TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2020-09-17, n. 202003870

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VIII, sentenza 2020-09-17, n. 202003870
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 202003870
Data del deposito : 17 settembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/09/2020

N. 03870/2020 REG.PROV.COLL.

N. 02778/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Ottava)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2778 del 2018 proposto dalle Sigg.re Maria Santa Gionti e A G, rappresentate e difese dagli avv. G T e Maria Laura D'Angelo ed elettivamente domiciliate presso il loro studio in Napoli, Rione Sirignano n. 6;

contro

Comune di Marcianise in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. S R ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Ciro Sito in Napoli, Centro Direzionale Isola E/2 sc.A;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia, della Disposizione Dirigenziale n. prot. 13926 del 16 aprile 2018 del Comune di Marcianise di rigetto del Permesso di costruire n.7672 del 27/2/2018, nonché di tutti gli atti preordinati consequenziali e comunque connessi, tra cui segnatamente la perizia tecnica n. prot. 35175 del 13 novembre 2017.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Vista la costituzione con successiva memoria del Comune di Marcianise;

Vista la documentazione di parte ricorrente;

Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.1169 del 2018 di rigetto della domanda di sospensione;

Vista l’istanza di prelievo del Comune di Marcianise;

Vista l’ordinanza di questo Tribunale n.1906 del 2020 di accoglimento dell’istanza di parte ricorrente di rimessione in termini ai sensi dell’art.84, comma 5, del D.L. 17.3.2020, n.18 convertito in Legge 24.4.2020, n.27;

Viste le note del Comune di Marcianise;

Viste le richieste delle parti di passaggio in decisione della causa;

Visti gli atti tutti della causa;

Designato relatore il dott. Gabriele Nunziata alla udienza pubblica del 15 settembre 2020, ed ivi uditi i difensori come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1.Con il ricorso in esame, notificato il 19 giugno 2018 e depositato il 10 luglio 2018, le ricorrenti – premesso che con Permesso di costruire n.7711 del 25/9/2006 venivano autorizzate alla demolizione ed alla ricostruzione di fabbricato di proprietà in Marcianise alla Via Fiore n.3 e che in esito a sopralluogo veniva redatta da tecnici comunali una perizia tecnica prot. n.35175 del 13/11/2017 con specificazione delle opere eseguite in parziale difformità, oggetto di successiva ordinanza n.295 dell’11/12/2017 di demolizione ex art.31 del DPR n.380/2001 - impugnano il provvedimento in epigrafe di rigetto del Permesso di costruire n.7672 del 27/2/2018, adottato sebbene andasse applicato il diverso regime di cui all’art.34 del DPR n.380/2001.

Avverso il provvedimento impugnato è insorta la parte ricorrente chiedendone l’annullamento siccome illegittimo rassegnando le seguenti censure:

1.1

VIOLAZIONE DEGLI ARTT.

31 E 34 DEL DPR N.380/2001 E DELL’ART.7

DELLA LEGGE N.

241/1990. ECCESSO DI POTERE, CARENZA D’ISTRUTTORIA E SVIAMENTO DI POTERE.

In sintesi il diniego di Permesso di costruire si innesta in una vicenda nella quale andava semmai applicato il regime previsto per le parziali difformità.

2. Il Comune di Marcianise si è costituito in giudizio per contestare in fatto la ricostruzione operata da parte ricorrente, evidenziare che la presupposta ordinanza di demolizione n.295/2017 non è mai stata gravata di impugnazione, insistere che il sottotetto non è un volume tecnico e rimarcare che l’ampliamento è avvenuto dove erano previsti i servizi originari, replicando ai singoli motivi di ricorso.

3. Con ordinanza del 6/9/2018, n.1169 veniva respinta l'istanza cautelare con la seguente motivazione:

“Rilevato che in ragione della consistenza delle opere realizzate in difformità dall’originario permesso di costruire si rivela corretta l’applicazione, alla fattispecie de qua, degli artt. 31 e 32 lett. b) e c) del D.P.R.380/01;

Considerato che, conseguentemente, il provvedimento impugnato si rivela immune dai vizi indicati in ricorso;

Considerato che la peculiarità della fattispecie induce a compensare le spese della presente fase cautelare;



P.Q.M

.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Ottava), respinge la domanda cautelare di cui in premessa.

Compensa le spese della presente fase cautelare”.

4. Successivamente ad istanza di prelievo depositata dalla difesa del Comune di Marcianise, all'udienza del 15 settembre 2020, sulle conclusioni delle parti come da verbale di udienza, il Collegio si è riservata la decisione.

5. Il ricorso è infondato e va respinto nei termini che seguono.

5.1 In definitiva parte ricorrente lamenta che le difformità non sarebbero state correttamente valutate, come asseritamente dimostrato anche con la relazione tecnica di parte depositata in atti, ragion per cui il ricorso meriterebbe accoglimento sotto il profilo della carenza di istruttoria che avrebbe impedito di avere esatta contezza delle parziali difformità rispetto al titolo abilitativo.

Così sinteticamente riassunte le questioni oggetto di contenzioso, appare opportuno richiamare in questa sede le coordinate ermeneutiche elaborate dalla giurisprudenza in materia.

5.2 In via preliminare va evidenziato che, con riguardo ad un organismo edilizio autonomamente utilizzabile siccome realizzato in assenza di titolo autorizzativo, in caso di ordine di demolizione ed anche di acquisizione al patrimonio dell’Ente, non è richiesta una specifica motivazione che dia conto della valutazione delle ragioni di interesse pubblico sottese alla determinazione assunta o della comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, in quanto il presupposto per l'adozione dell'ordine de quo è costituito esclusivamente dalla constatata esecuzione dell'opera in difformità dal titolo abilitativo o in sua assenza.

5.3 Ora nella fattispecie in esame, essendo stato accertato in atti che il porticato veniva trasformato ed ampliato in unità abitativa a civile abitazione, il locale adibito a garage è divenuto civile abitazione, i piani primo e secondo sono stati ampliati previa chiusura dei balconi, il piano sottotetto è stato ampliato per trasformarlo a civile abitazione, il fabbricato è stato frazionato, il vano scala è stato ridimensionato ed è stata realizzata una struttura in ferro sulla mensola del primo piano, deve ritenersi che correttamente le opere abusive in discussione siano state oggetto del più rigoroso regime stabilito dall'art. 31, comma 2, del T.U. in materia di edilizia, in base al quale "Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l'esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell'articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell'abuso la rimozione o la demolizione [...]". Peraltro, con l'istituto del cd. accertamento di conformità, nella disciplina sia dell'art. 13 della Legge n.47/1985 sia dell'art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, il Legislatore ha inteso consentire la sanatoria dei soli abusi formali, cioè di quelle opere che, pur difformi dal titolo (od eseguite senza alcun titolo), risultino rispettose della disciplina sostanziale sull'utilizzo del territorio, e non solo di quella vigente al momento dell'istanza di sanatoria, ma anche di quella vigente all'epoca della loro realizzazione (cfr., ex plurimis, T.A.R. Campania, Napoli, VI, 9 .9. 2004, n. 11896;
T.A.R. Liguria, I, 17.5.2005, n. 670). La sanabilità dell'intervento, in altri termini, presuppone necessariamente che non sia stata commessa alcuna violazione di tipo sostanziale, in presenza della quale, invece, non potrà non scattare la potestà sanzionatorio - repressiva degli abusi edilizi prevista dagli artt. 27 e ss. del D.P.R. n. 380/2001. Anzi, proprio la doverosità dell'esercizio di siffatta potestà, costantemente affermata dalla giurisprudenza (cfr. T.A.R. Lazio, Latina, 27 giugno 2005, n. 568;
C.d.S., Sez. V, 6 maggio 1995, n. 721), rafforza quanto appena detto circa la sanabilità, attraverso gli artt. 13 e 36 ss., delle sole violazioni formali. Non può ammettersi, infatti, a pena di introdurre una contraddizione all'interno dello stesso corpus legislativo, che il Legislatore da un lato imponga all'Amministrazione di reprimere e sanzionare gli abusi edilizi, dall'altro che acconsenta a violazioni sostanziali della normativa del settore, quali rimangono - sul piano urbanistico - quelle conseguenti ad opere per cui non esista la cd. doppia conformità, dovendosi aver riguardo al momento della realizzazione dell'opera per valutare la sussistenza dell'abuso.

5.4 In disparte che parte ricorrente ometteva di proporre impugnazione avverso l’ordinanza di demolizione n.295 dell’11/12/2017, le censure in termini di violazione di legge non meritano positiva valutazione ove si consideri la difformità totale rispetto al titolo edilizio rilasciato nel 2006 in termini di ulteriori unità abitative, di aumento di volumetria, di trasformazione di volumi tecnici in volumi utili, di chiusura di balconi e di mancato rispetto della distanza dal confine con la proprietà altrui. I contenuti della relazione tecnica di parte si prestano ad essere smentiti ove si consideri che erano state concluse opere quali chiusura con tamponature laterali delle proiezioni dei balconi del piano superiore e realizzazione di impianti per trasformazione del deposito al sottotetto in civile abitazione, mentre gli abusi in ampliamento sono stati commessi proprio là dove il Permesso di costruire originario già prevedeva bagni ed unità abitative pienamente fruibili.

Con specifico riguardo al sottotetto, la conversione, con opere, del sottotetto in residenza abitabile, ha comportato la trasformazione delle relative superfici non residenziali in superfici residenziali, qualificando così il regime edilizio della relativa modifica di destinazione d'uso come ristrutturazione edilizia soggetta a Permesso di costruire ai sensi del citato D.P.R. n.380 del 2001 - art. 10, comma 1, lett. c). Le opere realizzate sono annoverabili tra gli interventi di ristrutturazione edilizia, determinando una modifica della superficie utile dell'appartamento, con conseguente aggravio del carico urbanistico e, quindi, avrebbero dovuto essere assoggettati, già solo per queste caratteristiche, a Permesso di costruire, posto che - ai sensi del citato art. 10 lett. c) DPR 380/2001 - le opere sono qualificabili come ristrutturazione edilizia in quanto portano “ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente” e “hanno comportato un mutamento non consentito della destinazione d'uso”.

5.5 Contrariamente a quanto asserito in sede ricorsuale, va chiarito in questa sede che l’art. 34, co. 2, del T.U. edilizia introduce una sanzione alternativa rispetto a quella demolitivo-restitutoria nel caso in cui la demolizione non possa avvenire senza incidere sulla stabilità dell'edificio nel suo complesso. La statuizione che prevede una sanzione pecuniaria non configura un'ipotesi di sanatoria dell'abuso edilizio perpetrato, ma semplicemente contempera l'esigenza di ristabilire lo status quo ante con quella di assicurare la sicurezza pubblica;
la sanzione pecuniaria si applica soltanto quando sia “oggettivamente impossibile” procedere alla demolizione, risultando in maniera inequivoca che la demolizione inciderebbe sulla stabilità dell’edificio nel suo complesso. In altri termini, l'art. 34 del d.P.R. n. 380 del 2001 disciplina gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, prevedendo, al secondo comma, che "quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell'ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione". La possibilità di sostituire la sanzione demolitoria con quella pecuniaria, disciplinata dalla disposizione appena citata, deve dunque essere valutata dall'Amministrazione competente nella fase esecutiva del procedimento, successiva ed autonoma rispetto all'ordine di demolizione (ex plurimis Cons. Stato, VI, 20/7/2018, n.4418;
29/11/2017, n.5585;
12/4/2013, n. 2001);
in quella sede, infatti, le parti ben potranno dedurre in ordine alla situazione di pericolo di stabilità dell’immobile derivante dall'esecuzione della demolizione.

5.6 Con tali premesse le censure in termini di violazione di legge non meritano positiva valutazione in quanto il provvedimento demolitorio, ove ricorrano i predetti requisiti, è sufficientemente motivato con la descrizione delle opere abusive e il richiamo alla loro accertata abusività (cfr. T.A.R. Campania, Salerno, II, 29.1.2019, n.203;
Napoli, IV, 10.1.2019, n.137;
Cons. Stato, VI, 5.11.2018, n.6233).

Nemmeno è dovuta in siffatte ipotesi la comunicazione di avvio del procedimento, atteso che per gli atti repressivi degli abusi edilizi che hanno natura urgente e vincolata – proprio in considerazione dell’avvenuta realizzazione di una trasformazione del territorio senza alcun titolo abilitativo - non sono richiesti apporti partecipativi dei soggetti destinatari nemmeno quanto alla determinazione dell’area di sedime, che potrà sempre essere meglio specificata nella successiva fase dell’accertamento dell’inottemperanza.

Non troverebbero ingresso neanche le censure di natura procedimentale, essendo orientamento pacifico in giurisprudenza (ex multis, Cons. Stato, II, 13.6.2019, n.3971;
TAR Campania, Napoli, IV, 10.1.2019, n.137) che l'esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l'ordinanza di demolizione e la stessa acquisizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l'invio della comunicazione di avvio del procedimento, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell'atto. I provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, dunque, non devono essere preceduti da tale comunicazione, perché trattasi di provvedimenti tipizzati e vincolati, che presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere abusivo delle medesime;
inoltre, seppure si aderisse all'orientamento che ritiene necessaria tale comunicazione anche per gli ordini di demolizione, troverebbe comunque applicazione nel caso in esame l'art. 21-octies, comma 2, prima parte, della Legge n. 241/1990 (introdotto dalla Legge n.15/2005), nella parte in cui dispone che "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento ... qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

5.7 La censura in termini di sviamento di potere è ancor più destituita di fondamento se si considera che in giurisprudenza è opinione consolidata (ad es., Cons. Stato, IV, 25.11.2008, n.5811) che "l'esercizio dei poteri di vigilanza e repressivi rappresenta, in via generale, una delle imprescindibili modalità di cura dell'interesse pubblico affidato all'una od all'altra branca dell'Amministrazione ed è espressione del principio di buon andamento di cui all'art. 97, Cost." e che "nella specifica materia dell'attività urbanistico-edilizia, un potere specifico di vigilanza (esercitabile, per la sua stessa natura, anche mediante provvedimenti innominati), volto ad assicurarne la rispondenza alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi, è affidato dalla legge al dirigente o al responsabile del competente ufficio comunale (art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 380/2001), non sussistendo l'obbligo di comparazione degli interessi e non essendo rinvenibile un affidamento tutelabile del privato. I provvedimenti repressivi degli abusi edilizi, dunque, sono tipizzati e vincolati nella misura in cui presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate e sul carattere abusivo delle medesime;
inoltre, seppure si aderisse all'orientamento che ritiene necessaria tale comunicazione anche per gli ordini di demolizione, troverebbe comunque applicazione nel caso in esame l'art. 21-octies, comma 2, prima parte, della Legge n. 241/1990 (introdotto dalla Legge n. 15/2005), nella parte in cui dispone che "non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento ... qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato".

5.8 Per il resto il Collegio ritiene di far proprio quanto di recente ribadito dall’Adunanza Plenaria (17.10.2017, n.9), ovvero che il tempo trascorso (in ipotesi, anche rilevante) fra il momento della realizzazione dell’abuso e l’adozione dell’ordine di demolizione non determina l’insorgenza di uno stato di legittimo affidamento e non innesta in capo all’amministrazione uno specifico onere di motivazione, ciò in quanto il decorso del tempo, lungi dal radicare in qualche misura la posizione giuridica dell’interessato, rafforza piuttosto il carattere abusivo dell’intervento (Cons. Stato, VI, 27.3.2017, n. 1386;
6.3.2017, n. 1060). Il carattere del tutto vincolato dell’ordine di demolizione (che deve essere adottato a seguito della sola verifica dell’abusività dell’intervento) fa sì che esso non necessiti di una particolare motivazione circa l’interesse pubblico sotteso a tale determinazione;
infatti il provvedimento di demolizione non deve motivare in ordine a un ipotetico interesse del privato alla permanenza in loco dell’opus (Cons. Stato, VI, 21.3.2017, n.1267). Nemmeno occorre motivare in modo particolare un provvedimento con il quale sia ordinata la demolizione di un immobile abusivo quando sia trascorso un notevole lasso di tempo dalla sua realizzazione: infatti l’ordinamento tutela l’affidamento di chi versa in una situazione antigiuridica soltanto laddove esso presenti un carattere incolpevole, mentre la realizzazione di un’opera abusiva si concretizza in una volontaria attività del costruttore realizzata contra legem (in tal senso Cons. Stato, IV, 28.2.2017, n. 908;
VI, 13.12.2016, n. 5256). L’ordine di demolizione presenta un carattere rigidamente vincolato e non richiede né una specifica motivazione in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, né una comparazione fra l’interesse pubblico e l’interesse privato al mantenimento in loco dell’immobile, ciò in quanto non può ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva che il tempo non può in alcun modo legittimare (Cons. Stato, 28.2.2017, n. 908;
IV, 12.10.2016, n. 4205;
31.8.2016, n. 3750).

5.9 Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta al Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito da giurisprudenza costante: ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260, e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663). Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

6. In conclusione, chiarito che il provvedimento impugnato non è in contrasto con le previsioni di legge invocate da parte ricorrente, atteso che in siffatte ipotesi – per la natura vincolata del potere - non è configurabile alcun affidamento tutelabile all’effettuazione di un abusivo intervento edilizio, il ricorso deve essere respinto per come infondato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi