgo D’Anaunia, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato F M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Avv. F M B in Trento, piazza Mosna n. 8;

per l’annullamento:

1. quanto al ricorso n. 59 del 2022:

- del Decreto del Presidente della Repubblica del 13 dicembre 2021 emesso sul Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, sottoscritto in data 6/8/2019, proposto dalla Sig.ra S M contro il Comune di Borgo d’Anaunia (ex Comune di Fondo) per l’annullamento, previa sospensiva, dell’ordinanza n. 5/2019 del 9.4.2019 concernente “ irregolarità urbanistico-edilizie nell’ambito dei lavori di realizzazione recinzione nell’andito edificio residenziale su p.ed.894 e p.f. 2178 C.C. Fondo in via Principale, frazione di Tret - ingiunzione di rimessa in prestino ”, emessa dal responsabile del servizio tecnico del Comune di Fondo, trasmesso con nota del 18 gennaio 2022, successivamente ricevuta, a firma del coordinatore del settore contenzioso del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili e di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale;

2. quanto al ricorso n. 60 del 2022:

per l’annullamento

- della “ diffida a ottemperare ” del 14 marzo 2022, prot. n. 2787 del Comune di Borgo d’Anaunia, successivamente ricevuta, con il quale il responsabile del servizio tecnico diffida la Signora S M a provvedere alla demolizione della recinzione insistente sulla p.ed. 894 e sulla p.f. 2178 del Comune Catastale di Fondo nel termine di 30 giorni, avvertendo che in mancanza provvederà d’ufficio con spese a carico della medesima Signora S M;

nonché di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, ivi compreso il non conosciuto verbale del sopralluogo.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Borgo D’Anaunia e del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto il decreto n. 9 del 2 maggio 2022 del Presidente del T.R.G.A. di Trento;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 7 luglio 2022 il consigliere C A e uditi: l’avvocato B T per la ricorrente e l’avvocato F M B per il resistente Comune di Borgo d’Anaunia mentre nessuno è intervenuto per il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili, come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. I fatti di causa sono così sinteticamente riassumibili.

2. La ricorrente M S ha avviato i lavori di recinzione del proprio fondo (p.fond. 2178) C.C. Fondo, a seguito dell’intervento di realizzazione dell’edificio p.ed. 894, sulla scorta della SCIA n. 37/2018 presentata in data 31 ottobre 2018, la quale prevedeva una distanza di 50 cm dal ciglio della strada comunale p.f. 3535/2.

3. Il Comune effettuava un sopralluogo, in data 20.12.2018, rilevando che la recinzione (costituita da una palizzata in legno di altezza circa di 130 cm) non era realizzata in conformità alla

SCIA

2018, quanto alla distanza dal ciglio della strada comunale, che era variabile tra 25 e 44 cm. Pertanto, il Comune, approfondite le osservazioni della ricorrente, emetteva l’ordinanza 5/2019 del 9 aprile 2019 di rimessione in pristino.

4. La ricorrente in data 6 agosto 2019 ha, pertanto, impugnato l’ordinanza richiamata, con ricorso straordinario innanzi al Presidente della Repubblica, di cui all’art. 8 e ss. del d.P.R. 30 novembre 1971 n. 1199 e successive modifiche, deciso con decreto 13 dicembre 2021, che lo ha respinto in quanto infondato sulla scorta del “ parere n. 00771/2020, reso dal Consiglio di Stato, sez. I, nell’adunanza del 23 giugno 2021 ”, decreto notificato alla ricorrente il 18 gennaio 2022.

5. Il Comune, quindi, in conseguenza della notifica della decisione del ricorso straordinario di conferma della legittimità, e dunque anche dell’accertata efficacia, dell’originaria ingiunzione 5/2019 ha emesso, susseguentemente al sopralluogo disposto il 3 marzo 2022, l’atto di “ diffida a ottemperare ”, in epigrafe indicato, del 14 marzo 2022 del seguente tenore letterale: “ Con riferimento alle irregolarità urbanistico-edilizie in oggetto e a seguito del sopralluogo di data 03.03.2022, inerente alla verifica dello stato dei luoghi, si dà atto che la S.V., nonostante la confermata efficacia dell’Ordinanza n. 5/2019 di data 09.04.2019, non ha ottemperato a quanto prescritto dalla stessa, procedendo, al contrario, alla parziale ultimazione del manufatto abusivo. Ciò premesso, si diffida la S.V. a ottemperare a quanto disposto, procedendo senza indugio alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi mediante la demolizione della recinzione, stante il carattere abusivo dell’intervento effettuato. Si prescrive un ulteriore termine di 30 (trenta) giorni dalla data di ricevimento della presente diffida, al fine di ottemperare agli obblighi di cui alla citata Ordinanza n. 5/2019 di data 09.04.2019, avvertendo che, qualora la S.V. non provveda alla ottemperanza dovuta entro tale termine ultimo, vi provvederà d’ufficio questo Comune a spese del responsabile dell’abuso ai sensi dell’art. 134 della L.P. 4 marzo 2008, n. 1 ”.

6. Il ricorso rubricato sub. RG. 59/2022, si appunta sul decreto di decisorio del ricorso straordinario presentato al Capo dello Stato, in epigrafe indicato e, premessa la ritenuta controversa natura giurisdizionale del ricorso straordinario, è affidato ai seguenti motivi.

I. Violazione di legge articolo 10 bis della Legge 241/90;
Violazione di legge art. 295 cpc eccesso di potere per ingiustizia manifesta violazione del principio del contraddittorio
” con il quale è censurata la violazione da parte del Capo dello Stato dell’articolo 10 bis l. n. 241 del 1990, sul preavviso di diniego. “ Quindi, prima della formalizzazione del decreto, il Capo dello Stato avrebbe dovuto tempestivamente comunicare i motivi che ostavano all’accoglimento del ricorso ”, il che avrebbe permesso alla ricorrente di rappresentare le proprie osservazioni e quindi di evidenziare, in quel contesto, l’esito di un accertamento tecnico (operato dal geom. Cavallini su incarico dello stesso Comune) che ha rilevato, ancora in data marzo 2019, l’effettiva traslazione del sedime stradale con invasione del terreno di proprietà della ricorrente, con conseguente assenza di difformità nell’esecuzione della recinzione. Inoltre, tale preavviso avrebbe potuto condurre alla sospensione del “ giudizio ex art. 295 c.p.c., in attesa della definizione del giudizio civile asseritamente già instaurato dall’attuale ricorrente nei confronti del Comune intimato per “ negatoria servitutis e regolamento di confini ”, come sarebbe dimostrato dal verbale di mancata mediazione del 2019. “ Alternativamente, la procedura/il procedimento davanti al capo dello Stato avrebbe dovuto essere sospesa in attesa della definizione della causa civile ”.

II. Nullità del decreto del Capo dello Stato per violazione dell’art. 14 del d.P.R. 1199/1971 ”, poiché il decreto sarebbe stato emesso sulla base del parere del Consiglio di Stato richiamato con il n. 00771 del 2020 della sezione 1, nella adunanza del 23 giugno 2021, ma invero asseritamente inesistente, “ posto che il parere numero 771/2020 riguarda tutt’altra materia e non certo il ricorso della Signora S ”.

In conclusione, la ricorrente chiede l’accoglimento del ricorso con annullamento del decreto presidenziale impugnato.

7. Il ricorso rubricato sub. RG. 60/2022 impugna invece l’atto di “ diffida a ottemperare ” in epigrafe indicato, del 14 marzo 2022 e, previo richiamo al pregiudicante ricorso sub. RG. 59/2022, prospetta i seguenti tre motivi di gravame.

I) Violazione di legge (art. 841 cc);
carenza di potere;
eccesso di potere per carenza di presupposti;
ingiustizia manifesta
”. Deduce la ricorrente che la recinzione del fondo è l’espressione del diritto dominicale ex art. 841 c.c. per il quale non è richiesto alcun titolo edilizio e che la SCIA a suo tempo depositata deve dunque ritenersi non necessaria. “ Il diritto di chiudere il fondo costituisce un’esplicazione dello ius excludendi alios e non è ricompreso - se non in determinati casi, non verificati nella fattispecie - nello ius edificandi ”. Pertanto, nel caso di specie ove viene in considerazione una staccionata di legno, si tratta di una attività priva di rilievo sul piano edilizio, come statuito dalla consolidata giurisprudenza e la diffida è emessa in carenza di potere.

II) Violazione di legge (Art. 134, 129 della legge provinciale 4 marzo 2008, n. 1 e art 78 della legge provinciale 4 agosto 2015 n. 15);
ancora violazione di legge articolo 31 e 37 del Testo Unico edilizia n. 380/01
”. La diffida ad ottemperare richiama l’articolo 134 l.p. n. 1 del 2008, ma nella fattispecie in considerazione non sarebbe in nessun caso praticabile la demolizione d’ufficio in quanto potrebbe solo irrogarsi una sanzione pecuniaria, vertendosi nei casi dell’articolo 134, comma 1, lett. b) della l.p. n. 1 del 2008: pertanto la diffida ad ottemperare sarebbe priva di supporto normativo.

III) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, eccesso di potere per motivazione carente, eccesso di potere per carenza di presupposti e di istruttoria;
Violazione del principio costituzionale di buona amministrazione
”. La diffida impugnata non contiene alcun accenno al fatto che la strada comunale ha invaso la proprietà privata della signora S, come accertato dal rilievo del tecnico incaricato dallo stesso Comune, ed in tal modo l’Amministrazione comunale si è sottratta alla mediazione attivata per accertare i confini della particella costringendo la ricorrente a radicare il giudizio civile. Pertanto, la recinzione rispetterebbe la distanza prevista dall’articolo 62 del Regolamento edilizio comunale, che “ andrebbe calcolata dal confine della strada nell’assetto originario, e non in quello traslato con abusiva invasione del fondo di proprietà della ricorrente”. Le dedotte circostanze imporrebbero, in ogni caso, l’annullamento della procedura da ultimo attivata dal Comune o comunque la sospensione della stessa in attesa dell’accertamento in sede di giudizio civile, stante la natura quantomeno controversa della questione relativa all’estensione della proprietà comunale.

In conclusione, la parte ricorrente chiede con l’accoglimento del ricorso l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia, del provvedimento impugnato.

8. Si è costituito in entrambi i ricorsi il Comune di Borgo d’Anaunia (in cui è confluito per fusione il Comune di Fondo) e con memoria rispettivamente del 31 maggio 2022 e del 9 maggio 2022 ha anzitutto precisato, in fatto, che la SCIA n. 37/2018 depositata presso il Comune per la realizzazione della recinzione per cui è causa, e poi disattesa nell’esecuzione dell’opera, è stata predisposta dalla stessa ricorrente “ previa emanazione del nullaosta paesaggistico da parte del competente organo paesaggistico a fronte della particolare delicatezza ambientale della zona interessata ai lavori programmati, ricompresa all’interno delle aree di tutela ambientale come individuate dalla Carta delle Tutele Paesistiche del P.U.P.”.

Il Comune resistente, pertanto, ha formulato le seguenti conclusioni.

- Quanto al ricorso rubricato sub. RG. 59/2022 ha chiesto che ne sia dichiarata l’inammissibilità poiché il ricorso in esame trascende i limiti di contestabilità del decreto decisorio del ricorso straordinario al Capo dello Stato, come riconosciuti anche dalla giurisprudenza consolidata, stante la giurisdizionalizzazione di tale rimedio straordinario. In via tuzioristica e subordinata, inoltre, ne evidenzia l’assoluta infondatezza: a fronte della giurisdizonalizzazione del ricorso straordinario non è pertinente il richiamo all’articolo 10 bis della l. n. 241 del 1990, fermo restando che è stato garantito nel caso concreto il massimo contraddittorio alla parte ricorrente nell’ambito del richiamato gravame. Inoltre, la sospensione del giudizio invocata nell’ambito del ricorso straordinario predetto corrisponde all’esercizio di una discrezionalità dell’Organo giudicante, non esercitabile del resto nel caso concreto, stante la mancata radicazione dell’azione civile anteriormente all’emanazione del decreto decisorio del ricorso. Il secondo motivo è palesemente infondato perché il numero citato nel decreto presidenziale è il numero dell’affare assegnato al procedimento su cui si è espresso il parere del Consiglio di Stato, parere addirittura allegato al decreto che ha respinto il ricorso notificato alla signora S, come risulta dalla produzione in giudizio.

- Quanto al ricorso rubricato sub. RG. 60/2022 ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, in quanto l’atto censurato è privo di immediata lesività, stante la sua natura meramente sollecitatoria. Inoltre, i tre motivi di gravame sono comunque inammissibili e in ogni caso infondati. La natura abusiva delle opere oggetto della diffida è stata già definitivamente conclamata nella determinazione conclusiva del ricorso straordinario al Capo dello Stato proposto dalla stessa ricorrente, corrispondente al decreto emesso dal Presidente della Repubblica e ricognitivo della legittimità dell’originaria ordinanza n. 5/2019. In via subordinata, nel merito, deduce il resistente che il primo motivo è infondato, in quanto risulta del tutto inconferente il richiamo all’articolo 841 c.c., poiché l’opera è soggetta ad autorizzazione paesaggistica e per tale ragione la stessa ricorrente ha presentato la SCIA poi disattesa in sede esecutiva. Il secondo motivo di gravame, oltreché inammissibile, è anche infondato, in quanto per il caso di specie l’ordinamento non prevede affatto la sola sanzione pecuniaria. Infine, nel merito del terzo mezzo di gravame, rileva il Comune come le questioni dominicali, a tutto concedere, possono assumere rilievo solo nell’ambito di un eventuale procedimento giudiziale di carattere civilistico, mai attivato dalla parte ricorrente.

9. Si è altresì costituito nel ricorso sub. RG. 59/2022 il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibili a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege e con memoria del 6 giugno 2022 ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile, stante la giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, il quale è stato radicato sulla base di un’espressa scelta della parte ricorrente. Per la stessa ragione, in subordine, prospetta nel merito l’infondatezza del primo motivo di gravame ed anche del secondo mezzo di cui rileva il carattere “pretestuoso ”, poiché “ come documentato, con nota n. 1155 del 18 gennaio 2022 il Ministero ha notificato alle parti il D.P.R. in questione, segnalando nel contempo la consultazione del relativo parere del Consiglio di Stato sul sito internet di giustizia amministrativa con la seguente avvertenza: < inserendo il seguente anno e numero di provvedimento: anno 2021/n° 01377, corrispondenti al parere n. 771/2020 reso dalla Sezione 1 del Supremo Consesso nell’adunanza del 23 giugno 2021> (cfr. doc. 7)”.

10. Con ordinanza 13 maggio 2022, n. 94 questo Tribunale ha dato atto dell’intervenuta rinuncia alla domanda cautelare quanto al ricorso sub. RG. 60/2022 e rinviato la trattazione del merito del giudizio, congiuntamente al ricorso sub. RG. 59/2022, all’udienza pubblica di data odierna.

11. La ricorrente da ultimo ha depositato, in entrambi i ricorsi, l’atto di citazione avanti all’Autorità giudiziaria ordinaria notificato al Comune di Borgo d’Anaunia, con fissazione dell’udienza per il 5 ottobre 2022 “ al fine di ottenere la liberazione dell’area che invade il suo fondo occupata senza titolo dal Comune” e, con memoria del 6 giugno 2022, ha altresì precisato che analoga recinzione è stata posata da un confinante, in continuità con quella per cui è ora causa. Conseguentemente la parte ricorrente, nel ribadire le doglianze avanzate nei ricorsi “ chiede, ai sensi dell’art. 295 del c.p.c. così come richiamato dal codice l’art. 79 del codice c.p.a., la sospensione del processo in quanto lo stesso dipende dalla definizione della domanda di negatoria servitutis e regolamento di confini pendente davanti al Tribunale di Trento dalla ricorrente ”.

12. Nel corso del giudizio le parti hanno depositato memorie difensive e di replica insistendo per l’accoglimento delle rispettive conclusioni.

13. All’odierna pubblica udienza, dopo ampia discussione, i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

I. In limine il Collegio ritiene che, a mente dell’art. 70 c.p.a, sussistono i presupposti per disporre la riunione dei ricorsi in epigrafe indicati, stante le evidenti ragioni di connessione.

II. Ciò detto, il ricorso sub. RG. 59/2022 deve essere respinto poiché infondato.

III. In via preliminare non può essere accolta la domanda di sospensione pregiudiziale del presente giudizio richiesta dalla parte ricorrente, ex artt. 295 c.p.c e 79 c.p.a., in ragione della notifica e iscrizione a ruolo dell’atto di citazione del Comune di Borgo d’Anaunia avanti al Tribunale di Trento, per la “ negatoria servitutis ” e regolamento di confini. Secondo le condivisibili argomentazioni sia della resistente Amministrazione comunale che del Ministero, non ricorre, infatti, alcun nesso di pregiudizialità logica tra il presente ricorso, che verte in ordine ai pretesi vizi del procedimento concluso con l’emanazione del decreto presidenziale decisorio del ricorso straordinario, ed il giudizio instaurato dalla parte ricorrente in sede civile, che invece attiene a questioni di merito incidenti sull’istruttoria svolta per l’emanazione dell’ordinanza comunale n. 5 del 2019, già definitivamente scrutinata a con il richiamato decreto decisorio. A mente della richiamata disposizione dell’art. 295 c.p.c., che opera in combinato disposto con l’art. 79 c.p.a., una questione pregiudiziale “sussiste quando una controversia (pregiudiziale) costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico dal quale dipenda la decisione della causa pregiudicata, in ragione del fatto che il rapporto giuridico della prima rappresenta un elemento costitutivo della situazione sostanziale dedotta nella seconda, per cui il relativo accertamento si impone nei confronti di quest’ultima con efficacia di giudicato, al fine di assicurare uniformità di decisioni;
la pregiudizialità necessaria si pone quindi fra rapporti giuridici diversi, collegati in modo tale che la situazione giuridica della causa pregiudiziale si pone come elemento costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo del distinto rapporto dedotto nella causa dipendente, la cui esistenza è dunque necessariamente presupposta dalla prima;
il rapporto di pregiudizialità in senso tecnico è pertanto configurabile quando il petitum della domanda pregiudiziale costituisce al contempo la causa petendi o, per converso fatto paralizzante (impeditivo, modificativo, estintivo), della domanda dedotta nella causa dipendente medesimo titolo);
in estrema sintesi, il nesso di pregiudizialità-dipendenza intercorre tra distinti rapporti giuridici quando l’esistenza di uno dipende dall’esistenza o inesistenza dell’altro ed in base a ciò il fondamentale principio di unità dell’ordinamento giuridico impone la conformità tra giudicati. Al di fuori di questa ipotesi la sospensione non è obbligatoria, perché essa determina l’arresto del processo dipendente per un tempo indeterminato così dilatando i tempi della decisione finale del giudizio e le aspettative ad una sua rapida definizione che le parti, che si oppongono alla sospensione, legittimamente possono vantare
” (cfr. sentenza Cons. Stato, Sez. VI, 12 novembre 2019, n. 7773), e la descritta situazione di pregiudizialità non ricorre nel caso di specie.

IV. Ancora in premessa giova rammentare che i rimedi ammessi avverso i decreti che decidono un ricorso straordinario al Capo dello Stato sono il ricorso per revocazione innanzi al Consiglio di Stato ( ex art. 15 del d.P.R. 24 novembre 1971 n. 1199) e, secondo una giurisprudenza consolidatasi in tempi recenti, il ricorso per Cassazione ex art. 111 c.p.c., rimedi che non risultano essere stati radicati nel caso di specie (cfr. al riguardo sentenza T.R.G.A. Trento, 15 aprile 2021, n. 54). Inoltre, dall’articolo 10, comma 3, del richiamato testo normativo (d.P.R. 1199/1971) è ricavabile la possibilità che il decreto presidenziale decisorio del ricorso straordinario venga impugnato in sede giurisdizionale, specificandosi, peraltro, che il rimedio è consentito solo per vizi di forma e di procedimento, intervenuti successivamente all’espressione del parere da parte del Consiglio di Stato (cfr. Cons. Stato, A.Pl., n. 22/1980;
per una ricognizione si veda tra le più recenti, T.A.R. Catania, sez. II bis, 28 ottobre 2020, n. 11108: “il decreto del Presidente della Repubblica, di decisione di un ricorso straordinario, in base al diritto positivo (art. 10 ultimo comma D.P.R. n. 119 del 1971, come interpretato da granitica giurisprudenza, è impugnabile in sede giurisdizionale solo per vizi di forma o di procedimento successivi al parere reso dal Consiglio di Stato;
e ciò, in applicazione del principio di alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale, e per la connessa esigenza di evitare che, attraverso l’impugnativa in sede giurisdizionale, si possa sindacare il giudizio espresso dall’organo giurisdizionale in sede consultiva, con conseguente sovrapposizione della decisione giurisdizionale alla decisione del ricorso straordinario (cfr. C.G.A. 28 maggio 2019, n. 492;
id. 17 luglio 2009, n. 619;
Consiglio di Stato, sez. V, 27 febbraio 2007, n. 999).... Tali conclusioni risultano ulteriormente rafforzate dalle modifiche introdotte dalla legge n. 69 del 2009, che hanno reso vincolante il parere del Consiglio di Stato ed hanno consentito che in quella sede vengano sollevate questioni di legittimità costituzionale, con la conseguenza che l’istituto ha perso la propria «connotazione puramente amministrativa ed ha assunto la qualità di rimedio giustiziale amministrativo, con caratteristiche strutturali e funzionali in parte assimilabili a quelle tipiche del processo amministrativo» (cfr. Corte Cost., sentenza n. 73 del 2014;
id. n. 24 del 2018)”.

V. Il ricorso proposto dalla signora S prospetta vizi del procedimento successivi al decreto decisorio, in quanto avanza censure con riguardo al procedimento successivo al parere del Consiglio di Stato e, dunque, sotto questo profilo si rivela ammissibile, ma deve essere comunque dichiarato infondato, per le seguenti ragioni.

VI. Il preavviso di rigetto previsto dall’articolo 10 bis della l. n. 241 del 1990, di cui la parte ricorrente censura la violazione nell’ambito del procedimento instaurato con il ricorso innanzi al Capo dello Stato, in particolare ritenendo che “ prima della formalizzazione del decreto, il capo dello stato avrebbe dovuto tempestivamente comunicare i motivi che ostavano all’accoglimento del ricorso ”, è infatti ontologicamente incompatibile con la giurisdizionalizzazione del ricorso straordinario (per la ricognizione anche giurisprudenziale della progressiva giurisdizionalizzazione del gravame, si veda la già richiamata sentenza T.R.G.A. Trento, 15 aprile 2021, n. 54). Tale fase procedimentale è essenzialmente propria dei procedimenti amministrativi ad istanza di parte, mentre nel processo amministrativo, cui è assimilato il giudizio innanzi al Presidente della Repubblica, vige il differente principio del contraddittorio. Inoltre, proprio il carattere vincolante del parere del Consiglio di Stato, come introdotto con l’art. 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69, impedisce e rende del tutto priva di effetti, come condivisibilmente argomentato dalle resistenti Amministrazioni, l’ulteriore fase che si determinerebbe in conseguenza del preavviso di rigetto, il quale ha come ratio proprio la possibilità di riconsiderare la decisione alla luce delle osservazioni dell’interessato: valutazione, questa, nel caso di specie preclusa dalla vincolatività del parere reso dal Consiglio di Stato. In ogni caso, per completezza, deve rilevarsi come proprio il parere reso dal Consiglio di Stato nel ricorso straordinario rende ragione della circostanza che il contraddittorio si è sviluppato in maniera adeguata su tutti i punti controversi, rimanendo così smentito il fatto che la parte ricorrente non ha potuto far valere le osservazioni da lei rappresentate. Anche la prospettazione dell’intendimento di proporre una causa civile è stata rappresentata nel ricorso straordinario, ma non accolta in quel giudizio come testualmente riportato nel parere (“ Per contro, l’affermazione della ricorrente secondo la quale l’intervento di asfaltatura avrebbe di fatto invaso la sua proprietà non appare adeguatamente supportata sul piano probatorio, e ciò anche in considerazione del fatto che non risultano versati in atti esiti dell’azione civilistica al riguardo preannunciata nel gravame.....”) , con conseguente inconsistenza della mancata considerazione della prospettiva di sospendere il giudizio in attesa della definizione del giudizio civile, peraltro rimessa alla valutazione discrezionale dell’organo giudicante.

VII. Palesemente infondato è il secondo motivo di gravame. Il numero del parere cui si riferisce il decreto decisorio del Capo dello Stato è correttamente corrispondente al numero dell’Affare relativo al ricorso proposto dalla parte ricorrente (cfr. parere allegato doc. 21 del resistente Ministero): parere che reca anche il diverso numero identificativo (n. 1377 del 2021). Sul punto risulta per tabulas la piena idoneità del numero dell’Affare ad identificare in maniera univoca la vicenda presa in considerazione (ossia il ricorso al Capo dello Stato deciso con il decreto decisorio impugnato) sulla quale il parere è reso, al pari del numero del parere medesimo. In disparte la considerazione che, come ben evidenziato dal Ministero resistente, nella nota di notifica del decreto decisorio è indicato espressamente il riferimento al parere ed al numero dell’Affare con le conseguenti modalità per il relativo reperimento nella banca dati del sito istituzionale della Giustizia Amministrativa (cfr. doc. 23 del Ministero), il parere di cui trattasi è inoppugnabilmente esistente, univocamente individuato e pacificamente riferito al ricorso proposto dalla parte ricorrente;
né sussiste la dedotta nullità e men che meno errore, con conseguente rigetto della censura esposta nel ricorso.

VIII. In definitiva il ricorso sub. RG. 59/2022 è infondato e deve essere respinto.

IX. Sulla scorta della conferma della legittimità dell’ordinanza n. 5 del 2019, derivante dalla reiezione del ricorso sub. RG. 59/2022, può ora essere esaminato il ricorso rubricato sub. RG. 60/2022.

X. Tale ricorso, ora in esame, deve essere dichiarato inammissibile, sia in termini generali che in ciascuno dei motivi di gravame.

XI. Concordando con le argomentazioni espresse dal resistente Comune, invero, l’atto impugnato non si prospetta immediatamente lesivo, ove se ne colga l’intrinseca natura. La gravata diffida, infatti, non costituisce un provvedimento autonomamente lesivo ma rappresenta il portato di un’attività esecutiva della precedente ordinanza 5/2019 ed ha carattere meramente sollecitatorio di un adempimento spontaneo. Infatti, la richiamata ingiunzione originaria costituisce l’unico presupposto della rinnovata diffida, come si desume dall’espresso tenore dell’atto gravato che la richiama nei seguenti termini “si dà atto che la S.V., nonostante la confermata efficacia dell’Ordinanza n. 5/2019 di data 09.04.2019, non ha ottemperato a quanto prescritto dalla stessa, procedendo, al contrario, alla parziale ultimazione del manufatto abusivo. Ciò premesso, si diffida la S.V. a ottemperare a quanto disposto, procedendo senza indugio alla rimessa in pristino dello stato dei luoghi mediante la demolizione della recinzione, stante il carattere abusivo dell’intervento effettuato. Si prescrive un ulteriore termine di 30 (trenta) giorni dalla data di ricevimento della presente diffida, al fine di ottemperare agli obblighi di cui alla citata Ordinanza n. 5/2019 di data 09.04.2019, avvertendo che, qualora la S.V. non provveda alla ottemperanza dovuta entro tale termine ultimo, vi provvederà d’ufficio questo Comune a spese del responsabile dell’abuso ai sensi dell’art. 134 della L.P. 4 marzo 2008, n. 1....” e di cui pertanto è ricordata appunto la conferma nella sua legittimità, e dunque anche nell’efficacia, derivante dall’intervenuta decisione sul ricorso straordinario. Come meglio si dirà anche nel successivo paragrafo XIII, in quanto invito ad ottemperare all’ordinanza a suo tempo emessa, la diffida qui impugnata costituisce un atto che non determina una lesione concreta ed attuale dell’interesse della ricorrente: lesione, questa, già determinatasi dalla ordinanza ingiunzione n. 5 del 2019 e ormai definitivamente consolidata per effetto del rigetto del ricorso straordinario al Capo dello Stato. Tale diffida si configura, per contro, quale atto meramente conseguenziale ed esecutivo, assunto dal Comune stante il rilevante periodo di tempo intercorso e la rilevata mancanza di esecuzione dell’ordine a suo tempo impartito, seppure mai sospeso nella relativa efficacia nelle more della decisione del ricorso. Mancando l’attualità e la concretezza della lesione, il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile a mente dell’articolo 35, comma 1, lett. b), c.p.a. poiché, come ricordato anche in recenti arresti di questo stesso Tribunale “ l’interesse a ricorrere … sussiste a condizione che l’interessato abbia subito una lesione concreta ed attuale dal provvedimento oggetto di impugnazione, di modo che la rimozione di quest’ultimo gli produca un vantaggio diretto e immediato (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 dicembre 2013, n. 6082)” (Cons. giust. amm. Sicilia, 20 gennaio 2020, n. 44);
“l’interesse al ricorso consiste nel vantaggio pratico e concreto che può derivare al ricorrente dall’accoglimento dell’impugnativa (Cons. Stato, IV, 1 giugno 2018, n. 3321;
19 luglio 2017, n. 3563) … (così, da ultimo, sez. V, sentenza n. 4650/2021)” (Cons. Stato, Sez. III, 29 ottobre 2021, n. 7248;
in termini Cons. Stato, Sez. IV, 3 febbraio 2020, n. 849;

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