TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2022-11-02, n. 202214222

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2022-11-02, n. 202214222
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202214222
Data del deposito : 2 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/11/2022

N. 14222/2022 REG.PROV.COLL.

N. 04755/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4755 del 2020, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Le Sfere D'Oro S.r.l. in Liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato A M M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Pomezia, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato A T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Agenzia del Demanio, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Regione Lazio, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell’efficacia

quanto al ricorso introduttivo:

- della Determinazione Dirigenziale del Comune di Pomezia n. 289 del 10 marzo 2020, notificata a mezzo p.e.c. in data 31 marzo 2020, avente ad oggetto “Concessione demaniale marittima n. 51 del 2002, di cui al repertorio n. 51 del 2002, Pom 19, rilasciata in favore della società Le Sfere d'Oro s.r.l., c.fisc. 05803310589 - decadenza ex art. 47 del R.D. n. 327 del 30.03.1942 e ss.mm.ii., nonché ai sensi dell'art. 49 della L.R. Lazio n. 13 del 06.08.2007 e ss.mm.ii.”;

- della “Comunicazione Avvio del procedimento di decadenza” della Concessione demaniale marittima de qua, notificata a mezzo p.e.c. alla suddetta Società in data 27 gennaio 2020;

- dell’Ordinanza Sindacale del Comune di Pomezia n. 40 del 26 maggio 2020, avente ad oggetto “Interdizione delle concessioni demaniali marittime oggetto di decadenza”, unitamente al richiamato “verbale di presa in possesso dei luoghi (cfr. nota prot. n. 16678 del 12/02/2020)” e delle successive note prot. n. 27590 del 10 marzo 2020 e 29407 del 17 marzo 2020, mai conosciuti e/o comunicati alla Società ricorrente;

- di ogni altro atto, cognito e/o non cognito, comunque connesso a quelli impugnati in via principale;

quanto al ricorso per motivi aggiunti presentati il 3/4/2021:

- del provvedimento prot. n. 12469/2021, notificato a mezzo p.e.c. il 4 febbraio 2021, con cui il Comune di Pomezia non ha ammesso e, comunque, ha rigettato l'istanza del 20 ottobre 2020, assunta al prot. n. 0106473, presentata dalla ricorrente “ai sensi dell'articolo 100, comma 8, della Legge 126/2020, di conversione del D.L. 104/2020, per accedere alla definizione [del contenzioso pendente] di cui al comma 7 della citata normativa”, con riferimento alla concessione demaniale marittima n. 51/2002;

- della deliberazione della giunta comunale n. 33 del 25/02/2021, recante “atto di indirizzo per l'attivazione delle procedure di gara ad evidenza pubblica per le concessioni demaniali marittime dichiarate decadute in osservanza dei sovraordinati principi comunitari di cui all'art. 12, dir. 2006/123/ce”;

- della nota pervenuta a mezzo p.e.c. in data 22.03.2021, con cui lo stesso Comune di Pomezia ha rigettato l'“Istanza per la richiesta di proroga” della scadenza della concessione demaniale n.51/2002, presentata dalla ricorrente in data 30 dicembre 2020 ai sensi “dell'art. 1 comma 682 e seguenti della Legge 145 del 30 Dicembre 2018 che ha stabilito la proroga delle concessioni disciplinate dal comma1, dell'art.1, del D.L. n.400 del 05/10/1993, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 494 del 04/12/1993, vigenti alla data di entrata in vigore della legge, inoltre ai sensi del D.L. n. 34 del 19/05/2020 con successive conversioni e modificazioni ed infine in riferimento alla Deliberazione della Giunta Comunale n. 229 del 15/12/2020”;

- del “Bando di Gara” del 26 marzo 2021 e di tutti gli allegati allo stesso, con cui e nella parte in cui il Comune di Pomezia ha indetto una procedura per l’“affidamento” della concessione demaniale marittima sita “nel Comune di Pomezia in località Torvaianica, per finalità turistiche e ricreative. […] stabilimento balneare “Sfere d'Oro (La Bussola)” fino ad oggi appartenuta alla ricorrente Società;

- di ogni altro atto, cognito e/o non cognito, comunque connesso a quelli impugnati in via principale, con particolare riferimento alla nota prot. 6841/20021 del 21 gennaio 2021, con cui il Comune di Pomezia ha comunicato alla stessa Società ricorrente il “preavviso di rigetto dell'istanza ex art. 100, c. 8, D.L. 104/2020, relativamente al mancato pagamento di canoni concessori”;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pomezia e dell’Agenzia del Demanio;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 settembre 2022 la dott.ssa Francesca Santoro Cayro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La Società indicata in epigrafe era titolare della concessione demaniale marittima n. 51 del 2002, rilasciata dal Comune di Pomezia per l’occupazione di una zona demaniale marittima e opere ivi insistenti (della superficie di metri quadrati 1.046), situata nel litorale del medesimo Comune e precisamente a Torvajanica, allo scopo di mantenervi un ristorante - veranda (ad insegna “La Bussola”) con parcheggio all’interno dello stabilimento balneare “Florida”, con scadenza al 31 dicembre 2020 (come da proroghe ex lege intervenute nel corso degli anni).

1.2. L’Amministrazione comunale (in qualità di Ente sub-delegato all’esercizio dei compiti e delle funzioni amministrative in materia di gestione di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative) adottava la Determinazione Dirigenziale n. 289 del 10 marzo 2020, con la quale comminava la decadenza dalla concessione de qua per: a) morosità nel pagamento dei canoni concessori relativi alle annualità dal 2011 al 2019, dovuti per un importo complessivo di euro 397.131,98, ai sensi degli artt. 47, co. 1, lett. d) Cod. Nav. e 49, co. 3 L.R. Lazio n. 13/2007 e ss.mm.; b) inadempimento dell’obbligo, previsto sia dall’art. 17 del Regolamento del Codice della Navigazione sia dal titolo concessorio, di integrare annualmente il deposito cauzionale versato all’Erario a garanzia degli impegni sorti per effetto della concessione.

1.3. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio, tempestivamente notificato e depositato, la Società è insorta avverso il suddetto provvedimento di decadenza, impugnando altresì la prodromica comunicazione di avvio del procedimento, notificata in data 27 gennaio 2020, nonché l’Ordinanza sindacale n. 40 del 26 maggio 2020, con la quale è stata ordinata l’interdizione al pubblico delle aree demaniali (ivi includa quella occupata dalla ricorrente) oggetto di concessioni decadute e rimaste nella disponibilità dei concessionari a seguito della emergenza pandemica da Covid-19.

Il ricorso è affidato a cinque motivi di diritto, con i quali la Società deduce l’illegittimità degli atti gravati sotto plurimi profili di violazione di legge ed eccesso di potere, ai sensi di quanto di seguito si sintetizza: i) l’art. 34 del d.l. n. 162/2019 aveva sospeso, dal 1° gennaio 2020 al 30 settembre 2020, il pagamento dei canoni dovuti riferiti alle concessioni relative a pertinenze demaniali marittime con finalità turistico-ricreative, e tale disposizione avrebbe inteso neutralizzare, per il medesimo arco temporale, anche l’applicazione dell’art. 47, co. 1, lett. d) Cod. Nav., coerentemente con la finalità di sostegno del settore turistico-balneare e in ossequio alla disposizione di cui all’art. 1455 c.c., che esclude la risoluzione del contratto qualora l’inadempimento sia di “scarsa importanza”; ii) sia l’art. 47 Cod. Nav. sia l’art. 49 della L. R. Lazio n. 13/2007 prevedono che la decadenza può essere dichiarata solo in caso di omesso pagamento del canone per il numero di rate fissato dall’atto di concessione, laddove, nel caso di specie, la concessione n. 51/2002 non specificava il numero di rate a tal fine necessario, considerato peraltro che il Tribunale di Roma, con Decreto di fissazione udienza n. 2080/2018 (emesso in un giudizio instaurato ai sensi dell’art. 615 c.p.c.), aveva già disposto la sospensione della riscossione coattiva dei canoni relativi agli anni 2011-2014 per un totale di euro 204.236,91, e deducendo ulteriormente la violazione dell’art. 26 del Reg. Nav. Mar., in quanto, prima di pronunciare la decadenza, il Comune non aveva interpellato l’Intendenza di finanza; iii) nel corso del procedimento erano state violate le proprie garanzie partecipative, poiché il provvedimento conclusivo (notificato il 31 marzo 2020) era stato adottato prima del termine (30 giorni) accordato alla Società per la presentazione di eventuali memorie scritte e documenti, termine che, per effetto della sospensione prevista dalla normativa emergenziale di cui agli artt. 103, co. 1, d.l. n.18/2020 e 37 d.l. n.23/2020, sarebbe scaduto solo in data 19 maggio 2020, con conseguente impossibilità per l’interessata di formulare pertinenti controdeduzioni (quali: la citata sospensione della riscossione coattiva dei canoni concessori relativi alle annualità 2011-2014;
la pendenza dinanzi al T.A.R. del Lazio del ricorso R.G. n. 12126/2015, avente ad oggetto la determinazione dei canoni dovuti per gli anni 2007-2013;
le incertezze in merito alla proprietà demaniale dell’area, confermate anche dalla Sentenza del Tribunale di Velletri n. 1911/2019, che aveva accertato la proprietà privata di alcune particelle incluse nello stesso foglio catastale n. 34 nel quale ricadevano anche quelle occupate dalla ricorrente “in proprietà superficiaria”); iv) il provvedimento di decadenza è fondato su una causa (omesso versamento del deposito cauzionale) non indicata nella prodromica comunicazione di avvio del procedimento, né l’atto concessorio contemplava tale obbligo; v) l’ordinanza sindacale n. 40 del 26 maggio 2020 era affetta da invalidità derivata, in quanto adottata sul presupposto dell’intervenuta decadenza, illegittimamente comminata.

2. Si sono costituiti in giudizio sia il Comune di Pomezia sia l’Agenzia del Demanio, chiedendo il rigetto del ricorso.

3. Con ordinanza n. 4967 del 21.07.2020, la Sez. II bis di questo Tribunale ha respinto la domanda cautelare.

4. In vista dell’udienza pubblica dell’11 novembre 2020, sia la ricorrente sia il Comune di Pomezia hanno depositato memorie illustrative e repliche.

5. Con ordinanza n. 12762 del 30.11.2020, la Sezione II bis, preso atto della domanda di definizione presentata dalla Società ai sensi dell’art. 100, co. 8, del d.l. n.104/2020, convertito con l. n.126/2020 (cd. “condono balneare”), ha sospeso il giudizio ai sensi del co. 10 della medesima disposizione.

6. Cessata la causa di sospensione in ragione dell’adozione, da parte del Comune, del provvedimento di rigetto della domanda di condono con atto prot. n. 12469 del 4.02.2021, il giudizio è stato riassunto ai sensi dell’art. 80 c.p.a., con la presentazione di due distinte istanze di fissazione d’udienza (in data 8.02.2021 – quella del Comune – e 3.04.2021 – quella presentata dalla ricorrente).

7. Sempre in data 3 aprile 2021, la ricorrente ha proceduto a notificare e contestualmente depositare ricorso per motivi aggiunti, con richiesta di sospensione dell’efficacia, avverso i) il provvedimento da ultimo citato, nonché ii) la deliberazione della giunta comunale n. 33 del 25/02/2021, recante “ atto di indirizzo per l’attivazione delle procedure di gara ad evidenza pubblica per le concessioni demaniali marittime dichiarate decadute in osservanza dei sovraordinati principi comunitari di cui all’art. 12, dir. 2006/123/ce. ”, iii) il bando di gara del 26 marzo 2021 e i relativi allegati, nella parte in cui il Comune di Pomezia aveva indetto una procedura per l’affidamento della concessione demaniale marittima sita “ nel Comune di Pomezia in località Torvaianica, per finalità turistiche e ricreative. […] stabilimento balneare “Sfere d'Oro (La Bussola) ”, nonché ancora iv) la nota pervenuta a mezzo p.e.c. in data 22.03.2021, con cui lo stesso Comune aveva rigettato l’istanza presentata dalla Società in data 30 dicembre 2020, con la quale era stata chiesta la proroga della concessione demaniale n. 51/2002 ai sensi dell’art. 1, co. 682 e ss. della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

7.1. Con l’atto di motivi aggiunti la Società deduce vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto plurimi profili, lamentando in particolare il difetto assoluto di attribuzione ovvero l’incompetenza del Comune di Pomezia ad adottare il provvedimento di rigetto dell’istanza presentata ai sensi dell’art. 100 d.l. n. 104/2020, anche in ragione della mancata partecipazione dell’Agenzia del Demanio, nonché l’illegittimità dei plurimi motivi che sono stati addotti a fondamento del diniego, che vengono specificamente contestati.

È altresì censurata l’illegittimità per invalidità derivata, nella specie “caducante”, degli ulteriori atti impugnati con i motivi aggiunti, riproponendo sul punto le doglianze già esperite con il ricorso introduttivo.

8. Sia il Comune sia l’Agenzia del Demanio hanno presentato memorie, la prima sollevando eccezione di carenza di interesse, per essere la ricorrente una S.r.l. in liquidazione, e dunque impossibilitata a intraprendere nuovi affari giusta il disposto degli artt. 2272 e ss. c.c., e chiedendo entrambe il rigetto, nel merito, del ricorso per motivi aggiunti.

9. Con istanza acquisita al protocollo comunale n. 0025753/2021 del 10 marzo 2021, la Società ha chiesto l’accesso ex l. n. 241/1990 alla documentazione relativa ai provvedimenti di “incameramento” citati dal resistente Comune nel provvedimento di diniego della domanda di condono balneare (segnatamente nel terzo motivo), e con successiva istanza ex art. 116, co. 2 c.p.a., notificata in data 30 aprile 2021 e depositata il 3 maggio 2021, la ricorrente ha impugnato il silenzio-diniego formatosi sulla predetta istanza, chiedendo che sia ordinata l’ostensione della documentazione al fine di “ esercitare in maniera piena ed effettiva nel presente giudizio (ed in altri) il proprio diritto di difesa, costituzionalmente garantito ”.

10. All’esito della camera di consiglio del 5 maggio 2021, la Sez. II bis ha adottato l’ordinanza n. 2663/2021, con la quale ha rimesso l’esame dell’istanza ex art. 116, co. 2 c.p.a. all’udienza pubblica (già fissata) del 4 giugno 2021 e rilevato ex officio la questione di giurisdizione in merito alla domanda di annullamento del diniego di accesso alle misure previste dall’art. 100, co. 7 d.l. n. 104 del 2020, invitando le parti a presentare memorie anche in merito alle correlative implicazioni in ordine alle domande di annullamento ulteriormente dedotte sia nel ricorso, che nei motivi aggiunti.

11. In vista dell’udienza pubblica, il Comune, l’Agenzia del Demanio e la Società hanno presentato memorie ex art. 73, co. 3 c.p.a., con cui argomentavano nel senso della insussistenza (cfr. memoria di replica del Comune del 13 maggio 2021, nonché memoria dell’Agenzia del Demanio del 28 maggio 2021) e della sussistenza (cfr. memoria di parte del 19 maggio 2021) della giurisdizione del giudice amministrativo, formulando contestualmente la ricorrente domanda di sospensione cautelare dell’efficacia dei provvedimenti impugnati sino all’esito del giudizio avente ad oggetto la domanda di definizione agevolata.

12. Con ordinanza n. 3425 del 17 giugno 2021, il Tribunale ha rigettato la domanda cautelare.

13. Con successiva ordinanza n. 3425 del 16 luglio 2021, la Sez. II bis ha disposto la sospensione (cd “impropria”) del giudizio in attesa della definizione del ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione proposto nel giudizio pendente davanti al T.A.R. Lazio sub R.G. n. 4392/2020.

14. A seguito dell’ordinanza delle SS.UU. n. 8475/2022 del 15 marzo 2022, il Comune ha riassunto il presente giudizio ai sensi dell’art. 80 c.p.a., presentando istanza di fissazione d’udienza in data 16 marzo 2022.

15. Con memoria illustrativa del 25 luglio 2022, l’Amministrazione comunale insiste per la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sia sul diniego della domanda di condono balneare (impugnato con ricorso per motivi aggiunti), giusta il principio di diritto enunciato con la citata ordinanza delle SS.UU. n. 8475/2022, sia sul provvedimento di decadenza gravato con il ricorso introduttivo, nonché per l’improcedibilità in parte qua del gravame diretto avverso l’ordinanza sindacale n. 40/2020, avendo questa già da tempo esaurito i propri effetti, nonché ancora per l’infondatezza nel merito della domanda caducatoria proposta avverso il diniego di proroga della concessione ex l. n. 145/2018 e l’inammissibilità per difetto di interesse della domanda di annullamento del bando di gara del 26 marzo 2021 (non avendo la Società partecipato alla procedura di affidamento). Chiede altresì la riunione con il giudizio pendente dinanzi a questo Tribunale sub R.G. n. 476/2021, relativo all’ordine di pagamento per l’anno 2020, nonché il rigetto dell’istanza di accesso proposta ai sensi dell’art. 116, co. 2 c.p.a.

16. Con memoria di replica del 6 settembre 2022, la ricorrente, dopo aver argomentato che il provvedimento di diniego di condono è comunque conoscibile dal giudice amministrativo incidenter tantum ai sensi dell’art. 8 c.p.a., insiste per la giurisdizione del giudice amministrativo in merito all’azione di annullamento esperita avverso il provvedimento di decadenza ed evidenzia che, ai sensi dell’art. 100, co. 5 d.l. n. 104/2020, il suddetto provvedimento sarebbe divenuto inefficace (come accertato anche dal Tribunale di Velletri con la sentenza del 20 maggio 2022, versata in atti), chiedendone pertanto il relativo annullamento, unitamente ai provvedimenti successivi, affetti da invalidità derivata, con conseguente rigetto di tutte le eccezioni in rito sollevate dalla difesa comunale. Insiste poi per l’accoglimento dell’istanza ex art. 116, co. 2 c.p.a.

17. All’udienza pubblica del 27 settembre 2022 il ricorso è trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Va innanzitutto rigettata l’istanza, avanzata dalla difesa comunale nella memoria del 25.07.2022, di riunione del presente giudizio con quello pendente dinanzi a questo Tribunale sub R.G. n. 476/2021, esperito avverso l’ordine di introito emesso dal Comune di Pomezia per l’anno 2020, in quanto non sussistono profili di connessione oggettiva, posto che le domande formulate in seno ai due giudizi sono fondate su presupposti fattuali e giuridici diversi e vertono su provvedimenti adottati all’esito di distinti iter procedimentali.

2. In limine litis e in via pregiudiziale, occorre precisare quanto segue.

3. La ricorrente, nella memoria da ultimo depositata (6 settembre 2022), non ha riproposto l’istanza avanzata con la memoria difensiva (contenente anche domanda cautelare ex art. 55 c.p.a.) depositata in data 19.05.2021, con la quale era stata chiesta la sospensione dell’intero giudizio nell’eventualità in cui questo giudice avesse declinato la propria giurisdizione sulla domanda di annullamento del provvedimento di diniego di definizione agevolata ex art. 100 del d.l. n. 104 del 2020.

La parte, infatti, ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni rassegnate con il ricorso introduttivo e con i successivi motivi aggiunti, sicché non resta al Collegio che scrutinare le relative domande nel rispetto del principio della domanda ex art. 112 c.p.c.

4. Va poi disattesa l’eccezione di inammissibilità del ricorso introduttivo per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, sollevata dalla difesa comunale nella memoria del 25 luglio 2022.

L’originario gravame, infatti, è stato esperito avverso un provvedimento (decadenza dalla concessione demaniale marittima) adottato dall’Ente gestore nell’esercizio di un potere autoritativo, la cui cognizione è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ex art. 133, co. 1, lett. b) c.p.a. (cfr. ex multis Cons. St., Sez. V, n. 5435 del 22.11.2007).

Tra l’altro, l’ordinanza delle Sezioni Unite n. 8475 del 15 marzo 2022 (sulla quale più avanti si tornerà) fa espressamente salva la giurisdizione del giudice ammnistrativo “ per le altre questioni ” (ossia per le controversie diverse da quelle relative alla definizione agevolata di cui all’art. 100 del d.l. n. 104 del 2020).

Il precedente di questa Sezione (sentenza n. 9616 del 13 luglio 2022), richiamato dalla difesa comunale e ritenuto dalla stessa “risolutivo” nel senso del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, attiene, in realtà, ad una fattispecie diversa da quella odierna, posto che in quel caso il gravame era stato esperito avverso il provvedimento con cui era stata confermata la decadenza dalla concessione demaniale sull’esclusivo presupposto della non assentibilità della richiesta di condono balneare presentata dalla concessionaria ai sensi del d.l. n. 104/2020.

La Sezione, dunque, alla luce di tale scansione procedimentale, riteneva che “ la causa petendi/petitum sostanziale sottesi alla proposta domanda di annullamento coincide con l’accertamento di posizioni creditorie/debitorie tra le parti, ovvero con la sussistenza di situazioni giuridiche di rango paritetico, qualificabili in termini di diritto di credito/obbligo di pagamento, a loro volta condizionanti la permanenza, in capo alla società ricorrente, del titolo concessorio. Ciò nella misura in cui, riscontrata l’insussistenza dei presupposti per la definizione agevolata di cui all’art. 100 sopra citato e, quindi, la persistenza dell’obbligo di pagamento in contestazione, la decadenza dal titolo concessorio e, quindi, lo sgombero dell’area demaniale marittima concessa in godimento, si atteggia quale atto imposto dalla legge e non come esercizio di un potere discrezionale dell'amministrazione, la cui concreta applicazione richieda, di volta in volta, una valutazione del pubblico interesse ”.

Viceversa, nel caso di specie la decadenza è stata comminata con provvedimento adottato ben prima dell’entrata in vigore della legislazione condonistica e motivato in ragione della persistente morosità del concessionario, nonché della violazione di obblighi assunti con l’atto concessorio, e dunque – come sopra già evidenziato – indubbiamente nell’esercizio di un potere di natura pubblicistica.

5. Tanto chiarito in via pregiudiziale di rito e prima di passare allo scrutinio del merito, va esaminata l’istanza proposta ai sensi dell’art. 116, co. 2 c.p.a. (notificata in data 30 aprile 2021 e depositata il successivo 3 maggio), che non risulta essere stata ad oggi decisa con separata ordinanza.

Con tale istanza la ricorrente ha chiesto la condanna all’ostensione della documentazione relativa ai “provvedimenti di incameramento” citati dal Comune di Pomezia nel provvedimento di diniego dell’istanza di condono balneare (gravato con il ricorso per motivi aggiunti), impugnando il silenzio-diniego maturato sull’istanza di accesso presentata in data 9 marzo 2021.

L’istanza fa leva sul disposto di cui all’art. 24, co. 7 l. n. 241/1990 (cd accesso difensivo), essendo motivata nel senso che la conoscenza di tale documentazione sarebbe necessaria per difendersi avverso una delle ragioni addotte dall’Amministrazione a fondamento del diniego, ossia il definitivo e non più revocabile incameramento, che la ricorrente intende contestare in quanto il Comune non avrebbe mai “ provveduto ad incamerare (recte: acquisire) al patrimonio demaniale le opere pertinenziali esistenti su parte dell’area oggetto della Concessione demaniale precedentemente rilasciatale ”.

L’istanza va rigettata per due ordini di ragioni.

In primo luogo, atteso che la documentazione richiesta risulta connessa al suddetto diniego (cfr. in tal senso sia l’istanza di accesso del 9 marzo 2021 sia l’istanza ex art. 116, co. 2 c.p.a.), e considerato che, come meglio si dirà, la cognizione in ordine al predetto provvedimento compete al giudice ordinario, sarà eventualmente in quella sede che la Società potrà far valere le proprie esigenze conoscitive, attivando gli strumenti propri del relativo giudizio.

Sul punto si rinvia alla giurisprudenza, anche di questa Sezione, secondo cui “ le esigenze di difesa possono compiutamente dispiegarsi proprio all’interno del giudizio civile a mezzo di istanza di esibizione dei documenti ai sensi dell’articolo 210 c.p.c., ben potendo il giudice ordinare la detta esibizione in giudizio dei documenti che appaiono indispensabili per conoscere i fatti della causa ” (così T.A.R. Lazio, Sez. II quater, 23 novembre 2021, n. 12067, nonché 11 dicembre 2020, n. 13359).

In secondo luogo, anche a voler ritenere che l’istanza sia funzionale a soddisfare le esigenze difensive in relazione all’intero giudizio oggi pendente, la medesima comunque non è suscettibile di accoglimento, poiché la documentazione richiesta non risulta in alcun modo strumentale e necessaria ai fini della decisione che questo giudice è tenuto ad assumere in merito alla legittimità degli ulteriori provvedimenti oggi gravati e devoluti alla sua giurisdizione.

In questa sede, infatti, non rileva l’eventuale inesistenza di “pertinenze demaniali”.

Una delle due motivazioni addotte dall’Amministrazione comunale a fondamento della decadenza dalla concessione demaniale, infatti, è costituita dall’omesso pagamento dell’intero canone dovuto dalla Società, e non già della sola porzione relativa alle pertinenze.

Ne consegue che, anche laddove (in ipotesi) risultassero presenti sull’area demaniale in concessione opere medio tempore realizzate dalla ricorrente e non ancora oggetto di acquisizione da parte dello Stato (la qual cosa, peraltro, non è stata mai documentata dalla Società nel corso del presente giudizio, nel quale viceversa emerge incontestabilmente che la concessione decaduta aveva ad oggetto l’occupazione di una zona demaniale marittima “ ed opere ivi insistenti ”, le quali sono da assumersi, dunque, già di proprietà demaniale), e anche ammesso che l’Amministrazione abbia applicato alle medesime i valori di mercato (OMI) in luogo di quelli “tabellari”, in ogni caso resterebbe incontestabile il fatto storico (inadempimento grave e reiterato) posto a fondamento del provvedimento di decadenza.

Oltretutto, in relazione ad alcune delle citate annualità (2015 – 2019), non risulta che la Società abbia mai contestato i provvedimenti di determinazione del canone, che pertanto sono divenuti definitivi: in altri termini, la questione dell’inesistenza di pertinenze sull’area in concessione avrebbe dovuto essere proposta avverso tali atti (con tempestiva impugnazione), e non potrebbe oramai più essere addotta ex post a fondamento delle censure mosse avverso i provvedimenti successivamente adottati dall’Ente locale.

Né rileva quanto dedotto nell’istanza del 3 maggio 2021, ossia la circostanza che tale documentazione è finalizzata a “ esercitare in maniera piena ed effettiva nel presente giudizio (ed in altri) il proprio diritto di difesa, costituzionalmente garantito ” (così pagg. 5-6), in quanto “ La circostanza della pertinenzialità o meno delle opere realizzate dalla Società ricorrente sull’area in concessione, invero, costituisce un argomento centrale e di rilevante importanza in tutti i giudizi instaurati dalla Società ricorrente contro il Comune di Pomezia al fine di contestare proprio le modalità di determinazione del canone attuate nel corso degli anni dalla stessa Amministrazione comunale (…) e che hanno condotto, poi, alla decadenza contestata ” (cfr. pag. 9).

In disparte la circostanza, già evidenziata, che tali contenziosi riguardano solo alcune delle annualità in cui si è registrata la morosità, ritiene comunque il Collegio di aderire all’indirizzo giurisprudenziale (fatto proprio anche dalla recente ordinanza n. 8367 del 28.09.2022 del Consiglio di Stato), che, valorizzando il requisito della “connessione” (cfr. art. 116, co. 2, secondo cui l’ actio ad exhibendum è esperibile “ in pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa ”), reputa necessario che ricorra il presupposto della pertinenza e della strumentalità della documentazione richiesta rispetto alla decisione del giudizio principale (cfr. ex multis Cons. St., Sez. V, 20.07.2022, n. 6389, secondo cui “ la richiesta di accesso in corso di causa deve essere "connessa" al giudizio nell'ambito del quale è avanzata (...). La connessione va intesa nel senso che l'istanza deve avere ad oggetto l'accesso a documenti la cui conoscenza sia necessaria al richiedente per curare o per difendere i propri interessi in quel determinato giudizio (arg. ex art. 24, comma 7, della L. n. 241 del 1990), vale a dire che si deve trattare di documenti utili ai fini della decisione di merito (cfr. Cons. Stato, IV, 12 luglio 2013, n. 3759), secondo la prospettazione della stessa parte ricorrente ”).

L’istanza di accesso in corso di causa, dunque, sarebbe sempre servente e funzionale alla favorevole definizione del solo giudizio principale, essendo irrilevante che la stessa possa eventualmente assumere rilievo probatorio in altri giudizi.

Tanto porta ad escludere l’accoglibilità dell’istanza di accesso in corso di causa presentata dalla ricorrente.

6. Preliminare allo scrutinio, nel merito, del ricorso introduttivo dell’odierno giudizio è la precisazione che uno dei motivi addotti a fondamento della decadenza dalla concessione demaniale marittima è rappresentato da una circostanza fattuale invero mai contestata dalla ricorrente, ossia l’omesso integrale pagamento (alla data in cui è stato adottato l’atto gravato con il ricorso introduttivo) dei canoni dovuti in relazione a ben 9 annualità (dal 2011 al 2019), alcuni dei quali, come già accennato, non sono stati nemmeno contestati nelle competenti sedi (segnatamente, trattasi dei canoni relativi agli anni dal 2015 al 2019).

7. Tanto premesso, nella memoria del 6 settembre 2022 la Società deduce, per la prima volta, una “ circostanza preliminare e dirimente ai fini del decidere ”, ossia l’inefficacia ex lege del provvedimento di decadenza in forza della disposizione dettata dal co. 5 dell’art. 100 d.l. n. 104/2020, chiedendone conseguentemente l’annullamento, unitamente alla caducazione per invalidità derivata degli atti ad esso successivi.

Trattandosi di una censura nuova, la medesima avrebbe dovuto essere proposta con motivi aggiunti e nel rispetto dei termini previsti dall’art. 43, co. 1 c.p.a, e non già con semplice memoria depositata in prossimità della pubblica udienza.

La ricorrente tenta di argomentare che la medesima doglianza dovrebbe comportare “ l’accoglimento del motivo di censura con cui la ricorrente ha denunciato proprio la violazione dell’art. 100, comma 5, del richiamato D.L. n.104/2020, ovvero di un motivo suscettibile di travolgere – per invalidità derivata – tutti i provvedimenti impugnati dopo quello che ha dichiarato la decadenza, invero fondati esclusivamente su tale ultimo presupposto ”, ma tale censura ( i.e ., violazione dell’art. 100, co. 5 d.l. n. 104/2020) non è stata mai esplicitamente formulata nell’atto di motivi aggiunti: a pagg. 13-14 di detto ricorso, infatti, la ricorrente si limita ad affermare che “ il comma 5, applicabile soltanto alle “concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative con esclusivo riferimento a quelle inerenti alla conduzione delle pertinenze demaniali, prevede l’automatica inefficacia dei provvedimenti, anche di decadenza, “già adottati [e] oggetto di contenzioso”, senza onere per il privato di proporre qualsivoglia istanza ”, ma non arriva mai a dedurre esplicitamente, da tale disposto normativo, un’illegittimità (cd “successiva”) del provvedimento di decadenza.

La censura, dunque, è inammissibile.

Peraltro, si osserva per inciso che la tesi di parte comunque non sarebbe fondata in punto di diritto.

Il comma 5 sopra richiamato così disponeva: “ Nelle more della revisione e dell’aggiornamento dei canoni demaniali marittimi ai sensi dell’articolo 1, comma 677, lettera e) della legge 30 dicembre 2018, n. 145, sono sospesi fino al 15 dicembre 2020 i procedimenti amministrativi pendenti alla data di entrata in vigore dal presente decreto e sono inefficaci i relativi provvedimenti già adottati oggetto di contenzioso, inerenti al pagamento dei canoni, compresi i procedimenti e i provvedimenti di riscossione coattiva, nonché di sospensione, revoca o decadenza della concessione per mancato versamento del canone, concernenti: a) le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti alla conduzione delle pertinenze demaniali, laddove i procedimenti o i provvedimenti siano connessi all'applicazione dei criteri per il calcolo dei canoni di cui all'articolo 03, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494, ivi compresi i procedimenti di cui all'articolo 1, comma 484, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (…) ”.

Il legislatore, dunque, si era limitato a prevedere l’inefficacia dei provvedimenti già adottati, con una sospensione dei relativi effetti in via meramente temporanea, ossia dalla data di entrata in vigore del d.l. n. 104/2020 – 15 agosto 2020 - fino al 15 dicembre 2020 (come peraltro si legge nella motivazione della sentenza del Tribunale di Velletri n. 1059/2022 del 23.05.2022, che la stessa ricorrente invoca a sostegno della propria tesi, e che comunque attiene ad una res controversa che non rileva nella presente sede, concernendo la richiesta di pagamento relativa all’annualità 2020 ed emessa in costanza della citata sospensione procedimentale).

La disposizione, in altri termini, non contempla alcuna (per altro assai discutibile) sopravvenuta causa di illegittimità dei provvedimenti già adottati alla data della sua entrata in vigore (quale quello con cui era stata comminata la decadenza dalla concessione intestata alla ricorrente).

Oltretutto, non è emerso dagli atti di causa che il provvedimento oggi gravato attiene ad una concessione demaniale marittima esclusivamente inerente alla conduzione di pertinenze demaniali, né lo stesso risulta “connesso” all’applicazione dei criteri di calcolo di cui all'articolo 03, comma 1, del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, trattandosi di decadenza conseguente ad una morosità rilevante (in quanto relativa all’intero canone) e persistente, oltre che all’acclarata violazione di altri obblighi stabiliti dal titolo concessorio.

7.1. Giova ancora precisare che nemmeno potrebbe avere pregio la tesi, sostenuta nella memoria di parte depositata in data 19 maggio 2021, secondo cui l’eventuale accoglimento della domanda di condono balneare travolgerebbe la decadenza (“ l’accesso positivo alla definizione agevolata sortisce effetti diretti sul rapporto concessorio: in particolare, l’accesso alla definizione agevolata comporta l’inefficacia del provvedimento di decadenza e la definizione – evidentemente con pronuncia di cessazione della materia del contendere e/o improcedibilità per carenza di interesse – del giudizio nel quale della stessa si controverte ” – cfr. pag. 7).

La legittimità del provvedimento di decadenza, infatti, deve essere scrutinata con riferimento al quadro giuridico e alle circostanze fattuali esistenti alla data in cui il medesimo è stato adottato, in virtù del ben noto principio “ tempus regit actum ”. La possibilità per la società di beneficiare del condono balneare (questione la cui cognizione, come meglio si dirà, esula dalla giurisdizione amministrativa) può comportare solo una riduzione del quantum dovuto, senza tuttavia incidere “a ritroso” sull’atto oggi gravato, in quanto non fa venir meno uno dei presupposti su cui esso si fonda, ossia la morosità del concessionario.

8. Passando ora all’esame dei motivi dedotti con il ricorso introduttivo, con il primo mezzo la parte lamenta la violazione dell’articolo 34 del d.l. 30 dicembre 2019, n. 162, convertito con modificazioni dalla l. 28 febbraio 2020, n. 162, ai sensi del quale “ Al fine di sostenere il settore turistico-balneare e quello della nautica da diporto, è sospeso dal 1° gennaio 2020 al 30 settembre 2020 il pagamento dei canoni dovuti riferiti alle concessioni relative a pertinenze demaniali marittime con finalità turistico-ricreative e alle concessioni demaniali marittime per la realizzazione e la gestione di strutture dedicate alla nautica da diporto, di cui all'articolo 03 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494 ”.

Dalla lettura dei relativi lavori preparatori si evince che la ratio della norma era di ridurre il contenzioso, pendente in sede amministrativa e giudiziaria, relativo alle richieste di pagamento dei canoni dovuti nell’ambito delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative, contenzioso innescato dall’applicazione, a decorrere dal 1° gennaio 2007, dei nuovi valori tabellari introdotti dalla legge 296/2006, per effetto dei quali si era registrato un complessivo aumento degli importi dei canoni.

La correlata Relazione Tecnica precisava che la norma non intendeva apportare alcuna innovazione quanto ai criteri di calcolo dei canoni in questione, né una rideterminazione dei relativi importi, introducendo esclusivamente una sospensione dei pagamenti dovuti, contenuta comunque entro l’esercizio finanziario 2020 (segnatamente, nei mesi da gennaio a settembre): pertanto, i canoni restavano comunque dovuti, seppure esigibili solo al termine del suddetto periodo di sospensione.

La disposizione, dunque, si limitava a contemplare la sospensione dei soli versamenti, senza prevedere nulla in merito ai procedimenti amministrativi di sospensione, revoca o decadenza dalle concessioni demaniali marittime.

Come concordemente osservato dalla difesa dell’Agenzia del Demanio, trattasi di norma eccezionale, e dunque di stretta interpretazione, come tale non suscettibile di interpretazione estensiva, né applicazione in via analogica al di fuori dei casi da essa testualmente contemplati.

Né è meritevole di pregio il richiamo alla finalità, sottesa alla previsione in esame, di sostenere il settore turistico-balneare (cfr. pag. 10 del ricorso): per una precisa scelta legislativa, infatti, tale finalità era stata perseguita tramite la concessione di una semplice moratoria dei pagamenti (in via meramente temporanea), e non anche con il blocco generalizzato di tutte le procedure sanzionatorie avviate nei confronti di concessionari già incorsi in una causa di decadenza.

L’invocata previsione, dunque, non assume alcun rilievo ai fini del presente giudizio e per la valutazione di legittimità del provvedimento oggi gravato: la presente controversia, infatti, non attiene in alcun modo ad una richiesta di pagamento dei canoni inoltrata durante l’arco temporale 1° gennaio – 30 settembre 2020 (e dunque da ritenersi sospesa), quanto piuttosto alla decadenza da una concessione demaniale per acclarate violazioni degli obblighi nascenti dal titolo concessorio, tra cui gravi e reiterate morosità commesse dal concessionario, in ragione dell’omesso integrale versamento dei canoni dovuti dal 2011 al 2019, oggetto di richieste di pagamento avanzate dal 2011 e seguite da plurimi solleciti (i cui estremi sono puntualmente riportati nel provvedimento oggi gravato).

Seppure, dunque, la Società avesse potuto beneficiare della sospensione dei pagamenti dovuti durante l’arco temporale gennaio – settembre 2020, e anche a voler concedere, per ipotesi, che tale beneficio fosse stato esteso anche agli importi già iscritti a ruolo e oggetto di recupero coattivo (come da nota dell’Agenzia delle Entrate Riscossione prot. n. 211379/2020 del 15 gennaio 2020, richiamata nel ricorso e versata in atti al doc. 11), tale circostanza attiene esclusivamente alle procedure relative al versamento dei canoni, e non anche al diverso procedimento di decadenza.

Ciò in quanto la moratoria non elide minimamente il fatto che la concessionaria fosse morosa nel pagamento dell’intero importo dei canoni dovuti in relazione a ben nove annualità: in altri termini, l’invocata sospensione non escluderebbe l’esistenza di un inadempimento (protratto sin dal 2011) che di per sé è sufficiente a concretizzare la causa di decadenza prevista dall’art. 47, co. 1, lett. d) Cod. Nav.

Né ha pregio il richiamo all’art. 1455 c.c.: in disparte la circostanza che questa è una disposizione civilistica dettata in tema di risoluzione di rapporti contrattuali, laddove il rapporto concessorio avente ad oggetto l’uso di beni del demanio marittimo trova la propria specifica disciplina nelle disposizioni dettate dal codice della navigazione, che riconosce all’Ente gestore poteri sanzionatori (di natura chiaramente pubblicistica) a fronte delle violazioni e inadempienze commesse dal concessionario, ivi incluse quelle afferenti agli obblighi di natura patrimoniale (cfr., appunto, la norma di cui all’art. 47, co. 1, lett. d ), ad ogni buon conto mai sarebbe predicabile, nel caso di specie, un inadempimento che il legislatore avrebbe considerato “di scarsa importanza”, trattandosi dell’omesso versamento di ben 9 annualità del canone.

Si ribadisce al riguardo che la normativa speciale di cui all’art. 34 d.l. n. 162/2019 aveva previsto esclusivamente un temporaneo “congelamento” dei pagamenti, senza incidere minimamente sulla valutazione dell’inadempimento del concessionario ai fini dell’applicazione della sanzione della decadenza ai sensi del codice della navigazione.

Il primo motivo di ricorso è pertanto infondato.

9. Del tutto destituito di fondamento è anche il secondo mezzo.

La ricorrente invoca le previsioni di cui alle lett. d) degli art. 47, co. 1 Cod. Nav. e 49, co. 3, L.R. Lazio 6 agosto 2007, n. 13, che, con disposizione pressoché identica, prevedono quale causa di decadenza il mancato pagamento del canone “per il numero di rate” fissato dall’atto di concessione, deducendo che la concessione n. 51/2002 non conteneva alcuna specificazione al riguardo.

Sul punto si osserva che tale doglianza potrebbe essere astrattamente meritevole di pregio laddove l’omesso versamento contestato dall’Amministrazione fosse stato solo parziale: in tale ipotesi, infatti, sarebbe legittimo interrogarsi sul livello di gravità e importanza dell’inadempimento imputabile al concessionario, posto che la mancata previsione (a monte) del numero minimo di rate potrebbe impedire di valutare, ex ante e in maniera oggettiva, quando l’omesso versamento superi la “soglia critica” legittimante la decadenza dal rapporto concessorio.

Nel caso di specie, come detto, la società concessionaria ha completamente omesso di corrispondere ben 9 annualità del canone, sicché è del tutto irrilevante la mancata previsione, nell’atto di concessione n. 51/2002, del numero di rate il cui mancato versamento integra la causa di decadenza per morosità ai sensi delle norme sopra menzionate.

Pretestuosa è anche la doglianza con cui si lamenta che nemmeno il provvedimento impugnato contiene alcuna indicazione in merito al numero di rate di canone dovute dalla Società per ogni singolo anno e rimaste asseritamente insolute: il provvedimento, infatti, indica chiaramente che l’intero canone (dettagliatamente quantificato per ciascuna annualità dal 2011 al 2019) è rimasto insoluto.

Né ha pregio l’invocata sospensione della riscossione coattiva dei canoni dovuti per gli anni 2011-2014, disposta dal Tribunale di Roma in sede di opposizione alla relativa cartella di pagamento, alla luce del condivisibile indirizzo giurisprudenziale secondo cui “ il giudizio presso l’AGO è del tutto irrilevante essendo oggetto di controversia in quella sede la riscossione coattiva dei canoni, che non incide sull’an dell’obbligazione, ma solo sulla sua realizzabilità;
vero che dall’annullamento di una cartella esattoriale può derivare, in concreto, la consumazione dell’obbligazione per prescrizione del credito, laddove al predetto annullamento non segua il rinnovo della riscossione coattiva nei termini propri dell’obbligazione;
ma l’eventuale estinzione dell’obbligazione non incide, di per sé, sul presupposto della decadenza dal rapporto concessorio per morosità
”, presupponendo la decadenza “ non solo il mancato pagamento delle obbligazioni dovute (che, quale fatto storico, non è contestato), ma anche la morosità quale condizione del concessionario che implica il venir meno del rapporto di fiducia da parte del concedente (…) a prescindere, quindi, dall’eventuale esito estintivo di esse dipendente da circostanze ulteriori ed esterne al rapporto obbligatorio ” (così T.A.R. Lazio, Sez. II bis, n. 7482/2020).

In ogni caso, la società risulta del tutto morosa anche per le annualità successive al 2014, per le quali non consta che sia stata disposta alcuna sospensione del relativo procedimento di riscossione coattiva.

Ancora, nella memoria del 9.10.2020 la parte asserisce che l’unico rimedio a disposizione dell’Amministrazione (avendo questa, per l’appunto, omesso di indicare il numero di rate nell’atto concessorio) sarebbe rappresentato dall’azione (civilistica) di risoluzione per inadempimento ex art. 1453 c.c., sulla scorta della asserita natura privatistica o contrattuale del rapporto in essere (avendo i canoni natura di corrispettivo per l’uso di un bene di proprietà statale).

In disparte la novità della censura, e dunque la sua inammissibilità, è sufficiente qui osservare che la stessa è manifestamente infondata: trattandosi di beni demaniali, l’Amministrazione, a fronte della morosità del concessionario, è indubitabilmente titolare di un potere sanzionatorio di natura pubblicistica, quale è quello compiutamente disciplinato dall’art. 47 Cod. Nav., qui correttamente esercitato.

Priva di rilievo è anche la dedotta violazione dell’articolo 26 Reg. Nav. Mar., che stabilisce che “ Nel caso previsto dall'articolo 47, lett. d, del Codice, la decadenza è pronunciata sentita l'intendenza di finanza ”, lamentando la ricorrente che “ il provvedimento impugnato non offre traccia neppure di tale adempimento ”, in quanto tale omissione non è comunque tale da inficiare in radice la legittimità del provvedimento oggi gravato, nella misura in cui la morosità su cui esso si fonda costituisce una circostanza fattuale acclarata e mai contestata dalla parte.

10. Con il terzo mezzo la Società ha dedotto la menomazione delle proprie garanzie procedimentali, lamentando di aver ricevuto il provvedimento gravato nel periodo in cui era in vigore la sospensione generalizzata dei termini dei procedimenti amministrativi (dal 23 febbraio al 15 maggio 2020), introdotta dalla normativa emergenziale conseguente alla pandemia da Covid-19, in virtù della quale avrebbe dovuto essere “congelato” anche il termine (30 giorni) concesso nella comunicazione di avvio del procedimento ricevuta a mezzo pec in data 27 gennaio 2020.

Anche tale motivo è privo di fondamento.

In ossequio al consolidato indirizzo giurisprudenziale, “ al ricorrere delle ipotesi decadenziali disciplinate dall’art. 47 del codice della navigazione l’Amministrazione concedente esercita una discrezionalità di tipo tecnico, dovendosi essa cioè limitare al riscontro dei relativi presupposti fattuali. Ciò comporta sul piano sostanziale che, una volta appunto accertata la sussistenza di detti presupposti, il provvedimento di decadenza ha natura sostanzialmente vincolata, con conseguente esclusione di ogni possibile bilanciamento tra l’interesse pubblico e le esigenze del privato concessionario (in questo senso, per esempio, Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 465, del 2 febbraio 2015) ” (cfr. ex multis Cons. St., Sez. V, 5-01-2022, n. 518).

Nel caso di specie, uno dei presupposti fattuali della comminata decadenza è costituito da un inadempimento rilevante (perché concernente l’intero canone) e protratto in un arco temporale significativo: tale circostanza non è stata mai contestata dalla Società, che si è limitata soltanto a contestarne la sussunzione nella previsione di cui alla lett. d) del citato art. 47, proponendo dunque argomentazioni che impingono su un piano giuridico-valutativo (ossia qualificazione dell’inadempimento come “non grave”), piuttosto che fattuale ( sub specie di inesistenza della morosità).

Ne consegue che, in ragione della natura vincolata del potere esercitato dall’Amministrazione, una volta che sia acclarato il ricorrere dei presupposti legislativamente previsti dall’art. 47 Cod. Nav., il provvedimento conclusivo non avrebbe potuto avere un contenuto diverso, come anche evidenziato nella memoria comunale del 14.07.2020 (cfr. pagg. 10 e ss.), con conseguente applicazione della disciplina di cui all’art. 21 octies, co. 2 l. n. 241/1990.

Nessuna delle motivazioni che la Società avrebbe potuto astrattamente avanzare in sede procedimentale (e che sono state allegate con l’odierno gravame), infatti, sarebbe stata tale da modificare l’esito del procedimento, posto che non valgono ad elidere la richiamata circostanza fattuale posta alla base del provvedimento conclusivo (ossia la morosità per mancato versamento integrale dei canoni relativi a ben 9 annualità): i) né la sospensione della cartella di pagamento relativa ai canoni 2011-2014 (iscritti a ruolo), alla luce della giurisprudenza sopra evocata, e comunque tenuto conto che nemmeno i canoni relativi alle annualità successive erano stati minimamente versati; ii) né il giudizio instaurato dinanzi a questo Tribunale per “la declaratoria di accertamento” dei canoni dal 2007 al 2013, in quanto (in disparte ogni altra considerazione) per almeno tre delle annualità ivi incluse (2011, 2012 e 2013, ossia quelle menzionate nell’atto di decadenza e quindi rilevanti ai fini del presente giudizio) la società non ha versato nemmeno la porzione di canone dalla stessa ritenuta corretta (quantomeno con riferimento alla componente “tabellare”, non ancorata ai valori OMI), e fermo restando (si ribadisce) l’omesso versamento degli importi dovuti per le annualità successive; iii) né, ancora, le pretese “ incertezze esistenti in ordine alla demanialità dell’area concessa alla Società ricorrente ”, posto che, sino alla data di adozione dell’atto gravato, non era stato mai posto in contestazione il titolo (concessione) in virtù del quale la ricorrente deteneva l’area occupata (titolo che oltretutto prevedeva espressamente l’obbligo di corrispondere all’Erario il canone ivi previsto “ in riconoscimento della demanialità del bene concesso ed in corrispettivo della presente concessione ” e “ nei limiti dei diritti che competono al demanio ”), né è stato allegato alcun comportamento qualificabile quale interversio possessionis ai sensi dell’art. 1141, co. 2 c.c.

A questo ultimo riguardo si aggiunge che la sentenza del Tribunale di Velletri n. 1911/2019, invocata dalla ricorrente, non assume alcun rilievo, posto che l’accertamento in essa contenuto (intervenuta usucapione di uno stabilimento balneare gestito da un privato e ubicato in zona limitrofa) non può ovviamente esplicare i propri effetti anche nei confronti di un soggetto che non ha assunto la qualità di parte nel relativo giudizio e che detiene un’area del tutto distinta, e considerato comunque che, come controdedotto dalla difesa demaniale (cfr. memoria del 15.07.2020), tale pronuncia è stata impugnata sia dalla stessa Agenzia del Demanio sia dal Comune di Pomezia dinanzi alla Corte d’Appello di Roma (con giudizio pendente sub R.G. 8011/2019).

Nè rileva, poi, l’atto di citazione notificato dalla stessa Società in data 13 maggio 2020 (richiamato nel ricorso introduttivo e allegato sub doc. 12), diretto a far accertare l’intervenuta usucapione del fabbricato oggetto della concessione, in quanto non solo esso è successivo all’adozione del provvedimento di decadenza (notificato il 30 marzo 2020), ma anche fondato sulla contestazione di un presupposto (proprietà demaniale del bene) che, come detto, la Società non aveva mai precedentemente messo in discussione.

Ne consegue che il provvedimento oggi gravato è stato legittimamente adottato sulla base di una situazione giuridica derivante da un provvedimento (concessione demaniale n. 51/2002) perfettamente efficace e incontestato alla data in cui esso è stato adottato, senza che la sua validità possa essere inficiata da vicende che attengono alla diversa sfera civilistica e oltretutto successive alla sua adozione.

Né assume alcun valore la visura catastale versata in atti, da cui si evincerebbe una presunta proprietà superficiaria del bene in capo alla ricorrente, atteso che, in aggiunta a tutto quanto sopra evidenziato, per consolidata giurisprudenza le risultanze catastali non hanno alcun valore probatorio (cfr. ex multis T.A.R. Toscana, Sez. III, 22 luglio 2019, n. 1149).

11. Quanto alla censura dedotta con il quarto mezzo, con cui la ricorrente lamenta che il gravato provvedimento menziona, oltre alla morosità della concessionaria, anche altra causa di decadenza (mancato deposito della garanzia) non previamente contestata con la comunicazione di avvio del procedimento, è sufficiente qui richiamare il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, laddove un provvedimento amministrativo negativo sia sorretto da una pluralità di motivazioni fra loro autonome, ciascuna delle quali da sola sufficiente a sostenere il diniego, la fondatezza di una sola di esse priva di utilità (e quindi di interesse) la decisione del Giudice sulle altre (cfr. ex multis Cons. St., Sez. VII, 17.08.2022, n. 7165, peraltro relativa proprio ad un’ipotesi di decadenza da concessione demaniale marittima).

Ebbene, poiché la determinazione in esame fonda la decadenza su due distinte ragioni, la legittimità della motivazione incentrata sulla morosità della società concessionaria (come sopra accertata) rende prive di rilievo le contestazioni mosse avverso l’ulteriore motivo.

12. Quanto al quinto mezzo, con cui la ricorrente lamenta l’illegittimità dell’ordinanza sindacale n. 40 del 26 maggio 2020, avente ad oggetto “ Interdizione delle concessioni demaniali marittime oggetto di decadenza ”, in quanto asseritamente colpita da tutti i vizi che inficerebbero il gravato provvedimento di decadenza, è possibile prescindere dall’esame dell’eccezione di improcedibilità del ricorso in parte qua sollevata nella memoria comunale del 27 luglio 2022 (sulla quale la ricorrente si è difesa nella memoria di replica del 6 settembre 2022).

Il rigetto di tutti i prospettati motivi di ricorso, infatti, esclude de plano che l’ordinanza in esame sia affetta da invalidità in via “derivata”.

13. Venendo ora all’esame del ricorso per motivi aggiunti, occorre preliminarmente scrutinare l’eccezione - sollevata nella memoria comunale del 29.04.2021 e ulteriormente riproposta nella memoria del 25 luglio 2022 - di carenza di interesse in capo alla ricorrente in quanto divenuta medio tempore Società in liquidazione, paventando “ gravi dubbi in ordine alla possibilità per il liquidatore di intraprendere nuovi affari (come avvenuto nel caso di specie) in evidente contrasto con il disposto degli artt. 2272 SS del codice civile) ”.

L’eccezione è infondata.

In primo luogo si osserva che il ricorso per motivi aggiunti è stato proposto da “ Le Sfere d’Oro S.r.l. in liquidazione (P. IVA 01448291003), … in persona del legale rappresentante pro tempore, Sig. S F ”, il quale risulta aver conferito anche la relativa procura alle liti, e l’Amministrazione non ha eccepito alcunché in ordine ad un possibile difetto di rappresentanza in capo al Sig. F, sicché non è in contestazione né la capacità processuale della ricorrente ai sensi dell’art. 75 c.p.c. né lo ius postulandi del difensore.

In secondo luogo, essendo Le Sfere d’Oro una società a responsabilità limitata (s.r.l.), la normativa civilistica ad essa applicabile non è quella dettata dagli artt. 2272 e ss. c.c. (relativa alle società di persone), quanto piuttosto le specifiche disposizioni previste per le società di capitali.

Segnatamente, l’art. 2489 c.c. attribuisce ai liquidatori, salvo diversa disposizione statutaria ovvero adottata in sede di nomina, il potere di compiere “ tutti gli atti utili per la liquidazione della società ”. Ebbene, l’eventualità che le nuove domande caducatorie, proposte con il ricorso per motivi aggiunti, possano costituire “nuove operazioni” (non consentite dalla disciplina civilistica), o - meglio sarebbe a dire – esorbitino dai poteri attribuiti ai liquidatori, è una circostanza che attiene alla sola sfera privatistica dei rapporti tra liquidatori e soci, essendo questi ultimi gli unici soggetti legittimati a far valere eventuali responsabilità dei primi per eventuali atti compiuti ultra vires , senza che al giudice amministrativo spetti alcun sindacato nel merito.

14. Come già accennato, la domanda diretta all’annullamento del diniego di condono rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.

Sul punto non vi è motivo per discostarsi dalle statuizioni contenute nell’ordinanza delle Sezioni Unite n. 8475 del 15 marzo 2022, in attesa della quale, peraltro, il presente giudizio era stato sospeso: tale pronuncia, intervenuta proprio a chiarire la natura della controversia sulla definizione agevolata ex art. 100 d.l. n. 104/2020 (cd. condono demaniale), ha argomentato che “ non vi è dubbio sul fatto che si tratti di una controversia concernente canoni. Essa infatti ha ad oggetto una misura straordinaria e di stretta interpretazione, che mira a definire, attraverso, il pagamento di una somma di danaro, il contenzioso legato agli inadempimenti dei concessionari del demanio marittimo. Trattandosi, dunque, di un istituto di quantificazione dei canoni, il relativo contenzioso è devoluto alla giurisdizione ordinaria ”.

Si tratta, in buona sostanza, di un meccanismo di definizione agevolata che, interessando direttamente il quantum dovuto a titolo di canoni annuali concessori, incide sulla sfera soggettiva dell'istante in termini meramente patrimoniali, con conseguente radicamento della giurisdizione ordinaria.

Né ha pregio l’osservazione, contenuta nella memoria della ricorrente del 6 settembre 2022, secondo cui il giudice amministrativo potrebbe conoscere del provvedimento di diniego incidenter tantum ai sensi dell’art. 8 c.p.a.: tale disposizione, infatti, devolve alla cognizione di legittimità del giudice amministrativo, in via meramente incidentale e senza efficacia di giudicato, le “questioni pregiudiziali” concernenti diritti (ossia le “ questioni pregiudiziali o incidentali relative a diritti, la cui risoluzione sia necessaria per pronunciare sulla questione principale ”), laddove invece il provvedimento di rigetto della richiesta di condono è stato specificamente gravato con una domanda caducatoria proposta ai sensi dell’art. 29 c.p.a., che dunque sollecita una cognizione piena e con efficacia di giudicato.

Il ricorso per motivi aggiunti, dunque, è inammissibile in parte qua per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quello ordinario, dinanzi al quale il processo (limitatamente, com’è ovvio, alla domanda diretta a contestare il diniego di condono balneare) può essere riproposto ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 11 c.p.a.

15. L’infondatezza delle censure esperite avverso l’atto presupposto (provvedimento di decadenza) rende poi del tutto infondate, nel merito, anche le domande caducatorie proposte avverso gli ulteriori atti gravati con i motivi aggiunti (ossia gli atti con i quali è stata indetta una procedura di evidenza pubblica per l’affidamento in concessione dell’area e il provvedimento con il quale è stata rigettata l’istanza di proroga della concessione ai sensi della l. n. 145 del 2018), in quanto il ricorrente si è limitato a contestarne la legittimità in virtù di una pretesa invalidità in via derivata e non per vizi propri.

La manifesta infondatezza, in parte qua , dell’atto di motivi aggiunti rende dunque superfluo interrogarsi sulla questione (sollevata dal Comune nei propri scritti difensivi, che sarebbe logicamente pregiudiziale all’esame del merito) della sua inammissibilità limitatamente alla domanda caducatoria esperita avverso il bando di gara, in ragione della mancata partecipazione della società alla procedura di evidenza pubblica.

16. In conclusione, il ricorso principale va rigettato, mentre, quanto al ricorso per motivi aggiunti, questo va dichiarato inammissibile quanto alla domanda di annullamento del provvedimento prot. n. 12469/2021, notificato a mezzo p.e.c. il 4 febbraio 2021, e per il resto va rigettato.

17. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo a favore del Comune di Pomezia e dell’Agenzia del Demanio, mentre nulla si dispone nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e della Regione Lazio, in quanto tali Amministrazioni non si sono costituite in giudizio.

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