TAR Brescia, sez. I, sentenza 2023-05-02, n. 202300388

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. I, sentenza 2023-05-02, n. 202300388
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 202300388
Data del deposito : 2 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/05/2023

N. 00388/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00110/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 110 del 2022, proposto da
M M D, rappresentato e difeso dall'avvocato L N, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno e U.T.G. - Prefettura di Brescia, in persona rispettivamente del Ministro e del Prefetto pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliati ex lege in Brescia, via S. Caterina, 6;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

del provvedimento, prot. n. 2020/101930 datato 11 novembre 2021, con il quale la Prefettura di Brescia – Sportello Unico per l’immigrazione ha rigettato l’istanza di emersione, ex art. 103, comma 1, d.l. 34/2020, presentata dal datore di lavoro dell’odierno ricorrente, nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’U.T.G. - Prefettura di Brescia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 19 aprile 2023 il dott. Luca Pavia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. Il 12 giugno 2020 il sig. El Hadjui Moussa Ndiaye ha presentato istanza, ex . art. 103, comma 1, d.l. 34/2020, per regolarizzare la posizione dell’odierno ricorrente e, per provare il soggiorno del ricorrente sul territorio nazionale in una data antecedente all’8 marzo 2022, è stata prodotta la ricevuta di ricevimento dell’istanza di rinnovo del passaporto, rilasciata, il 10 febbraio 2009, dal Consolato del Senegal di Milano.



2. Il 22 dicembre 2020 lo Sportello Unico per l’Immigrazione ha consegnato, a mani di un funzionario del patronato INCA – CGIL (che aveva curato l’inoltro della domanda di emersione), il preavviso di rigetto dell’istanza.



3. In data 11 novembre 2021 la Prefettura di Brescia ha respinto l’istanza di emersione perché ha ritenuto inidonea la documentazione prodotta per provare la presenza del ricorrente sul territorio nazionale, in quanto eccessivamente risalente nel tempo.



4. Il provvedimento è stato notificato il 2 dicembre 2021 a un funzionario del patronato INCA - CGIL, che, il 6 gennaio 2021, lo ha consegnato al sig. El Hadjui Moussa Ndiaye, il quale lo ha, a sua volta, comunicato all’odierno ricorrente.



5. Il 14 dicembre 2021 i destinatari dell’atto hanno chiesto la revoca del provvedimento, allegando ulteriore documentazione volta ad attestare il soggiorno dello straniero in Italia in una data antecedente all’8 marzo 2020.



6. Stante il silenzio dell’amministrazione procedente, il lavoratore da regolarizzare ha impugnato il rigetto dell’istanza di emersione con ricorso, notificato e depositato il 31 gennaio 2022.



7. All’udienza camerale del 23 febbraio 2022 il Collegio ha ordinato all’amministrazione di depositare tutti i documenti in suo possesso relativi all'atto censurato, il contenuto dell’ordinanza istruttoria è stato reiterato il successivo 8 giugno 2022, il successivo 15 giugno l’amministrazione procedente ha depositato la documentazione richiesta e, all’udienza camerale del giorno 28 settembre 2022, il Collegio ha respinto l’istanza cautelare del ricorrente.



8. Il 23 gennaio 2023 il Consiglio di Stato ha sospeso l’efficacia del provvedimento impugnato, ritenendo che le questioni sollevate dal ricorrente dovessero essere approfondite nel giudizio di merito.



9. Il 17 marzo 2023 il ricorrente ha depositato una memoria nella quale, oltre a ribadire le proprie difese, ha chiesto al Collegio di pronunciarsi sull’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato del 19 maggio 2022.

10. All’udienza pubblica del 19 aprile 2023, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.

11. Con un unico e articolato motivo di ricorso il ricorrente censura la violazione dell’articolo 103, comma 1, del d.l. 34/2020, oltre all’eccesso di potere e al difetto di motivazione del provvedimento impugnato.

A suo dire, infatti, l’articolo de quo si limiterebbe a prevedere che lo straniero abbia soggiornato in Italia in una data antecedente all’8 marzo 2020, senza, però, fissare alcun limite temporale di validità ai documenti che possono essere utilizzati mentre, il Ministero dell’Intero e la Prefettura di Brescia avrebbero introdotto un criterio non previso dal legislatore sancendo rispettivamente che i documenti risalenti nel tempo devono essere supportati da altra documentazione che dimostri la presenza nel territorio nazionale dello straniero in una data più ravvicinata e che devono essere ritenute valide, come prove di soggiorno sul territorio italiano, solo i documenti prodotti a far data dal 1° gennaio 2018.

Il ricorrente evidenza, infine, di aver comunque prodotto, nella propria istanza di riesame, ulteriore, e più recente, documentazione per attestare il proprio soggiorno.

12. Il ricorso è infondato.

Ai sensi dell'art. 103, comma 1, del d.l. n. 34 del 2020, « al fine di garantire livelli adeguati di tutela della salute individuale e collettiva in conseguenza della contingente ed eccezionale emergenza sanitaria connessa alla calamità derivante dalla diffusione del contagio da -COVID-19 e favorire l'emersione di rapporti di lavoro irregolari, i datori di lavoro italiani o cittadini di uno Stato membro dell'Unione europea, ovvero i datori di lavoro stranieri in possesso del titolo di soggiorno previsto dall'articolo 9 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive modificazioni, possono presentare istanza, con le modalità di cui ai commi 4, 5, 6 e 7 , per concludere un contratto di lavoro subordinato con cittadini stranieri presenti sul territorio nazionale ovvero per dichiarare la sussistenza di un rapporto di lavoro irregolare, tuttora in corso, con cittadini italiani o cittadini stranieri. A tal fine, i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni costituite da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici;
in entrambi i casi, i cittadini stranieri non devono aver lasciato il territorio nazionale dall'8 marzo 2020
».

La norma richiede, quindi, che ai fini della prova de qua « i cittadini stranieri devono essere stati sottoposti a rilievi fotodattiloscopici prima dell'8 marzo 2020 ovvero devono aver soggiornato in Italia precedentemente alla suddetta data, in forza della dichiarazione di presenza, resa ai sensi della legge 28 maggio 2007, n. 68 o di attestazioni costituite da documentazione di data certa proveniente da organismi pubblici ».

Il successivo D.M. 27 maggio 2020 ha, poi, precisato, all'art. 5, comma 2, che « sono da considerare organismi pubblici i soggetti, pubblici o privati che istituzionalmente o per delega svolgono una funzione o un'attribuzione pubblica o un servizio pubblico ».

Analogamente, la circolare del Ministero dell'Interno del 30 maggio 2020 ha specificato, al riguardo, che per “ organismi pubblici ” devono intendersi « soggetti pubblici privati o municipalizzati che istituzionalmente o per delega svolgono una funzione o un'attribuzione pubblica o un servizio pubblico ».

La successiva circolare del Ministero dell'Interno, prot. 6623 del 17 novembre 2020, ha, poi, ribadito « che la prova della presenza deve essere costituita da attestazioni rilasciate da organismi pubblici», di modo che «non si ritiene possano essere ammesse dichiarazioni testimoniali ».

La disposizione è stata successivamente precisata della circolare del Ministero dell'Interno del 30 maggio 2020, in cui è stato evidenziato che la prova della presenza in Italia dello straniero deve essere « documentata da attestazione di data antecedente all'8 marzo 2020, rilasciata da organismi pubblici intesi come soggetti pubblici, privati o municipalizzati che istituzionalmente o per delega svolgono una funzione o un'attribuzione pubblica o un servizio pubblico ».

Ai fini del buon esito della procedura di regolarizzazione è, quindi, necessaria la presenza dello straniero in Italia prima dell'8 marzo 2020 e che essa sia dimostrata mediante gli strumenti probatori specificamente indicati dalle fonti primarie e regolamentari, mentre le circolari, conviene ricordarlo, hanno per questo giudice un semplice valore orientativo, e non lo vincolano in alcun modo, posto che esse « non hanno un valore normativo o provvedimentale e, peraltro, non assumono valore vincolante per i soggetti destinatari degli atti applicativi di esse » ( ex multis Consiglio di Stato, sez. II, 19 gennaio 2022, n. 352).

Sul punto, la giurisprudenza ha inoltre chiarito che, nonostante l'art. 103 del d.l. n. 34/2020 non fissi un preciso intervallo temporale, utile ai fini della dimostrazione del soggiorno - ovvero di una presenza tendenzialmente continuativa - in Italia dello straniero, antecedente alla presentazione dell'istanza di emersione, e si limiti a richiedere una prova di tale presenza in data anteriore all'8 marzo 2020, è ragionevole che la dimostrazione in questione non trovi riferimento in fatti eccessivamente risalenti, cui segue un lungo intervallo opaco fino alla data dell’8 marzo 2020, e anche oltre, in cui lo straniero potrebbe essersi allontanato dal nostro Paese, per farvi poi ritorno allo scopo di beneficiare della sanatoria, anche con la compiacenza del presunto datore di lavoro;
del resto, come sopra osservato, la norma usa la locuzione “aver soggiornato”, la quale implica una continuità nella dimora in Italia, nel corso della quale è normale si formino tracce, anche documentali, della presenza pur irregolare dello straniero, e che se sono per tali inidonee a fornire la prova richiesta dalla legge, possono tuttavia rendere sufficienti anche attestazioni non prossime alla data del giorno 8 marzo 2020.

Invero, non bisogna dimenticare che « la finalità della normativa in questione non è quella di sanare il fenomeno dell'ingresso irregolare di stranieri nel nostro territorio, ma è quella di consentire la "emersione dei rapporti di lavoro" - come precisa la rubrica dell'art. 103 - che si sono svolti nel lasso di tempo ragionevole anteriore all'8 marzo 2020 » (cfr. T.A.R. Brescia, sez. II, 22 dicembre 2021, n. 1113 e T.A.R. Toscana, sez. II, 26 ottobre 2021, n. 1375), e ciò impone, come per ogni norma eccezionale di favore, un’interpretazione letterale e non estensiva.

Ciò posto, il Collegio ritiene che il ricorrente non abbia assolto all’onere di dimostrare il proprio soggiorno in Italia in una data antecedente all’8 marzo 2020 in quanto si è limitato a produrre con la domanda di emersione un certificato consolare del 2009, correttamente ritenuto dall’amministrazione procedente eccessivamente risalente nel tempo, anche alla luce del fatto che egli non ha neppure giustificato perché, se effettivamente soggiornava in Italia sin dal 2009 non abbia fruito della precedente procedura di emersione, né con tale documento, lo straniero ne ha tempestivamente fornito di ulteriori più prossimi, pur essendo facilmente intuibile l’inadeguatezza di quello depositato (tanto più essendo la pratica seguita da una struttura competente, come il patronato INCA – CGIL).

Per quanto concerne, invece, l’ulteriore documentazione, occorre evidenziare che essa è stata prodotta solo al momento della presentazione di un’istanza di riesame, a cui però l’amministrazione procedente non era tenuta a dare seguito, posto che, come noto, « la P.A. non ha l'obbligo giuridico di pronunciarsi su un'istanza diretta a sollecitare l'esercizio del potere di autotutela, che costituisce una manifestazione tipica della discrezionalità amministrativa, di cui essa è titolare per la tutela dell'interesse pubblico e che è incoercibile dall'esterno. La normativa di diritto eurounitario e la giurisprudenza amministrativa non configurano l'intervento in autotutela quale atto dovuto, accertabile in ogni tempo ad opera dello stesso organo che ha emesso l'atto ovvero dell'organo sovraordinato secondo i principi di imparzialità e parità di trattamento » ( ex multis T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 28 ottobre 2022, n. 13943).

A ciò si aggiunga che non solo il ricorrente ha tardivamente prodotto la documentazione di cui ora pretenderebbe la valutazione, ma, soprattutto, che non ha neppure censurato espressamente né la violazione del contraddittorio procedimentale né il difetto di istruttoria: una generica doglianza (per cui la notifica della comunicazione di cui all’art. 10- bis della legge 241/90 a mani del personale del patronato che aveva curato l’inoltro dell’istanza di emersione per conto del datore di lavoro non garantirebbe « in alcun modo che l’atto venga effettivamente portato a conoscenza dell’istante: il patronato, quale semplice intermediario, potrebbe non comunicarlo per tempo al datore di lavoro e costui potrebbe poi non comunicarlo al lavoratore ») si trova soltanto nella memoria depositata il 17 marzo 2023, doglianza che non è però confluita in una censura ritualmente notificata, che pure parte ricorrente era in grado di proporre sin dalla presentazione del ricorso introduttivo .

13. In conclusione il ricorso, per come proposto, è infondato e deve essere respinto.

Invero, la difesa del ricorrente ha incentrato la propria impugnazione sul fatto che l’amministrazione procedente non avrebbe potuto ritenere inidonea la documentazione del 2009 e sull’ulteriore circostanza che, comunque, egli sarebbe in possesso di ulteriori documenti per provare il proprio soggiorno in Italia prima dell’8 marzo 2020: ma, alla luce di quanto precedentemente esposto, quanto al primo profilo, l’amministrazione procedente ha correttamente ritenuto inidonea, perché troppo risalente nel tempo, la certificazione del 2009 e, quanto al secondo, essa non aveva alcun obbligo giuridico di esaminare quanto prodotto per la prima volta in un’istanza di riesame, né tale potere ha questo Giudice, in difetto di una pertinente censura.

14. Per quanto riguarda, infine, l’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, il Collegio è tenuto a evidenziare che il ricorrente ha presentato una prima istanza il 12 gennaio 2022, ma essa è stata dichiarata inammissibile, il successivo 14 marzo, perché il ricorrente si era limitato a richiedere, una sola volta, al consolato del proprio paese di origine l’attestazione dei redditi in esso prodotti.

Il 19 maggio 2022 è stata, quindi, depositata una nuova istanza contenente, però, la sola certificazione originariamente mancante che, essendo carente di tutti gli altri documenti e certificazioni necessari per vagliarne la fondatezza, deve essere dichiarata nuovamente inammissibile perché incompleta.

15. Alla luce della peculiarità della vicenda e della condotta processuale dell’amministrazione resistete, il Collegio ritiene che sussistano giustificati motivi per compensare integralmente le spese di lite tra le parti.

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