TAR Trieste, sez. I, sentenza 2020-09-28, n. 202000331

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2020-09-28, n. 202000331
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 202000331
Data del deposito : 28 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/09/2020

N. 00331/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00048/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 48 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato L D P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Udine, via Vittorio Veneto 39;

contro

Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Trieste, piazza Dalmazia, 3;

per l'annullamento

del provvedimento del Comando Interregionale Carabinieri “Vittorio Veneto”, prot. Arma 557/23/2018, d.d. 24.12.2019, notificato in data 30.12.2019, con il quale è stato rigettato il ricorso gerarchico presentato in data 11.11.2019 dal ricorrente, ai sensi dell’art. 1363 D.Lgs. 66/2010 e per il conseguente annullamento dell’atto prot. n. 387/51-2018-D del Comando Legione Carabinieri “Friuli Venezia Giulia” SM – Ufficio Personale d.d. 14.10.2019 avente a oggetto “Procedimento disciplinare a carico del Lgt. C.S. -OMISSIS-, addetto al Servizio Amministrativo – Sezione Gestione Finanziaria”, recante l’irrogazione della sanzione disciplinare del rimprovero;

nonché di tutti gli atti connessi, presupposti e/o conseguenti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 settembre 2020 il dott. Lorenzo Stevanato e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il presente ricorso è diretto contro il provvedimento con cui è stata inflitta al ricorrente, luogotenente dell’Arma dei Carabinieri, all’epoca dei fatti in servizio presso il NAS di Udine, la sanzione disciplinare del rimprovero.

Tale sanzione è motivata col fatto che l’incolpato ha attuato accessi impropri e non istituzionali alla banca dati SDI per le Forze di polizia.

In particolare, egli ha consultato il proprio nominativo e la targa della propria automobile, la posizione di due suoi conoscenti e quella della figlia, senza che vi fossero ragioni di servizio per farlo.

Per lo stesso fatto è stato avviato nei suoi confronti un procedimento penale che si è concluso con sentenza di assoluzione -OMISSIS-, da parte del GUP presso il Tribunale di Trieste, con la formula “perché il fatto non costituisce reato” essendo stato escluso dal giudice penale l’elemento psicologico.

Il ricorrente ha presentato preventivamente un ricorso gerarchico, secondo quanto disposto dall'articolo 1363 del d.lg. 15 aprile 2010, n. 66 (secondo cui "avverso le sanzioni disciplinari di corpo non è ammesso ricorso giurisdizionale o ricorso straordinario al Presidente della Repubblica se prima non è stato esperito ricorso gerarchico o sono trascorsi novanta giorni dalla data di presentazione del ricorso") che è stato respinto con l’atto pure impugnato.

A sostegno del presente ricorso si deduce che l’esito del procedimento penale era vincolante per l’autorità amministrativa in sede disciplinare, che non sarebbe vero che egli ha effettuato accessi per finalità non istituzionali, e che il procedimento disciplinare è stato avviato in violazione della norma secondo cui deve avvenire “senza ritardo” (la sentenza del GUP è stata comunicata all’amministrazione il 27.6.2019 mentre la commissione di disciplina si è riunita il 14.10.2019 e nello stesso giorno è stata decisa la sanzione ed è stato comunicato l’esito del procedimento all’incolpato).

Il ricorso è infondato.

Nella motivazione del provvedimento di irrogazione della sanzione, la rilevanza disciplinare del fatto per il quale il ricorrente è stato incolpato (cioè, in sostanza, aver agito con leggerezza utilizzando impropriamente la banca dati delle Forze di polizia per ragioni non istituzionali) è sufficientemente spiegata ed è comprovata.

Le giustificazioni addotte dal ricorrente (circa l’accesso ai propri dati: per impedire il blocco del sistema;
ai dati di due conoscenti: per sapere se si trattava di persone poco raccomandabili e da evitare in futuro;
a quelli della figlia: per evitare una duplicazione della denuncia di smarrimento dei documenti dell’autovettura) sono piuttosto deboli ed inidonee a far venir meno il dato incontrovertibile che non si trattava di ragioni istituzionali, cioè di accessi al sistema per svolgere indagini di P.G..

Del resto, lo stesso giudice penale ha assolto il ricorrente per il reato di cui all’art. 615ter, comma 2, n. 1, c.p., non perché il fatto non sussiste, ma perché non costituisce reato nell’assenza dell’elemento psicologico (cioè, di una condotta configurabile come dolosa).

Contrariamente all’assunto del ricorso, il giudizio disciplinare non era condizionato da una tale valutazione in sede penale perché lo stesso fatto può, come è noto, non essere rilevante ai fini penali, ma esserlo invece ai fini disciplinari, come nella fattispecie (cfr., ad es.: Cons. Stato, sez. III, 22 agosto 2012, n. 4587;
id., sez. IV, 7 novembre 2012, n. 5669;
id., sez. IV, 27 gennaio 2015, n. 376).

Nemmeno può essere assecondata la censura di violazione della norma che impone l’avvio del procedimento disciplinare “senza ritardo”.

Nel caso in esame la citata sentenza del GUP è stata comunicata all’amministrazione il 27.6.2019 mentre il procedimento disciplinare è iniziato con l’atto di contestazione degli addebiti in data 26.9.2019, cioè a distanza di circa tre mesi che, pur non essendo un periodo di tempo brevissimo, non è nemmeno incompatibile con la norma, che non fissa un termine perentorio, né configura un ritardo tale da violare il diritto di difesa dell’incolpato né l’aspettativa a non restare a lungo nell’incertezza sul proprio destino.

Del resto, la giurisprudenza amministrativa ha precisato che "L'art. 59 comma 1, d.P.R. 18 luglio 1986 n. 545 non prevede un termine perentorio entro il quale l'azione disciplinare nei confronti di un militare deve essere iniziata, ma sottopone l'esercizio del potere disciplinare ad una generale regola di tempestività da valutarsi secondo criteri di ragionevolezza in relazione al momento di conoscenza dei fatti avuta dalla Pubblica amministrazione e considerate le condizioni di concreta e fondata possibilità di esercizio del potere da parte dell'organo procedente" (Consiglio di Stato, sezione IV, sentenza 9 marzo 2018, n. 1507), che "In materia di sanzioni disciplinari nei confronti del personale militare, l'art. 59, d.P.R. 18 luglio 1986 n. 545, nel prescrivere che l'avvio del procedimento disciplinare debba avvenire senza ritardo, deve essere inteso, non nel senso di "immediatamente", bensì secondo una regola di ragionevole prontezza nella contestazione degli addebiti" (T.a.r. Lazio, Roma, sezione II, sentenza 8 gennaio 2015, n. 146) e che "In materia di sanzioni disciplinari nei confronti del personale militare, l'art. 59 del d.P.R. 18 luglio 1986 n. 545 (Regolamento di disciplina militare), nel prescrivere che l'avvio del procedimento disciplinare debba avvenire "senza ritardo", deve essere inteso non nel senso di "immediatamente", bensì secondo una regola di ragionevole prontezza nella contestazione degli addebiti, da valutarsi in relazione alla gravità della violazione e complessità degli accertamenti preliminari e dell'intera procedura" (T.a.r. Lombardia, Milano, sezione III, sentenza 6 maggio 2013, n. 1157).

In sostanza, la prescrizione normativa di procedere senza ritardo alla contestazione degli addebiti non riveste significato perentorio, bensì sollecitatorio o propulsivo, atteso che nessun effetto estintivo del procedimento o di decadenza dal potere disciplinare sono previsti per la sua inosservanza (così: Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 20 febbraio 2020, n. 1296).

In conclusione, per le ragioni che precedono il provvedimento impugnato resiste alle censure dedotte ed il ricorso va quindi respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

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