Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-10-12, n. 202106851

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2021-10-12, n. 202106851
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202106851
Data del deposito : 12 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/10/2021

N. 06851/2021REG.PROV.COLL.

N. 03530/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3530 del 2021, proposto dalla Società Edilcassa Regionale Calabrese, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati G A, A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato S M in Roma, viale Parioli, 74;

contro

I.N.P.S. – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M P, M S, V T, V S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto in Roma, via Cesare Beccaria 29;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione Seconda) n. 1614 del 2020.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Inps;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 settembre 2021 il Cons. Umberto Maiello e dato atto della presenza, ai sensi di legge, degli avvocati delle parti come da verbale dell’udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società appellante chiede la riforma della sentenza n. 1614/2020, con cui il TAR per la Calabria, sede di Catanzaro, Sezione II, ha respinto il ricorso avverso i provvedimenti dell’INPS mediante i quali sono state respinte la richiesta di integrazione salariale presentata da Edilcassa Regionale Calabrese e le successive istanze di proroga.

2. Il giudice di prime cure ha, infatti, ritenuto compiutamente motivati i due provvedimenti gravati, nei quali si darebbe conto dell’impossibilità di ritenere comprovata la denunciata crisi di mercato in esito ad una puntuale analisi dei dati contabili e finanziari di Edilcassa per come esposti e, in riferimento alla ultima determinazione di diniego, dell’incompletezza ed incongruità dei dati di bilancio allegati dalla ricorrente rispetto a quanto sostenuto nella relazione tecnica.

3. L’appellante, a sostegno del proprio mezzo, assume che la decisione appellata sarebbe apodittica e si fonderebbe su assunti indimostrati, atteso che si limiterebbe a recepire acriticamente quanto affermato dall’INPS e non sarebbe assistita da una puntuale verifica circa la sussistenza o meno delle circostanze di fatto che l’Amministrazione ha trasferito con mera enunciazione nei supporti motivazionali dei provvedimenti di diniego impugnati.

Sarebbe, di contro, pacifica e non contestata la denunciata crisi del settore edilizio, tanto che molte imprese edili avrebbero cessato definitivamente l’attività mentre altre non sarebbero in condizione di procedere al pagamento delle quote nei confronti dell’Ente ricorrente.

Assume, invero, l’appellante che, nella relazione tecnica depositata, risulterebbe congruamente evidenziato l’aumento del debito nei confronti dei fornitori, la diminuzione del numero delle imprese associate, nonché la flessione del flusso contributivo. Di contro, tali dati non verrebbero valorizzati nei provvedimenti dell’Istituto nonostante l’INPS con messaggio n. 1396/2018 avesse convenuto sulla necessità che la motivazione posta a sostegno dei provvedimenti di rigetto di istanze di CIGO indicasse in maniera puntuale i presupposti di fatto e diritto di guisa che le ditte interessate potessero concretamente comprendere le ragioni ostative alla concessione dell’ammortizzatore sociale richiesto.

Con distinto motivo di gravame l’appellante contesta, infine, la comminata condanna alle spese di giudizio.

Resiste in giudizio l’INPS.

3.2. In sede cautelare questa Sezione ha accolto l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza appellata ai soli fini di un’anticipata trattazione della causa nel merito.

3.3. All’udienza del 23.9.2021 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

4. L’appello è parzialmente fondato e, pertanto, va accolto nei limiti di seguito indicati.

4.1. Preliminarmente, va, anzitutto, disattesa l’istanza di rinvio dell’udienza, avanzata da uno dei difensori dell’appellante e rispetto alla quale ha espresso netta opposizione il difensore dell’Istituto resistente.

E, invero, a fronte della detta opposizione, e considerato, da un lato, che l’impedimento addotto non è adeguatamente circostanziato e documentato e, dall’altro, che l’impedimento relativo ad uno solo dei difensori non può, comunque, ritardare la tempestiva decisione della causa ostandovi il principio costituzionale della ragionevole durata del processo e la previsione – che del suddetto principio costituisce precipitato tecnico - di cui all’art. 73 comma 1 bis del c.p.a., l’istanza in argomento non può trovare accoglimento.

5. Tanto premesso, va accolta, in parte, l’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado – qui riproposta dall’INPS ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 101 c.p.a. - a cagione della tardività della spiegata domanda impugnatoria rispetto ai primi due provvedimenti di diniego, che risultano notificati il 18.11.2019, mentre il ricorso è stato partecipato il 2 luglio 2020.

Di contro, quanto al terzo provvedimento la notifica di tale atto si è perfezionata il 27 marzo 2020 e, pertanto, la relativa impugnativa deve ritenersi tempestiva in considerazione della sospensione dei termini dall’8.3.2020 al 3.5.2020 ex art 84 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 e art. 36, comma 3, del D.L. 8 aprile 2020, n. 23.

6. In disparte quanto appena evidenziato il ricorso, rispetto ai primi due provvedimenti reiettivi, è, comunque, infondato.

6.1. Preliminarmente, si rivela utile ricostruire la cornice giuridica di riferimento sulla scorta della quale si procederà allo scrutinio della res iudicanda .

Com’è noto, la disciplina di settore – l'art. 1, comma 1, lett. a) della l. 164 del 20 maggio 1975, sostanzialmente riproposto dall'art. 11, comma 1, lett. a) del Decreto legislativo del 14/09/2015, n. 148 – dispone che agli operai dipendenti da imprese industriali che siano sospesi dal lavoro o effettuino prestazioni di lavoro a orario ridotto è dovuta l'integrazione salariale nei seguenti casi:

a) " situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o agli operai";

b) “situazioni temporanee di mercato”.

La norma soprarichiamata prevede la corresponsione dell'integrazione salariale ordinaria, chiesta dalla ricorrente, in due ipotesi, l'una correlata a situazioni aziendali dovute ad eventi transitori non imputabili all'imprenditore e agli operai, e l'altra a situazioni temporanee di mercato, ipotesi che fanno riferimento a situazioni dipendenti da caso fortuito o forza maggiore indipendenti dal normale andamento dell'azienda.

È poi di tutta evidenza che l'istituto della cassa integrazione guadagni operi in via di eccezione rispetto alla regola del sinallagma dell'obbligo retributivo, con assunzione dello stesso a carico della collettività e, quindi, con regole di stretta interpretazione quanto ai presupposti che danno luogo all'intervento di garanzia del lavoratore.

Nella declinazione applicativa privilegiata dalla giurisprudenza di settore si è evidenziato che gli eventi idonei a giustificare l’ammissione alla C.I.G.O. possono consistere “tanto in fatti naturali quanto in fatti umani esterni, che sfuggono al dominio, secondo l’ordinaria diligenza, di chi organizza i fattori di impresa”, quali “il caso fortuito, la forza maggiore, il factum principis ovvero il fatto o l’illecito del terzo” (cfr. Cons. di Stato, Sez. VI, 22 aprile 2014, n. 2009), specificando inoltre che il requisito della “non imputabilità” all’imprenditore, previsto dal succitato art. 1 della l. n. 164 del 1975, deve intendersi nel senso che “i fatti che hanno causato la contrazione o la sospensione dell’attività di impresa devono risultare estranei non solo all’imprenditore ma anche ad altri soggetti che con lo stesso hanno concluso contratti, in quanto, diversamente, l’istituto dell’integrazione salariale verrebbe inammissibilmente piegato al perseguimento di finalità ad esso estranee e si tradurrebbe, altrettanto inammissibilmente, in un meccanismo di immediata socializzazione del rischio d’impresa” (cfr. Cons. St. 1251 del 2019;
sez. III, 11 dicembre 2019 n.8434;
15 ottobre 2019, n.7000;
19 agosto 2019 n. 5743;
30 luglio 2019 n. 5398;
Cons. St., Sez. VI, 28 gennaio 2013, n. 497 e 23 febbraio 2011, n. 1131).

Deve, poi, soggiungersi che la "transitorietà" della contingente situazione aziendale va valutata in termini di prevedibilità della ripresa produttiva al momento della presentazione della domanda, secondo un giudizio prognostico ex ante (C.d.S., Sez. VI, 22/11/2010, n. 8129).

Più in generale, la valutazione dei requisiti di ammissione all'integrazione salariale ha carattere prognostico e, quindi, deve essere effettuata soltanto sulla base delle informazioni disponibili ex ante e, naturalmente, in primis fornite dallo stesso imprenditore richiedente (cfr. Cons. Stato, VI, n. 4084/2013;
n. 3783/2013;
n. 2503/2012).

7. Tanto premesso, non può essere revocato in dubbio il fatto che l’Istituto intimato, nei primi due provvedimenti, abbia compiutamente esposto in ciascuno dei provvedimenti gravati le ragioni ostative all’accoglimento dell’applicazione dei benefici di legge all’uopo evidenziando l’insufficienza dei dati contabili veicolati, giudicati – per insufficienza ovvero per incongruenza – inidonei a suffragare una situazione di obiettiva impossibilità di svolgimento dell’attività lavorativa dovuta alle cause sopraindicate e tale da comportare la contrazione dell’ordinario orario lavorativo dei lavoratori dipendenti.

In particolare, quanto ai primi due provvedimenti, la statuizione di diniego incentrata sulla mancata comprova della crisi temporanea di mercato veniva analiticamente giustificata evidenziando che “ I dati di bilancio allegati alle relazioni tecniche non consentono di ritenere comprovata la situazione di crisi di mercato addotta in domanda CIGO: In particolare, il risultato positivo realizzato nel 2017, la sensibile diminuzione dei Debiti finanziari – Altro passati da 450.220,00 nel 2017 a 205.696,45 nell’anno in corso 2019, l’aumento dei Debiti verso fornitori nell’anno 2019 rispetto ai due anni precedenti, la contenuta diminuzione del numero delle imprese associate (passate da 352 a 330) e la limitata flessione dei flussi contributivi di appena 33.00,00 ca., escludono la sussistenza del requisito dell’andamento negativo perdurante nel tempo, tale da pregiudicare il regolare svolgimento dell’attività lavorativa”.

Ad una piana lettura del precitato provvedimento appare di tutta evidenza la linearità e la compiutezza della traiettoria argomentativa che regge l’opposta statuizione di diniego.

Deve, altresì, soggiungersi che l’Istituto ha valorizzato gli stessi dati esposti dalla parte istante nella relazione prodotta in sede procedimentale e, pertanto, elementi già noti alla parte.

Parimenti immune da rilievi critici si rivela il percorso logico seguito dall’Istituto che, sottoponendo ad analisi critica i dati in argomento, è giunto alla conclusione della insufficienza degli elementi allegati ad accreditare una situazione di transitoria crisi di mercato sulla scorta di valutazioni nitidamente esposte, che non appaiono illogiche o irragionevoli.

Sul punto, non è superfluo rammentare che il sindacato del Giudice Amministrativo sui provvedimenti di diniego dell’ammissione alla Cassa integrazione guadagni, sia essa ordinaria o straordinaria, ha dei limiti connessi “all’ampio margine di discrezionalità tecnica che caratterizza la valutazione dell’ente previdenziale sul riconoscimento di una situazione di crisi aziendale ai sensi dell’art. 1 della l. n. 164 del 1975, di modo che le scelte dell’Amministrazione sono sindacabili soltanto se evidentemente illogiche, manifestamente incongruenti, inattendibili ovvero viziate da travisamento in fatto” ( ex multis Consiglio di Stato sez. III, 30/07/2019, n.5398;
Cons. di Stato, Sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4084 e 15 luglio 2013, n. 3783).

8. Al medesimo approdo decisorio non può pervenirsi, contrariamente a quanto statuito dal giudice di prime cure, rispetto al terzo provvedimento reiettivo, riferito al periodo che va dal 30 dicembre 2019 al 28 marzo 2020, suscettivo di valutazione in via autonoma ancorché spedito in riscontro ad una richiesta di proroga.

E, invero, rispetto a tale ulteriore istanza l’Istituto ha opposto che “ In relazione ai più specifici dati di bilancio allegati alla domanda del 9.1.2020, gli stessi risultano non completi e non congruenti con quanto affermato dalla richiedente nella relazione tecnica. In particolare, il valore dei Debiti finanziari nei confronti di Altro è stato omesso rispetto ai dati di bilancio allegati alle precedenti domande e l’ammontare dei Debiti verso fornitori al 18.02.2020 è diminuito rispetto ai Debiti verso fornitori all’11.10.2019. Nonostante l’Edilcassa Regionale Calabrese sostenga nella relazione tecnica di aver stipulato un finanziamento con la Banca Credem che ha consentito di ridurre alcune esposizioni debitorie fra cui quelle verso fornitori, l’ammontare dei Debiti finanziari nei confronti di Banche al 18.02.2020 è diminuito rispetto all’ammontare dello stesso debito all’11.10.2019. Il calo del numero delle imprese aderenti alla Edilcassa Regionale Calabrese nell’anno 2019, esposto per la prima volta nella documentazione allegata alla domanda prot. INPS.2200.09/01/2020.0004887, e del conseguente flusso contributivo gestito dall’ente mutualistico è risultato dipendere non soltanto dalla cessazione delle imprese ma anche dall’adesione delle stesse ad altro ente mutualistico. Alcune voci debitorie indicate in aumento negli anni 2018 e 2019, come i contributi di adesione contrattuale trattenuti alle imprese e ai lavoratori, appaiono delle mere partite di giro e non effettive posizioni passive assunte dall’Edilcassa Regionale Calabrese. Infine, la procedura di accreditamento presso la Regione Calabria avviata dalla richiedente quale ente formatore del settore edile non risulta ancora conclusa, con conseguente impossibilità di effettuare alcuna previsione sul possibile ampliamento delle attività offerte dal richiedente e sull’inversione del trend economico” .

Deve, al riguardo, rilevarsi che la parte istante ha esposto nella relazione tecnica prodotta dati contabili ben più precisi rispetto ai report sottesi alle precedenti istanze dai quali si evincono significativi elementi indiziari della denunciata contrazione dell’attività svolta, fatti palese chiaramente dall’esponenziale incremento dell’esposizione debitoria, dal crollo verticale del numero delle imprese già aderenti, dalla riduzione della massa salariale e dalla connessa riduzione del flusso dei contributi.

A fronte delle divisate emergenze l’INPS si è limitato a censurare l’omissione di taluni dati (debiti finanziari nei confronti di altro) già esposti nei precedenti report senza però spiegare la rilevanza di tale omissione nell’ambito della nuova e ben più dettagliata rappresentazione contabile fornita dalla ricorrente sì da non fornire adeguato supporto motivazionale alla decisione finale di non prestare credito alla denunciata crisi del sistema edilizio.

Parimenti, e sempre nell’ottica della qui evidenziata dell’insufficienza della complessiva motivazione addotta, è mancata un’adeguata confutazione del dato numerico riferito al dato obiettivo del numero delle imprese aderenti alla Edilcassa calabrese, essendosi l’INPS limitato ad evidenziare che tale calo è dipeso (non solo dalla cessazione ma) anche dalla adesione delle stesse ad altro ente mutualistico, senza però circostanziare tale affermazione né misurarne l’incidenza all’interno della rappresentazione dello stato di crisi fornito da Edilcassa.

D’altro canto, le stesse pretese incongruenze riferite all’esposizione dei debiti verso banche e verso fornitori si arrestano ad uno stadio di contestazione meramente formale e non sufficientemente approfondito attraverso l’acquisizione di chiarimenti e/o integrazioni di guisa che non valgono, allo stato, ad elidere nella loro valenza rappresentativa come inattendibili i dati contabili in argomento, evenienza questa, peraltro, nemmeno esplicitamente affermata nel provvedimento impugnato.

Infine, anche rispetto al profilo della transitorietà dello stato di crisi l’Istituto resistente si è limitato a registrare che la procedura di accreditamento dell’appellante come ente formatore non si è ancora conclusa senza però allegare a corredo della prognosi negativa circostanze ostative che, in un’ottica di verosimiglianza, inducano a far dubitare del buon esito della pratica.

In definitiva, rispetto al provvedimento riferito al periodo che va dal 30 dicembre 2019 al 28 marzo 2020 colgono nel segno le doglianze dell’appellante nella parte in cui denunciano l’insufficienza del corredo motivazionale della statuizione di diniego di guisa che, in accoglimento di tali censure e previa riforma parziale della sentenza di primo grado, s’impone l’annullamento del suindicato provvedimento.

Le spese del doppio grado, in ragione della reciproca soccombenza, vanno compensate.

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