TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-06-17, n. 202402256

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. II, sentenza 2024-06-17, n. 202402256
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 202402256
Data del deposito : 17 giugno 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/06/2024

N. 02256/2024 REG.PROV.COLL.

N. 02050/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2050 del 2023, proposto da
Coemi Ragusa S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F G e S M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Tna G N e F G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

della comunicazione dell’I.N.P.S., sede di Ragusa, notificata in data 1 agosto 2023, con cui l’Amministrazione ha rappresentato che la domanda di cassa integrazione guadagni ordinaria inviata in data 22 novembre 2022, n. INPS.6500.22/11/2022.0211881, era stata respinta con provvedimento n. 650090069938 in data 28 luglio 2023;

di ogni atto del procedimento presupposto, connesso e consequenziale alla domanda di integrazione salariale per il periodo ed i dipendenti di cui in domanda, comunque lesivo dei diritti della società ricorrente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 9 maggio 2024 la dott.ssa Cristina Consoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

La ricorrente ha impugnato la comunicazione dell’I.N.P.S., sede di Ragusa, notificata in data 1 agosto 2023, con cui l’Amministrazione ha rappresentato che la domanda di cassa integrazione guadagni ordinaria inviata in data 22 novembre 2022, n. INPS.6500.22/11/2022.0211881, era stata respinta con provvedimento n. 650090069938 in data 28 luglio 2023.

Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) a causa della crisi nel settore industriale (e nel relativo indotto) e della conseguente drammatica assenza di commesse, la ricorrente, operante nel settore delle manutenzioni degli impianti industriali, ha dovuto presentare domanda di integrazione salariale per il periodo 14 novembre 2022 - 1 gennaio 2023;
b) la richiesta di sostegno è stata deliberata nella concreta prospettiva di recupero dell’attività lavorativa;
c) il personale dipendente posto in cassa integrazione ha regolarmente goduto delle ferie maturate sino alla data di richiesta del beneficio e le ore di cassa integrazione utilizzate sono state solo 1.552 a fronte di 3.640 ore richieste, dovendosi aggiungere che nei primi mesi dell’anno 2023 sono state effettuate tre nuove assunzioni;
d) la principale causa delle difficoltà aziendali va rintracciata nella crisi del settore edile locale e, nello specifico, nella circostanza che la Ragusa Cementi S.p.A., principale committente della società, ha comunicato in data 11 novembre 2022, con riferimento al contratto in corso con la ricorrente, una ulteriore prosecuzione della riduzione di attività lavorative legate alle manutenzioni metalmeccaniche a far data dal 14 novembre 2022 e presumibilmente sino al 15 gennaio 2023;
e) la mancanza di commesse è, dunque, evento non imputabile alla direzione aziendale, non preannunciato, né prevedibile;
f) nel provvedimento impugnato si afferma che: - trattasi di richiesta di proroga di un precedente periodo di integrazione salariale per il quale la domanda era già stata respinta, posto che in fase istruttoria era emerso che l’evento risultava ascrivibile ai rapporti intercorrenti tra le parti del contratto di appalto;
- non risulta alcun elemento nuovo e la parte non ha specificato se in atto vi siano altre commesse, oltre alla Ragusa Cementi S.p.A., né ha fornito documentazione relativa alla ricerca di ulteriori commesse, come richiesto dall’Amministrazione;
- la sospensione dell’attività appare prevedibile e connessa al rischio di impresa, essendo riconducibile ai rapporti intercorrenti tra le parti;
- difettano indicazioni in ordine alla probabile ripresa dell’attività;
g) la motivazione resa dall’Amministrazione non corrisponde alla realtà dei fatti.

Il contenuto dei motivi di gravame può sintetizzarsi come segue: a) la domanda della ricorrente è stata motivata con riferimento alla contrazione dell’attività e alla temporanea assenza di commesse;
b) nessun licenziamento è stato effettuato e l’attività aziendale è regolarmente ripresa in data 1 gennaio 2023, con l’assunzione di nuovo personale;
c) nel messaggio I.N.P.S. n. 1856/2017 si precisa che, nei casi in cui nel periodo intercorrente tra la presentazione della domanda e l’adozione del provvedimento l’azienda abbia ripreso la normale attività, gli uffici devono ritenere oggettivamente provato il requisito della transitorietà;
d) l’avvenuta ripresa dell’attività sana di fatto l’eventuale carenza nell’indicazione di elementi probatori a sostegno della fondata previsione di ripresa dell’attività produttiva;
e) il decreto ministeriale n. 95442 in data 15 aprile 2016 prevede espressamente che la transitorietà e la temporaneità sussistono quando è prevedibile, al momento della presentazione della domanda, che l’impresa riprenda la normale attività;
f) ad ogni modo, tenuto conto della pluriennale presenza dell’azienda nel territorio ibleo e della forte qualificazione delle maestranze, nelle settimane successive al periodo di stasi coperto dalla cassa integrazione le lavorazioni sono riprese a pieno regime;
g) la ricorrente, inoltre, ha puntualmente allegato preventivi relativi a nuovi potenziali lavori, dimostrando di poter ridurre al minimo il ricorso agli ammortizzatori sociali;
h) l’I.N.P.S. non ha tenuto conto, altresì, del messaggio n. 2276/2017, in cui si precisa che non è riconducibile a negligenza o imperizia delle parti la situazione aziendale in cui la contrazione dell’attività derivi dalle caratteristiche intrinseche del processo produttivo del prodotto merceologico di riferimento;
i) la mancata previsione nel contratto di appalto con la committente della possibilità di ridurre le lavorazioni e le commesse fa comprendere come, nel caso in esame, si sia dovuta fronteggiare una situazione imprevista ed imprevedibile, non preventivata e non programmabile;
l) la ricorrente ha trasmesso all’I.N.P.S. la documentazione da cui si evince l’acquisizione di una nuova ed importante commessa, nonché la sussistenza degli indici di ripresa ordinaria dell’attività e di stabilità economica;
m) come affermato nella circolare n. 130 in data 14 luglio 2003, l’I.N.P.S. è tenuto ad effettuare un giudizio prognostico sulla capacità dell’impresa di riprendere l’attività e ciò implica che il diniego deve contenere una congrua motivazione, che menzioni gli elementi di fatto presi in considerazione e le ragioni del convincimento dell’Amministrazione;
n) l’Istituto, inoltre, ha respinto la domanda ben sei mesi dopo la sua presentazione.

L’I.N.P.S. ha svolto, in sintesi, le seguenti difese: a) l’evento addotto deve ascriversi ai rapporti intercorrenti tra le parti del contratto di appalto ed è connesso al prevedibile rischio di impresa;
b) il committente ha revocato le commesse senza che ciò fosse previsto negozialmente, sicché si configura un’ipotesi di responsabilità per inadempimento, con facoltà per la ricorrente di promuovere azione risarcitoria;
c) inoltre, la comunicazione di Ragusa Cementi in data 11 novembre 2022 è generica quanto alla riduzione delle attività lavorative legate alle manutenzioni metalmeccaniche;
d) in ordine alla ripresa dell’attività, difettano gli indici di probabilità da apprezzare mediante giudizio ex ante , non emergendo elementi relativi alle nuove commesse con altri fornitori;
e) l’Istituto ha più volte evidenziato alla ricorrente la necessità di integrare la documentazione a corredo dell’istanza;
f) deve aggiungersi che la società Ragusa Cementi non ha richiesto alcuna analoga integrazione salariale;
g) il provvedimento impugnato è, poi, motivato in modo esauriente;
h) come è noto, la disciplina in materia di cassa integrazione è di stretta interpretazione e il contributo presuppone una situazione di temporanea crisi aziendale, non riconducibile a responsabilità dell’imprenditore, rimessa alla valutazione discrezionale dell’Amministrazione competente, sicché il sindacato giurisdizionale è confinato sul punto all’ipotesi dell’obiettiva irragionevolezza;
i) la socializzazione del costo del lavoro presuppone che siano intervenuti accadimenti che esulano dalla sfera di controllo e prevedibilità dell’imprenditore e che devono risultare estranei anche ad altri soggetti che con l’imprenditore abbiano concluso contratti.

Con memoria in data 8 aprile 2024 la ricorrente, nel ribadire e precisare le proprie difese, ha osservato, in particolare, che proprio la mancata previsione nel contratto di appalto con la committenza della possibilità di riduzione delle lavorazioni e delle commesse fa comprendere come, nel caso specifico, sia sopravvenuta una situazione imprevista e imprevedibile.

Con memoria in data 18 aprile 2024 la ricorrente ha precisato, in particolare, quanto all’argomento dell’Amministrazione secondo cui verrebbe in rilievo l’esercizio della discrezionalità tecnica, che l’evidente difetto di motivazione del provvedimento impugnato consente, nel caso concreto, al giudice di effettuare un sindacato sulla valutazione espressa dall’Istituto.

Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.

Il Collegio ritiene non fondato il ricorso, richiamando, per esigenze di economia processuale, le motivazioni espresse in analoga controversia con sentenza n. 1089/2024 in data 19 marzo 2024.

La domanda di ammissione alla cassa integrazione guadagni ordinaria presentata dalla ricorrente si fonda sulla “ mancanza di ordini, commesse e lavoro ”.

Nella allegata relazione tecnica la ricorrente ha rappresentato che “ La crisi economica ed energetica, contestuale dell’attuale periodo storico, ha coinvolto le aziende del mercato nazionale e locale con notevoli ripercussioni economiche anche sulle piccole aziende locali. Anche i grandi committenti si sono visti costretti a ridurre la produzione con forte riduzione delle attività lavorative a discapito delle aziende appaltatrici. È questo il caso dell’odierna scrivente, la CO.E.M.I. Ragusa s.r.l. che, a far data dal 22/09/2022, si è vista notificare dal suo principale committente, la Ragusa Cementi s.p.a., una riduzione delle attività lavorative… Purtroppo, alcuni ritardi nell’acquisizione di materie prime, causati dalla scarsità delle stesse nel territorio, hanno comportato uno slittamento nell’inizio dei lavori nei confronti di nuovo committenti e, inoltre, la Ragusa Cementi s.p.a. ha prolungato ulteriormente la riduzione delle attività lavorative che, di fatto, allo stato attuale non è rientrata a pieno regime nell’affidamento delle commesse ”.

La comunicazione della committente Ragusa Cementi S.p.A. in data 11 novembre 2022, acquisita agli atti del procedimento, è del seguente tenore: “… si comunica con riferimento al contratto in oggetto una ulteriore riduzione delle attività lavorative, legate alle manutenzioni metalmeccaniche, a far data dal 14/11/2022 e presumibilmente fino al 15/01/2023 ”.

Con il provvedimento impugnato l’I.N.P.S. ha respinto l’istanza ritenendo l’evento ascrivibile ai rapporti intercorrenti tra le parti del contratto di appalto, sulla base del rilievo che “ Ai fini della verifica della sussistenza del requisito della non imputabilità, considerate le caratteristiche del contratto di appalto in essere con la Ragusa Cementi, risulta evidente che la sospensione dell’attività lavorativa ha la caratteristica della prevedibilità in quanto connessa al rischio di impresa, risultando con ciò riconducibile ai rapporti intercorrenti tra le parti ”.

L’I.N.P.S., al riguardo, ha richiamato le ragioni del diniego già espresso, in relazione ad un periodo precedente, sull’analoga istanza di cassa integrazione presentata dalla ricorrente (oggetto della menzionata sentenza di questo Tribunale n. 1089/2024, nella quale la motivazione del diniego è stata ritenuta esaustiva nonché priva di profili di illogicità o di travisamento delle circostanze di fatto rilevanti).

Va premesso, infatti, che il sindacato del giudice amministrativo sul provvedimento di diniego dell’ammissione alla cassa integrazione guadagni, ordinaria o straordinaria, incontra dei limiti connessi con l’ampio margine di discrezionalità tecnica che caratterizza la valutazione dell’Ente previdenziale sul riconoscimento di una situazione di crisi aziendale per l’ammissione al beneficio, e, pertanto, le scelte dell’Ente sono sindacabili soltanto se evidentemente illogiche, manifestamente incongruenti o inattendibili ovvero viziate per palesi travisamenti in fatto (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 8 agosto 2023, n. 7698;
Sez. III, 12 ottobre 2021, n. 6851).

Nel caso di specie, la nota della committenza presenta un contenuto scarno e privo di motivazione, che genericamente si riferisce ad “ una riduzione delle attività lavorative legate alle manutenzioni metalmeccaniche ”.

Non risultano specificamente allegate le ragioni della riduzione delle commesse e manca, dunque, la prova che la contrazione di attività dell’azienda committente (e, conseguentemente, delle commesse in favore della ricorrente) sia dipesa da un evento transitorio non imputabile all’impresa.

Con riferimento alla “non imputabilità al datore di lavoro” la giurisprudenza amministrativa (cfr., tra le numerose, Cons. Stato, Sez. III, 12 novembre 2019, n. 7758) ha, invero, precisato che: a) l’istituto della cassa integrazione guadagni opera in via di eccezione alla regola del sinallagma dell’obbligo retributivo, con assunzione dello stesso a carico della collettività e, quindi, con regole di stretta interpretazione quanto ai presupposti che danno luogo all’intervento di garanzia del lavoratore (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22 novembre 2010, nn. 8128 ed 8129);
b) la restrittività della normativa va intesa nel senso che la c.d. socializzazione del costo del lavoro interviene in presenza di accadimenti che esulano dalla sfera di controllo e prevedibilità dell’imprenditore, sia che essi attengano a fatti naturali (condizioni stagionali impeditive dell’ordinario andamento dei lavori), sia che essi rimandino a fatti umani esterni che sfuggono al dominio, secondo l’ordinaria diligenza, di chi organizza i fattori d’impresa, comprensivi dell’impiego di mano d’opera;
c) l’evento interruttivo è definibile come imputabile al datore di lavoro, ovvero alla committenza nei casi di contratto di appalto, quando esso si riconduce all’erroneità delle scelte tecniche in sede di progettazione, alla non corretta modulazione ed impegno delle maestranze in relazione all’ordinaria e prevedibile esecuzione del progetto, ovvero all’omessa previsione di possibili situazioni impeditive dell’ordinario prosieguo dei lavori (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 22 novembre 2010, nn. 8128 e 8129);
d) la portata del criterio della non imputabilità è tale per cui i fatti che hanno causato una contrazione o una sospensione dell’attività di impresa non solo devono risultare estranei alla sfera di dominio dei soggetti innanzi menzionati, ma più in generale devono astrarsi dalla responsabilità di soggetti determinati cui possa essere riferita, a titolo risarcitorio, la responsabilità dell’accaduto e la riparazione delle conseguenze patrimoniali pregiudizievoli (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 23 febbraio 2011, n. 1131);
e) non ricorre, quindi, il presupposto della non imputabilità in caso di comportamenti inadempienti o scorretti di soggetti contraenti con l’imprenditore, dato che in tal caso la vicenda si colloca all’interno del rapporto o del contatto tra le parti, ed il rimedio che l’ordinamento offre secondo le normali regole in punto di responsabilità (contrattuale o precontrattuale) tutela efficacemente, sul piano patrimoniale, l’appaltatore costretto alla sospensione dei lavori (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 14 gennaio 2019, n. 327).

Nella fattispecie in esame, la riduzione delle commesse per iniziativa del committente, non sorretta da alcuna motivazione verificabile in termini di evento non imputabile (il cui onere della prova grava sul soggetto richiedente l’integrazione salariale), porta a ritenere non dimostrata la sussistenza dei presupposti normativi per beneficiare della misura richiesta.

La comunicazione della azienda committente non specifica, infatti, le ragioni e i termini della contrazione delle attività lavorative legate alle manutenzioni metalmeccaniche (in particolare, quanto al secondo aspetto, non risulta che si sia trattato di riduzione “significativa” di ordini e commesse, ai sensi dell’art. 3, comma 1, del decreto ministeriale n. 95442 in data 15 aprile 2016);
né le ragioni della contrazione delle commesse risultano indirettamente riscontrabili sulla base di circostanze ulteriori (quali la riduzione di personale e/o la richiesta di intervento della CIGO da parte dell’azienda committente), che consentano di ritenere l’evento non imputabile a responsabilità della parte contrattuale.

Per quanto precede, il ricorso va respinto.

Le spese processuali possono essere compensate tra le parti tenuto conto della particolarità della vicenda.

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