TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2023-05-18, n. 202308477

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2023-05-18, n. 202308477
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202308477
Data del deposito : 18 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/05/2023

N. 08477/2023 REG.PROV.COLL.

N. 07370/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7370 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
ASSOCIAZIONE MEVALUATE ONLUS e MEVALUATE ITALIA S.R.L., in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., con domicilio digitale presso gli indirizzi di posta elettronica certificata, come risultanti dai registri di giustizia, degli avvocati S F e L M che le rappresentano e difendono nel presente giudizio

contro

AUTORITA' GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO e AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., con domicilio digitale presso l’indirizzo di posta elettronica certificata, come risultante dai registri di giustizia, dell’Avvocatura Generale dello Stato che le rappresenta e difende nel presente giudizio

per l'annullamento

dei seguenti atti:

per quanto riguarda il ricorso introduttivo

- delibere del 19/06/17 prot. n. 49598 e n. 49600 con cui l’AGCM ha dichiarato la pratica commerciale descritta al punto II dei menzionati provvedimenti, posta in essere dalle ricorrenti, scorretta ai sensi degli artt. 20, 21 comma 1 lett. b) e 22 del codice del consumo, ne ha vietato la diffusione o continuazione, ha irrogato alle società le sanzioni amministrative pecuniarie, ivi indicate, ed ha imposto ai professionisti l’obbligo di comunicare all’Autorità, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, le iniziative assunte in ottemperanza alla diffida impartita;

- comunicazione AGCM del 13/01/17 di avvio del procedimento istruttorio PS10591;

- nota AGCM del 09/03/17 di estensione soggettiva del procedimento all’associazione Mevaluate onlus;

- parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni pervenuto all’AGCM in data 25/05/17;


per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati il 17/07/18

delibera del 24/04/18 con cui l’AGCM ha dichiarato che la condotta delle ricorrenti costituisce inottemperanza alla delibera del 7 giugno 2017 n. 26640 ed ha irrogato le sanzioni amministrative pecuniarie ivi indicate;

- comunicazione dell’AGCM del 09/01/18 prot. n. 11101 di avvio del procedimento IP285.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio degli enti in epigrafe indicati;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87 comma 4-bis c.p.a.;

Relatore il dott. M F all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 aprile 2023 tenutasi in modalità da remoto come previsto dall’art. 87 comma 4 bis c.p.a.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso notificato il 28/07/17 e depositato il 31/07/17 l’Associazione Mevaluate Onlus e Mevaluate Italia s.r.l. hanno impugnato le delibere del 19/06/17 prot. n. 49598 e n. 49600 (in realtà delibera n. 26640 del 07/06/17) con cui l’AGCM ha dichiarato la pratica commerciale descritta al punto II dei menzionati provvedimenti, posta in essere dalle ricorrenti, scorretta ai sensi degli artt. 20, 21 comma 1 lett. b) e 22 del codice del consumo, ne ha vietato la diffusione o continuazione, ha irrogato alle società le sanzioni amministrative pecuniarie ivi indicate ed ha imposto ai professionisti l’obbligo di comunicare all’Autorità, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, le iniziative assunte in ottemperanza alla diffida impartita, la comunicazione AGCM del 13/01/17 di avvio del procedimento istruttorio PS10591, la nota AGCM del 09/03/17 di estensione soggettiva del procedimento all’associazione Mevaluate onlus e il parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni pervenuto all’AGCM in data 25/05/17.

L’Autorita' Garante della Concorrenza e del Mercato e l’Autorita’ per le Garanzie nelle Comunicazioni, costituitesi in giudizio con comparsa depositata il 12/09/17, hanno concluso per la reiezione del gravame.

Con ordinanza n. 4819/17 del 14/09/17 il Tribunale ha respinto l’istanza cautelare proposta dalle ricorrenti.

Con atto notificato il 06/07/18 e depositato il 17/07/18 le ricorrenti hanno impugnato con motivi aggiunti la delibera del 24/04/18, con cui l’AGCM ha dichiarato che la condotta delle esponenti costituisce inottemperanza alla delibera del 7 giugno 2017 n. 26640 ed ha irrogato le sanzioni amministrative pecuniarie ivi indicate, e la comunicazione dell’AGCM del 09/01/18 prot. n. 11101 di avvio del procedimento IP285.

All’udienza di riduzione dell’arretrato del 14/04/23 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Con il ricorso principale l’Associazione Mevaluate Onlus e Mevaluate Italia s.r.l. impugnano le delibere del 19/06/17 prot. n. 49598 e n. 49600 (in realtà delibera n. 26640 del 07/06/17), con cui l’AGCM ha dichiarato la pratica commerciale descritta al punto II dei menzionati provvedimenti, posta in essere dalle ricorrenti, scorretta ai sensi degli artt. 20, 21 comma 1 lett. b) e 22 del codice del consumo, ne ha vietato la diffusione o continuazione, ha irrogato alle società le sanzioni amministrative pecuniarie ivi indicate ed ha imposto ai professionisti l’obbligo di comunicare all’Autorità, entro il termine di sessanta giorni dalla notifica, le iniziative assunte in ottemperanza alla diffida impartita, la comunicazione AGCM del 13/01/17 di avvio del procedimento istruttorio PS10591, la nota AGCM del 09/03/17 di estensione soggettiva del procedimento all’associazione Mevaluate onlus e il parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni pervenuto all’AGCM in data 25/05/17.

Con gli atti impugnati l’Autorità ha sanzionato le ricorrenti in relazione a condotte tenute nella pubblicizzazione di un sistema di rating reputazionale in riferimento al quale hanno emesso un bando per la selezione dei Consulenti Reputazionali che avrebbero dovuto garantire il funzionamento del sistema stesso.

In proposito l’Autorità ha contestato alle ricorrenti la diffusione di messaggi ingannevoli con riguardo ai seguenti profili: a) la presentazione delle modalità di accesso alla formazione degli aspiranti consulenti reputazionali tramite “ bando di selezione ”;
b) l’impropria comparazione tra l’attività di “ rating di legalità ” normativamente prevista e quella relativa al progetto Mevaluate;
c) le presunte referenze vantate con riferimento ad importanti enti ed istituzioni (pag. 21 della delibera assunta nella seduta del 07/06/17).

Con la prima censura le ricorrenti prospettano la violazione e falsa applicazione degli artt. 3 comma 1 lett. a) e c), 18 comma 1 lett. a), b) e d) e 19 comma 1 d. lgs. n. 206/05 nonché eccesso di potere per difetto dei presupposti e d’istruttoria, travisamento dei fatti, contraddittorietà, carenza di motivazione, illogicità e ingiustizia gravi e manifeste in quanto:

- il codice del consumo non sarebbe applicabile alla fattispecie dal momento che le ricorrenti non rientrerebbero nella categoria dei “ professionisti ” (infatti, le attività poste in essere nell’ambito della selezione non avrebbero natura imprenditoriale, né commerciale, né, tantomeno, artigianale o professionale, come confermato dal provvedimento del Garante per i dati personali del 12/01/17) e i soggetti appartenenti alle categorie professionali a cui era rivolto il bando non potrebbero essere qualificati come consumatori in ragione dei severi requisiti loro richiesti e del fatto che gli stessi dovrebbero chiedere obbligatoriamente di fare parte dell’Associazione e, comunque, sarebbero chiamati a svolgere un’attività attinente a quella istituzionalmente svolta;

- per gli stessi motivi la pubblicazione del bando di selezione dei Consulenti Reputazionali non potrebbe essere considerata attività configurante una pratica commerciale ai sensi dell’art. 18 d. lgs. n. 206/05.

Il motivo è infondato.

Secondo l’art. 18 comma 1 lettera b) d. lgs. n. 206/05 si intende “ per "professionista": qualsiasi persona fisica o giuridica che, nelle pratiche commerciali oggetto del presente titolo, agisce nel quadro della sua attività commerciale, industriale, artigianale o professionale e chiunque agisce in nome o per conto di un professionista ”.

Come ha avuto modo di precisare la giurisprudenza, la nozione di “ professionista ” deve essere intesa in senso ampio, essendo, a tal fine, sufficiente che la condotta venga posta in essere nel quadro di una attività di impresa finalizzata alla promozione e/o alla commercializzazione di un prodotto o servizio;
in quest’ottica, per "professionista" autore o co-autore della pratica commerciale deve intendersi chiunque abbia un'oggettiva cointeressenza diretta ed immediata alla realizzazione della pratica commerciale medesima.

Ciò che la disposizione richiede ai fini dell'assunzione della qualificazione soggettiva di che trattasi è, dunque, che la pratica commerciale sia posta in essere dal soggetto quale manifestazione della sua ordinaria attività di lavoro, a tale dato oggettivo soltanto essendo correlati gli accresciuti oneri di diligenza e di informazione a protezione di chi opera, al contrario (il consumatore), al di fuori dell'esercizio della sua attività professionale ed è per tale ragione in posizione di tendenziale debolezza contrattuale (Cons. Stato n. 3897/14, Cons. Stato n. 853/12, TAR Lazio – Roma n. 5039/15).

Nella fattispecie, premesso che la nozione di impresa abbraccia qualsiasi entità che eserciti un'attività economica consistente nell'offerta di beni o servizi sul mercato, indipendentemente dallo statuto giuridico e dalle modalità di finanziamento, o dalla sussistenza o meno del fine di lucro (in questo senso specificamente Cons. Stato n. 3013/11, TAR Lazio – Roma n. 8969/12), è emerso che le ricorrenti offrono a pagamento servizi di valutazione reputazionale il che ne giustifica l’assoggettabilità al codice del consumo.

Inoltre, destinatari di questi servizi, oltre alle imprese ed enti pubblici e privati, sono “ individui di ogni età ” come emerge dal messaggio pubblicitario presente nelle pagine web delle ricorrenti (pag. 2 del documento depositato da AGCM il 12/09/17).

A conferma di ciò vi è la circostanza riportata dalla difesa erariale nella memoria depositata il 12/09/17 (pagg. 8-9), sul punto non contestata dalle ricorrenti, circa il fatto che nel settembre 2016 Mevaluate abbia sottoposto le condizioni generali di fornitura dei servizi di certificazione reputazionale Mevaluate Italia S.r.l. e/o di consulenza reputazionale al vaglio dell’Autorità con apposita istanza di interpello (procedimento CVI 13) in materia di tutela amministrativa della clausole vessatorie ex art. 37 bis d. lgs. n. 206/05.

Con la seconda censura la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 comma 1 lettera b) e 22 d. lgs. n. 206/05 ed eccesso di potere sotto vari profili in quanto:

- i soggetti candidabili al conseguimento della qualifica di Consulente Reputazionale Mevaluate, per i requisiti loro richiesti, non rientrerebbero nella categoria del “ consumatore medio ”;

- il sistema reputazionale Mevaluate presenterebbe oggettive peculiarità rispetto ai rating di legalità delle pubbliche autorità: in particolare, si tratterebbe di uno strumento a disposizione dei componenti di una determinata compagine associativa, ovvero l’Associazione Mevaluate Onlus, su base volontaria e cioè previa condivisione dello statuto e, più in generale, degli scopi associativi;

- tutte le informazioni fornite circa le referenze sarebbero veritiere come desumibili dai documenti allegati al bando. La stessa Autorità avrebbe riscontrato anomalie soltanto in due casi (CCASGO e CNOCL) che, in realtà, non rappresenterebbero, né nella forma, né nella sostanza, alcun tentativo di travisamento della realtà dei fatti;

- l’asserita mancanza di chiarezza in ordine alle condizioni economiche di accesso al programma formativo potrebbe, al più, aver dato luogo ad un effetto disincentivante all’iscrizione, a svantaggio delle ricorrenti, e non di certo ad una decettiva prospettazione della realtà dei fatti idonea a stimolare efficacemente una più ampia partecipazione di candidati.

Il motivo è infondato.

Come già detto, con la gravata delibera del 19/06/17 l’Autorità ha sanzionato tre condotte (pag. 21 della delibera assunta nella seduta del 07/06/17):

a) la presentazione delle modalità di accesso alla formazione degli aspiranti consulenti reputazionali tramite “ bando di selezione ”;

b) l’impropria comparazione tra l’attività di “ rating di legalità ” normativamente prevista e quella relativa al progetto Mevaluate;

c) le presunte referenze vantate con riferimento ad importanti enti ed istituzioni.

Dall’istruttoria espletata dall’Autorità è emerso, in relazione al profilo di cui sub a), che l’attività di formazione propedeutica all’ingresso nella rete dei consulenti è stata ab origine prospettata come gratuita nonostante essa fosse sempre a pagamento in quanto per seguire il necessario corso di formazione e-learning di 22 ore era richiesto di acquistare una quota di capitale sociale di 1.500 euro della società Mevaluate Italia Advisory s.r.l. o di pagare 4.500,00 euro per il servizio di formazione.

Inoltre, la pagina web riferibile alle ricorrenti opera tra il sistema reputazionale Mevaluate e il rating di legalità di competenza dell’AGCM ex art. 5 ter d.l. n. 1/12 un confronto che risulta, in definitiva, fuorviante per il consumatore in quanto incentra la propria attenzione sulle differenti caratteristiche oggettive dei due sistemi lasciando, così, intendere che gli effetti di tali sistemi siano equipollenti e ciò contrariamente al vero in quanto solo all’Agcm e non a soggetti privati la legge riconosce la prerogativa di certificare il rating di legalità delle imprese.

Per quanto riguarda, poi, le referenze dagli atti risulta che:

- nella pagina web delle ricorrenti è indicata la concessione del patrocinio da parte del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro e la stipula di una convenzione. Dall’istruttoria espletata dall’Autorità, però, è emerso che la convenzione non è mai stata stipulata e che il patrocinio è stato revocato, circostanza che avrebbe dovuto comportare l’espunzione dell’ente dall’elenco delle “ referenze ” e di cui, invece, le ricorrenti si sono limitate a dare notizia con modalità, per altro, non idonee ad elidere l’effetto di condivisione derivante dalla citazione dell’ente in questione. Le vicende processuali relative alla legittimità o meno della revoca del patrocinio, citate dalle ricorrenti nella memoria depositata il 14/03/23, in quanto successive all’adozione degli atti impugnati, sono ininfluenti ai fini della valutazione della legittimità di questi ultimi e, comunque, non comprovano la mancanza di correttezza sostanziale degli stessi;

- in data 10/03/17 il Comitato di Coordinamento per l’Alta Sorveglianza delle Infrastrutture e degli Insediamenti Prioritari (CASGO) ha comunicato all’Autorità di non avere svolto alcun ruolo consultivo o valutativo in ordine all’adesione del Ministero dell’interno al progetto “ Virtute ” (finanziato dall’UE) ma di avere preso parte nel 2014 al progetto di ricerca della società Mevaluate Holding Ltd sul tema della eventuale costituzione di una “ banca dati reputazionale ” in relazione al quale, nella seduta del 04/06/14, ha deciso di non potere esprimere interesse all’utilizzo di tale banca dati a fini investigativi per il rischio di indebite interferenze con le competenze degli organismi legittimati alle relative attestazioni sulla base del quadro normativo vigente;

- il Ministero della giustizia ha precisato di non avere mai accreditato o autorizzato le ricorrenti all’espletamento dell’attività formativa ma di avere espresso solo un parere necessario ai competenti Consigli dei vari Ordini per l’autorizzazione di questi ultimi;

- in data 20/03/17 il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili ha riferito che, dopo avere concesso il patrocinio gratuito per il bando di selezione dei consulenti del 2015, il 07/11/16 ha comunicato a Mevaluate di ritenere scaduto il patrocinio in esame;

- nella pagina web delle ricorrenti il Consiglio Nazionale del Notariato è presentato come uno degli enti che hanno dimostrato un “ interesse davvero significativo ” per il progetto Mevaluate mentre dall’istruttoria è emerso che l’ente si è limitato ad autorizzare l’attività formativa correlata al bando senza alcuna condivisione, nel merito, del progetto in questione;

- l’Università degli Studi di Roma “ Tor Vergata ” ha comunicato di avere ritirato, a decorrere dal 28/02/17, la propria partecipazione al progetto di Mevaluate a seguito del provvedimento del 24/10/16, con cui il Garante per la protezione dei dati personali ha ritenuto non conforme alla normativa vigente il trattamento dei dati correlati al progetto di “rating reputazionale” di Mevaluate.

Le predette circostanze inducono il Collegio a ritenere decettiva e fuorviante la pagina web che parla di “ molte interazioni con Enti pubblici e privati, che hanno così avuto modo di valutare il nostro progetto, dimostrando un interesse davvero significativo ”;
una tale affermazione evidenziata, in via generale, nella parte iniziale della sezione “ referenze ”, in quanto priva dei necessari specifici riferimenti concernenti i rapporti con i singoli enti, lascia trasparire un interesse degli enti stessi per il progetto di Mevaluate interesse che, come già detto, in alcuni casi non è mai stato manifestato essendosi il rapporto con l’ente limitato all’autorizzazione dell’attività formativa o alla partecipazione a gruppi di studio e/o di lavoro che non sono giunti ad alcun risultato finale.

Né la potenziale decettività del messaggio è bilanciata dal riferimento alla documentazione ricavabile dal link relativo ad ognuno degli enti referenti, in quanto tale modalità di acquisizione delle informazioni è per il consumatore sicuramente più difficoltosa rispetto al messaggio di più immediato impatto che compare nella prima pagina web.

Con la terza censura le ricorrenti deducono la violazione e falsa applicazione degli artt. 20, 21 comma 1 lettera b), 22, e 27 comma 9 d. lgs. n. 206/05, 11 e 18 l. n. 689/81 e 3 l. n. 241/90 nonché eccesso di potere sotto vari profili in quanto la condotta delle esponenti, coincidente con l’efficacia del bando e quindi conclusa in data 31/10/16, sarebbe priva di potenziale lesività tenuto conto del numero esiguo (58) dei soggetti che hanno partecipato al bando rispetto a quello (391.000) dei destinatari dello stesso;
inoltre, le ricorrenti avrebbero rimborsato in maniera spontanea ed integrale tutti i partecipanti al bando e, quindi, dalla “ pratica ” non avrebbero tratto alcuna utilità economica, la gravata delibera avrebbe recepito acriticamente il parere espresso dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e avrebbe inspiegabilmente ritenuto in corso la “pratica” che, invece, sarebbe cessata il 31/10/16, data oltre la quale il bando non avrebbe più permesso l’iscrizione, né, comunque, indicherebbe le ragioni per cui avrebbe irrogato alle due società sanzioni notevolmente diverse.

Il motivo è infondato.

Secondo l’art. 27 comma 9 d. lgs. n. 206/05, nella versione applicabile ratione temporis , “ con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l’Autorità dispone inoltre l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 euro a 5.000.000 euro, tenuto conto della gravità e della durata della violazione. Nel caso di pratiche commerciali scorrette ai sensi dell'articolo 21, commi 3 e 4, la sanzione non può essere inferiore a 50.000,00 euro ”.

Nella fattispecie l’Autorità ha irrogato alla Mevaluate Italia s.r.l. la sanzione amministrativa pecuniaria di euro 50.000,00 e all’Associazione Mevaluate Onlus la sanzione di euro 10.000,00.

La sanzione irrogata alle ricorrenti risulta immune dai vizi prospettati dalla doglianza se si considera che:

- l’applicazione della sanzione costituisce espressione di un potere discrezionale sindacabile in sede giurisdizionale solo per palesi illogicità o travisamento dei fatti;

- le sanzioni applicate nei confronti delle due società sono di non rilevante entità tenuto conto del minimo e del massimo edittale;

- la graduazione delle sanzioni in riferimento ai due enti è stata operata alla luce del ruolo concreto rivestito nella vicenda da ognuno di essi (sul punto il paragrafo 57 della delibera richiama i precedenti paragrafi 1, 2 e 13 descrittivi delle singole condotte);

- la conclusione del bando e la restituzione degli importi sono elementi inidonei ad escludere la lesività non solo perché, ai fini dell’accertamento di tale requisito, bisogna fare riferimento anche alla mera potenzialità lesiva delle condotte (come prospetta la difesa erariale che, a tal fine, richiama, tra le altre, TAR Lazio – Roma n. 5809/16 confermata da Cons. Stato n. 4357/19: pagg. 12-13 della memoria depositata il 12/09/17) ma anche perché la condotta relativa al bando inerisce ad uno solo dei profili contestati dall’Autorità;

- proprio per questo la “ pratica scorretta ” non può essere considerata conclusa con il decorso dei termini previsti dal bando essendo ancora, in corso, alla data di adozione del provvedimento impugnato, le ulteriori condotte contestate in riferimento alle modalità di pubblicizzazione del sistema reputazionale Valuate.

Con atto notificato il 06/07/18 e depositato il 17/07/18 le ricorrenti impugnano con motivi aggiunti la delibera n. 27149 del 24/04/18, con cui l’AGCM ha dichiarato che la condotta dei due enti costituisce inottemperanza alla delibera del 7 giugno 2017 n. 26640 (nella parte dispositiva erroneamente indicata come delibera n. 26440) ed ha irrogato le sanzioni amministrative pecuniarie ivi indicate, e la comunicazione dell’AGCM del 09/01/18 prot. n. 11101 di avvio del procedimento IP285.

Il ricorso per motivi aggiunti è infondato.

Con la prima censura le ricorrenti prospettano l’invalidità della delibera del 24/04/18 derivata dall’illegittimità della delibera n. 26640 del 07/06/17 impugnata in via principale in relazione ai vizi ivi dedotti.

Il motivo è infondato come evidenziato in precedenza in riferimento alle censure proposte con il ricorso principale.

Con la seconda censura le ricorrenti deducono i vizi di violazione, erronea e falsa applicazione dell’art. 27 comma 12 d. lgs. n. 206/05, eccesso di potere, erronea presupposizione in fatto, travisamento dei fatti, carenza di istruttoria, contraddittorietà dell’azione amministrativa, violazione del principio del legittimo affidamento e violazione dei principi di ragionevolezza, efficienza, buon andamento e leale collaborazione in quanto l’attività di reclutamento di Consulenti Reputazionali Mevaluate mediante adesione ad un bando pubblicato on line dalle esponenti, costituente la pratica commerciale qualificata come scorretta dall’Autorità, non risulterebbe più in essere, al momento della comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio per inottemperanza, da oltre 15 mesi.

In mancanza della rete dei Consulenti Reputazionali, pertanto, nessun servizio di rating reputazionale sarebbe mai stato offerto come comprovato dall’assenza di proventi economici riferibili a tale attività;
inoltre, non risponderebbe a verità il fatto che le ricorrenti non abbiano tempestivamente comunicato all’Autorità le iniziative assunte in ottemperanza della delibera n. 26640/2017.

Il motivo è infondato.

Secondo l’art. 27 comma 12 d. lgs. n. 206/05 in caso di inottemperanza ai provvedimenti d'urgenza e a quelli inibitori o di rimozione degli effetti di cui ai commi 3, 8 e 10 ed in caso di mancato rispetto degli impegni assunti ai sensi del comma 7, l’Autorità applica una sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 5.000.000 euro ”.

Nella fattispecie la delibera n. 26640/17 ha imposto alla ricorrente di comunicare all’Autorità, entro sessanta giorni (ovvero entro il 20/08/17 tenuto conto della data di notifica del provvedimento, risalente al 20/06/17), i provvedimenti assunti in relazione all’ordine di cessazione della “ pratica commerciale scorretta ” indicata al capo a) della parte dispositiva del provvedimento.

Dall’istruttoria effettuata dall’Autorità e dall’esame della delibera del 24/04/18 emerge che:

- ben oltre la scadenza del termine del 20/08/17, il sito www.it.mevaluate.com ha conservato la sezione “ referenze ” di una serie di soggetti che avrebbero, a vario titolo, patrocinato o sostenuto l’iniziativa pubblicizzata, elenco ritenuto decettivo dalla delibera n. 26640/2017 in quanto privo dell’indicazione specifica dei rapporti intercorsi tra i vari enti e le ricorrenti in tal modo ampliando indebitamente l’effetto di accreditamento del progetto Mevaluate;

- la stessa indicazione concernente le “ referenze ” è rimasta anche sul sito http://consulenti.it.mevaluate.com , così come il testo integrale del bando per la selezione dei consulenti reputazionali nel quale è stata indebitamente rappresentata la gratuità dell’attività di formazione propedeutica all’ingresso nella rete dei consulenti reputazionali;

- solo nel febbraio 2018 sono stati posti in essere gli interventi risolutivi delle pratiche contestate come scorrette dall’Autorità.

Ne consegue la sussistenza dell’inottemperanza posta dall’Autorità a fondamento delle sanzioni irrogate con la delibera del 24/04/18 a nulla rilevando, in contrario, l’avvenuta scadenza dei termini previsti dal bando di selezione prospettata nella doglianza: infatti, tale circostanza non incide sull’obbligo di eliminare tale bando dai siti internet delle ricorrenti in quanto la permanente pubblicazione di tale atto protrae, comunque, l’illecito effetto di tale atto sulla pubblicizzazione del sistema reputazionale e, comunque, (e la considerazione è dirimente) attiene ad uno solo dei profili contestati come illeciti dall’Autorità.

Né può ritenersi che la delibera n. 26640/2017 fosse generica in punto di prescrizioni da adempiere tenuto conto della specifica indicazione di tale atto circa le tre condotte ritenute integranti la pratica commerciale scorretta;
inoltre, la dedotta mancata erogazione dei servizi di rating reputazionale non incide sulla sanzionabilità dell’inottemperanza tenuto conto di quanto in precedenza evidenziato circa la rilevanza, a fini sanzionatori, anche di condotte potenzialmente pericolose.

Con la terza censura le ricorrenti prospettano i vizi di disparità di trattamento e carenza di motivazione in quanto l’Autorità non avrebbe indicato le ragioni selle sanzioni applicate in via differenziata alle due esponenti.

Il motivo è infondato;
in particolare, la diversa sanzione irrogata per l’inottemperanza alle due società ricorrenti si giustifica in considerazione del diverso ruolo dalle stesse tenuto nella vicenda quale individuato dalla delibera n. 26640/2017 la cui inottemperanza costituisce il presupposto per l’applicazione delle sanzioni irrogate con il provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti.

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