TAR Bari, sez. III, sentenza 2013-08-01, n. 201301222
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N. 01222/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00483/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 483 del 2010, proposto da:
L L, rappresentato e difeso dagli avv.ti P Usini e P U, anche disgiuntamente, con domicilio eletto presso il loro studio in Bari, piazza Umberto I, n. 32;
contro
Comune Di Bari, in persona del Sindaco, legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. A V, con domicilio eletto presso l’Avvocatura Comunale in Bari, via Principe Amedeo, n. 26;
per l'annullamento
“della diffida “a non eseguire gli interventi” specificati nella denunzia di inizio attività DIA 2193-2009, comunicata con nota a firma del direttore della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata prot. n. 3450 dell'8 Gennaio 2010, spedita con raccomandata n. 12799856589-01 in data 4 Febbraio 2010 e recapitata il successivo 8 Febbraio, con la quale peraltro risulta anche sanzionata la nullità della DIA presentata.”
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 giugno 2013 la dott.ssa R G e uditi per le parti i difensori, gli avv.ti P U e A V;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con ricorso ritualmente notificato e depositato il 9 aprile 2010, il sig. L L, proprietario dell’immobile sito in Bari, via Nicolai, n. 90/A, piani terra e interrato, ha chiesto l’annullamento della diffida “a non eseguire gli interventi” specificati nella denunzia di inizio attività DIA 2193-2009, comunicata con nota del Direttore della Ripartizione Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Bari prot. n. 3450 dell’8 gennaio 2010, notificata l’8 febbraio 2010, con la quale risulta anche sanzionata con la nullità la stessa DIA presentata.
Nelle conclusioni parte ricorrente oltre all’annullamento del provvedimento chiede ogni “consequenziale provvedimento di legge anche risarcitorio”.
A sostegno del gravame il sig. L, con un unico motivo di ricorso, ha dedotto le seguenti censure: violazione di legge per omessa e falsa applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 22 e 23 del D.P.R. 6 Giugno 2001 n. 380, nonché dell'art. 19 della L. 7 Agosto 1990 n. 241 come modificato dall'art. 9 della L. 18 Giugno 2009 n. 69, eccesso di potere per causa falsa, contraddittorietà di determinazioni, falsa presupposizione ed irregolarità del procedimento.
Il ricorrente premette in punto di fatto di aver presentato una prima DIA in data 18 maggio 2009 e che il Comune resistente, con nota prot. n. 160996 del 30 giugno 2009, lo aveva diffidato ad omettere l’esecuzione dell’intervento indicandone le ragioni, ma rappresentando nel contempo che aveva la possibilità di presentare una nuova DIA contenente “soluzioni atte a superare le inammissibilità evidenziate”. Aggiunge che, pur ritenendo tale diffida inefficace, in quanto sarebbe stata tardivamente adottata, in data 24 settembre 2009, aveva presentato una nuova DIA, allegando la relazione illustrativa del proprio tecnico, ai fini della dimostrazione dell'ammissibilità dell'intervento, in considerazione delle nuove soluzioni adottate per superare le ragioni ostative prospettategli riguardo alla precedente DIA. Riferisce, infine, che, decorso il termine di 30 giorni dalla suddetta data di presentazione della DIA stessa, aveva iniziato le opere ed aveva provveduto a darne la relativa comunicazione al Comune di Bari con raccomandata del 18 gennaio 2010.
Alla luce di quanto sopra, il sig. L lamenta che la diffida sarebbe tardiva, dovendo ritenersi preclusa al Comune, decorso il termine di 30 giorni dalla data di presentazione della DIA, previsto dall’art. 23 del D.P.R. n. 380 del 2001, la possibilità di esercitare il potere inibitorio, potendo esso solo agire in autotutela, secondo la previsione dell’art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990;inoltre rileva la circostanza che la diffida risulterebbe spedita il 4 febbraio, ma stranamente datata 8 gennaio 2009, quindi in data precedente alla raccomandata con la quale esso ricorrente aveva comunicato l’inizio dei lavori.
Parte ricorrente si duole altresì che la diffida, ritenuta tardiva, comunicata quanto già le opere intraprese erano in via di ultimazione, mal si concilierebbe con le precedenti determinazioni comunali;l'impugnato provvedimento sarebbe altresì viziato per contraddittorietà di determinazioni in quanto le esigenze di ordine igienico sanitarie dei vani risulterebbero garantite dalla certificazione rilasciata dalla A.S.L. Bari, secondo quanto sarebbe stato suggerito dallo stesso tecnico comunale;infine, considerato che il provvedimento inibitorio risulterebbe motivato unicamente per difetto di illuminazione e di aereazione diretta dei soli vani destinati a stanze da letto, parte ricorrente lamenta che nessuna norma regolamentare vieterebbe che le prospettate esigenze siano assicurate mediante aperture orizzontali praticate nel solaio di copertura - ove occorra anche mediante lucernaio - tanto che la A.S.L. avrebbe espresso parere favorevole con riguardo all'intervento in questione e che i vani risulterebbero anche muniti di finestre praticate nella parete ed aprentesi nella zona interna dell'immobile. La omessa indicazione delle disposizioni che vieterebbero tali aperture costituirebbe, ad avviso del sig. Laserri, la migliore riprova dell'infondatezza delle incoerenti determinazioni del tecnico comunale e, pertanto, sotto tale profilo, l'impugnato provvedimento sarebbe inficiato da evidente falsa presupposizione.
Si è costituito a resistere in giudizio il Comune di Bari chiedendo il rigetto del gravame.
Entrambe le parti hanno prodotto documentazione ed hanno presentato una memoria per l’udienza di discussione;parte ricorrente ha altresì depositato note di replica.
All’udienza pubblica del 4 ottobre 2012 la causa è stata rinviata all’udienza pubblica del 20 giugno 2013.
All’udienza pubblica del 20 giugno 2013 la causa è stata chiamata e assunta in decisione.
Il ricorso è fondato e deve, pertanto, essere accolto.
Colgono nel segno le censure con le quali il ricorrente ha dedotto la violazione di legge per omessa e falsa applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 22 e 23 del D.P.R. n. 380 del 2001, nonché dell'art. 19 della L. n. 241 del 1990, come modificato dall'art. 9 della L. n. 69 del 2009 in quanto, a suo avviso, la diffida sarebbe tardiva, dovendo ritenersi preclusa al Comune, decorso il termine di 30 giorni dalla data di presentazione della DIA, previsto dall’art. 23 del D.P.R. n. 380 del 2001, la possibilità di esercitare il potere inibitorio, potendo solo agire in autotutela, secondo la previsione dell’art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990.
Si ritiene opportuno richiamare di seguito le norme applicabili alla fattispecie oggetto di gravame nella versione conforme al principio tempus regit actum .
Premesso quanto sopra, per quello che in questa sede interessa, l’art. 23 del D.P.R. n. 380 del 2001, al comma 1, dispone: “1. Il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta allo sportello unico la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici approvati e non in contrasto con quelli adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie.”.
Il successivo comma 6 prevede: “6. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. È comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia.”
Al riguardo la giurisprudenza consolidata, condivisa dal Collegio, ritiene che il decorso del termine di 30 giorni dalla presentazione della denunzia di inizio attività comporta, ai sensi del suddetto art. 23, comma 6, del D. P. R. n. 380 del 2001, la decadenza dell’amministrazione comunale dal potere di inibire i lavori;tuttavia, qualora l’attività edilizia sia illegittima in quanto non rispondente alle norme di legge o di regolamento, ovvero alle prescrizioni dettate dallo strumento urbanistico, residuano in capo all’amministrazione comunale il generale potere repressivo degli abusi edilizi, di cui dall’art. 27 del medesimo D. P. R. n. 380 del 2001, nonché il potere di autotutela previsto dall’art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990 (cfr. ex multis TAR Salerno, n. 218 del 15 febbraio 2012, TAR Milano, n. 4066 del 17 giugno 2009).
L’art. 19 della legge n. 241 del 1990, al comma 3, così come modificato dal comma 5 dell’art. 9 della L. 18 giugno 2009, n. 69, infatti, prevedeva e prevede “…..È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies….”.
Passando ad analizzare la fattispecie oggetto di gravame, considerato che parte ricorrente ha presentato la nuova DIA, che risulta in atti assunta al protocollo del Comune di Bari in data 24 settembre 2009 (allegando la relazione illustrativa del proprio tecnico, ai fini della dimostrazione dell'ammissibilità dell'intervento in considerazione delle nuove soluzioni adottate per superare le ragioni ostative prospettategli riguardo alla precedente DIA presentata in data 18 maggio 2009) e che l’atto di diffida, oggetto di gravame, risulta emesso in data 8 gennaio 2010 e notificato in data 8 febbraio 2010, quest’ultimo deve ritenersi adottato quando ormai era spirato il termine di 30 giorni previsto dal suddetto art. 23, comma 6, del D.P.R. n. 380 del 2001 per l’esercizio di tale potere.
Come prospettato da parte ricorrente, il Comune di Bari, qualora avesse ritenuto l’intervento non assentibile “in relazione alle definizioni del Regolamento Edilizio vigenti e del Regolamento d’igiene”, come rappresentato nel provvedimento impugnato, avrebbe dovuto esercitare un diverso potere attribuitogli dall’ordinamento, quello di autotutela.
Il Collegio ritiene opportuno precisare che la circostanza che, nel provvedimento impugnato, sia stato indicato (con un “N.B.”) “La presente diffida rende nulla la DIA presentata”, non consente di qualificare lo stesso come esercizio di autotutela.
In disparte, infatti, la questione del nomen iuris utilizzato (la nullità è disciplinata dall’art. 21 septies e non è contemplata dall’art. 19 della L. n. 241/90) - questione astrattamente superabile in quanto, allorquando la P.A. erra nel qualificare un provvedimento, ma non vi sono dubbi sul potere esercitato e sul presupposto valutato e posto alla base del provvedimento, il provvedimento medesimo può considerarsi legittimamente emanato (cfr. ex multis TAR Puglia, Bari, Sezione III, n. 981 del 22 aprile 2009)- nella fattispecie oggetto di gravame non risultano esplicitati i presupposti di cui all'articolo 21 nonies per l’annullamento di ufficio (a) l'illegittimità dell'atto;b) la sussistenza di ragioni di interesse pubblico;c) l'esercizio del potere entro un termine ragionevole;d) la valutazione degli interessi dei destinatari e dei controinteressati rispetto all'atto da rimuovere).
Conclusivamente, il Collegio ritiene che i profili di illegittimità dedotti con le sopra illustrate censure abbiano una indubbia valenza assorbente rispetto agli altri motivi di gravame, sicché la fondatezza delle stesse censure comporta l’accoglimento della domanda demolitoria del ricorso stesso con l’assorbimento degli ulteriori motivi d’impugnazione.
Parte ricorrente nelle conclusioni, oltre all’annullamento del provvedimento, chiede ogni “consequenziale provvedimento di legge anche risarcitorio” e nella memoria depositata in data 25.7.2012 si riserva di presentare “ogni necessaria azione anche di ordine risarcitorio”. Al riguardo il Collegio, rileva che siffatta domanda risarcitoria risulta genericamente formulata e non provata e, pertanto, da rigettare.
Le spese, secondo la regola della soccombenza, devono porsi a carico della parte resistente, nell’importo liquidato nel dispositivo, tenuto anche conto del rigetto della domanda di risarcimento del danno.