TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2023-07-04, n. 202311273

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2023-07-04, n. 202311273
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202311273
Data del deposito : 4 luglio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/07/2023

N. 11273/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00873/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 873 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati A G L, M M, V R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

• del provvedimento protocollo n. -OMISSIS- del 12 novembre 2021, con il quale il Ministero della Salute comunicava il rigetto definitivo della domanda di adesione alla transazione proposta dal Sig. -OMISSIS- in quanto il contenzioso non è più pendente;

• nonché di ogni atto presupposto e/o conseguente, tanto in via diretta che indiretta, e comunque connesso al provvedimento sopracitato, oggetto del presente ricorso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Salute e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 giugno 2023 il dott. Roberto Vitanza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Preliminarmente deve essere estromesso dal presente giudizio il MEF, atteso che l’indicato dicastero non ha assunto, nella presente vicenda processuale, alcun ruolo.

Ciò detto, il ricorrente, affetto da thalassemia, contratta a causa di trasfusioni di sangue non adeguatamente controllato, unitamente ad altri cittadini affetti dalla medesima patologia, ha citato, innanzi al Tribunale Civile di Roma, il Ministero della salute per il risarcimento del danno conseguente alla trasfusione di sangue infetto.

Con sentenza n. 23097/2001 il Tribunale ordinario di Roma ha accertato la responsabilità dell’Amministrazione convenuta per la patologia contratta dal ricorrente, riconoscendo il suo diritto ad ottenere il risarcimento dei danni subiti.

Tale decisione veniva confermata dalla pronuncia della Corte di Appello di Roma n. 133/2004.

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 581/2008, ha accolto, in parte, il ricorso avanzato dal Ministero della salute, rinviando la causa ad una diversa sezione della Corte di Appello di Roma.

La Corte di appello, in sede di rinvio, con la sentenza n. 824/2015, ha, in buona sostanza, confermato la decisione assunta dal Tribunale.

In data 5 gennaio 2010, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art.33 della legge 22 novembre 2007, n.222, nonché dell’art.2, commi 361-365, della legge 24 dicembre 2007, n.244, l’attuale ricorrente aveva manifestato al Ministero della Salute il proprio interesse ad aderire alla transazione dell’azione giudiziaria.

Sono stati prodotti agli atti di causa i diversi solleciti avanzati dal ricorrente all’amministrazione resistente onde definire il procedimento di transazione.

L’amministrazione non ha mai riscontrate, né l’istanza di transazione, né i successivi solleciti.

Soltanto in data 12 novembre 2021, con provvedimento protocollo n. -OMISSIS-, il Ministero della Salute ha comunicato il rigetto definitivo della domanda suddetta, con le seguenti motivazioni: “Di seguito al preavviso di cui alla nota n. -OMISSIS- del 18.12.2020, si rappresenta che le controdeduzioni presentate dalla S.V. non contengono elementi utili ai fini dell’applicazione del D.M. 4 maggio 2012 e si conferma che la domanda di adesione alla procedura transattiva indicata in oggetto non può essere accolta, in quanto il contenzioso non è più pendente, stante la sentenza n. 824/2015 della Corte di Appello di Roma che ha accolto la domanda di risarcimento del danno”.

Avverso tale negativa determinazione l’istante ha reagito con ricorso giurisdizionale oggetto del presente scrutinio.

A sostegno della propria domanda, la parte ricorrente ha affidato il gravame ad un unico ed articolato motivo di ricorso.

La parte ricorrente ha contestato la violazione dell’art. 1, dell’art. 7 e dell’art. 10 della L. n. 241 del 1990. La violazione dell’art. 27-bis del D.L. 90/2014, convertito con L. 114/2014. La violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità, art. 3, co. 2 Cost.

L’Amministrazione si è costituita contestando la prospettazione svolta dalla parte ricorrente.

All’udienza pubblica del 13 giugno 2023 la causa è stata introitata per la decisione.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto per le ragioni che si vengono ad illustrare.

Ai fini di un compiuto inquadramento della res iudicanda, si impone una preventiva ricognizione del quadro normativo di riferimento.

L’art. 33 della legge n. 222/2007 e l’ art. 2, commi 361 e 362, della legge 244/2007 hanno autorizzato il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, a stipulare transazioni con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofiliaci ed emotrasfusi occasionali, danneggiati da trasfusioni con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che avessero istaurato azioni di risarcimento danni tuttora pendenti.

In esecuzione delle suindicate disposizioni è stato adottato il decreto del Ministro del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, n. 132 del 28 aprile 2009, con il quale sono stati definiti i criteri utili a stipulare le transazioni con i soggetti indicati dal citato art. 33 della legge n. 222/2007 e dall’art. 2, comma 360, della legge n. 244/2007.

I presupposti per l’accesso alle transazioni in argomento sono stati così definiti dall’articolo 2 del citato regolamento, a mente del quale è richiesta:

a) l'esistenza di un danno ascrivibile alle categorie di cui alla Tabella A annessa al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1981, n. 834, accertato dalla competente Commissione Medico Ospedaliera di cui all'articolo 165 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092, o dall'Ufficio medico legale della Direzione generale della programmazione sanitaria, dei livelli essenziali di assistenza e dei principi etici di sistema del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, o da una sentenza;

b) l'esistenza del nesso causale tra il danno di cui alla precedente lettera a) e la trasfusione con sangue infetto o la somministrazione di emoderivati infetti o la vaccinazione obbligatoria, accertata ad opera della competente Commissione o dall'Ufficio Medico Legale o da una sentenza;
limitatamente alle transazioni da stipulare con gli aventi causa di danneggiati deceduti, si prescinde dalla presenza del nesso di causalità tra il danno di cui alla lettera a) ed il decesso, accertato dalla competente Commissione o dall'Ufficio Medico Legale o da una sentenza.

Il comma 2 ha previsto, inoltre, che “Per la stipula delle transazioni si tiene conto dei principi generali in materia di decorrenza dei termini di prescrizione del diritto”.

L’art. 5 del suddetto D.M. n. 132/2009 ha poi demandato, per la definizione dei “moduli” transattivi, ad un decreto di natura non regolamentare del Ministro della Salute di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze.

Per quanto qui di più diretto interesse, nel solco del suddetto programma regolatorio, si inserisce l’art. 5 del decreto ministeriale 4 maggio 2012 secondo cui i moduli transattivi si applicano ai soggetti che abbiano presentato istanze, entro il 19 gennaio 2010, per le quali:

a) non siano decorsi più di cinque anni tra la data di presentazione della domanda per l'indennizzo di cui alla legge n. 210 del 1992, ovvero tra la eventuale data antecedente rispetto alla quale risulti - in base ai criteri di cui all'allegato 6 al presente decreto - già documentata la piena conoscenza della patologia da parte del danneggiato e la data di notifica dell'atto di citazione, da parte dei danneggiati viventi;

b) non siano decorsi più di dieci anni tra la data del decesso e la data di notifica dell'atto di citazione da parte degli eredi dei danneggiati deceduti;

c) non sia già intervenuta una sentenza dichiarativa della prescrizione.

Al comma 2, il decreto radica la legittimazione a proporre istanza di indennizzo nei soggetti che hanno subito l’evento trasfusionale in data non anteriore al 24 luglio del 1978.

Con il successivo d.l. n. 90/2014, convertito in L. n.114/2014, articolo 27 bis, è stata, infine, prevista l’ “equa riparazione per i soggetti danneggiati da trasfusione con sangue infetto o emoderivati infetti da vaccinazioni obbligatorie” che avessero presentato domanda di adesione alla procedura transattiva, di cui alla l. 244 del 2007, entro il 19 gennaio 2010.

In sintesi, il sistema delineato dal legislatore prevedeva che:

- il soggetto danneggiato poteva agire giudizialmente in sede civile per ottenere il risarcimento del danno;

- in caso di proposizione dell’azione risarcitoria era possibile, fino al 2010, accedere, a richiesta, alla transazione con il Ministero della Salute che avrebbe corrisposto un ristoro commisurato ai criteri indicati nel c.d. decreto moduli del 4 maggio 2012;

- infine, il soggetto danneggiato avrebbe potuto chiedere l’equa riparazione – di importo inferiore – prevista dal d.l. n. 90/2014 convertito in legge n 114/20, rinunciando alla domanda risarcitoria e alla transazione.

Tanto premesso, è possibile procedere con lo scrutinio del merito del ricorso.

La giurisprudenza si è già reiteratamente pronunciata su questioni analoghe a quella in esame.

Segnatamente, in base agli arresti giurisprudenziali in materia (ex plurimis: Cons. di St. n. 3376/2021, n. 3698/2021, n. 3533/2021, n. 3698/2021, n. 5191/2021;
TAR Lecce n. 91/2021, n. 42/20;
TAR Calabria n. 1342/2021;
TAR Roma n.11645/2021, n. 11646/2021, n. 11647/2021 e n.11743/2021), è possibile affermare che:

- il Tribunale Civile di Roma, con diverse pronunce e, per quanto qui di interesse, con la sentenza sopra riportata e, in buona sostanza. confermata in sede di Appello, ha riconosciuto il diritto della parte ricorrente al risarcimento del danno, previa declaratoria di infondatezza dell’eccezione di prescrizione;

- sebbene sia condivisibile, in astratto, il principio secondo cui la transazione costituisce una scelta e non un obbligo per la P.A., nondimeno tale principio va considerato alla luce della peculiarità della presente controversia;
la vicenda dei danni derivanti da emotrasfusione o da emoderivati ha interessato una moltitudine di persone ed è stata causata dalla previsione, da parte del Ministero dalla Salute, di misure rivelatesi inadeguate ad evitare il rischio di contagio: il legislatore ha chiaramente espresso la volontà di definire in via transattiva questo genere di controversie, anziché portarle avanti per anni dinanzi ai Tribunali, con la conseguenza che l’Amministrazione non può liberamente decidere se avvalersi di tale strumento, essendo tenuta a verificare caso per caso se sussistono i presupposti previsti dalla legge per farvi ricorso, potendo esimersi dal ricorrervi solo quando sussista una preclusione normativa;

- gli indennizzi in esame sono previsti e disciplinati da una normativa speciale (leggi n. 222/2007, art. 33, e 244/2007, art. 2, comma 360) che “autorizza il Ministero della Salute, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, a stipulare transazioni con soggetti talassemici, affetti da altre emoglobinopatie o affetti da anemie ereditarie, emofiliaci ed emotrasfusi occasionali danneggiati da trasfusioni con sangue infetto o da somministrazione di emoderivati infetti e con soggetti danneggiati da vaccinazioni obbligatorie che avessero istaurato azioni di risarcimento ai sensi dell’art. 2043 ss. c.c.” e che impone l’“equa riparazione per i soggetti danneggiati da trasfusione con sangue infetto o emoderivati infetti da vaccinazioni obbligatorie” che abbiano presentato domanda di adesione alla procedura transattiva, di cui alla l. 244 del 2007, entro il 19 gennaio 2010”.

I predetti e plurimi interventi legislativi, adottati a seguito ad una grave emergenza sanitaria che ha visto moltissimi pazienti del Servizio sanitario pubblico nazionale infettati a causa di inadeguati controlli sulle emotrasfusioni, rispondono, quindi, ad una evidente ratio equitativa, volta a contenere il conseguente -imponente e finanziariamente molto oneroso- contenzioso risarcitorio mediante la possibilità, per tutti gli interessati, di accedere in modo paritario ad un equo indennizzo, sottraendosi ai tempi, ai costi ed all’alea di un giudizio civilistico.

Il diniego di ammissione alla transazione, reso in relazione ad una controversia che riveste carattere etico, nella quale viene in rilievo la lesione di diritti fondamentali, deve essere frutto di una approfondita istruttoria e di una adeguata motivazione.

- Il potere è “procedimentalizzato”, atteso che con il d.m. 28 aprile 2009 n. 132 del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sono state determinate le modalità attuative per la stipulazione degli atti di transazione, con l’individuazione dei presupposti per la stipulazione delle transazioni, dei criteri di valutazione delle diverse fattispecie, dei criteri obiettivi finalizzati a restringere e funzionalizzare la potestà valutativa dell’Amministrazione e con la previsione dei termini per la presentazione delle domande, della modulistica e della documentazione da allegarsi, con la regolamentazione delle integrazioni istruttorie da richiedersi da parte dell’Amministrazione ed una articolata disciplina del procedimento amministrativo.

Ne deriva, pertanto, che la formazione della volontà dell’Amministrazione di concludere la transazione non può non svolgersi nella sfera pubblicistica, secondo le regole della cd. evidenza pubblica, con conseguenziale applicabilità dei principi propri dell’attività pubblicistica ed in particolare, delle previsioni in materia di termine del procedimento e silenzio della p.a. previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241 e dal codice del processo amministrativo.

- I tempi e le modalità del diniego, opposto dopo il decorso dei previsti termini procedimentali e pur dopo plurime pronunce del giudice civile e di quello amministrativo, anche in sede di ottemperanza, di accoglimento della domanda di ammissione dell’appellante, indipendentemente da ogni ulteriore valutazione di legittimità hanno poi determinato una situazione oggettivamente idonea a generare e poi violare un legittimo affidamento dell’appellante circa il buon esito della propria domanda, che ha certamente ostacolato la sua possibilità di avvalersi della ulteriore possibilità di transazione prevista dal citato decreto n. 90 del 2014 concretando il dedotto vizio di violazione del principio di buona fede di tutela dell’affidamento.

Ritiene il Collegio, in aderenza ai suindicati insegnamenti giurisprudenziali che, anche nel caso qui in rilievo, trovi spazio la logica fondamentale e i principi ispiratori che reggono la normativa speciale sopra passata in rassegna e che incentiva il metodo transattivo in presenza di situazioni controverse e dubbie, con necessità quindi di un interesse plausibile alla loro definizione transattiva (cfr. in tal senso anche Cons. St., Sez. I, parere n. 1741/2019).

Orbene, il ricorrente non ha avuto modo di partecipare al procedimento amministrativo: non ha ricevuto alcuna comunicazione né di avvio del procedimento né di preavviso di diniego, circostanza

che gli avrebbe permesso di comunicare di essere destinatario della sentenza del Tribunale civile, confermata in sede di appello, che aveva accertato l’an debeatur e l’assenza del maturarsi del termine prescrizionale.

Ancora, si osserva che la sentenza della Corte di Appello sopra riportata è passata in giudicato dopo che la domanda di transazione era stata presentata, e solo perché l’Amministrazione ha impiegato 12 anni per concludere il procedimento.

Invero, il Ministero della salute aveva l’obbligo, normativamente previsto, di concludere il procedimento transattivo nei confronti del ricorrente al mero riscontro dei requisiti originariamente previsti.

La violazione delle norme presupposte all’attività transattiva ha, quindi, derogato alle previsioni procedimentali, viziando il conseguente provvedimento oggetto dell’odierna impugnazione.

Il passaggio in giudicato della sentenza del giudice ordinario, che ha riconosciuto il diritto del ricorrente al risarcimento del danno è la conseguenza del colpevole ritardo del Ministero nell’adottare il provvedimento conclusivo del procedimento.

E’ evidente che detta circostanza non può certo essere addotta dall’Amministrazione per giustificare, poi, il diniego.

Peraltro, il provvedimento impugnato è altresì privo di motivazione idonea, essendo stato posto a base del diniego esclusivamente, ora per allora, il criterio della pendenza del giudizio - considerato per di più, che nel caso in esame il trascorrere del tempo è imputabile esclusivamente alla condotta colposa del Ministero - laddove, come visto, lo stesso può essere disposto solo per circostanze che rivestono carattere eccezionali.

Per tutto quanto sin qui osservato, la domanda caducatoria proposta dal ricorrente va accolta e, per l’effetto va annullato il diniego all’ammissione dello stesso alla transazione.

Conseguentemente, in attuazione dell’obbligo conformativo scaturente dalla presente sentenza, la P.A. dovrà ammettere parte ricorrente alla stipula della transazione (non essendo stati dedotti dalla difesa erariale ulteriori motivi in tal senso ostativi).

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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