TAR Genova, sez. I, sentenza 2012-03-23, n. 201200423
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N. 00423/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00999/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 999 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
M C, rappresentata e difesa dall'avv. M P, con domicilio eletto presso il suo studio in Genova, via Porta D'Archi, 10/24;
contro
Comune di Varazze, rappresentato e difeso dall'avv. L V, con domicilio presso la Segreteria del T.A.R. Liguria;
per l'annullamento
del diniego dell’istanza di accertamento di conformità n. 13291 del 19 aprile 2010, portato dall’atto n. prot. 23622 del 15 luglio 2010, notificato il successivo 17 luglio 2010, con il quale il dirigente del IV Settore rigettava parzialmente la sanatoria edilizia;di qualunque atto presupposto, consequenziale anche non conosciuto in quanto lesivo.
con motivi aggiunti depositati l'8 luglio 2011, per l'annullamento, previa sospensione, dell'ingiunzione di demolizione e rimessa in pristino n. prot. 12261 del 19 aprile 2011 a firma del segretario generale - dirigente del IV settore;di qualunque atto presupposto, consequenziale anche non conosciuto e in quanto lesivo, segnatamente: del decreto del presidente della Giunta Regionale 23 gennaio 2004 di approvazione di variante integrale al p.r.g. con contestuale trasformazione in p.u.c. del Comune di Varazze;delle deliberazioni del Consiglio Comunale di Varazze n. 17 del 27 marzo 1998 e 31 maggio 1999.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Varazze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 marzo 2012 l’avv. A V e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso notificato in data 18.10.2010 la signora Colombo Maria ha impugnato il provvedimento 15.7.2010, prot. 23622, con il quale il comune di Varazze ha denegato l’istanza di accertamento di conformità ex art. 43 L.R. 16/2008 (interventi eseguiti in assenza di D.I.A. obbligatoria) relativamente ad opere realizzate sull’immobile sito in frazione Piani d’Invrea, alla via Pini d’Aleppo 55/1, consistenti nel consolidamento esterno della zona ovest dell’edificio ed in una tettoia costituita da colonne in cemento armato e travi in legno.
Il diniego è motivato con l’asserito contrasto con le disposizioni normative del piano urbanistico comunale vigente e, segnatamente, con le norme di livello puntuale del piano territoriale di coordinamento paesistico, che, per gli interventi di ristrutturazione edilizia nel relativo ambito C5 sub ambito BST, prescrive la “regolarizzazione dell’involucro edilizio con prevalenza nei prospetti di partiture massive e chiuse, privilegiando: […] b) attacchi a terra determinati non da elementi strutturali singolari e puntiformi casualmente disposti, ma più opportunamente da un disegno che riconduca al suolo le partiture piene dei prospetti, con chiusura di vani sottoscale o sottoterrazzi”.
A sostegno del gravame ha dedotto tre motivi di ricorso, rubricati come segue.
1. Violazione di legge per contrasto con l’articolo 3 della legge n. 241/1990 s.m.i. – difetto assoluto di motivazione e di istruttoria.
2. Violazione di legge per contrasto con l’art. 3 della L. n. 241/1990 in relazione all’art. 37 del D.P.R. 380/2001 e con l’articolo 43 della L.R. n. 16/2008. 2.1. Violazione di legge per erronea interpretazione delle norme relative all’ambito C5 del P.U.C. di Varazze e degli articoli 9 comma 2, 17, 88 comma 7 della L.R. n. 16/2008. 2.2. Violazione di legge per contrasto con l’articolo 3 comma 1 ed eccesso di potere per erronea interpretazione della fattispecie in relazione all’elaborato 18 del P.U.C. di Varazze.
3. Violazione di legge per contrasto con l’art. 3 della L. n. 241/1990 in relazione agli artt. 146, comma 3, 148 del D. Lgs. 42/2004 nonché con l’articolo 2 della L.R. n. 22 del 5.6.2009 e 43, comma 4, della L.R. n. 16/2008. 3.1. Violazione di legge per contrasto con gli articoli 146, comma 6 del D. Lgs. 42/2004 e 2, comma 1 della L.R. n. 22 del 5.6.2009 – Eccesso di potere per contrasto con il principio di differenziazione tra attività di tutela paesaggistica ed esercizio di funzioni in materia urbanistico-edilizia posto dagli artt. 146, comma 6 D. Lgs. 42/2004 e 2, comma 1, L.R. 22/2009.
Si è costituito in giudizio il comune di Varazze, controdeducendo nel merito ed instando per la reiezione del ricorso.
Con ordinanza 3.12.2010, n. 544 la Sezione ha rigettato la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, per assenza del requisito del danno grave ed irreparabile.
Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 20.6.2011 la ricorrente ha esteso l’impugnazione al provvedimento comunale 19.4.2011, n. 12261, di ingiunzione di demolizione delle opere abusive.
A sostegno dell’atto per motivi aggiunti ha dedotto, oltre all’illegittimità in via derivata, ulteriori cinque motivi di gravame, rubricati come segue (continuando la numerazione del ricorso principale).
4. Illegittimità del piano urbanistico comunale e della disciplina relativa all’ambito C5 – violazione di legge per contrasto con gli artt. 24 e 82 della L.R. n. 36/1997, con gli artt. 7 e 10 L 17.8.1942 n. 1150.
5. Eccesso di potere per contrasto con precedente atto della p.a. – Violazione di legge per contrasto con l’art. 15 della L.R. n. 16/2008 e con le prescrizioni dell’ambito C5 del P.U.C. di Varazze e degli artt. 9, comma 2, 17, 88 comma 7 della L.R. n. 16/2008.
6. Violazione di legge per contrasto con gli ar. 31 e 33 D.P.R. 380/2001 e violazione del principio di adeguatezza e proporzionalità dell’azione amministrativa.
7. Violazione dell’art. 11 del D.P.R. 380/2001.
8. Incompetenza dell’organo per contrasto con l’articolo 97 D. Lgs. 267/2000.
Alla pubblica udienza dell’8 marzo 2012 il ricorso è stato trattenuto dal collegio per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Il diniego di rilascio della concessione di costruzione in sanatoria, implicando un accertamento di carattere vincolato circa la così detta doppia conformità delle opere abusivamente realizzate, è congruamente motivato con il puntuale richiamo delle disposizioni urbanistiche rispetto alle quali l’opera si pone in contrasto.
Nel caso di specie, il provvedimento impugnato individua chiaramente – in punto di fatto - le opere (tettoia costituita da colonne in cemento armato e travi in legno di cui alla lettera b dell’istanza di sanatoria) non conformi alla disciplina urbanistico edilizia, e riproduce testualmente – in punto di diritto - le disposizioni normative di P.U.C. rispetto alle quali è stata accertata la difformità, addirittura con la sottolineatura del passaggio rilevante.
E’ infatti evidente come la realizzazione ex novo, sulla facciata ovest del fabbricato, di tre pilastri in cemento armato e di travature in legno che si innestano nella facciata dell’edificio, contrasti con la disposizione di livello puntuale che, per gli interventi di ristrutturazione edilizia, prescrive la “regolarizzazione dell’involucro edilizio con prevalenza nei prospetti di partiture massive e chiuse, privilegiando: […] b) attacchi a terra determinati non da elementi strutturali singolari e puntiformi”.
Donde la congruità della motivazione rispetto al parametro di cui all’art. 3 L. n. 241/1990.
2. Con il secondo motivo la ricorrente lamenta che il comune avrebbe posto a fondamento del diniego di sanatoria prescrizioni contenute nell’elaborato 18 del P.U.C. (norme di livello puntuale di P.T.C.P.), di contenuto diverso da quello propriamente edilizio ed urbanistico.
Il motivo è infondato.
Difatti, ai sensi degli artt. 28 e 29 della L.R. 4.9.1997, n. 36, la disciplina paesistica di livello puntuale costituisce contenuto obbligatorio del P.U.C. sia per gli ambiti di conservazione e riqualificazione, sia per i distretti di trasformazione, sicché essa rientra senz’altro tra i parametri di riferimento per la valutazione di conformità alla normativa urbanistico-edilizia.
Sotto un distinto profilo, la ricorrente lamenta che il comune, pur avendo rilevato la non sanabilità di una soltanto delle due fattispecie oggetto di accertamento di conformità (segnatamente, il “pergolato” con tenda amovibile), si sarebbe espresso negativamente anche sull’altra (consolidamento esterno della zona ovest dell’edificio e area latistante).
Anche tale doglianza è infondata, in quanto non si tratta di opere scindibili oggetto di distinti progetti.
In proposito, la giurisprudenza ha più volte chiarito che l'annullamento parziale di una concessione edilizia riconosciuta illegittima (e dunque, mutatis mutandis, il diniego parziale di sanatoria) è ammissibile soltanto quando l'opera autorizzata sia scindibile in modo tale da poter essere oggetto di distinti progetti: la ragione di tale principio è la stessa per cui il comune può respingere o accogliere una domanda di concessione edilizia, ma non può modificare il progetto, non potendosi imporre al richiedente un'opera diversa dal progetto sul quale ha chiesto la concessione (così Cons. di St., V, 11.10.2005, n. 5495;nello stesso senso cfr. anche Cons. di St., V, 22.5.2006, n. 2960).
3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta che, nonostante l’intervento fosse assoggettato a vincolo paesaggistico ambientale, non è stato acquisito in fase istruttoria il parere obbligatorio della commissione locale per il paesaggio, richiesto dall’art. 2 della L.R. n. 22/2009 per le istanze di condono edilizio o di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi degli articoli 167 e 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio.
Il motivo è infondato.
Dirimente è la circostanza che nella fattispecie non si tratta né di istanza di condono edilizio - bensì di sanatoria a regime - né di accertamento di compatibilità paesaggistica ai sensi degli articoli 167 e 181 del codice dei beni culturali e del paesaggio D. Lgs. n. 42/2004.
4. Con il quarto motivo, dedotto (unitamente a quelli che seguono) avverso l’ingiunzione di demolizione e riduzione in pristino, la ricorrente lamenta che gli atti di approvazione del P.U.C., le cui norme sono state richiamate a fondamento del diniego impugnato, sono stati annullati dalla Sezione con sentenza 18.11.2010, n. 10393.
Come osservato dalla difesa comunale, già in altre occasioni la Sezione ha affermato che “l’effetto invalidante, per il principio di corrispondenza fra chiesto e pronunciato che informa il contenzioso su ricorso e delimita l’efficacia c.d. oggettiva del giudicato, è circoscritto alla zona che fa da sostrato materiale agli interessi specificamente coinvolti nel giudizio che ha dato luogo all’annullamento” (così T.A.R. Liguria, I, 14.4.2011, n. 599;id., 16.5.2007, n. 789;id., 13.10.2006, n. 1209).
Dunque, l’effetto del giudicato di annullamento di cui alla citata sentenza n. 10393/2010 non si estende automaticamente oltre le parti del giudizio originario.
Vero è che la ricorrente, mediante l’atto per motivi aggiunti, ha esteso l’impugnazione nei confronti del D.P.G.R. 23.1.2004, di approvazione della variante integrale al P.R.G. con contestuale trasformazione in P.U.C. del comune di Varazze, riproponendo in questa sede le medesime censure accolte dalla sentenza n. 10393/2010.
Sennonché, prima che inammissibile per mancata notificazione all’autorità regionale emanante, il motivo è irricevibile per tardività, giacché il contenuto lesivo delle disposizioni di P.U.C. preclusive della sanatoria era ben noto alla ricorrente fin dalla notificazione del ricorso introduttivo del giudizio.
5. Con il quinto motivo la ricorrente lamenta che l’ingiunzione di demolizione avrebbe riguardato anche le opere di consolidamento sul lato ovest, cui il diniego di sanatoria non ha addebitato alcuna illegittimità.
In realtà, come chiarito supra in relazione al secondo motivo di ricorso, l’accertamento di conformità ed il diniego hanno riguardato un unico progetto, mentre le opere risultano scindibili soltanto da un punto di vista meramente descrittivo, non certo strutturale: basti por mente al fatto che i pilastri in cemento del pergolato poggiano sui travi di collegamento oggetto delle opere di consolidamento.
Donde l’infondatezza del motivo.
Sotto un distinto profilo, la ricorrente si duole che l’ingiunzione di demolizione avrebbe erroneamente qualificato la tettoia de qua come opera di nuova costruzione a mente dell’art. 15 comma 1 lett. e) della L.R. n. 16/2008, piuttosto che come pertinenza non sanzionabile con la demolizione.
In realtà, per costante giurisprudenza – anche della Sezione - la realizzazione mediante opere edilizie di un pergolato caratterizzato da una solida struttura – addirittura in cemento - di dimensioni non trascurabili, che fa desumere una permanenza prolungata nel tempo del manufatto stesso e delle utilità che esso è destinato ad arrecare, comportando una trasformazione edilizia del territorio, dev’essere qualificata come intervento di nuova costruzione, che necessita di concessione edilizia (Cons. di St., IV, 2.10.2008, n. 4793;T.A.R. Liguria, I, 27.1.2012, n. 195;T.A.R. Campania-Napoli, IV, 25.3.2011, n. 1746;T.A.R. Emilia Romagna, II, 19.1.2011, n. 36).
Del resto, diversamente da quanto ritenuto dalla ricorrente, le conseguenze in termini sanzionatori non mutano neppure allorché le opere in questione volessero qualificarsi come pertinenze (cfr. p. 18 del ricorso per motivi aggiunti).
Difatti, le opere di natura pertinenziale sono assoggettate ex art. 23 comma 1 lett. f) L.R. n. 16/2008 a D.I.A. obbligatoria e, qualora realizzate in assenza del pertinente titolo edilizio, sono soggette alla sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile (art. 43 L.R. n. 16/2008), ma soltanto se obiettivamente ricadenti nel campo di applicazione dell’art. 23 L.R. citata.
Ciò significa che esse debbono essere conformi – ex artt. 23 comma 1 lett. f) e 17 comma 4 della L.R. n. 16/2008 – alla disciplina appositamente dettata dagli strumenti urbanistici in relazione al pregio paesistico-ambientale delle aree: diversamente, se eccedenti il campo di applicazione dell’art. 23, restano assoggettate alla sanzione demolitoria ex art. 43 comma 6 L.R. n. 16/2008.
Nel caso di specie, la conformità urbanistica della tettoria è stata espressamente esclusa con il diniego di sanatoria impugnato con il ricorso introduttivo, onde essa esorbita dal campo di applicazione della D.I.A. obbligatoria.
6. Come chiarito al punto che precede, le opere abusivamente realizzate concretano una nuova costruzione, sanzionabile con l’ordine di demolizione.
7. Palesemente destituito di fondamento è il settimo motivo di ricorso.
Proprio la circostanza – pacifica - che il rilascio di titoli edilizi (anche in sanatoria) costituisce atto vincolato, esclude in radice che l’ultroneo riferimento alla “assenza di un concreto apporto degli esponenti” assuma carattere decisivo nella motivazione del diniego.
8. Con l’ultimo motivo la ricorrente deduce la violazione dell’art. 97 D. Lgs. 267/2000, per incompetenza del segretario comunale a disporre l’ordine di demolizione.
Ai sensi dell’art. 97 comma 4 lett. d) del D. Lgs. 18.8.2000, n. 267, il segretario comunale esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco.
Nel caso di specie, conformemente all’art. 47 dello statuto del comune di Varazze (a mente del quale il segretario generale è responsabile, insieme agli altri dirigenti, dell’attività “di gestione” dell’ente), con provvedimento 17.6.2009, n. 14 (doc.