TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2018-10-02, n. 201805767

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VII, sentenza 2018-10-02, n. 201805767
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201805767
Data del deposito : 2 ottobre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/10/2018

N. 05767/2018 REG.PROV.COLL.

N. 05828/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5828 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da
D D A, rappresentato e difeso dall'avvocato F S, con domicilio digitale come da PEC nei Registri di Giustizia;

contro

Comune di Gragnano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati M D M, V C, con domicilio digitale come da PEC nei Registri di Giustizia;

per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo:

- del provvedimento prot.n. 17114 del 27.8.2014, notificato in data 29.8.2014, con il quale il Comune di Gragnano ha diffidato il ricorrente alla rimozione di opere abusive eseguite in assenza di titolo abilitativo su area di proprietà comunale alla via S. Giuseppe;

- dei verbali di sopralluogo prot. n. 16911 del 22.8.2011 e prot. n. 17015 del 26.8.2014 redatti dalla locale Stazione dei Carabinieri, richiamati per relationem nel corpo del provvedimento gravato;

quanto ai motivi aggiunti, depositati l’1.2.2017:

- del provvedimento prot. n. 26786 del 18.11.2016, notificato il 22.11.2016, con il quale il Comune di Gragnano ha trasmesso al sig. De Angelis il computo metrico relativo alla demolizione delle opere abusive demolite in assenza di titolo abilitativo su area di proprietà comunale sita in via S. Giuseppe;

- della delibera del Commissario straordinario n. 136 del 23.6.2016, allegata al provvedimento impugnato, con la quale si approvava il computo metrico estimativo e la valutazione tecnico – economica, relativi alla demolizione delle opere edilizie di cui sopra.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Gragnano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 settembre 2018 la dott.ssa C C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. - D D A, in qualità di conduttore di un fondo rustico con annesso fabbricato ad uso residenziale, ha impugnato, con ricorso notificato il 13.11.2014 e depositato in data 21.11.2014, il provvedimento con cui il Comune di Gragnano lo ha diffidato alla rimozione di opere ritenute abusive in quanto eseguite in assenza di titolo abilitativo su area di proprietà comunale, sita in via S. Giuseppe, n.44.

Parte ricorrente ha premesso che l’immobile oggetto dell’intervento, individuato al catasto al foglio 16, p.lla 66, originariamente di proprietà dell’Ente Comunale di Assistenza (ECA), successivamente trasferito al Comune di Gragnano gli era stato consegnato fin dal 10.12.1978 (come risulta dal verbale sottoscritto in tale data dal segretario dell’ECA) e che la destinazione residenziale del fabbricato era antecedente, in quanto la famiglia vi abitava dalla sua nascita (1936, come risulta dal certificato storico di residenza).

Ha riferito che il Comune ha contestato la presenza di opere abusive con ordinanza n. 57 del 22.10.2012, riscontrata con nota prot. 1306 del 17.01.2013, con cui egli ha comunicato - in ottemperanza all’ingiunzione – di aver avviato i lavori di ripristino e, per un parte delle opere ritenute prive di rilevanza urbanistica, di aver inoltrato, per mero tuziorismo, istanza di accertamento di conformità, dichiarata poi inammissibile dall’ente locale per carenza documentale.

Con il provvedimento prot. 17114 del 27.8.2014, il Comune ha ingiunto la demolizione di una serie di opere abusive, sul presupposto che vi sia stata la trasformazione in abitazione di manufatti rurali, la variazione dei prospetti, l’allungamento del ballatoio di ingresso e la sostituzione dei materiali di copertura della tettoia preesistente.

2. - Avverso il suddetto provvedimento parte ricorrente ha dedotto la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto vari profili, lamentando, in particolare, l’assenza dei presupposti, il difetto di istruttoria e motivazione.

2.1. - Ha più specificamente contestato il verbale del 21.12.1992 da cui il Comune avrebbe desunto il cambio di destinazione d’uso dei manufatti di cui è conduttore, senza tener conto della documentazione da cui emergerebbe la destinazione abitativa ab immemorabili dell’immobile, risalente almeno all’anno della sua nascita, avvenuta nel 1936, epoca in cui non esisteva l’obbligo di previa acquisizione della licenza edilizia, esteso dalla L. 765/1967 all’intero territorio comunale, ivi compreso quello fuori dal centro.

2.2. - Oltre a negare il cambio di destinazione d’uso, ha sostenuto l’irrilevanza degli interventi contestati riferiti al prospetto e al ballatoio d’ingresso, ritenendoli di tipo manutentivo, irrilevanti sotto il profilo dell’incidenza sul carico urbanistico e della trasformazione edilizia, al più soggetti a Scia e non a permesso di costruire e per questo non sanzionabili con la demolizione.

2.3. - Ha, altresì, escluso che la sostituzione dei materiali di copertura della tettoia, di natura pertinenziale, preesistente ed esterna al fabbricato, possa considerarsi “nuova costruzione”, ai sensi dell’art. 3 d.p.r 380/2001.

2.4. - Ha, inoltre, ritenuto inapplicabile l’art. 35 del d.p.r. 380/2001, negando che gli interventi contestati siano soggetti a permesso di costruire.

2.5. - Ha ancora affermato che le opere contestate sono antecedenti al vincolo paesaggistico imposto con D.M. del 28.3.1985, tanto da ritenere il suddetto vincolo inidoneo a fondare la misura ripristinatoria adottata.

2.6. - Con il sesto motivo di ricorso, in subordine, ha ritenuto le opere sanabili ai sensi dell’art. 167 d.lgs. 42/2004, attesa la modesta entità delle medesime.

2.7. - Ha, da ultimo, lamentato la violazione delle norme sulla partecipazione procedimentale da parte del Comune.

3. - Il Comune di Gragnano si è costituito in giudizio il 25.3.2015.

4. - Con motivi aggiunti depositati il primo febbraio 2017 il sig. De Angelis ha impugnato gli atti aventi ad oggetto il computo metrico estimativo e la valutazione tecnico-economica volti alla demolizione d’ufficio delle opere abusive, ingiunta con il provvedimento impugnato con il ricorso introduttivo del presente giudizio, di cui è stata constatata l’inottemperanza.

In quanto ritenuti atti consequenziali, il ricorrente ha ribadito avverso i suddetti le medesime censure articolate con il ricorso principale.

5. - Le parti hanno depositato memoria a sostengo delle reciproche posizioni.

Il Comune di Gragnano, con memoria del 17.3.2017, ha resistito sia al ricorso principale che ai motivi aggiunti, argomentando a sostegno della legittimità dell’operato dell’amministrazione.

5.1. - Ha, in particolare, eccepito l’inammissibilità del ricorso principale e dei motivi aggiunti per non avere il ricorrente gravato l’ordinanza n. 57 del 22.10.2012 che già comprendeva la demolizione delle opere abusive, poi rinnovata con i successivi atti impugnati. Ha, altresì, sostenuto l’infondatezza nel merito dei motivi di ricorso, affermando che alla famiglia del ricorrente sarebbe stato trasferito un fondo rustico, mentre l’abitazione del nucleo familiare risulterebbe su altro fondo e che le opere contestate sarebbero riferite al primo immobile.

5.2. - Ha in proposito negato che il manufatto in questione sia ricompreso nell’allegato D “ elenco dei beni immobili e dei relativi locatari” di cui al verbale di consegna sottoscritto tra l’ECA e l’Ente locale, approvato con delibera di Giunta comunale n. 73 del 13.1.1979. Secondo la prospettazione dell’amministrazione resistente l’abitazione inclusa nel predetto allegato e concessa in locazione al sig. G D A, padre dell’odierno ricorrente, sarebbe inserita in un edificio composto da n. 8 appartamenti, sito sempre in via S. Giuseppe al civico 44 e non coinciderebbe con il fondo rustico, identificato al catasto terreni al foglio 16, particella 66, del quale si controverte. A fondamento della propria prospettazione, l’ente ha addotto l’esistenza di due distinti canoni per i predetti beni, nonché ha depositato il certificato dell’Ufficio anagrafe del 15.2.2017 che comproverebbe che il ricorrente è residente in immobile diverso da quello oggetto di controversia.

5.3. - Con riguardo alle ulteriori opere abusive accertate l’amministrazione ha sostenuto che esse sarebbero in parte state nuovamente edificate dopo l’ottemperanza all’ordinanza n. 57 del 22.10.2012, con la quale era stata già contestata al ricorrente l’esecuzione delle stesse.

6. - Con ordinanza n. 772/2018 è stata disposta una verificazione, le cui risultanze sono state depositate in data 11 luglio 2018.

7. - Con decreto presidenziale n. 3116 del 12 luglio 2018 è stato liquidato il compenso del verificatore.

7.1. - Le parti hanno successivamente depositato memorie e documenti.

8. - Alla pubblica udienza del 25 settembre 2018, sentite le parti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

9. - Preliminarmente, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità, sollevata dal Comune resistente, sia del ricorso principale che dei motivi aggiunti per non avere il ricorrente gravato l’ordinanza n. 57 del 22.10.2012, in quanto già contenente l’ordine di demolizione.

Parte ricorrente replica all’eccezione rilevando che l’ordinanza di ripristino del 2012 è stata eseguita in quanto le opere contestate, in parte, sono state rimosse ed, in parte, hanno costituito oggetto di istanza di sanatoria, poi dichiarata inammissibile dall’ente locale. L’ordinanza n. 42 del 2014, oggetto di impugnazione con il ricorso principale si porrebbe, pertanto, a valle della sequenza procedimentale avviata con la presentazione dell’istanza di accertamento di conformità.

9.1. - Occorre rilevare in proposito che, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, secondo la giurisprudenza condivisa da questa Sezione, la presentazione della domanda di accertamento di conformità, successiva all'ordine di demolire gli abusi, non paralizza i poteri sanzionatori del Comune. La presentazione di una istanza di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/01, infatti, ha per effetto legale la sospensione dell'efficacia dell'ordinanza di demolizione, fino a quando l'istanza non sia definita con provvedimento espresso o per silenzio rigetto, dopo di che il provvedimento riacquista piena efficacia ed inizia a decorrere un nuovo termine di 90 giorni per l'esecuzione spontanea dell'ordine di demolizione, decorso il quale l'amministrazione deve rinnovare la verifica dell'ottemperanza o meno all'ordinanza.

9.2. - Nel caso in esame, tuttavia, l’amministrazione ha ritenuto di adottare, dopo la conclusione del procedimento relativo all’istanza di sanatoria, un nuovo atto con cui ha ingiunto la demolizione. Da quanto emerge dall’esame dei provvedimenti sanzionatori, deve escludersi che l’ordinanza del 2014 sia meramente confermativa di quella del 2012.

Secondo principi consolidati, qualora l’Amministrazione adotti un atto di identico contenuto dispositivo di un altro precedente, ma arricchito da una puntuale motivazione prima inesistente o basato su elementi istruttori prima non considerati, si è in presenza di un atto confermativo a carattere rinnovatorio, che modifica la realtà giuridica, riaprendo i termini per la proposizione del ricorso giurisdizionale da parte dei soggetti che ne intendano contestare la legittimità.

E’ stato a riguardo osservato che “ non può considerarsi meramente confermativo rispetto ad un atto precedente l'atto la cui adozione sia stata preceduta da un riesame della situazione che aveva condotto al precedente provvedimento, giacché solo l'esperimento di un ulteriore adempimento istruttorio, sia pure mediante la rivalutazione degli interessi in gioco e un nuovo esame degli elementi di fatto e di diritto che caratterizzano la fattispecie considerata, può condurre a un atto propriamente confermativo in grado, come tale, di dare vita ad un provvedimento diverso dal precedente e quindi suscettibile di autonoma impugnazione. Ricorre invece l'atto meramente confermativo quando l'Amministrazione si limita a dichiarare l'esistenza di un suo precedente provvedimento senza compiere alcuna nuova istruttoria e senza sostanzialmente una nuova motivazione (cfr. per tutte Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2014, n. 1805;
sez. IV, 12 febbraio 2015, n. 758;
sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 812;
sez. IV, 12 ottobre 2016, n. 4214)”
(così, da ultimo, Cons. Stato Sez. VI, 30 giugno 2017, n. 3207).

Nell’ordinanza n. 17114 del 27.8.2014, oggetto di impugnazione con il ricorso introduttivo del presente giudizio, l’amministrazione dà atto che le opere abusive riscontrate rientrano nella fattispecie prevista dall’art. 35 del D.P.R. 380/2001, procedendo con diffida alla rimozione degli abusi ai sensi dell’art. 8 e dell’art. 35 del D.P.R. 380/2001 e dell’art. 167 del D. Lgs. 42/2004. La determinazione assunta risulta diversa, dunque, dal precedente provvedimento di rimozione del 2012, in cui l’ente si è limitato ad un generico riferimento alle leggi violate, senza il richiamo di alcuna specifica disposizione. Il Comune, inoltre, nel provvedimento del 2014 ripercorre la sequenza degli atti susseguitisi dall’emanazione dell’ordinanza del 2012 dando conto della successiva attività e dei sopralluoghi effettuati, tanto da disporre l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi all’esito di un rinnovato procedimento.

Tali elementi inducono senz’altro a far ritenere l’ordinanza di demolizione dotata di autonoma portata lesiva e, dunque, autonomamente impugnabile.

10. - Nel merito il ricorso è fondato.

La principale doglianza di parte ricorrente si incentra sul difetto di istruttoria e sul travisamento dei fatti posti a fondamento dell’ordine di demolizione impugnato poiché l’amministrazione comunale non avrebbe tenuto conto della circostanza secondo cui la modifica della destinazione dell’immobile in contestazione da rurale a residenziale sarebbe avvenuta da tempo immemorabile e, comunque, risalirebbe almeno agli anni Quaranta, cioè ad un’epoca nella quale l’attività edilizia era libera non essendo entrata in vigore neanche la legge n. 1150/1942.

Il Comune resistente nega che il fondo in contestazione sia ricompreso nell’allegato D “ elenco dei beni immobili e dei relativi locatari ” di cui al verbale di consegna sottoscritto tra l’ECA e l’Ente locale e approvato con delibera di Giunta comunale n. 73 del 13.1.1979;

10.1. - Per una più compiuta comprensione della vicenda, occorre soffermarsi sull’esito della verificazione disposta dalla Sezione, ai sensi dell’art 66 c.p.a., con ordinanza 1818 del 4.4.2017, per accertare:

a) quale sia l’immobile oggetto di controversia, se lo stesso coincida o meno con uno di quelli indicati nel verbale di consegna sottoscritto tra ECA e Comune di Gragnano e se, pertanto, si tratti dell’immobile originariamente concesso in locazione al padre del ricorrente e al quale si riferiscono le certificazioni depositate da quest’ultimo, onde verificare l’epoca alla quale risale il contestato cambio di destinazione d’uso;

b) quali siano le ulteriori opere contestate, con particolare riguardo alla loro consistenza e alla loro incidenza in termini di ampliamento e di variazione dei prospetti;

c) se effettivamente, come sembrerebbe desumersi dalle difese comunali, la tettoia sia stata rimossa per dare esecuzione all’ordinanza n. 50 del 2012, per essere poi successivamente ricostruita”.

10.2. - Nella relazione depositata in data 11 luglio 2018, il verificatore incaricato ha concluso che:

a) con riferimento al quesito di cui alla lettera a), l’immobile oggetto di controversia è rappresentato “ da un fabbricato per civile abitazione unicamente destinato alla residenza di nuclei familiari”, posto su fondo agricolo, confinante con la strada pubblica denominata via San Giuseppe. Il fabbricato, risalente ad epoca lontana nel tempo, non risulta essere stato denunciato in catasto e sarebbe stato concesso in locazione unitamente al fondo.

Secondo il verificatore (pag 8 della relazione), per come redatto l’elenco nell’allegato “D” del verbale di consegna dell’ECA al Comune di Gragnano, sottoscritto in data 10.12.1978, “ l’abitazione concessa in locazione al sug. D d A parrebbe far parte di u unico complesso immobiliare costituito dal fondo agricolo e dall’immobile sullo stesso esistente”. Tale circostanza troverebbe conferma nelle dichiarazioni rese dal Sig. N M, in qualità di testimone, all’udienza del 27.1.2017 nel processo civile di cui alla causa con RG 5598/2014, dinanzi al Tribunale di Torre Annunziata.

b) Con riferimento al secondo quesito, dopo l’elencazione delle ulteriori opere, il verificatore le ha qualificate come “ non particolarmente rilevanti e comunque facilmente sanabili ”.

c) Da ultimo, ha affermato che alla data del 12.6.2018, “la tettoia contestata non è presente sui luoghi di accertamento .

11. - Da quanto emerso dalle risultanze della verificazione, il ricorso è fondato con riferimento al dedotto vizio di difetto di istruttoria che si rivela, non solo con riferimento alla tettoia (punto c, terzo dei punti oggetto di verificazione), in quanto non riscontrata come presente nei luoghi per cui è causa, ma anche relativamente agli altri profili.

11.1. - Come sopra esposto, per quanto concerne il cambio di destinazione d’uso dell’immobile oggetto di controversia, la diversa posizione delle parti si attesta principalmente sulla effettiva consistenza dei beni trasferiti (da ECA al Comune) e sul valore del verbale di trasferimento.

Il verificatore nella relazione ha puntualmente replicato alle osservazioni del Comune fondate su di una consulenza tecnica di parte, soffermandosi in particolare sulle contestazioni dell’ente locale circa il valore del verbale di trasferimento dei beni immobili del 1978 tra il Comune di Gragnano e l’ECA.

Nella relazione quest’ultimo è espressamente valutato come “ semplicistico, non analitico e mancante di numerosi elementi essenziali ”, quali “a ) l’effettivo elenco degli immobili con l’individuazione dei confini;
b) gli identificativi e con le rendite catastali dei beni;
c) la denominazione, l’esatta ubicazione, il valore iniziale e le successive trasformazioni.”

Sulla base di quanto evidenziato, il verificatore ha ritenuto il suddetto verbale di trasferimento come “elemento indicativo ” e per questo lo ha rapportato ad elementi di prova da lui considerati “ più attendibili ”, tra i quali, in particolare, “ a) le dichiarazioni dei vicini o dei soggetti che a vario titolo risultano essere coinvolti nelle procedure di trasferimento di tali beni, b) le testimonianze e i documenti con date certe che possono comprovare la conduzione degli immobili da parte della famiglia De Angelis ”.

Nel replicare alle contestazioni della civica amministrazione, il verificatore lamenta l’assenza di consegna da parte del Comune dell’inventario comunale, espressamente richiesto unitamente alla comunicazione di insediamento e di qualunque altro elemento (documentazione catastale o fotografica) da cui desumere con precisione i beni situati alla via S. Giuseppe n. 44.

Il verificatore, inoltre, con riferimento al valore delle dichiarazioni utilizzate a supporto delle sue conclusioni, ha evidenziato la particolare attendibilità di quelle rese dal sig. M per essere costui, all’epoca del trasferimento egli immobili, Segretario dell’ECA, poi transitato nei ruoli del Comune ed aver rivestito il ruolo di Vice Segretario Generale fino all’anno 2001, risultando, quindi, all’epoca pubblico ufficiale, oltre che uno dei firmatari proprio dell’atto di trasferimento degli immobili.

Egli ha anche argomentato sulla limitata attendibilità della certificazione anagrafica riferita alla data del censimento dell’anno 1951, evidenziando le ragioni per cui non ha ritenuto attendibili le conclusioni del consulente di parte del Comune.

11.2. - Emerge dalle risultanze della verificazione e dalle repliche del verificatore alle osservazioni del Comune che il provvedimento impugnato con il ricorso principale non risulta sorretto da idonea istruttoria volta a superare i dubbi sulla effettiva destinazione d’uso dell’immobile per cui è causa. Dal provvedimento gravato non si desumono, infatti, gli elementi idonei a sorreggere la determinazione dell’ente circa il mutamento di destinazione d’uso. Le controdeduzioni della civica amministrazione alle risultanze della verificazione, oltre ad essere state oggetto di puntuale esame e replica da parte del verificatore, non risultano comunque idonee a fondare il provvedimento gravato. Quest’ultimo, inoltre, non può essere in ogni caso oggetto di integrazione postuma della motivazione con la specificazione di elementi di fatto, dovendo la motivazione precedere e non seguire ogni provvedimento amministrativo, in conformità alla consolidata giurisprudenza, condivisa dalla Sezione (Consiglio di Stato, sez. III, 9 gennaio 2017, n. 24;
III, 10 luglio 2015, n. 3488;
T.A.R. Napoli, sez. VII, sent. 4985 del 26.7.2018;
Tar Lazio II quater, 11 luglio 2017 n. 8243).

12. - Il verificatore ha concluso per la sanabilità degli abusi riscontrati (quesito di cui alla lett. b) dell’ordinanza di questa sezione del T.A.R. su menzionata), in quanto ritenuti di “ modesta entità” e per questo sussumibili nell’ambito applicativo dell’istituto di cui all’art. 167, comma 4, d.lgs. n. 42 del 2004.

Il rilevato difetto di istruttoria circa le effettive caratteristiche dell’immobile e il momento in cui gli interventi contestati sarebbero stati effettuati incide, infatti, anche su tali profili, non ravvisandosi elementi che inducano a discostarsi da quanto accertato dal verificatore.

13. - Per tutto quanto esposto deve concludersi per la fondatezza del ricorso principale sotto l’assorbente profilo del difetto di istruttoria.

14. – L’accoglimento del ricorso principale determina anche quello dei motivi aggiunti in quanto proposti nei confronti di provvedimenti consequenziali rispetto ai quali sono stati dedotti vizi di illegittimità deriva e, per effetto dell’annullamento degli atti gravati con il ricorso principale, risultano privi di fondamento.

15. - La peculiarità della vicenda, con particolare riferimento all’attività istruttoria svolta in corso di causa, giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio, ivi comprese quelle di verificazione, liquidate con decreto presidenziale n. 3116 del 12.7.2018 e poste provvisoriamente a carico del ricorrente, che sono, pertanto, ripartite in egual misura tra le parti costituite.

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