TAR Trieste, sez. I, sentenza 2022-11-15, n. 202200489

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2022-11-15, n. 202200489
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 202200489
Data del deposito : 15 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/11/2022

N. 00489/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00433/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 433 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati R S e G F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno - Questura di Trieste, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Trieste, domiciliataria ex lege in Trieste, piazza Dalmazia, 3;

per l'annullamento

del decreto di revoca del permesso di soggiorno A12/2021/Uff.Immig.2°Sez.Decr. n.51 dd.29.9.21 emesso dal Questore della Provincia di Trieste ed in pari data notificato


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 novembre 2022 la dott.ssa M S e udito per il Ministero intimato l’Avvocato distrettuale dello Stato come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il ricorrente, cittadino -OMISSIS-, chiede l’annullamento del provvedimento questorile in epigrafe compiutamente indicato, con cui è stata disposta la revoca del permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato in precedenza rilasciatogli per il venir meno dei presupposti di cui agli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del d.lgs. n. 286/1998 per il soggiorno nel territorio dello Stato e, segnatamente, in quanto ritenuto persona pericolosa per la sicurezza e la tranquillità pubblica e ciò sulla scorta di un giudizio prognostico formulato tenendo conto di plurimi episodi criminosi che l’hanno visto coinvolto a partire dall’anno 2016, tra i quali svetta, per la gravità dei fatti occorsi e per il particolare allarme sociale destato, quello verificatosi -OMISSIS- a Trieste, in via -OMISSIS- nelle immediate vicinanze di un esercizio pubblico, che – come evidenziato nel provvedimento gravato – ha visto “numerose persone coinvolte in una violenta aggressione durante la quale sono stati utilizzati armi da fuoco ed oggetti contundenti che hanno determinato il ferimento anche grave di alcune di esse”.

Il ricorso è affidato ai seguenti mezzi:

1. “Violazione di legge, art. 7 della l. 241 del 1990, attesa l’omessa comunicazione di avvio del procedimento – violazione e erronea applicazione dell’art. 21-octies della l. 241 del 1990 ed eccesso di potere per carenza di istruttoria, falsa rappresentazione dei fatti, erronea motivazione”, con cui contesta il mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento, che l’Autorità ha ritenuto di poter giustificare in base ad un’erronea lettura dell’art. 21-octies della legge n. 241 del 1990 e s.m.i.;

2. “Erronea applicazione dell’art. 5 e in particolare del quinto comma del d.lgs. 286 del 1998 - violazione dell’art. 4 terzo comma del d.lgs. 286 del 1998 – violazione dell’art. 19 secondo comma lett. c) del d.lgs. 286 del 1998 ed eccesso di potere per carenza istruttoria, sviamento dalla causa tipica, incerta rappresentazione dei fatti, erronea motivazione”, con cui lamenta la violazione delle norme di cui in rubrica e, in particolare, dell’art. 19 secondo comma lett. c) del d.lgs. 286 del 1998, atteso che convive sul territorio nazionale con la moglie e il figlio minorenne, entrambi cittadini italiani. Contesta, in ogni caso, l’erroneità dei riferimenti normativi addotti a giustificazione della revoca e, in ogni caso, la genericità della motivazione che la sorregge, conseguenza di un’istruttoria deficitaria, tale da appalesare uno sviamento della causa tipica. In particolare, il giudizio di pericolosità formulato nei suoi confronti non sarebbe frutto di ponderata e autonoma valutazione dei fatti occorsi, ma fattone derivare in via automatica. Manca, inoltre, la considerazione del suo inserimento sociale, familiare e lavorativo.

3. “Violazione dell’art. 9 e in particolare del quarto comma del d.lgs. 286 del 1998 – violazione dell’art. 48 della Carta di Nizza, dell’art. 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali CEDU, dell’art. 14.2. del Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici e Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali e dell’art. 11.1 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo” , con cui deduce che presupposto per la valutazione della pericolosità dello straniero per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato è quello dell’accertamento giudiziale con sentenza, anche non definitiva, della sua responsabilità penale, derivandone che “un’interpretazione estensiva della norma o una lettura della predetta norma che comprenda il solo fatto di essere indagato di un reato, cozza irrimediabilmente con il principio di presunzione di innocenza affermato nella Carta di Nizza, nella Convenzione CEDU, nel Patto sui diritti dell’uomo e sulla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo”.

Il ricorrente si è, poi, costituito con dei nuovi difensori, dimettendo uno scritto difensivo che è, tuttavia, del tutto estraneo alla sua persona.

Il Ministero dell’Interno, costituito per resistere al ricorso e contestarne la fondatezza, ha, poi, dimesso in data 8 novembre 2022 una memoria ex art. 73 c.p.a..

L’affare è stato, quindi, chiamato all’udienza pubblica del 9 novembre 2022, nel corso della quale la difesa erariale, presente per il Ministero intimato, avuto riguardo alla tardività del deposito della memoria su indicata rispetto al termine di cui all’582j08d1pmgos?version=57caaebe-e509-5495-93cf-d1294e9bf17a::LRD7F010240E6C47047D4C::2022-06-29">art. 73, comma 1, c.p.a., ha dato lettura, a sostegno dell’invocata reiezione del ricorso, di una parte dell’Ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Trieste Sezione GIP/GUP -OMISSIS-del 07.09.2021, con cui, in relazione ai fatti del -OMISSIS-, è stato convalidato l’arresto in flagranza del ricorrente per il reato di tentato omicidio in concorso con altri connazionali, aggravato dalla “premeditazione, dall’uso di armi e dall’aver agito in concorso con più persone riunite e travisate”. Segnatamente, della parte in cui viene riportato che “La mattina del -OMISSIS-vi è stata una violentissima colluttazione che ha visto coinvolte persone appartenenti a due famiglie in senso ampio di origine -OMISSIS-, e cioè i -OMISSIS- famiglie tra le quali cova, da qualche tempo, sordo rancore, e che avevano già avuto modo di entrare in violento contatto poco tempo addietro con gli episodi del 07.07.2021. Nel corso della colluttazione non solo sono stati utilizzati attrezzi da lavoro edile, ma sono state anche esibite armi da sparo. Sicuramente gli-OMISSIS- - ed in particolar modo l’-OMISSIS- - hanno sparato e, altrettanto sicuramente, i feriti da arma da fuoco sono del gruppo dei -OMISSIS-”.

L’affare è stato, conseguentemente, introitato per essere deciso.

Il ricorso non ha pregio.

Come già in analoghi precedenti (tra quelli più pertinenti traenti origine dal medesimo accadimento fattuale: TAR FVG, sez. I, 2 agosto 2022, n. 342;
29 ottobre 2021, n. 316), dai quali non si ravvisano validi motivi per discostarsi, assume, invero, dirimente rilievo il giudizio prognostico di pericolosità formulato dal Questore nei confronti del ricorrente, che non appare inficiato da macroscopica irragionevolezza e/o illegittimità o da travisamento fattuale ovvero da quei soli vizi che, se sussistenti, potrebbero rendere ammissibile il sindacato di questo giudice.

Anzi, l’apprezzamento discrezionale operato dall’Autorità dei vari fatti aventi rilevanza penale in cui il ricorrente è risultato coinvolto e dei provvedimenti emessi a suo carico [nel decreto questorile impugnato è data evidenza che il medesimo: “- il 13.10.2016 veniva indagato per i reati di cui agli artt. 582, 583, 585, co. l e 2 n.2, 110 e 612 del C.P. (lesioni personali aggravate e minacce) per fatti commessi in piazza Sansovino a Trieste, per cui, dalla consultazione del Registro Informatizzato delle Notizie di Reato della Procura della Repubblica di Trieste, risulta pendente a carico del medesimo il procedimento penale -OMISSIS- (Procura Unificata);
- il 07.07.2021 veniva identificato da personale del locale Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso pubblico nell'ambito di un intervento effettuato per la segnalazione di un'aggressione perpetrata da più persone sulla pubblica via (piazza Sansovino), nella quale rimaneva coinvolto riportando lesioni personali, episodio che, cagionato da pregressi rancori tra due clan familiari, ha avuto grande risalto sui media locali, soprattutto per la gravità dei fatti posti in essere in luogo pubblico, in pieno giorno ed alla presenza di molte persone;
- il 10.07.2021 risultava destinatario del provvedimento n. 16/2021/D.A.C.Ur., adottato dal Questore di Trieste, ai sensi dell'art. 13-bis del D.L. n. 14/2017 (convertito in Legge 48/2017 e modificato dal D.L. 130/2020), in ragione dell'urgente necessità di assicurare un'adeguata tutela allo stato dell'ordine e della sicurezza pubblica nell'area individuata e nelle zone circostanti, con il quale gli veniva vietato, per la durata di mesi sei, di accedere ai pubblici esercizi di somministrazione di cibi e bevande ubicati nell'area limitrofa a quella dell'evento delittuoso;
- il 05.08.2021 veniva indagato unitamente ad un connazionale, a cura di personale del locale Ufficio Prevenzione Generale e Soccorso pubblico per i reati dì cui agli artt. 582, 585, 110 e 612 co.2 del C.P., a seguito di intervento per la segnalazione di un'ulteriore aggressione sulla pubblica via (via Besenghi) cagionata anch'essa da rivalità familiari nonché da rancori legati ai fatti avvenuti in piazza Sansovino in data 07.07.2021;
- il 04.09.2021, veniva posto, a cura di personale della locale Squadra Mobile, in stato dí arresto in flagranza convalidato con ordinanza -OMISSIS-GIP del 07.09.2021 del Tribunale dì Trieste - Sezione GIP/GUP che ne ha disposto la custodia cautelare in carcere - per il reato di tentato omicidio aggravato in concorso con altri connazionali (artt. 81 co.2, 110, 112 co.1 n.2, 116, 56, 575 e 577 co.1 n.3, del C.P.), episodio criminoso avvenuto a Trieste, nella centrale via Carducci in prossimità di un esercizio pubblico ivi ubicato, che ha destato forte clamore ed allarme sociale in ambito cittadino e che ha visto numerose persone coinvolte in una violenta aggressione durante la quale sono stati utilizzati armi da fuoco ed oggetti contundenti che hanno determinato il ferimento anche grave di alcune di esse;
- 1'11.09.2021 risultava destinatario del provvedimento amministrativo dello "Avviso Orale" n. 60/2021/Avv.Or. adottato dal Questore di Trieste ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. 159/2011, con il quale, preso atto che la condotta criminosa posta in essere in data -OMISSIS-denotasse la sua spiccata propensione a delinquere nonché un'indole violenta, tale da non poter escludere il reiterarsi di episodi analoghi finalizzati alla risoluzione di conflitti interpersonali, gli veniva intimato di cambiare condotta e di mantenere un comportamento conforme alla legge”
] e, in special modo, di quelli gravissimi occorsi -OMISSIS- [violenta aggressione in centro città a Trieste, che ha visto protagoniste numerose persone, per lo più appartenenti alle famiglie di etnia -OMISSIS- dei -OMISSIS- e degli-OMISSIS-, tra le quali veniva identificato anche l’odierno ricorrente (dipendente della società -OMISSIS-.) e durante la quale sono stati utilizzati armi da fuoco ed oggetti contundenti che hanno determinato il ferimento anche grave di alcune di esse], in cui il ricorrente medesimo – in disparte ogni considerazione sulla rilevanza della specifica condotta personale tenuta, al momento ancora al vaglio dell’Autorità giudiziaria competente – risulta personalmente e direttamente coinvolto [ovvero non solo in virtù dei legami parentali che lo avvincono a numerosi altri protagonisti del cruento evento criminoso, ma anche perché – come si evince dall’ordinanza-OMISSIS- del Tribunale di Trieste-Sezione GIP/GUP, di cui è stata offerta parziale lettura nel corso dell’odierna udienza da parte della difesa erariale – risulta che il medesimo, “ (…) durante la violentissima lite, ha sparato (almeno due persone riferiscono di averlo visto sparare), e colpito, ad altezza d’uomo e tale comportamento, allo stato, non può che essere apprezzato se non in termini, appunto, di tentativo di omicidio (...). I fatti accaduti la mattina del -OMISSIS-non sono assimilabili ad una rissa scaturita casualmente, ma si è trattato di una vera e propria <spedizione punitiva>
pianificata e organizzata da un clan familiare (quello degli -OMISSIS- legato alla società di costruzioni -OMISSIS- di cui l’indagato è socio) contro gli appartenenti ad un clan rivale (quello dei -OMISSIS-) legati all’omonima impresa edile), con il quale è in corso una faida, già sfociata in plurimi atti di violenza (…). Sulla base degli atti, ed anche sulla scorta di quanto emerso dal proc. -OMISSIS-RG NR, nel corso del quale il PM chiedeva al GIP la misura cautelare nei confronti dell’-OMISSIS-in quanto accusato di rissa aggravata con la partecipazione di altre persone, il senso di odio e di rancore che da costoro promana verso i <rivali>
lascia pensare che quanto accaduto non sia il risultato di un occasionale momento di ira bensì il frutto di una fredda preparazione in tal senso, e dunque di un elevatissimo rischio di recidiva specifica (…). (…) per quanto concerne l’-OMISSIS- si impone, quanto meno allo stato, la maggiormente gravosa misura della custodia in carcere. Egli ha un odio insaziabile verso i -OMISSIS- ed ha dimostrato di aver fatto quel “salto di qualità” che rende improponibile, nei suoi riguardi, la misura ex art. 284 cpp, essendo infatti altamente plausibile che egli stesso, posto in regime di detenzione domiciliare, violerebbe la misura per chiudere definitivamente i conti contro i rivali”
], s’appalesa adeguatamente motivato e immune da censure che lo possono rendere sindacabile. Gli elementi valorizzati possono, infatti, ritenersi, nel loro complesso, rappresentativi di una scarsa propensione del ricorrente al rispetto delle regole e dei valori fondanti del nostro Paese, di per sé in grado di destare grave allarme sociale e minare alla radice la sicurezza e la tranquillità pubblica e l’ordinata convivenza civile e, comunque, tali da far ritenere possibile, in chiave prognostica, una reiterazione di condotte analoghe.

Al riguardo giova, invero, ricordare la ricostruzione e descrizione dei fatti operata dall’Autorità giudiziaria competente, di cui è stata offerta compiuta evidenza da questo Tribunale nei precedenti dianzi richiamati (di cui quello odierno segue le sorti, traendo sostanzialmente origine dal medesimo evento fattuale, oltre che da altri particolarmente significativi). In particolare, nella sentenza n. 342/2022, mutuando quanto era stato rappresentato in quella sede dalla difesa erariale, è stato posto l’accento sulla circostanza che “I fatti accaduti la mattina del -OMISSIS-non sono assimilabili ad una rissa scaturita casualmente, ma si è trattato di una vera e propria spedizione punitiva pianificata e organizzata da un clan familiare contro gli appartenenti ad un clan rivale: un’aggressione di gruppo, premeditata, previamente organizzata con approvvigionamento di veicoli, armi anche da sparo e uomini” e che “I fatti assumono una connotazione di particolare gravità, sia per gli effetti che l’aggressione ha prodotto, sia per quelli ancor più gravi che si sarebbero potuti produrre in seguito all’azione criminale e sconsiderata degli indagati, i quali non hanno esitato ad utilizzare armi da fuoco in una pubblica via del centro cittadino in un orario in cui vi è continuo passaggio di persone e di mezzi” (G.I.P. del Tribunale di Gorizia – atto di convalida del fermo di alcuni soggetti coinvolti richiamata in TAR FVG n. 316/2021) e ancora che “ La mattina del -OMISSIS-vi è stata una violenta colluttazione tra due gruppi contrapposti senza che, tuttavia, si possa parlare di rissa in senso tecnico (..) che ha visto coinvolte persone appartenenti a due famiglie in senso ampio di origine -OMISSIS-, i -OMISSIS- tra le quali cova, da qualche tempo, sordo rancore, e che avevano già avuto modo di entrare in violento contatto poco tempo addietro (...) con gli episodi del 07.07.2021 (Proc. N. -OMISSIS-RG NR)”. “Nel corso della colluttazione, che ha portato al ferimento di numerose persone, non solo sono stati utilizzati attrezzi da lavoro edile ma sono state anche esibite armi da sparo da ambedue le fazioni”.

Consta, peraltro, che, in seguito ai fatti occorsi, il ricorrente, in esecuzione all’ordinanza-OMISSIS- (cui è unito il n. -OMISSIS- RG NR/Mod.21 - già n.-OMISSIS- RG NR/Mod.21 Procura Repubblica presso il Tribunale di Gorizia) RG NR n.-OMISSIS- RG GIP datata 24.09.2021, è stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere per il reato di lesioni pluriaggravate in concorso con altri connazionali (artt. 81 co.2, 110, 112 co.1 n.2, 116, 582, 585, 583 co.1 n.1, 577 co.1 n.3 del C.P.).

Sicché - anche a voler trascurare di considerare che il parametro normativo assunto a riferimento dal ricorrente nel terzo motivo di impugnazione (art. 9 d.lgs. n. 286/1998) per denunciare l’illegittimità del provvedimento opposto non è quello pertinente, trattandosi, nel caso che occupa, della revoca di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato e non di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo - le circostanze fattuali assunte a presupposto del giudizio formulato valgono, comunque, di per sé ad escludere qualsiasi profilo di “censurabile opinabilità” nel giudizio stesso e, anzi, a ritenere lo stesso coerente col (corretto) parametro normativo di riferimento [l’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 286/98 stabilisce, infatti, ai fini che qui rilevano che: “(…) Non è ammesso in Italia lo straniero che non soddisfi tali requisiti o che sia considerato una minaccia per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressone dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone (…). Lo straniero per il quale è richiesto il ricongiungimento familiare, ai sensi dell'articolo 29, non è ammesso in Italia quando rappresenti una minaccia concreta e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l'Italia abbia sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere interne e la libera circolazione delle persone” ;
l’art. 5, comma 5, che: “Il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati e, se il permesso di soggiorno è stato rilasciato, esso è revocato, quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso e il soggiorno nel territorio dello Stato, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 22, comma 9, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili. Nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che ha esercitato il diritto al ricongiungimento familiare ovvero del familiare ricongiunto, ai sensi dell'articolo 29, si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale” ].

Né può ritenersi che l’Autorità sia venuta meno al dovere di effettuare il necessario bilanciamento con la situazione familiare, lavorativa e di radicamento/integrazione, in genere, sul territorio nazionale del ricorrente, atteso che – trattandosi di elementi pacificamente noti (anche in ragione della circostanza che in precedenza il medesimo ha, a lungo, beneficiato di un permesso di soggiorno per motivi familiari) – deve ritenersi che un ulteriore apporto documentale da parte dell’interessato e/o il suo coinvolgimento procedimentale non avrebbero, in effetti, potuto apportare elementi di significativa utilità, in quanto, a fronte della gravità della condotta posta in essere, essi non avrebbero potuto in alcun modo modificare l’intendimento di adottare il provvedimento poi, di fatto, adottato, essendo ictu oculi prevalente la necessità di tutelare l’ordine e la sicurezza pubblica.

Esiste, infatti, una soglia di gravità, oggettivamente percepibile secondo l ’id quod plerumque accidit - pacificamente ravvisabile anche nei fatti qui occorsi - oltre la quale il comportamento criminale diviene intollerabile per lo Stato che offre ospitalità, in guisa da rendere, in concreto vincolato il diniego di permanenza (Consiglio di Stato, sez. III, 4 maggio 2018, n. 2654;
in termini id., 26 febbraio 2020, n. 1415), vieppiù laddove, come nel caso di specie, la condotta antigiuridica che ha occasionato il giudizio prognostico di pericolosità sociale s’appalesa maggiormente deplorevole proprio in quanto posta in essere da soggetto presente da plurimi anni sul territorio nazionale, che avrebbe dovuto intimamente assimilare e fare propri i valori fondanti della comunità nazionale.

In giurisprudenza, è stato, peraltro, osservato che “(…) la formazione di una famiglia sul territorio italiano non può costituire scudo o garanzia assoluta di immunità dal rischio di revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, ossia del titolo in base al quale lo straniero può trattenersi sul territorio italiano. Piuttosto, in casi speciali e situazioni peculiari, che eventualmente espongano i figli minori del reo a imminente e serio pregiudizio, l’ordinamento - ferma la valutazione amministrativa in punto di pericolosità e diniego di uno stabile titolo di soggiorno - offre, in via eccezionale, e a precipua tutela dei minori, uno specifico strumento di tutela, affidato al giudice specializzato dei minori. In forza del disposto dell’art. 31 comma 3 del TU immigrazione, infatti <Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge>” (C.d.S., sez. III, 29 luglio 2022, n. 6709).

Senza contare che l’ipotesi della “(…) eventuale adozione (…), alla cessazione della misura cautelare in corso, di un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale (…)” non si è, ad oggi, ancora materialmente verificata (o, per lo meno, non è stata portata a conoscenza di questo Tribunale) e che in giurisprudenza è stato, in ogni caso, affermato che “l’esistenza di vincoli familiari e la lunga permanenza sul territorio nazionale non possono prevalere sulle esigenze di sicurezza. In tal caso non può ritenersi violato il diritto al rispetto della vita privata e familiare, posto che l’espulsione di uno straniero non sempre comporta l’impossibilità di mantenere i legami con i famigliari all’interno del paese da cui è disposta e, inoltre, non rappresenta neppure una violazione dell’art. 8 della CEDU quando risulta essere <necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine ed alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui>” (Consiglio di Stato, sez. III, 22 dicembre 2017, n. 6038).

In tal senso è, del resto, eloquente lo stesso art. 13, comma 1, del d.lgs. n. 286/1998, che il ricorrente ha trascurato di prendere in considerazione nell’invocare, a suo favore, l’applicazione della disposizione di cui all’art. 19, comma 2, lett. c), del decreto stesso.

La norma, lungi dal prevedere unicamente il divieto di espulsione a beneficio di chi, come il ricorrente, è coniugato con un cittadino italiano, stabilisce infatti, a chiare lettere, che “Non è consentita l'espulsione, salvo che nei casi previsti dall'articolo 13, comma 1, nei confronti: (…) c) degli stranieri conviventi con parenti entro il secondo grado o con il coniuge, di nazionalità italiana;
(…)”.

Fa, dunque, espressamente salva l'espulsione dello straniero “per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato”, con le modalità stabilite nella norma stessa.

Devesi, in definitiva, ritenere che in base al quadro degli elementi istruttori in atti l’Autorità ha fondato del tutto legittimamente il giudizio prognostico di pericolosità sociale nei confronti del ricorrente, atteso che:

- dal tenore delle norme su indicate si evince chiaramente che la revoca del permesso di soggiorno già rilasciato non richiede necessariamente la previa condanna penale per talune tipologie di reato particolarmente allarmanti per la società civile, ma può essere frutto, come nel caso di specie, di un giudizio ampiamente discrezionale dell’Autorità tratto da elementi fattuali sintomatici della circostanza che l’interessato rappresenta una minaccia concreta e attuale per l'ordine pubblico o la sicurezza dello Stato;

- esiste – si ribadisce – “(…) una soglia di gravità, oggettivamente percepibile secondo l'id quod plerumque accidit, oltre la quale il comportamento criminale diviene intollerabile per lo Stato che offre ospitalità, in guisa da rendere, in concreto, vincolato il diniego di permanenza” (C.d.S., III, 4 maggio 2018, n. 2654), con conseguente irrilevanza anche del mancato invio della comunicazione di avvio del procedimento.

In definitiva, il ricorso va respinto, essendo destituite di fondamento tutte le censure dedotte dal ricorrente.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come indicato nella parte dispositiva.

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