TAR Napoli, sez. II, sentenza 2016-08-26, n. 201604097

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2016-08-26, n. 201604097
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201604097
Data del deposito : 26 agosto 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 26/08/2016

N. 04097/2016 REG.PROV.COLL.

N. 06759/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6759 del 2010, proposto da:
C S, rappresentato e difeso dall'avv. G P, con il quale elettivamente domicilia presso l'avv. A Pisciotta in Napoli, via Caravaggio n. 70/b;

contro

Comune di Giugliano in Campania, in persona del Sindaco pro tempore, avv. G P, rappresentato e difeso dall'avv. V T, presso il quale elettivamente domicilia in Napoli, via Rimini n. 67;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

della disposizione dirigenziale n. 202/2010, notificata in data 30 luglio 2010, recante ordine di ripristino dello stato dei luoghi.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Giugliano in Campania;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 maggio 2016 il dott. F G e udito l'avv. G P per il ricorrente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in esame, notificato il 10 novembre e depositato il 9 dicembre 2010, il sig. Santolo Ciccarelli ha agito per l’annullamento, previa sospensione cautelare, dell'ordinanza dirigenziale n. 202/2010 con cui il Comune di Giugliano in Campania gli ha ingiunto il ripristino dello stato dei luoghi, quale committente dell’intervento edilizio, con riferimento ad opere realizzate in via Ripuaria n. 124/126 in assenza di permesso di costruire, così descritte: «massetto in c.a. di circa mq 15 in prolungamento a quello già esistente con sovrastante struttura in legno con n. 7 pilastrini in legno e sovrastante struttura in ferro con grondaie;
lato ovest muro perimetrale di circa ml 2,5 per un’altezza di circa cm 70 con corrente in marmo, barriera in ferro di altezza circa cm 70. L’area risulta parzialmente pavimentata».

Il Comune intimato si è costituito in giudizio producendo memoria difensiva e copia del provvedimento impugnato.

Alla camera di consiglio del 22 dicembre 2011 la causa è stata cancellata dal ruolo.

Alla pubblica udienza del 17 maggio 2016 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

E’ controversa in giudizio la legittimità del provvedimento con cui è stato ingiunto al ricorrente di demolire una struttura esterna ad una attività commerciale.

L’amministrazione resistente ha eccepito in limine la tardività del ricorso.

L’eccezione è infondata, non avendo provato che il ricorrente fosse a conoscenza del provvedimento in data anteriore a quella in cui, secondo quanto sostenuto nel ricorso, il provvedimento sarebbe stato notificato al suo destinatario (30 luglio 2010), data rispetto alla quale la notifica dell’atto introduttivo del giudizio, avvenuta il 10 novembre 2010, è nei termini.

Il ricorso è affidato a quattro motivi di doglianza.

Con il primo motivo, il ricorrente si duole dell’omessa specificazione, nel provvedimento, della tipologia in cui l’intervento si inquadrerebbe tra quelle elencate all’art. 3 del D.lgs. n. 380/01, con conseguente violazione dell’obbligo di motivazione imposto dall’art. 3 della legge n. 241/90.

Col secondo motivo, lamenta la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento.

Col terzo motivo, torna sulla genericità delle contestazioni mossegli sostenendo che l’opera sanzionata con la demolizione non grava sul carico urbanistico della zona ed è conforme agli strumenti urbanistici, potendo perciò, al più, essere soggetta ad una semplice sanzione pecuniaria e non al più rigoroso regime dell’art. 31 del D.lgs. cit.

Col quarto ed ultimo motivo, afferma trattarsi di piccole opere pertinenziali ad un immobile preesistente e legittimamente edificato, come tali eseguibili mediante semplice d.i.a. che egli aveva già presentato il 6 aprile 2010, sicché in pendenza di tale istanza il Comune non avrebbe potuto adottare alcun provvedimento sanzionatorio.

Le censure sono infondate.

Contrariamente a quanto assunto nel ricorso, il provvedimento impugnato qualifica l’intervento sanzionato in termini di ristrutturazione edilizia e ne censura il difetto di permesso di costruire ed il contrasto con l’art. 15 del regolamento edilizio, sicché non ne predicabile il vizio di motivazione.

La consistenza dell’opera, descritta nella stessa relazione tecnica di parte ricorrente come una struttura da adibire a saletta esterna avente una superficie di circa mq 28,50, vale peraltro ad escludere che la stessa possa qualificarsi come pertinenza ai fini edilizi e sottrarla al regime sanzionatorio della demolizione, alla stregua del consolidato indirizzo giurisprudenziale, anche della Sezione, secondo cui gli interventi consistenti nella installazione di tettoie o di altre strutture che siano comunque apposte a parti di preesistenti edifici come strutture accessorie di protezione o di riparo di spazi liberi non possono ritenersi installabili senza permesso di costruire allorquando le loro dimensioni sono di entità tale da arrecare una visibile alterazione all'edificio o alle parti dello stesso su cui vengono inserite (cfr., ex ceteris, TAR Campania, Napoli, sez. II, 29.4.2014, n. 2369, ove ulteriori richiami), con ciò rendendo insufficiente, a legittimare l’intervento, l’avvenuta presentazione della denuncia di inizio attività.

Infine, poiché l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto (ex multis, cfr. TAR Campania, Napoli, sez. II, 3.5.2016, n. 2195).

Per queste ragioni, in conclusione, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza, nella misura liquidata in dispositivo.

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