TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2018-05-25, n. 201803451

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2018-05-25, n. 201803451
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201803451
Data del deposito : 25 maggio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/05/2018

N. 03451/2018 REG.PROV.COLL.

N. 02424/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2424 del 2017, proposto da
-OMISSIS- -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati G G, F C, con domicilio eletto presso lo studio Nicola Pesacane in Napoli, via A. Manzoni 159/B, e domicilio pec come in atti;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata ex lege in Napoli, via Armando Diaz 11, con domicilio pec come da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

previa sospensione

del decreto del Direttore Generale PERSOMIL M_D GMIL REG2017 0331224 25-05-2017, notificato il 31 maggio 2017, che all’esito dell’inchiesta formale disciplinare e della Relazione finale, che ritiene fondato l’addebito disciplinare contestato e condividendo la proposta del Capo di Stato Maggiore dell’E.I. del 28 marzo 2017 - pure impugnati - in relazione all’obiettivo disvalore della condotta tale da giustificare una sanzione di stato, commina al Ten. Col. -OMISSIS- -OMISSIS- la sanzione della sospensione dall’impiego per mesi uno;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 maggio 2018 la dott.ssa Valeria Ianniello e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue;


FATTO e DIRITTO

Con l’impugnato provvedimento n. 331224 del 25 maggio 2017, notificato il 31 maggio successivo, il Direttore generale per il Personale militare del Ministero della Difesa:

« … Vista la Sentenza n. 93/16 Reg. Sent. del 12 gennaio 2016 emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere nei confronti del Ten. Col. sa. (me.) -OMISSIS- -OMISSIS- divenuta irrevocabile in data 27 maggio 2016, acquisita dall’Amministrazione l’8 novembre 2016, con la quale l’Autorità Giudiziaria in ordine alle fattispecie criminose di falso sinistro stradale finalizzate alla realizzazione di truffe ai danni delle assicurazioni e di false certificazioni sanitarie ha dichiarato di non doversi procedere per intervenuta prescrizione;

Visto l’atto del 20 dicembre 2016, con il quale il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito ha disposto una inchiesta formale nei confronti del Ten. Col. sa. (RN) me. -OMISSIS- -OMISSIS-;

Visti gli atti dell’inchiesta formale e la relazione finale dalla quale si evince che l’Ufficiale Inquirente ha ritenuto fondato l’addebito disciplinare contestato;

Vista la proposta, in data 28 marzo 2017, del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito di definire la posizione disciplinare dell’Ufficiale inquisito con l’adozione della sanzione di stato della sospensione disciplinare dall’impiego per un periodo di mesi 1 (uno);

Ritenuto di condividere la proposta del Capo di Stato Maggiore dell’Esercito in relazione all’obiettivo disvalore della condotta, tale da giustificare una sanzione di stato;

Considerato che in relazione alle circostanze concrete dell’evento sia stato rispettato il principio di gradualità e proporzionalità della sanzione e che pertanto la stessa risulti attagliata alla effettiva gravità dei fatti;

Tenuto conto dei precedenti disciplinari e di servizio dell’Ufficiale »;

disponeva a carico dell’odierno ricorrente la sospensione disciplinare dall’impiego per mesi uno, ai sensi degli articoli 885, 1357 e 1379, d.lgs. n. 66/2010, con la seguente motivazione:

« in qualità di medico specialista ortopedico con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso finalizzato alla realizzazione di truffe ai danni delle assicurazioni…:

- redigeva, in occasione di sinistro stradale, referto medico nominativo attestando falsamente di aver sottoposto il paziente a visita e dichiarandolo affetto da lesioni;

- rilasciava referti e certificati medici nominativi in relazione ad un sinistro stradale mai realmente verificatosi.

Il comportamento tenuto dal Ten. Col. sa. (me) -OMISSIS- -OMISSIS-, che non è stato sanzionato in sede penale per l’intervenuta prescrizione, è, comunque, censurabile sotto l’aspetto disciplinare in quanto contrario ai principi che devono improntare l’agire di un Ufficiale e, in particolare, al senso di responsabilità, ai doveri di correttezza ed esemplarità propri dello status di militare e ai doveri attinenti al grado rivestito, manifestandosi, inoltre, come lesivo del prestigio e dell’immagine dell’Istituzione ».

Avverso tale provvedimento, il ricorrente propone le seguenti censure:

1. violazione e falsa applicazione degli artt. 1392, 1393 e 1398, d.lgs. n. 66/2010, recante Codice dell’ordinamento militare , con riferimento all’art. 70, d.lgs. n. 150/2009, atteso che l’Amministrazione militare sarebbe venuta a conoscenza della sentenza n. 93/2016 a seguito dell’annotazione del 23 febbraio 2016 e delle comunicazioni del 23 giugno e, via pec, del 13 luglio 2016;
sicché l’avvio dell’azione disciplinare con notifica dell’addebito in data 11 gennaio 2017 sarebbe irrimediabilmente tardiva;

2. difetto di istruttoria, per non avere l’Amministrazione militare effettuato un autonomo accertamento in ordine a eventuali infrazioni disciplinari commesse dal ricorrente;
difetto di motivazione in ordine all’interesse pubblico da tutelare;
violazione dei principi di proporzionalità e gradualità;
eccesso di potere per travisamento, illogicità e irragionevolezza;
violazione dell’art. 52 Cost. con riferimento all’inesistenza del fatto;

3. mancanza di autonomo accertamento, in sede disciplinare, atto a riconoscere la materiale condotta contraria ai doveri disciplinari del ricorrente, segnatamente con riferimento alla sussistenza delle contestate « azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso finalizzato alla realizzazione di truffe ai danni delle assicurazioni … ».

Con ordinanza n. 944 del 28 giugno 2017, questo Tribunale ha accolto l’istanza di sospensione cautelare, disponendo il deposito di una dettagliata relazione, corredata da tutti gli atti della fase istruttoria del procedimento disciplinare, da parte dell’Amministrazione resistente, la quale ha provveduto.

All’udienza pubblica dell’8 maggio 2018, la causa è stata trattenuta in decisione.

Deve essere respinto il primo motivo di ricorso.

L’invocato art. 1392, co. 1, Codice dell’ordinamento militare, stabilisce che « il procedimento disciplinare di stato a seguito di giudizio penale … deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione ».

La sentenza n. 93/2016 è divenuta irrevocabile in data 27 maggio 2016, ma il Ministero risulta averne acquisito copia conforme munita della clausola di passaggio in giudicato solo in data 10 novembre 2016 (con prot. n. 18590). Vero che il ricorrente ha prodotto copia di una pec inviata dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere al Ministero della Difesa in data 13 luglio 2016, nel cui testo si legge: « in relazione a Vostra richiesta del 23.06.16 … si trasmette copia della sentenza n. 93/16 R.G. Sent. emessa il 12.01.16 … »;
tuttavia non risulta in atti la copia della sentenza inviata, sicché non si può dare per provato che la copia così trasmessa recasse la clausola di irrevocabilità, richiesta dalla legge ai fini del decorso del termine decadenziale di avvio del procedimento disciplinare (cfr. Cons. di Stato, IV, sent. n. 1724/2018;
sent. n. 3652/2016).

Il Collegio ritiene, invece, il ricorso fondato sotto il profilo del difetto di istruttoria.

L’art. 653 cod. proc. pen. stabilisce che « 1. La sentenza penale irrevocabile di assoluzione ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento che il fatto non sussiste o non costituisce illecito penale ovvero che l’imputato non lo ha commesso.

1-bis. La sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato nel giudizio per responsabilità disciplinare davanti alle pubbliche autorità quanto all’accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all’affermazione che l’imputato lo ha commesso ».

Con riferimento al caso del proscioglimento per prescrizione, giova richiamare quanto affermato dalla Corte di cassazione (sia pure in ordine all’autonomia tra il giudizio penale e quello civile o amministrativo):

- « non sempre la prescrizione importa accertamento della sussistenza del fatto materiale costituente reato, accertamento assorbito dall’obbligo di immediata declaratoria di una causa di estinzione del reato previsto dall’art. 129 c.p.p., comma 1, che innanzi al giudice penale impedisce di proseguire oltre nella delibazione del materiale di causa »;

- « né - per altro - di per sé dimostra sempre e comunque l’avvenuto accertamento del fatto reato la mancata applicazione della prevalenza del proscioglimento nel merito di cui all’art. 129 cpv. c.p.p., trattandosi di norma che presuppone l’evidenza della prova della non colpevolezza che emerga dagli atti in modo a tal punto incontestabile che la valutazione del giudice appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione ictu oculi, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento » (Cass. civ. Sez. lavoro, sent. n. 21299/2014).

Nel caso all’esame del Collegio, rispetto alla posizione dell’odierno ricorrente, veniva emessa sentenza ai sensi dell’art. 129 c.p.p. ( Obbligo della immediata declaratoria di determinate cause di non punibilità ) in quanto per i reati ascritti risultavano decorsi i termini massimi di prescrizione.

In relazione a tutti gli imputati, nella sentenza n. 93/2016, si precisava altresì che « come … espresso a chiare lettere dalla giurisprudenza di legittimità, l’evidenza richiesta dall’art. 129 c.p.p., comma 2 » - ai fini dell’adozione di una sentenza di assoluzione anche al ricorrere di una causa di estinzione del reato - « presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi in qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia. Ebbene, facendo corretta applicazione dei principi giurisprudenziali appena menzionati, il Tribunale ritiene che il compendio probatorio acquisito nel corso dell’istruttoria dibattimentale non consenta di addivenire ad una pronuncia nel merito di favore nei confronti dei predetti imputati.

Si vuole sul punto evidenziare come agli atti del fascicolo per il dibattimento sia confluita l’intera informativa di reato … Oltre all’informativa risultano acquisiti numerosi documenti, oltre che i verbali degli atti irripetibili, quali perquisizioni e sequestri operati nella fase delle indagini preliminari dagli investigatori. Sono, inoltre, stati esaminati alcuni testimoni ed acquisite due consulenze grafologiche, le quali, tuttavia, non consentono di ritenere esaustiva l’istruttoria dibattimentale espletata fino al momento di rilevazione dell’intervenuto decorso del termine prescrizionale …

L’istruttoria dibattimentale esperita fino alla declaratoria di non doversi procedere è apparsa … incompleta e necessitante di un’accurata valutazione anche rispetto alle richieste di 507 c.p.p. » - per l’ammissione di nuove prove - « avanzate dal PM sulle quali il Tribunale si sarebbe riservato di decidere all’esito dell’escussione dei testi delle difese.

Si impone, pertanto, in favore di tutti gli imputati e per tutte le fattispecie delittuose rispettivamente loro ascritte una pronuncia di non doversi procedere per intervenuta prescrizione dei reati ».

A fronte di una sentenza penale di estinzione del reato per prescrizione così motivata, il Ministero avrebbe dunque dovuto svolgere un autonomo apprezzamento della effettiva sussistenza del fatto contestato, prima ancora che della rilevanza disciplinare dello stesso.

Ritiene il Collegio che, invece, l’intera Relazione finale dell’Ufficiale inquirente, in data 25 febbraio 2017, poggi:

a) su una lettura della mancata pronuncia penale di proscioglimento nel merito - consentita dal richiamato art. 129, co. 2, cod. proc. pen. solo al ricorrere delle precise condizioni ivi indicate - alla stregua di una tacita affermazione di accertamento dei fatti contestati;

b) sulla mancata rinuncia - peraltro non esigibile - da parte dell’“ inquisito ” alla prescrizione maturata;

c) su dichiarazioni rese da altri soggetti coinvolti nella vicenda e, ugualmente, non dimostrate.

Vi si legge, in particolare, che la sanzione di stato irrogata si fonda sul fatto che:

a) « la prescrizione non ha consentito di addivenire ad una pronuncia assolutoria nel merito, non essendo stato possibile, in base agli atti istruttori in possesso, valutare (rectius: constatare) la sussistenza di circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale »;

b) « le memorie difensive formulate dall’inquisito non aggiungono particolari elementi oggettivi a discarico degli addebiti contestati … »;

c) « una delle persone coinvolte ha espressamente dichiarato di non essersi “... sottoposta a ulteriori visite specialistiche” inficiando così la certificazione »;
« il conducente della vettura coinvolta, su cui le stesse [persone] sarebbero dovute essere trasportate, ha dichiarato che era “... a bordo della mia autovettura Mercedes, da solo ...” »;
e ciò, nonostante lo stesso Ufficiale inquirente rilevi che sull’inquisito - il quale non ha comunque agito in veste di Ufficiale medico - non gravava alcun obbligo giuridico di identificare i pazienti visitati.

Se è vero, dunque che « nelle rimanenti ipotesi di conclusione del giudizio, per le quali non si è giunti ad una condanna in conseguenza dell’intervento di cause di prescrizione o di altre cause di estinzione del reato, non si ha un giudicato sulla commissione dei fatti di carattere assolutorio e l’Amministrazione può legittimamente utilizzare a fini istruttori gli accertamenti effettuati nella sede penale senza doverli ripetere, salva la possibilità del dipendente di addurre elementi ed argomenti che, qualora dotati di oggettivo spessore e valenza, devono essere adeguatamente ponderati » (Cons. di Stato, III, sent. n. 3324/2014), è vero altresì che i fatti contestati - ove, come nel caso in esame, non definitivamente acclarati in sede penale - devono costituire oggetto di adeguata istruttoria in sede disciplinare, la quale può legittimamente concludersi con l’adozione di un provvedimento sanzionatorio soltanto ove sia raggiunto un sufficiente grado di certezza in ordine ai comportamenti tenuti dal dipendente. Ciò tuttavia non risulta verificato nella fattispecie qui decisa.

Il ricorso deve pertanto essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato e salvi gli ulteriori legittimi provvedimenti dell’Amministrazione.

L’esito del giudizio e la natura degli interessi coinvolti sorreggono la parziale compensazione delle spese, liquidate nel dispositivo.

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