TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2014-11-05, n. 201405675
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N. 05675/2014 REG.PROV.COLL.
N. 04329/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4329 del 2006, proposto da:
P R e I A, rappresentati e difesi dall'avv. L M, con domicilio eletto presso L M in Napoli, via Aniello Falcone,332;
contro
Comune di Anacapri, in persona del Sindaco p.t., non costituito in giudizio;
per l'annullamento dell’ingiunzione di demolizione di opere abusive n. 5781 del 14/04/2006 e dell’ordinanza di sospensione dei lavori n. 5782 del 14/04/2006;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 settembre 2014 la dott.ssa Anna Corrado e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Espongono i ricorrenti di essere proprietari di un vecchio fabbricato sito in Anacapri al vico Portico n. 2 con annesso suolo agricolo. Sul detto suolo insiste un manufatto di 27 mq., risalente alla metà degli anni sessanta, adibito a ricovero attrezzi agricoli. Rappresentano quindi di aver ristrutturato detto ultimo manufatto eseguendo altri piccoli interventi di arredo degli spazi esterni.
Con ingiunzione in data 14 aprile 2006 il responsabile dei servizi tecnici comunali del Comune di Anacapri, sulla scorta di relazioni della Polizia Municipale e dello stesso Ufficio tecnico, ha ingiunto ai ricorrenti la demolizione di una significativa serie di opere realizzate in difetto di titolo abilitativo.
A sostegno del proposto ricorso si deduce carenza di istruttoria e travisamento dei fatti trattandosi di opere già completate al 31 dicembre 1993 e che si sostanziano nella ristrutturazione di un manufatto preesistente al 1967, completamente fatiscente e pericolante che ha mantenuto la sua natura e funzione agricola. Alcune opere poi come il pergolato in ferro, la pavimentazione, il forno per pizze, il piccolo portico di ingresso, ed ulteriori opere di arredo esterno, sono state oggetto, rilevano i ricorrenti, di istanza in sanatoria presentata in data 3 marzo 1995.
Per quanto concerne “la trasformazione di una veranda al piano rialzato del fabbricato mediante creazione di un corpo di fabbrica della medesima superficie ma di maggiore altezza” si afferma in ricorso che per tali opere la precedente proprietaria ha ottenuto concessione in sanatoria in data 14 aprile 1993;per quanto concerne la “trasformazione del deposito posto all’angolo sud della proprietà con creazione di una camera con bagno, una piccola lavanderia e un locale caldaia…” i ricorrenti affermano che si tratta di un locale tecnico preesistente un tempo adibito a deposito ed oggi a piccola lavanderia e locale caldaia senza la realizzazione di alcuna opera esterna.
I ricorrenti lamentano quindi il difetto di motivazione in ragione della sanzione più grave decisa dall’amministrazione tenuto conto che in base alla L.R. 19/2001 si tratterebbe di opere soggette a d.i.a. per cui, in mancanza di questa, la sanzione prevista è solo quella pecuniaria;
Non risulta richiesta la misura cautelare e non risulta costituita in giudizio l’amministrazione pur ritualmente intimata.
All’udienza pubblica (straordinaria) del 24 settembre 2014 il ricorso è stato chiamato e posto in decisione.
Il ricorso non è fondato e va, pertanto, respinto.
Va innanzitutto rilevato, per quanto in atti del presente giudizio, che i ricorrenti non hanno fornito prova alcuna sia della domanda di condono dagli stessi presentata e che avrebbe interessato il pergolato in ferro e il portico di ingresso che della concessione in sanatoria ottenuta dalla precedente proprietaria e relativa alla trasformazione della veranda. Giova, al riguardo, ricordare che nel processo amministrativo, dalla disposizione secondo cui l'introduzione dei fatti principali (per tali intendendosi quelli "posti a fondamento delle domande e delle eccezioni") è opera esclusiva delle parti (art. 64 comma 1 Cod. proc. amm.) consegue che il principio dispositivo è mitigato dal metodo acquisitivo soltanto in relazione all'effettiva indisponibilità, che nel caso di specie non appare ricorrere, dei mezzi di prova (cfr. T.A.R. Milano, I Sezione, 10 ottobre 2013 n. 2277). Peraltro, non può non rilevarsi che l’ingiunzione di demolizione impugnata concerne opere per le quali l’epoca di realizzazione appare, in difetto di adeguato principio di prova in senso contrario fornito da parte ricorrente, successiva alle citate domande di condono e concessioni in sanatoria.
Ciò premesso occorre ricordare che l’intero territorio comunale di Anacapri è stato dichiarato di notevole interesse pubblico ai sensi della legge n. 1497 del 1939 con d.m. 20 marzo 1951, con il che le opere di cui è questione risultano pure sprovviste dell’autorizzazione prescritta dall’art. 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio. Al riguardo va osservato che se detta circostanza è richiamata e in definitiva regge l’ordinanza di sospensione lavori, anch’essa del 14 aprile 2006 ed anch’essa impugnata, adottata dal Servizio tutela beni ambientali della medesima amministrazione comunale, la circostanza che la stessa Amministrazione non abbia richiamato nell’ordine di demolizione la specifica disciplina paesaggistica non inficia la sua legittimità, poiché esso risulta adeguatamente motivato in ordine alla assenza dello specifico titolo edilizio all’uopo necessario (cfr., questa Sezione, n. 3752 del 2014).
Ad ogni buon conto, come ha di recente rilevato la Sezione (sentenza n. 96 del 2014), in ragione della mancanza del permesso di costruire e della conseguente abusività dell’opera, l’applicazione della sanzione demolitoria è doverosa ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. 380/2001 (T.U. edilizia) in quanto, come disposto dal successivo art. 32 co. 3 del medesimo T.U., qualunque intervento effettuato su immobili sottoposti a vincolo paesistico è da qualificarsi almeno come “variazione essenziale” e, in quanto tale, è suscettibile di esser demolito ai sensi dell’art. 31 co. 1, T.U. ed. cit. (art. 32 co. 3 T.U. ed.: «gli interventi di cui al comma 1, effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico ed ambientale, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44. Tutti gli altri interventi sui medesimi immobili sono considerati variazioni essenziali») .
Come ripetutamente affermato dalla sezione (cfr., da ultimo, sentenza 1.8.2013, n. 4037), in presenza di opere edificate senza titolo edilizio, e a maggior ragione in zona vincolata, l’ordinanza di demolizione, sia essa ai sensi dell’art. 31, di cui è stata fatta applicazione nel provvedimento impugnato, che dell’art. 27 d.P.R. 280/2001, è da ritenersi provvedimento rigidamente vincolato.
Quanta alla invocata applicabilità, nella specie, dell’istituto della denuncia di inizio attività, appare di tutta evidenza che, se per poter eseguire interventi edilizi su immobili ricadenti in aree sottoposte a tutela paesaggistica, è necessario acquisire il preventivo rilascio del parere favorevole dell'autorità preposta alla tutela del vincolo medesimo, in difetto del detto assenso non può affatto ritenersi maturato il perfezionamento della denuncia di inizio attività per silentium (cfr. questa Sezione, n. 5522 del 2013).
Tanto, nella precisazione che, nel vagliare un intervento edilizio consistente in una pluralità di opere, come qui accaduto, deve effettuarsi una valutazione globale delle stesse, atteso che "la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprendere l'effettiva portata dell'operazione" (cfr. in tali sensi, Tar Campania, Napoli, questa sezione sesta, ex multis, sentenze n. 4676 del 23 ottobre 2013, n. 2291 del 18 maggio 2012, n. 1114 del 5 marzo 2012;n. 26787 del 3 dicembre 2010;16 aprile 2010, n. 1993;25 febbraio 2010, n. 1155;9 novembre 2009, n. 7053;Tar Lombardia, Milano, sezione seconda, 11 marzo 2010, n. 584).
Il che conduce ad escludere che il coacervo di opere contestato possa esser ritenuto irrilevante, ove appunto unitariamente considerato per come è giusto, sul piano della tutela paesaggistica e della modifica dell’assetto del territorio, escludendone la qualificabilità in termini di mero intervento a carattere manutentivo o di restauro che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici, fermo che a tale conclusione si perviene anche a voler considerare le stesse singolarmente, ove si abbia presente che, ciascuna di esse, comporta incisive modifiche anche degli esterni.
In definitiva, ribadite le svolte considerazioni, il Collegio respinge il ricorso in esame poiché infondato.
Non vi è luogo a pronuncia sulle spese del presente giudizio in ragione della mancata costituzione dell’amministrazione comunale.