TAR Trieste, sez. I, sentenza breve 2022-01-29, n. 202200065
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Pubblicato il 29/01/2022
N. 00065/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00012/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 12 del 2022, proposto da
F P, rappresentato e difeso dall'avvocato C T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, non costituita;
ADER - Agenzia delle Entrate - Riscossione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trieste, domiciliata presso l’Avvocatura medesima in Trieste, piazza Dalmazia, 3;
per l'annullamento, previa sospensione cautelare
delle intimazioni di pagamento n. 11520219000206864000 in data 14 ottobre 2021 e n. 11520219000207975000 in data 14 ottobre 2021, con le quali l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ADER) ha sollecitato al ricorrente l’adempimento, entro 5 (cinque) giorni, delle seguenti cartelle di pagamento: A) n. 30020150000008080000, asseritamente notificatagli il 16 marzo 2015, riguardante il prelievo supplementare sulle consegne di latte (cd. “quote latte”) relativo alle campagne lattiere 2005, 2006 e 2007 per un importo complessivo di € 241.045,19;B) n. 30020180000012035000, asseritamente notificatagli il 10 dicembre 2018, riguardante il prelievo supplementare sulle consegne di latte (cd. “quote latte”) relativo alle campagne lattiere 2008, 1997, 1998, 1999, 1996 e 2001, per un importo complessivo di € 246.057,41;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ader - Agenzia delle Entrate - Riscossione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 26 gennaio 2022 la dott.ssa M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Considerato che il ricorrente, produttore di latte fresco bovino, operativo da molti anni nel settore della zootecnia e della commercializzazione del prodotto lattiero caseario, ha cumulativamente impugnato, invocandone l’annullamento, previa sospensione cautelare, gli atti di intimazione in epigrafe compiutamente indicati, con i quali l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ADER) gli ha sollecitato l’adempimento, entro 5 (cinque) giorni, delle seguenti cartelle di pagamento:
A) n. 30020150000008080000, asseritamente notificatagli il 16 marzo 2015, riguardante il prelievo supplementare sulle consegne di latte (cd. “quote latte” ) relativo alle campagne lattiere 2005, 2006 e 2007 per un importo complessivo di € 241.045,19, di cui: a) prelievo latte sulle consegne – capitale (2005): debito residuo scaduto: € 39.470, 91;interessi di mora: € 7.539,38;oneri di riscossione: € 2.820,61;a1) prelievo latte sulle consegne – interessi (2005): debito residuo scaduto: € 10.052,25;oneri di riscossione: € 603,14;b) prelievo latte sulle consegne – capitale (2006): debito residuo scaduto: € 59.083,51;interessi di mora: € 11.285,60;oneri di riscossione: € 4.222,15;b1) prelievo latte sulle consegne – interessi (2006): debito residuo scaduto: € 12.437,38;oneri di riscossione: € 746,24;c) prelievo latte sulle consegne - capitale (2007): debito residuo scaduto: € 64.335,42;interessi di mora: € 12.288,77;oneri di riscossione: € 4.597,46;c1) prelievo latte sulle consegne – interessi (2007): debito residuo scaduto: € 10.907,90;oneri di riscossione: € 654,47;
B) n. 30020180000012035000, asseritamente notificatagli il 10 dicembre 2018, riguardante il prelievo supplementare sulle consegne di latte (cd. “quote latte” ) relativo alle campagne lattiere 2008, 1997, 1998, 1999, 1996 e 2001, per un importo complessivo di € 246.057,41, di cui: a) prelievo latte sulle consegne – capitale (2008): debito residuo scaduto: € 26.402,57;interessi di mora: € 1,059,88;oneri di riscossione: € 1.647,74;a1) prelievo latte sulle consegne – interessi (2008): debito residuo scaduto: € 3.520,76;oneri di riscossione: € 211,25;b) prelievo latte sulle consegne – capitale (1997): debito residuo scaduto: € 4.332,54;interessi di mora: € 173,92;oneri di riscossione: € 270,39;b1) prelievo latte sulle consegne – interessi (1997): debito residuo scaduto: € 2.136,42;oneri di riscossione: € 128,19;c) prelievo latte sulle consegne – capitale (1997): totale debito scaduto: € 17.838,59;interessi di mora: € 716,09;oneri di riscossione: € 1.113,29;c1) prelievo latte sulle consegne – interessi (1997): debito residuo scaduto: € 11.434,89;oneri di riscossione: € 686,09;d) prelievo latte sulle consegne – capitale (1998): debito residuo scaduto: € 34.596,72;interessi di mora: € 1.388,82;oneri di riscossione: € 2.159,13;d1) prelievo sulle consegne – interessi (1998): debito residuo scaduto: € 17.060,00;oneri di riscossione: € 1.023,60;e) prelievo latte sulle consegne – capitale (1999): debito residuo scaduto: € 24.342,68;interessi di mora: € 977,19;oneri di riscossione: € 1.519,19;e1) prelievo latte sulle consegne – interessi (1999): debito residuo scaduto: € 11.897,13;oneri di riscossione: € 713,83;f) prelievo latte sulle consegne – interessi (1996): debito residuo scaduto: € 2.085,00;oneri di riscossione: € 130,00;g) prelievo latte sulle consegne – capitale (2001): debito residuo scaduto: € 49,238,88;interessi di mora: € 1.976,60;oneri di riscossione: € 3.072,93;g1) prelievo latte sulle consegne – interessi (2001): debito residuo scaduto: € 20.946,32, oneri di riscossione: € 1.256,78;
Considerato che a sostegno delle richieste avanzate ha dedotto:
1. “Illegittimità del provvedimento per difetto di motivazione- mancata allegazione della cartella di pagamento- mancata indicazione della campagna lattiera cui fare riferimento-violazione del diritto di difesa e principio del contraddittorio”;
2. “Illegittimità dell’atto per palese genericità e indeterminatezza nel calcolo della quota di interessi con peculiare riferimento ai dedotti e contestati “interessi moratori” – mancanza di congrua sufficiente motivazione circa il calcolo degli interessi addebitati”;
3. “Intervenuta prescrizione del credito di AGEA. Intervenuta prescrizione per tardività della notifica dell’atto di intimazione di pagamento rispetto alla data di presunta notifica di cartella”;
4. “Illegittimità del provvedimento notificato impugnato per violazione di legge anche in riferimento a normativa Unionale - illegittimità per carenza di istruttoria e per eccesso di potere”;
5. “Nullità/annullabilità dell’iscrizione a ruolo per difetto di motivazione circa i recuperi PAC effettuati nel corso degli anni da AGEA. Errata quantificazione del presunto debito -difetto carenza di motivazione”;
Considerato che l’Agea – Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura non si è costituita in giudizio, seppur ritualmente evocata mediante notifica del ricorso introduttivo effettuata a mezzo PEC all’indirizzo di posta elettronica tratto dal registro pubblico ove è stato reso disponibile e, segnatamente, da quello INI-PEC;
Considerato che l’ADER - Agenzia delle Entrate–Riscossione si è costituita col patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Trieste, precisando che “l’atto è stato redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze come stabilito dall’art. 50 del DPR n. 602/73 e che non è prevista alcuna motivazione dell’atto né l’allegazione della cartella di pagamento precedentemente notificata (e ritualmente a suo tempo impugnata). La genericità del calcolo degli interessi lamentata va collegata all’automaticità degli stessi alla luce dell’art.30 DPR n.602/73, come indicato in calce all’intimazione di pagamento notificata. Si richiama in proposito l’ordinanza della Corte di Cassazione n.4376 del 21 febbraio 2017. In ordine all’eccezioni inerenti al merito dell’iscrizione a ruolo, l’Agente della Riscossione è sfornito di legittimazione passiva”. Ha, quindi, concluso per la reiezione del ricorso e della preliminare istanza incidentale di sospensione;
Considerato che la causa è stata chiamata all’udienza camerale del 26 gennaio 2022, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, nel corso della quale l’Avvocato dello Stato, udita la riserva del Presidente di probabile definizione del giudizio con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 c.p.a., si è richiamato alle osservazioni e deduzioni già svolte in occasione della chiamata di analoghi ricorsi trattenuti in decisione all’esito dell’udienza camerale del 12 gennaio 2022 ovvero sostanzialmente invocata la decisione della sola istanza cautelare e, poi, la fissazione del merito senza urgenza, in ragione dell’esigenza dell’AGEA (n.d.r. ad oggi non costituita) di reperire la documentazione funzionale alle proprie esigenze difensive;
Considerato che il difensore di parte ricorrente si è del pari richiamato ovvero, diversamente dalla difesa erariale, ha accolto con favore la riserva di sentenza breve formulata dal Collegio;
Considerato che il Presidente ha confermato l’intenzione precedentemente espressa;
Considerato che di un tanto è stata data, in ogni caso, più compiuta evidenza nel verbale d’udienza, cui si rinvia;
Considerato che la causa è stata, quindi, introitata per la decisione;
Ritenuto, in primo luogo, che sussistono i presupposti di legge per definire il giudizio nella presente sede cautelare, con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del c.p.a.;
Ritenuto, inoltre, che la causa è matura per la decisione in base agli atti sin qui dimessi dalle parti, essendo indubbio che i termini a difesa sono previsti dalla legge e sono stati rispettati da questo Tribunale. In particolare, consta che il ricorso introduttivo è stato notificato a mezzo pec alle Amministrazioni intimate il 24 dicembre 2021 e, poi, depositato il 12 gennaio 2022, sicché l’odierna udienza (n.d.r. la prima utile decorsi i termini minimi di legge), tenutasi dopo trentadue giorni dalla notifica e tredici giorni dal deposito, oltre ad essere stata fissata in puntuale osservanza di quanto disposto dall’art. 55, comma 5, primo periodo (“Sulla domanda cautelare il collegio pronuncia nella prima camera di consiglio successiva al ventesimo giorno dal perfezionamento, anche per il destinatario, dell’ultima notificazione e, altresì, al decimo giorno dal deposito del ricorso”) , ha, di fatto, anche assicurato un termine più che congruo alla parte intimata per apprestare le proprie difese e/o predisporre/raccogliere la documentazione da dimettere a supporto ovvero garantito la piena fruizione dei termini di cui all’art. 55, comma 5, secondo periodo c.p.a. (“Le parti possono depositare memorie e documenti fino a due giorni liberi prima della camera di consiglio”). E’, invero, lecito supporre (o, per lo meno, auspicare) che i provvedimenti gravati (che – pare utile sottolineare – sono delle intimazioni di pagamento ex art. 50, comma 2, d.P.R. 29/09/1973, n. 602) siano stati emessi in esito ad una puntuale istruttoria, esperita sulla scorta degli atti presupposti che assumono rilievo e previa loro compiuta disamina. Tali atti avrebbero, dunque, dovuto essere pacificamente nella piena disponibilità di AGEA e, conseguentemente, di ADER, per lo meno dalla data di emissione dei provvedimenti gravati, che risale a più di 3 (tre) mesi fa. Non sussiste, pertanto, alcun ragionevole motivo per non definire il giudizio con sentenza in forma semplificata ex art. 60 c.p.a. all’esito dell’odierna udienza camerale, anche avuto riguardo al fatto che la considerevole afflittività dei provvedimenti in questione per il loro destinatario e le ulteriori conseguenze gravemente pregiudizievoli che ne sono derivate per il medesimo, tutte, nessuna esclusa, rende viepiù doverosa una risposta di giustizia celere e compiuta;
Ritenuto che le questioni che vengono in rilievo sono di pronta e facile soluzione e, in quanto tali, sussumibili nelle ipotesi di cui all’art. 74, comma 1, c.p.a., cui il citato art. 60 inevitabilmente rinvia;
Ritenuto che il ricorso merita di essere accolto;
Ritenuto, invero, che – in disparte la nullità, rilevabile, occorrendo, anche d’ufficio (Consiglio di Stato, sez. III, 15 febbraio 2021, n. 1311), che affligge le intimazioni qui opposte, in quanto gli atti su cui si fondano i crediti oggetto delle stesse sono stati emessi sulla base di norme interne attributive del potere che i giudici europei hanno dichiarato contrarie a diritto UE e, segnatamente, l’art. 1, comma 8, d.l. 43/1999, convertito in legge 118/1999, e l’art. 1, comma 5, d.l. 8/2000 (CORTE GIUSTIZIA UE, VII sezione, 27 giugno 2019 - causa C- 348/18), l’art. 5, commi 1 e 2, d.l. 49/2003, convertito in legge 119/2003 (CORTE GIUSTIZIA UE, II sezione, 11 settembre 2019 - causa C- 46/18) e l’articolo 9 del d.l. n. 49/2003 in combinato disposto con l’articolo 2, comma 3, del d.l. n. 157/2004, convertito, con modificazioni, dalla legge del 3 agosto 2004, n. 204 (CORTE GIUSTIZIA UE, II sezione, 13 gennaio 2022 - causa C 377/19) – s’appalesa, in ogni caso, dirimente, come già in altri analoghi precedenti (ex multis TAR FVG, I, 17 gennaio 2022, nn. 20, 22 e 24;id., 6 dicembre 2021, n. 367 e n. 369), la censura contenuta nel terzo motivo di impugnazione, con cui parte ricorrente eccepisce l’intervenuta prescrizione dei crediti asseritamente vantati dall’Agea ed oggetto delle intimazioni di pagamento gravate, palesemente emesse dall’ADER ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 50, comma 2, d.P.R. 29/09/1973, n. 602 (“Se l'espropriazione non è iniziata entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, l'espropriazione stessa deve essere preceduta dalla notifica, da effettuarsi con le modalità previste dall'articolo 26, di un avviso che contiene l'intimazione ad adempiere l'obbligo risultante dal ruolo entro cinque giorni”);
Ritenuto, infatti, che le Amministrazioni intimate, entrambe ritualmente evocate in giudizio (Cass. civ. Sez. I, Sent., 3 febbraio 2021, n. 2460) e l’ADER, in ogni caso, costituita [fermo restando, in ogni caso, che l’unico indirizzo di posta elettronica certificata reso disponibile da AGEA nei pubblici registri è quello INI-PEC (vedi art. 16-ter, comma 1-ter, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, l. 17 dicembre 2012, n. 221, aggiunto dall'art. 28, comma 1, lett. c), d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla l. 11 settembre 2020, n. 120) e che “E' oramai consolidato l'orientamento, inaugurato dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 16412 del 25/07/2007, Rv. 598269-01, (…), secondo il quale il contribuente che impugni una cartella esattoriale emessa dal concessionario della riscossione per motivi che attengono alla mancata notificazione, ovvero anche alla invalidità degli atti impositivi presupposti, può agire indifferentemente nei confronti tanto dell'ente impositore quanto del concessionario, senza che sia tra i due soggetti configurabile alcun litisconsorzio necessario. In entrambi i casi, la legittimazione passiva spetta all'ente titolare del credito tributario e non già al concessionario, il quale, in presenza di contestazioni involgenti il merito della pretesa impositiva, ha l'onere di chiamare in giudizio il predetto ente, ai sensi del D.Lgs. n. 112 del 1999, ex art. 39, se non vuole rispondere dell'esito della lite, non essendo il giudice tenuto a disporre d'ufficio l'integrazione del contraddittorio, in quanto non è configurabile un litisconsorzio necessario (cfr. Sez. 5, Sentenza n. 9762 del 07/05/2014, Rv. 630633-01;Sez. 5, Sentenza n. 8370 del 24/04/2015, Rv. 635173-01;Sez. 5, Ordinanza n. 10528 del 28/04/2017, Rv. 644101-01;Sez. 5, Sentenza n. 8295 del 04/05/2018, non massimata). Il concessionario, dunque, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 10, è parte quando oggetto della controversia è l'impugnazione di atti viziati da errori ad esso direttamente imputabili, nel caso cioè - di vizi propri della cartella di pagamento e dell'avviso di mora. In tale ipotesi l'atto va impugnato chiamando in causa esclusivamente il concessionario, al quale è direttamente ascrivibile il vizio dell'atto, non essendo configurabile un litisconsorzio necessario con l'ente impositore (cfr. sez. 5, n. 5832 del 2011 richiamata anche da Sez. 5, Sentenza n. 22729 del 09/11/2016, Rv. 641884-01)” (Cass. civ. Sez. V, Sent., 4 febbraio 2020, n. 2480)], hanno disatteso l’onere, a loro carico, di confutare, con adeguati riscontri documentali, la fondatezza dell’assunto di parte ricorrente, a mente del quale il credito di cui è stato sollecitato il pagamento sarebbe, per l’appunto, prescritto;
Ritenuto che non v’è prova in atti della notifica della cartella in data 16 marzo 2015 (intimazione di pagamento n. 11520219000206864000 in data 14 ottobre 2021) che l’Agenzia delle Entrate afferma ineseguita [peraltro, relativa a crediti per prelievi supplementari sulla produzione di latte bovino (ovvero per multe dovute per lo sforamento della cd. “quota latte” annualmente assegnata) che risalgono alle annate relative al periodo compreso tra il 2005 e il 2007], né, tanto meno, di eventuali atti interruttivi posti in essere successivamente alla sua notifica, asseritamente avvenuta il 16 marzo 2015;
Ritenuto che analogamente solo “presunta” è la notifica della cartella in data 10 dicembre 2018 (intimazione di pagamento n. 11520219000207975000 in data 14 ottobre 2021), come correttamente dedotto da parte ricorrente nell’ambito del motivo ora in esame e, in ogni caso, evidenziato anche nel primo motivo di impugnazione (vedi pag. 7 e pag. 4 ricorso), atteso che non v’è alcuna prova in atti che sia effettivamente avvenuta;
Ritenuto che tale ultima cartella (che – si ribadisce – non è in alcun modo provato che sia stata portata a conoscenza del ricorrente) è, peraltro, relativa a un credito per prelievi supplementari sulla produzione di latte bovino che risalgono addirittura alle annate lattiere 2008, 1997, 1998, 1999, 1996 e 2001 e non v’è prova di eventuali (ed idonei) atti interruttivi posti in essere successivamente all’invio delle originarie intimazioni di pagamento, che – se effettivamente inviate - si suppone possano esserlo state a ridosso della conclusione delle annate lattiere cui le sanzioni si riferiscono e risalire, dunque, ad epoca pacificamente antecedente all’anno 2010. Anzi, dalla documentazione dimessa dalla difesa erariale in data 14 gennaio 2022 si evince proprio che il file relativo alle relate di notifica delle cartelle in questione non è stato trovato dall’ADER nel corso dell’istruttoria della pratica (all. 003-all. 4 – fascicolo doc. Avv. Stato);
Ritenuto che a nulla può rilevare nemmeno la sospensione del termine di prescrizione, di cui ha beneficiato l’Amministrazione intimata nel periodo dal 1° aprile 2019 al 15 luglio 2019 ai sensi dell’art. 4, comma 10-ter, lett. a), del d.l. 29 marzo 2019, n. 27, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, l. 21 maggio 2019, n. 44 “per consentire l'ordinato passaggio all'agente della riscossione dei residui di gestione di cui al comma 10-bis” ovvero “dei residui di gestione relativi ai ruoli emessi dall'AGEA o dalle regioni fino alla data del 31 marzo 2019…” nei casi di mancata adesione alla rateizzazione e in quelli di decadenza dal beneficio della dilazione, atteso che:
- per quanto riguarda la prima cartella asseritamente notificata a parte ricorrente, dal 16 marzo 2015 al 29 ottobre 2021, data di notificazione dell’intimazione qui opposta ad essa relativa, sono comunque decorsi, dedotto il periodo di sospensione poc’anzi indicato, più di 6 (sei) anni;
- per quanto riguarda la seconda cartella asseritamente notificata a parte ricorrente, dalle originarie intimazioni di prelievo (sempre che siano state effettivamente inviate e ricevute da parte ricorrente) al 29 ottobre 2021, data di notificazione dell’intimazione qui opposta ad esse relativa, sono comunque decorsi, dedotto il periodo di sospensione poc’anzi indicato, più di 10 (dieci) anni;
Ritenuto, infatti, che, oltre ad essere pacifico che la somma imputata a titolo di interessi è da ritenersi prescritta per inutile decorso del termine di 5 (cinque) anni di cui all’art. 2948, primo comma, n. 4, c.c. [“Si prescrivono in cinque anni: (…) 4) gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi;(…)”], in quanto, come autorevolmente affermato dalla Suprema Corte di Cassazione, “gli interessi per il ritardo nella loro esazione integrano un’obbligazione autonoma rispetto al debito principale suscettibile di autonome vicende, sì che il credito relativo a tali accessori rimane sottoposto al proprio termine di prescrizione quinquennale fissato dall’art. 2948, n. 4, Cod. Civ. (Cass. 30901/2019,14049/2006)” (Cass. civ. Sez. VI - 5, Ord. 1° ottobre 2020, n. 20955), ad analoga conclusione deve giungersi anche con riguardo alla somma imputata a titolo di capitale, atteso che - oltre ad essere dirimente, per lo meno per quanto riguarda la cartella 2015, la considerazione che trattandosi di cartella erariale (se, ovviamente, effettivamente inviata) la prescrizione si compie in cinque anni, come precisato dalla Suprema Corte di Cassazione, Sez. V, con sentenza 23 novembre 2018, n. 30362 – resta, in ogni caso, ferma la considerazione, valida con riguardo ad entrambe le cartelle di pagamento oggetto delle intimazioni qui gravate, che, mancando la prova della loro notifica, assume, comunque, prioritario rilievo la circostanza che sono, comunque, decorsi, più di 10 (dieci) anni dal presunto invio delle originarie intimazioni di pagamento (di cui pure non v’è prova in atti e che – se effettivamente inviate e ricevute dal ricorrente - si suppone possano esserlo state a ridosso della conclusione delle annate lattiere cui le sanzioni si riferiscono e risalire, dunque, ad epoca pacificamente antecedente all’anno 2010) e non risulta in alcun modo documentato che successivamente ad esse siano stati posti in essere eventuali (ed idonei) atti interruttivi (Tar FVG, I, 22 luglio 2020, n. 280;Tar Lombardia, Brescia, II, 27 maggio 2020, n. 400;Tar Lazio, II-ter, 30 gennaio 2020, n. 1320;id., 4 dicembre 2018, n. 11776);
Ritenuto che non si ravvisano, inoltre, sussistere i presupposti per dare corso a un eventuale ordine di esibizione documentale, atteso che l’esercizio istruttorio “suppletivo” condotto dal giudice è pur sempre mirato “a colmare situazioni effettive di disparità tra le parti, per venire in soccorso di quella parte che, pur con la dovuta diligenza, non è riuscita ad avere la disponibilità delle prove: sicché se deve ammettersi, in astratto, la possibilità di esercizio da parte del giudice amministrativo di poteri istruttori d’ufficio anche in relazione a diritti soggettivi, tuttavia tale esercizio deve costituire una extrema ratio” (C.d.S., IV, 27 luglio 2021, n. 5560) e, nel caso di specie, è pur tuttavia evidente – come già in precedenza sottolineato - che tanto l’AGEA che, occorrendo, l’ADER avrebbero potuto esibire, sin da subito, gli eventuali atti interruttivi emessi medio tempore a salvaguardia del credito vantato, se, ovviamente, effettivamente emessi, o, per lo meno, la prova della notifica delle cartelle di pagamento di cui è stato intimato l’adempimento, in quanto indubbiamente nella loro disponibilità, quali Amministrazioni rispettivamente emittente e/o investita del recupero del credito;
Ritenuto, sulla scorta delle considerazioni e per le ragioni sin qui svolte, di accogliere, in definitiva, il ricorso e, per l’effetto, di annullare le intimazioni di pagamento gravate;
Ritenuto che sussistono, in ogni caso, giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese di lite;
Ritenuto che la presente sentenza va trasmessa alla Procura Regionale per il Friuli Venezia Giulia della Corte dei Conti per l’eventuale seguito di competenza;