TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2023-11-17, n. 202306336
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Pubblicato il 17/11/2023
N. 06336/2023 REG.PROV.COLL.
N. 02909/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Ottava)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2909 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa, anche disgiuntamente, dagli avv.ti Angelo D’Onofrio ed O C, domicilio PEC come da Registri di Giustizia, domicilio fisico eletto in Napoli, alla via Toledo, 156, presso lo studio dell’avv. O C;
contro
Comune di Cellole, in persona del Sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avv. N C, domicilio PEC come da Registri di Giustizia, domicilio fisico eletto in Napoli alla via A. D’ Isernia n. 24, presso lo studio legale Avv. U. Limongelli;
per l'annullamento
a) del provvedimento prot. n. -OMISSIS-, successivamente comunicato, con il quale il Responsabile dell’Area per i Servizi Tecnici ha respinto l’istanza di condono edilizio -OMISSIS-;b) di ogni altro atto preordinato, connesso, conseguenziale, comunque lesivo dei diritti e degli interessi legittimi della ricorrente ivi compreso, ove possa occorrere, il parere negativo della Commissione condono del 06.02.2020 e il preavviso di diniego di cui è menzione nel provvedimento impugnato sub a);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Cellole;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 16 novembre 2023 il dott. Guglielmo Passarelli Di Napoli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. -OMISSIS-, la parte ricorrente impugnava i provvedimenti indicati in epigrafe. A sostegno delle sue doglianze, premetteva:
- di aver chiesto, con istanza prot. n. -OMISSIS-, al Comune di Cellole, ai sensi e per gli effetti della l.n. 326/03, la sanatoria di un manufatto ubicato in -OMISSIS-;
- che l’Amministrazione rigettava l’istanza;
- che la motivazione si basava sul fatto che “il manufatto è stato realizzato su immobile soggetto a vincolo di inedificabilità dettato dal D.M. 28.03.1985”;“L’art 32, comma 27. Lettera d) della l.n. 326/03 dispone che: “le opere abusive qualora siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici”, successivamente alla data di imposizione del vincolo stesso, non sono suscettibili di sanatoria”;“l’area oggetto di intervento vige il regime di inibitoria imposto dall’art. 1 quinquies della l.n. 431/85”.
Instava quindi per l’annullamento degli atti impugnati con vittoria di spese processuali.
Si costituiva l’Amministrazione per resistere al ricorso, con memorie il cui contenuto sarà più specificamente indicato oltre.
All’udienza di smaltimento straordinario del 16 novembre 2023, il ricorso è stato assunto in decisione.
DIRITTO
La parte ricorrente impugnava i provvedimenti in epigrafe per i seguenti motivi: 1) violazione degli artt. 32 l. n. 326/2003 e 39 l. 724/1994, atteso che l’Amministrazione non ha in alcun modo individuato né indicato le specifiche prescrizioni del PRG e degli altri Strumenti Urbanistici che impedirebbero la sanatoria richiesta e rispetto alle quali l’opera realizzata dalla ricorrente sarebbe “non conforme” alle norme urbanistiche;la norma riguarda solo vincoli individui e non quelli su aree;2) attesa la mancata adozione del piano paesistico, deve ritenersi che, costituzionalmente orientando l’interpretazione della disposizione in esame, il vincolo di inedificabilità assoluta di cui all’art. 1 quinquies della l.n. 431/85 non sia più esistente e che, quindi, illegittimamente il Comune di Cellole, sprovvisto di PTP dopo oltre 30 anni dalla scadenza del termine per la sua approvazione previsto dalla legge, ha negato la richiesta di permesso di costruire della ricorrente.
L’Amministrazione eccepiva, in memoria depositata in data 21.01.2021, l’inammissibilità del ricorso per irritualità della notifica e l’infondatezza dello stesso anche nel merito.
In data 10.11.2023 il Comune chiedeva il passaggio in decisione senza discussione orale.
In data 14.11.2023 la parte ricorrente chiedeva il passaggio in decisione senza discussione orale.
Il ricorso non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
Preliminarmente, in rito, deve essere respinta l'eccezione di inammissibilità del gravame sollevata dal Comune resistente, poiché eventuali errori nell’individuazione dell'indirizzo PEC devono ritenersi sanati per effetto della avvenuta costituzione dell’Ente locale.
Nel merito, il ricorso è infondato e va respinto.
La prima censura è infondata. Come ritenuto da questa Sezione in numerosissimi precedenti riguardanti analoghi dinieghi di condono adottati dal Comune di Cellole, “ 6.4. Quanto alla natura del vincolo, la giurisprudenza:
- ha negato che debba trattarsi solo dei vincoli che comportino l'inedificabilità assoluta. In proposito è stato precisato che il legislatore, con la previsione generale di cui al citato art. 32, comma 27, lett. d) “ha disciplinato, ai fini del condono edilizio, l'ipotesi di tutte le costruzioni effettuate in siti vincolati e come tali riflettenti la disciplina vincolistica della zona su cui insistono. La distinzione tra vincoli assoluti e relativi non rileva al fine della condonabilità delle opere, stante il chiaro disposto legislativo che non ha fatto cenno alla stessa;la norma, infatti, richiama (in modo indifferenziato) opere che siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali” (TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 19 maggio 2015, n. 2819);
- ha escluso che il più volte richiamato art. 32, comma 27, sia riferibile unicamente ai vincoli individui e non alle c.d. "bellezze d'assieme": “a prescindere dal rilievo che l'art. 136 del d.lgs. n. 42/2004, nella sua attuale formulazione (applicabile ratione temporis), non sembra introdurre alcuna distinzione fra "immobili" ed "aree", richiamando unicamente termini come "cose immobili", "complessi di cose immobili", "ville, giardini, parchi" e "bellezze panoramiche", è dirimente osservare che l'art. 32, comma 27, lett. d), del decreto legge n. 269/2003 fa riferimento alla generale espressione di "immobili soggetti a vincoli", senza assolutamente specificare le caratteristiche di detti vincoli, ossia se debbano intendersi per tali solo quelli individui con esclusione di quelli relativi alle bellezze di insieme, come opinato dal ricorrente. Ne discende, non potendo l'interprete attribuire a tale espressione un significato meno ampio di quello evincibile dal suo chiaro tenore letterale, che nel novero degli "immobili soggetti a vincoli" vanno inclusi anche quelli che, come il fabbricato in questione, sono ubicati in zone sottoposte a vincoli paesaggistici” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. III, 16 maggio 2022, n. 3286);“la lettera d) del c. 27 dell'art. 32 L. 326/2003 contiene un'espressa causa di incondonabilità con riferimento alle opere realizzate "su immobili soggetti a vincoli....a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici...ecc.";nella sua onnicomprensività, la legge non fa riferimento alcuno ad vincoli imposti "in individuo", e, al contrario, il riferimento espresso ai vincoli ambientali, paesistici, idrogeologici (e non già storico-artistici, per i quali si applica la successiva lett) e) induce viceversa ad escludere che il legislatore si sia riferito a vincoli imposti su singoli beni (difficilmente configurabili oggettivamente in materia ambientale, paesistica ed idrogeologica) e che invece abbia consapevolmente optato per una più rigida tutela di beni sensibili quali quelli attinti - genericamente - da vincoli ambientali e paesistici per la stessa rilevanza degli interessi sottesi” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. VI, 16 marzo 2006, n. 3043).
6.5. Tanto premesso, è consolidato l’orientamento (ex plurimis, Consiglio di Stato, sez. VI, 17 gennaio 2020, n. 425;T.A.R. Napoli, Sez. VIII, 12 ottobre 2020, n. 4388) secondo il quale, ai sensi del suddetto art. 32, comma 27, lettera d), sono sanabili le opere abusive realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, siano essi di natura relativa o assoluta, purché ricorrano "congiuntamente" le seguenti condizioni: a) che si tratti di opere realizzate prima dell'imposizione del vincolo;b) che, pur realizzate in assenza o in difformità del titolo edilizio, siano conformi alle prescrizioni urbanistiche;c) che siano opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del D.L. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) senza quindi aumento di superficie;d) che vi sia il previo parere favorevole dell'autorità preposta al vincolo. In assenza delle suddette condizioni, l'incondonabilità non è superabile nemmeno con il parere positivo dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (cfr. TAR Campania, Napoli, sez. VIII, 12 ottobre 2020, n. 4388 cit.).
6.6. Orbene, nella fattispecie oggetto di odierno esame non è oggetto di contestazione che l'abuso edilizio realizzato da parte ricorrente ricada in area sottoposta al vincolo paesaggistico imposto a mezzo del D.M. 28 marzo 85 "Dichiarazione di notevole interesse pubblico di una zona sita nei comuni di Cellole e Sessa Aurunca", pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. n. 98 del 26 aprile 1985. Inoltre, parte ricorrente non ha provato (ma nemmeno dedotto) che l'intervento risalga ad epoca antecedente all'apposizione del vincolo né che l'opera abusiva rientri tra le ipotesi di abuso c.d. "minore", ovvero quelle di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 d.l. n. 269 del 2003 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria), senza quindi aumento di superficie.
Difettando quindi più d’uno dei presupposti individuati dalla giurisprudenza sopra richiamata, l'opera non è suscettibile di rientrare tra le tipologie di abusi condonabili anche in zona vincolata;ne deriva che il diniego del condono edilizio era del tutto vincolato ai sensi dell'art. 32, comma 27, lettera d) della legge 326/2003, espressamente richiamato nel provvedimento impugnato. ” (Tar Campania, Napoli, sez. VIII, n. 5435/2023, tra le tante).
Anche la seconda censura è infondata. Come pure ritenuto da Sezione in numerosissimi precedenti, “ Né può essere condivisa la prospettazione secondo la quale il regime di inibitoria ex art. 1 quinquies l. n. 431/85 deve ritenersi decaduto (pena l'incostituzionalità delle relative disposizioni) per effetto della mancata approvazione della pianificazione paesaggistica da parte della Regione nel termine, all'uopo fissato, del 31 dicembre 1986. Già in precedenti pronunzie della Sezione (relative peraltro proprio a dinieghi di condono emessi dal Comune di Cellole) è stato infatti affermato che “il suddetto D.M. è stato adottato … sulla base dell'art. 2 del DM 21 settembre 1984 …in tali territori, contemplati nel medesimo decreto ministeriale, sono state vietate "fino al 31 dicembre 1985, modificazioni dell'assetto del territorio, nonché opere edilizie e lavori, fatta eccezione per i lavori di restauro, risanamento conservativo, nonché per quelli che non modificano l'aspetto esteriore dei luoghi". "Quanto al termine del 31 dicembre 1985, inizialmente fissato … esso è stato prorogato dall'art. 1 bis della legge n. 431/85 che ha precisato che i piani paesistici dovessero essere approvati entro il 31 dicembre 1986. Inoltre l'art.