TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2023-07-18, n. 202304380
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Pubblicato il 18/07/2023
N. 04380/2023 REG.PROV.COLL.
N. 00009/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9 del 2021, proposto da
G P, rappresentato e difeso dall'avvocato L B A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Procida, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
della ingiunzione a demolire n. 130 del 5.10.2020 ex art. 31 DPR 380/01, in relazione alle opere indicate nel verbale di accertamento del 27 luglio 2020, prot. n. 12969.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 giugno 2023 il dott. Rocco Vampa e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il gravame in esame si esponeva quanto appresso.
1.1. In data 22 aprile 1986 la sig.ra Maria Libera Rachele Pugliese (in allora comproprietaria) presentava agli uffici del Comune di Procida istanza di condono edilizio ex lege 47/85, afferente al manufatto realizzato alla via G. Marconi, ad uso residenziale, con superficie utile di mq 36.
1.2. Successivamente l’immobile veniva assoggettato ad un intervento comportante la realizzazione di un soppalco interno con balcone a livello, senza modifica del solaio di copertura e dell’altezza del fabbricato rispetto al piano di campagna, mediante abbassamento del piano di calpestio interno, originariamente rialzato, fino al livello dello stesso piano campagna circostante.
1.3. Con atto di divisione del 4 maggio 2007 veniva assegnata al ricorrente la quota costituita dall’appartamento ubicato in Procida, alla via G. Marconi n. 14 (già n. 12), composto da complessivi quattro vani catastali, ivi compresi i pertinenziali terrazzino a livello e soppalco al piano ammezzato, cui si accede attraverso scala interna, in NCEU al foglio 5, p.lla 52, sub. 6.
1.4. Nello stesso atto veniva specificato che la predetta unità immobiliare costituiva oggetto della sopra citata domanda di condono del 22 aprile 1986, in relazione alla quale risultava pagata l’intera oblazione autoliquidata.
1.5. In data 24 febbraio 2015 il ricorrente integrava la predetta istanza di condono con nuovi grafici, documentazione fotografica, certificato di idoneità statica e relazione esplicativa. In data 24 aprile 2015, in esito ad ulteriore richiesta integrativa della commissione locale per il paesaggio, lo stesso trasmetteva autocertificazione con planimetria, coni ottici e fotografie.
1.6. Seguiva di parere favorevole espresso dalla commissione locale per il paesaggio, compendiato nel verbale n. 13 del 2 luglio 2015;tale parere e la correlata documentazione venivano, indi, trasmessi alla Soprintendenza partenopea che, con nota n. 23295/2015, esprimeva il parere favorevole, seppur con la seguente prescrizione:
- “ eliminare gli elementi in tegole e sostituire gli infissi esterni in alluminio con altri in legno laccato con colori pastello ”.
1.7. Di qui la successiva autorizzazione paesaggistica n. 44/2015, adottata dal Comune in data 22 dicembre 2015.
1.8. In data 1 febbraio 2016, di poi, il ricorrente presentava una ulteriore istanza di accertamento di compatibilità paesaggistica, ex art. 167, commi 4 e 5, d.lgs. 42/04, in relazione alla realizzazione di un soppalco intermedio con aperture (opera per la quale era stata pure presentata altra istanza di condono ai sensi dell’art. 32 della l. n. 326/03).
1.9. A seguito di interlocuzione con la Soprintendenza, con la trasmissione di rilievo fotografico delle finestre inerenti al soppalco, veniva da quest’ultima rilasciato parere favorevole con nota dell’11 aprile 2016.
1.10. Con nota, prot. 6698 del 5 maggio 2016, il Comune di Procida, emanava la agognata autorizzazione di compatibilità paesaggistica, “ quale atto endoprocedimentale per il rilascio del titolo edilizio in sanatoria, previa verifica della c.d. doppia conformità ai sensi dell’art. 36 del dPR 380/01 ”.
1.11. A seguito di sopralluogo degli Uffici del Comune, operato in data 27 luglio 2020, veniva acclarata una congerie di abusi edilizi, tali da indurre il Comune alla adozione della ingiunzione a demolire n. 130 del 5 ottobre 2020, in relazione alle opere in appresso partitamente individuate, comechè implicanti interventi di nuova costruzione peraltro su immobile oggetto di istanza di condono ai sensi della legge 326/03 (e della legge 47/85):
- “ trasformazione di una finestra in porta che allo stato grezzo risulta essere della larghezza di circa mt 0,90 ed altezza di circa mt 2,50 sprovvista di infisso ”;
- “ altezze interne … di circa mt 2,38 al piano ammezzato senza pavimento e di circa mt 2,50 al piano terra con il pavimento messo in opera (…) le altezze dell’immobile non corrispondono a quelle indicate dal tecnico ed i locali non sono igienicamente idonei all’uso che l’immobile potenzialmente esprime quale residenza ”.
1.12. Avverso tale ultimo provvedimento insorgeva il ricorrente avanti questo TAR, a mezzi di gravame essenzialmente deducendo:
- eccesso di potere per carenza assoluta dei presupposti di fatto e di diritto. travisamento. omessa ponderazione della situazione contemplata. violazione dell’art. 31 del d.p.r. n. 380/01. contraddittorietà. difetto di motivazione e di istruttoria, attesa la scelta illegittima di reprimere un intervento edilizio (trasformazione di finestra in porta) ancora “allo stato grezzo”, ancora non compiutasi e peraltro incidente solo su perimetrale interno, e dunque non visibile all’esterno, in quanto tale liberamente realizzabile;anche le altezze sarebbero quelle indicate nelle domande presentate al Comune e, comunque, ogni eventuale discrepanza rientrerebbe nel margine di tolleranza del 2%;per il resto le opera sarebbero di ordinaria manutenzione, consistendo nella sostituzione di pavimenti, di infissi, e di impianti di vecchio wc;i requisiti igienico-sanitari minimi, di poi, non si applicherebbero agli immobili oggetto di condono;in ogni caso immotivata sarebbe la scelta di adottare la draconiana misura della ingiunzione a demolire;
- violazione art. 31 d.p.r. n. 380/01. illegittimità del provvedimento sanzionatorio per mancata indicazione dell’area da acquisire in caso di inottemperanza, non essendo tali elementi contenuti nella ingiunzione a demolire;
- violazione degli artt. 7 e 10 della legge n. 241/90. violazione del principio del “giusto procedimento”, stante la pretermissione delle guarentigie procedimentali indefettibilmente spettanti al soggetto passivo della potestà sanzionatoria dei pubblici poteri.
1.13. Non si costituiva l’intimato Comune di Procida e la causa, al fine, veniva introitata per la decisione all’esito della udienza del 7 giugno 2023.
2. Il ricorso non è fondato.
2.1. Quanto al primo mezzo, valga il rilevare quanto appresso.
2.1.1. Dagli acclaramenti effettuati in loco è emerso quanto segue:
- “ trasformazione di una finestra in porta che allo stato grezzo risulta essere della larghezza di circa mt 0,90 ed altezza di circa mt 2,50 sprovvista di infisso ”;
- “ altezze interne … di circa mt 2,38 al piano ammezzato senza pavimento e di circa mt 2,50 al piano terra con il pavimento messo in opera (…) le altezze dell’immobile non corrispondono a quelle indicate dal tecnico ed i locali non sono igienicamente idonei all’uso che l’immobile potenzialmente esprime quale residenza ”.
2.2. Orbene, un tale intervento edilizio non mai può essere sussumibile nel novero degli interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria, in quanto tali suscettibili di sanatoria ex art. 37 DPR 380/01.
2.2.1. E, invero, a’ sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a) e b) del DPR 380/01:
- gli “ interventi di manutenzione ordinaria ” sono “ gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti ”;
- per “ interventi di manutenzione straordinaria ” si intendono “ le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso ”.
2.2.2. Agli specifici fini che ne occupano è dunque necessario che gli interventi:
- siano funzionali al rinnovamento e alla sostituzione di parti anche strutturali dell’edificio, anche realizzando o integrando servizi sanitari e tecnologici;
- non modifichino la volumetria complessiva dell’edificio o la sua destinazione d’uso.
2.2.3. Ora la realizzazione di un soppalco della specie di quello che ci occupa, funzionale a creare due volumi calpestabili, implica ulteriori utilità per essi locali abitativi, formando parte funzionalmente integrante dell’abitazione stessa, ed incrementando evidentemente la superficie dello stabile, in quanto tale assentibile con permesso di costruire, e non con la sola SCIA.
2.2.4. Al riguardo è ben noto il discrimine tra gli interventi manutentivi o di restauro, per i quali la SCIA, con possibilità di sanatoria ex art. 37 DPR 380/01, e un intervento edilizio necessitante di permesso di costruire.
Il citato discrimine si sostanzia nel fatto che i primi son diretti a conservare l'edificio nel rispetto della sua tipologia, forma e struttura, senza alcun inserimento di elementi innovativi sotto l’aspetto della migliore e più ampia fruizione (anche se sostitutivi di quelli precedenti), mentre la seconda ottiene il risultato di modificare l'originaria consistenza fisica dell'edificio, grazie, tra le altre cose, ad una nuova e migliore redistribuzione funzionale (o, il che è lo stesso, una nuova destinazione d’uso) di superfici altrimenti utilizzate come mera copertura.
2.2.5. Di talchè, nella fattispecie non possono dirsi in alcun modo soddisfatte le due condiciones negative supra tratteggiate ai fini della riconducibilità degli interventi nel novero di quelli suscettibili di sanatoria ex art. 37 DPR 380/01, consistenti nella assenza: i) di un incremento volumetrico; ii) di un mutamento di destinazione d’uso.
2.2.6. E’ ben vero che in tema di soppalco, ovvero di spazio aggiuntivo che si ricava all’interno di un locale pel tramite della interposizione di un solaio, va apprezzata caso per caso.
2.2.7. Epperò, la riconducibilità del soppalco nell'ambito degli interventi edilizi minori, per i quali comunque il permesso di costruire non è richiesto, è condizionata alla circostanza che il ridetto soppalco sia tale da non incrementare la superficie dell'immobile, ipotesi che si verifica solo nel caso in cui lo spazio realizzato col soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo assolutamente non fruibile alle persone
2.2.8. Ma, nella fattispecie, è evidente che si verta in tema di opere comportanti una radicale trasformazione del manufatto, peraltro con altezze diverse da quelle indicate dal ricorrente, e incompatibili con i requisiti minimi igienico-sanitari;ciò che è stato puntualmente indicato nel preambolo del gravato provvedimento, integrando indi anche una idonea giustificazione (chè di questo si tratta, nella specie, più che di motivazione stricto sensu inteso).
2.2.9. Talchè, secondo la consolidata giurisprudenza, “ è necessario il permesso di costruire quando il soppalco sia di dimensioni non modeste e comporti una sostanziale ristrutturazione dell'immobile preesistente, con incremento delle superfici dell'immobile e, in prospettiva, ulteriore carico urbanistico ” (solo da ultimo, CdS, VI, 11 febbraio 2022, n. 1002).
2.3. D’altra parte, la natura dell’intervento stigmatizzata dal Comune:
- differisce in ogni caso da quello che il ricorrente asserisce essere stato oggetto dei procedimenti di condono e di autorizzazione paesaggistica, interventi peraltro che –da quanto emerge dalla documentazione versata in atti- afferiscono, il primo (quello oggetto della autorizzazione paesaggistica n. 44/15), alla realizzazione di due vani e wc per una superficie di mq 36 con antistante terrazzino di mq 5,35, e, il secondo (quello oggetto della autorizzazione prot. n. 6698 del 5 maggio 2016), alla mera “ installazione di due finestre ”;
- contrasta in guisa patente con le prescrizioni in tema di requisiti igienico-sanitari minimi per locali abitativi.
2.3.1. Nel caso di specie, indi, ove non può parlarsi di mero recupero del patrimonio edilizio esistente, non sono indi state rispettate le altezze minime previste per gli ambienti abitativi dall'art. 43, comma 2, della legge n. 457 del 1978 e dal DM 5 luglio 1975: tali disposizioni richiede infatti che l'altezza dei locali sottostanti il soppalco non debba essere inferiore a mt. 2,70 per gli ambienti abitativi e a 2,40 per i vani accessori.
2.3.2. La applicabilità di tali disposizioni nella fattispecie che ne occupa non può essere revocata in dubbio stante:
- la “estraneità” degli acclarati abusi alle sanatorie richieste dal ricorrente, tenuto altresì conto della rilevata difformità di tali opere rispetto a quelle per le quali – ex actis - erano state richieste le sanatorie;
- in ogni caso, la loro cogenza, che non soffre limitazione alcuna anche per gli immobili oggetto di condono (e non potrebbe essere diversamente);talchè, “ la sanatoria edilizia non può essere concessa nel caso in cui non siano rispettate quelle disposizioni di rango primario, in ordine alla presenza di un limite invalicabile di altezze a tutela del diritto della salute, rimesse ad una fonte di rango secondario per la mera specificazione, pertanto deve essere esclusa la configurabilità di un'automatica corrispondenza tra condono ed abitabilità ” (CdS, V, 22 novembre 2021, n. 7827;TAR Toscana, III, 24 novembre 2021, n. 1550).
2.4. Nessun vizio di natura motivazionale stricto sensu intesa, di poi, può affliggere il gravato provvedimento di ingiunzione a demolire trattandosi di atto che - certando la esistenza di un illecito edilizio, ed irrogando la relativa sanzione - necessita di giustificazione , più che di motivazione (TAR Campania, VI, 31 maggio 2023, n. 3329) consistente:
- nell’ acclaramento dei fatti, id est della realizzazione delle opere e degli interventi edilizi;
- nella sussumibilità di tali interventi nel novero di quelli necessitanti di un titolo abilitativo;
- nella certazione della loro realizzazione, di contro, in assenza del prescritto provvedimento abilitante.
2.4.1. Di qui il consolidato insegnamento a mente del quale i provvedimenti repressivi di abusi edilizi, in quanto espressione di actio vincolata nel contenuto, non abbisognano di specifica motivazione - intesa come estrinsecazione della scelta della preminenza dell’interesse pubblico al ripristino dell’ordine giuridico infranto, all’esito di una ponderazione dei contrapposti interessi in giuoco - bensì di un supporto giustificativo, id est della certazione della esistenza di attività edilizia realizzata in dispregio delle regole (TAR Campania, VI, 10 agosto 2020, n, 3560;Id., id., 22 maggio 2020, n. 1939).
2.5. Anche il secondo mezzo non è fondato.
2.5.1. L'omessa o imprecisa indicazione di un'area che verrà acquisita di diritto al patrimonio pubblico non costituisce motivo di illegittimità dell'ordinanza di demolizione, giusta l’inveterato insegnamento, anche di questo TAR, per cui l’omessa, puntuale, indicazione dell'area suscettibile di essere acquisita gratuitamente al patrimonio del Comune in caso di inottemperanza all'ordine di demolizione, non mai vale a minare la validità ed efficacia dell’ordine di demolizione” ( e pluribus , Tar Campania, VI, 2 febbraio 2021, n. 697;TAR Lombardia, II, 3 gennaio 2023, n. 54).
2.5.2. La ingiunzione a demolire -indirizzata al trasgressore, ovvero al proprietario dell’area- è direttamente finalizzata al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di 90 giorni.
2.5.3. La acquisizione gratuita al patrimonio comunale delle opere, della relativa area di sedime e dell'area di pertinenza urbanistica, costituisce –invero- una conseguenza discendente ex lege ed ex post dalla inottemperanza all’ordine impartito;la puntuale individuazione e delimitazione della effettiva latitudine di tale effetto legale di ablazione, indi, ben può essere oggetto di successive certazioni ad opra della Autorità.
2.6. Anche il terzo mezzo, con cui si veicolano censure afferenti alla asserita violazione delle prerogative di partecipazione procedimentale spettanti al ricorrente, non è fondato, atteso che, siccome si è avuto modo di illustrare supra in sede di negativo scrutinio dei motivi “afferenti al merito”, il contenuto dispositivo dell’impugnato provvedimento non avrebbe potuto essere diverso.
2.6.1. La certazione giudiziale della legittimità della azione provvedimentale quivi censurata rende irrilevante la (asserita) pretermissione procedimentale, attesa la inidoneità di un qualsiasi apporto collaborativo a determinare una differente conclusione della vicenda (TAR Campania, VI, 31 maggio 2023, n. 3329;TAR Campania, VI, 20 luglio 2020, n. 3210;TAR Lombardia, I 26 settembre 2018, n. 2145).
2.6.2. La ricaduta patologica di tale lamentata violazione “formale e/o procedimentale” è quindi sterilizzata dall’applicazione dell’art. 21- octies della legge 241/90, norma che ben si attaglia anche alla omessa comunicazione di avvio del procedimento finalizzato alla adozione della ingiunzione a demolire.
2.6.3. D’altra parte, costituisce dato pacifico quello in forza del quale ai fini dell’adozione di provvedimenti sanzionatori di abusi edilizi, stante la natura vincolata degli stessi, non è necessaria la preventiva comunicazione dell’avvio del procedimento (solo da ultimo, CdS, VI, 12 maggio 2020, n. 2980;CdS, VI, 11 marzo 2019, n. 1621).
3. Nulla sulle spese.