TAR Parma, sez. I, sentenza 2023-12-15, n. 202300359

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Parma, sez. I, sentenza 2023-12-15, n. 202300359
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Parma
Numero : 202300359
Data del deposito : 15 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/12/2023

N. 00359/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00149/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 149 del 2020, proposto da
House Group S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati P P, S P, con domicilio eletto presso lo studio P P in Parma, viale Toschi, 4;

contro

Comune di Parma, in persona del rappresentante processuale Dirigente pro tempore del Servizio Avvocatura Municipale, rappresentato e difeso dagli avvocati L M D, F P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e con domicilio eletto presso l’Avvocatura Municipale, strada Repubblica 1, Parma;

per l’accertamento

del diritto della ricorrente ad ottenere la restituzione da parte del Comune di Parma dell'importo di € 65.617,53 versati a tiolo di oneri riferiti alla DIA n. 4585/2006 di P.G. 211286 e, conseguentemente, per la condanna del Comune di Parma al pagamento della somma di € 65.617,53.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Parma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 dicembre 2023 la dott.ssa P P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso introduttivo parte attrice chiede l’accertamento del diritto della ricorrente ad ottenere la restituzione da parte del Comune di Parma dell’importo di € 65.617,53 versati a titolo di oneri riferiti alla DIA n. 4585/2006 di P.G. 211286 concludendo anche con la richiesta di previa rimozione del provvedimento di diniego alla restituzione prot. gen. n. 96251 del 19/06/2020.

La ricorrente rappresenta che in data 30/01/2020 essa ha fatto richiesta al Comune di Parma di rimborso degli oneri versati con riferimento alla DIA di ristrutturazione edilizia con cambio di destinazione d’uso n. 4585/2006 e che in data 19/06/2020 il Comune di Parma ha comunicato il non accoglimento dell’istanza di rimborso (comunicazione prot. gen. n. 96251).

Con atto del 9 settembre 2020 si è costituito in giudizio il Comune di Parma ampiamente controdeducendo e depositando documentazione a sostegno della propria tesi difensiva.

Con memoria del 30 ottobre 2023 la ricorrente ha precisato i propri motivi.

Il Comune ha depositato memoria il 3 novembre 2023 e replica il 14 novembre ribadendo la posizione difensiva assunta.

La ricorrente ha depositato memoria di replica l’8 novembre 2023 insistendo nelle doglianze.

All’udienza del 6 dicembre 2023 dopo breve discussione la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

1.Con il primo motivo “ Erroneo presupposto di fatto. Violazione ed erronea applicazione dell’art. …. c.c.. Erroneita’ manifesta. Illogicita’. Contraddittorieta’. Erroneita’ della motivazione. ” la ricorrente afferma che la DIA n. 4585/2006, “ per pacifico riconoscimento dell’amministrazione comunale, aveva quale termine ultimo di validità il 29/01/2010 ” e che la giurisprudenza amministrativa ha osservato che “… per i diritti di credito, la realizzazione dei quali esige un’attività del creditore, la prescrizione decorre dal giorno in cui l’attività poteva essere compiuta ed egli poteva, così, mettersi in grado di esigere la prestazione dovuta… sia perché l’inerzia del titolare del diritto assume rilevanza dal momento in cui è possibile esercitare il diritto… ” citando la sentenza del Consiglio di Stato n. 954/2003.

Nel caso in esame l’ultimo giorno di validità della Dia era il 29/01/2010 per cui, dal giorno successivo alla scadenza la ricorrente si sarebbe trovata nella condizione di poter “esercitare il diritto”, concludendo per l’individuazione del termine dal quale far decorrere l’ordinaria prescrizione decennale nel 30/01/2010 ossia dal momento dal quale, secondo la prospettazione attorea, era possibile esigere la prestazione dovuta;
pertanto, “ House Group Srl aveva tempo, dunque, per far valere il proprio diritto al rimborso fino al 30/01/2020 (anni 10 con decorrenza 30/01/2010) ”. La ricorrente evidenzia di aver presentato formalmente la richiesta di restituzione degli oneri in data 30/01/2020 quando la prescrizione del diritto non sarebbe ancora stata consumata in quanto “ la pec è stata inviata l’ultimo giorno utili al fine di interrompere il termine prescrizionale ”. Il Comune di Parma, tuttavia, avrebbe erroneamente ritenuto inammissibile la restituzione degli oneri sul presupposto che l’istanza sarebbe intervenuta oltre il termine decennale di legge per poter esercitare il diritto al rimborso.

L’Amministrazione resistente precisa in fatto che in data 22.12.2006, prot. n. 211286, fascicolo n. 4585/2006, la House Group S.r.l. presentava D.I.A. per ristrutturazione edilizia con cambio di destinazione d’uso, demolizione e ricostruzione, relativamente ad un’immobile sito in Parma, strada Baganzola con inizio lavori, come riportato nella modulistica depositata, indicato per il giorno 29.01.2007 e con allegato impegno a cedere al Comune di Parma un’area da destinare a parcheggio pubblico. Successivamente, la società ricorrente provvedeva al pagamento degli oneri/contributo di costruzione in 3 rate dei seguenti importi: € 15.597,43, € 32.808,24 ed € 17.211,86, per un totale di € 65.617,53.

La resistente precisa che in data 15.06.2009 veniva accertato il mancato inizio dei lavori, nonché la mancata cessione, al Comune di Parma, dell’area destinata a parcheggio e che in data 26.03.2012 il Comune di Parma, a seguito di sopralluogo, accertava che i lavori di che trattasi non avevano mai avuto inizio.

Quanto alla richiesta di restituzione degli oneri, il Comune evidenzia che in data 16.04.2012 la società ricorrente inviava al Settore Urbanistica una nota alla quale era allegata documentazione riguardante la cessione dell’area parcheggio di cui trattasi, senza alcuna richiesta di restituzione di somme di denaro e che, invece, in data 30.01.2020 la società ricorrente inviava PEC al Comune di Parma con la quale chiedeva la restituzione parziale delle somme versate, ammontanti ad € 32.808,24, relative alla DIA presentata in data 22.12.2006;
con la impugnata nota del 19.06.2020, prot. n. 96251, il Comune di Parma rigettava la richiesta di rimborso oneri inoltrata il 30.01.2020 in quanto prescritta, essendo intervenuta oltre il termine decennale di legge.

Sul primo motivo la resistente eccepisce l’intervenuta prescrizione decennale del diritto ad ottenere la restituzione di quanto corrisposto a titolo di oneri/contributo di costruzione in relazione alla DIA presentata in data 22.12.2006, come già affermato dall’Amministrazione Civica nella nota in data 19.06.2020, prot. n. 96251. Sostiene, infatti, che se ex art. 2935 C.c. per i diritti di credito, la realizzazione dei quali esige un’attività del creditore, la prescrizione decorre dal giorno in cui è possibile esercitare il diritto, tuttavia, come sostenuto nella sentenza del T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, n.489/2013 e dal T.A.R. Lombardia, Milano, n.728 del 24 marzo 2010, il momento in cui il diritto al rimborso può essere effettivamente esercitato coincide nella data di scadenza del termine di decadenza per mancato inizio dei lavori;
pertanto, conclude il Comune nel caso di specie, il termine entro il quale i lavori avrebbero dovuto avere inizio, tenuto conto della data di inizio lavori fissata per il giorno 29.01.2007 e della validità triennale della medesima DIA decorrente dalla data di inizio lavori indicata nella denuncia stessa, era il giorno 29.01.2010 con la conseguenza che il termine di prescrizione decennale sarebbe scaduto il giorno 29.01.2020. La richiesta di restituzione, di cui l’Amministrazione in ogni caso contesta il valore interruttivo della prescrizione e di cui evidenzia comunque la parzialità in quanto l’importo indicato è di € 32.808,24, formulata da parte della ricorrente e pervenuta in data 30.01.2020 sarebbe, pertanto, intervenuta quando il termine prescrizionale era già scaduto.

La ricorrente nella memoria conclusiva del 30 ottobre 2023 ha riformulato in diritto le proprie contestazioni in punto di individuazione del dies a quo della decorrenza del termine prescrizionale, riferendosi alla pronuncia del Consiglio di Stato che, con sentenza n. 349/2021, avrebbe chiarito la materia in senso favorevole alla ricorrente affermando che “ il diritto di credito del titolare di una concessione edilizia non utilizzata di ottenere la restituzione di quanto corrisposto per oneri di urbanizzazione decorre non dalla data del rilascio dell’atto di assenso edificatorio, bensì dalla data in cui il titolare comunica all’Amministrazione la propria intenzione di rinunciare al titolo abilitativo o dalla data di adozione da parte dell’Amministrazione medesima del provvedimento che dichiara la decadenza del permesso di costruire per scadenza dei termini iniziali o finali ”. Pertanto, parte attrice evidenzia che alla luce della citata pronuncia, nel caso in esame, la prima comunicazione inviata alla ricorrente dall’Amministrazione comunale avente quale contenuto l’accertamento della intervenuta scadenza del titolo abilitativo è datata 2 aprile 2012, come emergerebbe dall’allegato n. 2 di parte ricorrente, con la conseguente individuazione del dies a quo del termine prescrizionale decennale da tale data;
il diritto ad ottenere il rimborso, quindi, si sarebbe prescritto in data 2 aprile 2022 risultando, pertanto, anche il ricorso introduttivo del 24 luglio 2020 pienamente in termini.

In ogni caso, precisa la ricorrente, la comunicazione PEC datata 30/01/2020 sarebbe tempestiva ed idonea ad interrompere validamente la prescrizione del diritto anche in relazione alla contestata data di decadenza del titolo abilitativo indicata dal Comune di Parma.

Sulle argomentazioni attoree introdotte con la citata memoria, l’Amministrazione controdeduce che la lettura della sentenza del Consiglio di Stato fornita da controparte sarebbe errata sotto plurimi aspetti.

In primo luogo si sottolinea che la decadenza nel tempo dei titoli edilizi sia principio cardine della disciplina urbanistica, rispondendo all’esigenza di assicurare la realizzazione entro tempi certi delle trasformazioni assentite con il titolo edilizio e alla necessità di tutelare l’interesse pubblico a consentire quelle sole trasformazioni del territorio che corrispondono alle esigenze attuali della collettività, così come individuate dalla pianificazione urbanistica vigente.

Inoltre, richiamate le considerazioni sull’art. 2935 C.c., in forza del quale per i diritti di credito la prescrizione decorre dal giorno in cui è possibile esercitare il diritto, la difesa erariale sostiene che il momento in cui il diritto al rimborso può essere effettivamente esercitato coincide nella data di scadenza del termine di decadenza per mancato inizio dei lavori, come affermato da giurisprudenza costante, compresa quella citata dalla ricorrente che non si discosterebbe da tale orientamento.

Infatti, al fine la difesa municipale richiama e rinvia alle argomentazioni contenute nella pronuncia del T.A.R. Molise n. 169 del 2023 laddove assume che “…il Collegio non ha motivo di discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale consolidato nel senso che, ai fini della decorrenza dell'ordinario termine di prescrizione decennale relativo alla restituzione di somme pagate a titolo di oneri di urbanizzazione e di costo di costruzione, il relativo dies a quo deve essere individuato nel momento in cui tale diritto al rimborso può essere effettivamente esercitato dal privato, vale a dire alla data di scadenza del termine di decadenza del titolo edilizio (cfr.ex plurimis T.A.R. Puglia, Lecce, I, n. 1289/2022;
T.A.R. Umbria, I, n. 648/2022;
4 T.A.R. Trentino-Alto Adige, Trento, I, n. 103/2021;
T.A.R. Lazio, Roma, II-quater, n. 134/2020;
T.A.R. Umbria, n. 582/2018;
T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, n. 610/2017;
T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, n. 489/2013)
”.

L’Amministrazione evidenzia che la pronuncia medesima precisa, inoltre, che “…nella fattispecie in esame, essendo incontestato che i lavori oggetto della concessione non sono mai stati eseguiti neppure in parte, tale momento non può che coincidere con il decorso dell’anno dal rilascio della concessione. A far tempo da tale data, infatti, si è determinata la decadenza del titolo edilizio, per la vana scadenza del termine da esso stesso assegnato per l’inizio dei lavori. E sin da tale momento la ricorrente ha avuto la possibilità legale di esercitare il proprio diritto al rimborso di quanto versato a titolo di oneri di urbanizzazione…. ”.

Sempre in riferimento al T.A.R. Molise citato, il Comune rileva che nella pronuncia si precisa, altresì, che “ In particolare, secondo l’insegnamento giurisprudenziale, «l’impossibilità di far valere il diritto, alla quale l'articolo 2935 del codice civile attribuisce rilevanza di fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione, è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l'esercizio e non comprende anche gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, per i quali il successivo articolo 2941 del codice civile prevede solo specifiche e tassative ipotesi di sospensione, non rientra l'ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, il dubbio soggettivo sull'esistenza di tale diritto, né il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento» (cfr. Cass Civ., II, n.40104/2021)”.

La resistente, quindi, fa proprie le conclusioni della pronuncia in esame laddove si precisa che “risulta destituita di fondamento la tesi della ricorrente per cui ai fini della decorrenza del termine di prescrizione sarebbe stata necessaria la previa adozione, da parte dell’Amministrazione, di un espresso provvedimento dichiarativo della decadenza del titolo concessorio (provvedimento in difetto del quale gli effetti della prescrizione sarebbero rimasti sospesi).” .

In punto di diritto, inoltre, aggiunge il Comune, la sentenza citata conferma la posizione difensiva erariale chiarendo che la tesi dell’asserita indispensabilità, ai fini in discussione, di un espresso provvedimento di decadenza del titolo edilizio è smentita sia dal dato normativo sia dalla natura del provvedimento di decadenza eventualmente adottato dall’Amministrazione, dalla evidenza chiara al ricorrente della data finale utile per l’ultimazione dei lavori, nonché dalla mancata allegazione di una delle tassative ipotesi di sospensione del termine prescrizionale ed, infine, dalla incertezza giuridica che esiterebbe dal compiersi, per ipotesi, della decadenza da un comportamento volontario dell’interessato o dell’Amministrazione.

Quanto al primo punto, infatti, si riporta la sentenza nel passaggio in cui si rileva che “dal tenore della normativa applicabile ratione temporis alla fattispecie in scrutinio (art. 4 l. n. 10/1977), ai sensi della quale: i) l’effetto decadenziale è ricollegato al mero decorso del termine senza che i lavori siano iniziati o ultimati;
ii) non è necessaria a tal fine l’intermediazione di provvedimenti amministrativi di alcun tipo;
in questo senso, la giurisprudenza ha condivisibilmente affermato che: a) «una volta inutilmente decorso il termine per il compimento dei lavori, la decadenza si produce di diritto, qualora il termine stesso non sia stato prorogato, senza bisogno di alcuna pronuncia da parte dell'autorità, a differenza della proroga che richiede un provvedimento motivato» (cfr. Cons. St., II, n. 1451/2021 e in senso analogo id., IV, n. 5899/2019);
b) «l’effetto decadenziale del permesso di costruire si riconnette al mero dato fattuale del mancato avvio o della mancata conclusione dei lavori entro i termini fissati dalla legge, giacché la decadenza del permesso di costruire costituisce effetto automatico del trascorrere del tempo» (cfr. in tal senso Cons. St., I, n. 1932/2020)”
.

Sul secondo elemento, si fa riferimento alla considerazione relativa alla valenza del provvedimento di decadenza eventualmente adottato dall’Amministrazione così come analizzata dalla giurisprudenza laddove la citata pronuncia afferma che “il riconoscimento della natura meramente dichiarativa e ricognitiva di tale provvedimento (sostanziantesi nell’accertamento di un effetto che consegue già ex lege dal presupposto legislativamente indicato) conferma ulteriormente, infatti, che lo stesso non è necessario né per il perfezionamento della fattispecie della decadenza del titolo edilizio, né per l’insorgere del presupposto per far valere il diritto alla restituzione degli oneri di urbanizzazione versati (cfr. da ultimo T.A.R. Campania, Salerno, I, n. 2705/2022)” .

Sul decorso della prescrizione è precisato che esso è soggetto solo alle ipotesi di sospensione ex 2941 e 2942 C.c ., “da ritenersi tassative e insuscettibili di applicazione analogica (cfr. ex multis Cass. Civ., SS.UU. n. 575/2003)”.

Sul quarto punto si chiarisce che l’inconsistenza della necessità di un atto formale dell’Amministrazione è smentita anche “dall’insussistenza di qualsiasi ragionevole incertezza risentita dalla ricorrente in merito al momento del verificarsi della decadenza, nonché al momento dal quale poter richiedere la restituzione degli oneri di urbanizzazione versati, considerato che: i) è incontestato che i lavori oggetto della concessione non hanno mai avuto inizio;
ii) il titolo edilizio recava espressa e inequivoca menzione dei termini per iniziare e ultimare i lavori a pena di decadenza del titolo stesso”.

Da ultimo, la decadenza “di diritto si ritiene confermata “dalla irragionevolezza, infine, delle conseguenze che deriverebbero dalla tesi della ricorrente, atteso che, a voler ipoteticamente seguire quest’ultima, il verificarsi della decadenza, e il momento a partire dal quale dover chiedere la restituzione degli oneri di urbanizzazione versati, dipenderebbero non solo da un comportamento del titolare stesso, ma anche dalla condotta dell’Amministrazione, la quale potrebbe in taluni casi adottare un provvedimento espresso e in altri casi no, con il rischio del verificarsi di ipotesi di disparità di trattamento tra situazioni che nella sostanza si presenterebbero tuttavia identiche (cfr. in tal senso T.A.R. Lazio, Roma, II, n. 10766/2019);
per converso, proprio l’espressa previsione normativa, a opera dell’art. 4 della l.n. 10/1977, dei termini per iniziare e ultimare i lavori, e delle conseguenze obiettive della loro violazione, anche in punto di maturazione del diritto alla restituzione degli oneri di urbanizzazione versati, è conforme al principio della certezza del diritto e idonea a prevenire qualunque rischio di disparità di trattamento
.”

Quanto al richiamo di controparte alla sentenza del Consiglio di Stato n. 349/2021, il Comune ne contesta la ricostruzione operata dalla ricorrente sempre in riferimento a quanto osservato in merito dal T.A.R. Molise citato laddove evidenzia che “ Detta pronuncia, infatti, pur riferendosi, peraltro in modo non contestualizzato, all’avvento della declaratoria della decadenza del titolo edilizio come momento cui ancorare il dies a quo della prescrizione del diritto alla restituzione degli oneri urbanistici versati, nella sua ratio decidendi (cfr. par. 7.3) ha valorizzato ai medesimi fini la data di mancata ultimazione dei lavori nel termine indicato dalla concessione. Pertanto, anche tale sentenza non si è discostata, nella sostanza, dall’orientamento giurisprudenziale cui il Tribunale con la presente decisione aderisce. ”.

Il Collegio ritiene il primo motivo infondato in continuità con l’orientamento espresso dal T.A.R. Molise appena esaminato nonché dal T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, n. 489/2013, individuando, pertanto, il dies a quo del computo della prescrizione nella data di scadenza del termine di decadenza per mancato inizio dei lavori che, nel caso di specie, come ammesso dalla ricorrente, era il giorno 29.01.2010 con la conseguenza che il termine di prescrizione decennale è scaduto il giorno 29.01.2020. Quindi, la richiesta di restituzione, comunque parziale visto l’importo indicato di € 32.808,24, inoltrata via PEC da parte della ricorrente in data 30.01.2020, è intervenuta quando il termine prescrizionale decennale era già scaduto.

Per completezza, si aggiunge che il paragrafo 7.3 della citata sentenza del Consiglio di Stato n. 349 del 2021 declina i principi affermati nel caso sottoposto alla sua decisione affermando che “ Nel caso di specie, il termine finale di ultimazione delle opere oggetto della concessione edilizia n. 18/1999 è spirato, senza che si desse luogo alla edificazione prorogata al 23 gennaio 2005 e, dunque, solo da tale data è iniziato a decorrere il termine decennale di prescrizione del diritto alla ripetizione degli oneri concessori (termine interrotto dalla richiesta di restituzione inviata con raccomandata con avviso di ricevimento il 16 dicembre 2014) ”;
pertanto, anche tale pronuncia non si è discostata, ai fini del decidere, dall’orientamento giurisprudenziale cui il citato T.A.R. Molise nonché questo Tribunale con la presente decisione aderiscono. E, infine, si richiama la decisione del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana n. 521 del 28 aprile 2022 che, circa la “decadenza”, ha confermato il suindicato orientamento nel vigore della disciplina di cui al d.P.R. n. 380 del 2001, statuendo che la “ decadenza del titolo edilizio per mancata osservanza del termine di inizio dei lavori, come previsto dall’art. 15 d.P.R. n. 380/2001 opera di diritto, con la conseguenza che il provvedimento, ove adottato dalla pubblica amministrazione, ha carattere meramente dichiarativo di un effetto verificatosi "ex se" con l’inutile decorso del termine ”.

Per le ragioni esposte il primo motivo di ricorso è infondato.

Con il secondo motivo “ Erroneo presupposto di fatto. Erroneita’ della motivazione. difetto di istruttoria. Contraddittorieta’. Illogicita’ manifesta ” si sostiene l’avvenuta interruzione del termine prescrizionale in relazione ad altre due eccezioni.

La prima si riferisce al fatto che la ricorrente in data 16/04/2012 avrebbe già avanzato richiesta condizionata di restituzione delle somme versate a titolo di oneri e di costo di costruzione, istanza “sicuramente idonea quale atto interruttivo della prescrizione” con ogni conseguenza rispetto alla tempestività della successiva formale istanza di rimborso presentata in data 30/01/2020.

In secondo luogo, la ricorrente si riferisce alla circostanza “pacifica” che il Comune di Parma avrebbe adottato nell’anno 2009 un provvedimento di proroga automatica delle scadenze dei permessi di costruire e delle DIA per gli anni 2009 e 2010 determinando, perciò, lo slittamento dei termini di scadenza della DIA in esame e, conseguentemente, lo slittamento in avanti del momento di decorrenza della prescrizione ordinaria deponendo, quindi, per la tempestività dell’istanza di rimborso presentata il 30/01/2020.

Sul secondo motivo l’Amministrazione contesta l’effetto interruttivo della nota del 16/4/2012 citata dalla ricorrente in quanto la stessa si riferiva solo ed esclusivamente alla mancata cessione delle aree destinate a parcheggio;
inoltre, la delibera di Giunta Comunale n. 387 in data 02.04.2009 “ Approvazione progetto per avvio fase attuativa per l’adozione di misure anticrisi in materia edilizia ” prevede esclusivamente “ ….l’estensione, fino ad un termine di tre anni, successivi alla scadenza del titolo abilitativo, della validità delle proroghe già concesse entro il 30.09.2009, per consentire la fine dei lavori edilizi in essere ” rimanendo così, preclusa l’applicazione di detta proroga in relazione alla DIA per cui è causa in quanto, nel caso di specie, nessuna proroga era stata concessa entro il 30.09.2009 ed, inoltre, i lavori non avevano neppure avuto inizio.

Preliminarmente, occorre dare evidenza al fatto che sono stati depositati in giudizio due documenti relativi alla nota della House Group datata 16 aprile 2012, l’uno prodotto dalla ricorrente al documento n. 5 allegato al ricorso, e l’altro depositato dal Comune, al documento n. 7, recante la data e l’orario di ricezione tramite fax;
la prima nota riporta al terzo capoverso una “riserva” di richiesta di restituzione degli oneri, la seconda ha identico contenuto ma è priva del terzo capoverso.

Il Collegio rileva, in ogni caso, che la nota del 16 aprile 2012, nel testo depositato dalla ricorrente al documento n. 5, contiene una trasmissione di corrispondenza intervenuta tra la Società ed il Comune relativa al perfezionamento dell’atto di cessione gratuita di parcheggio nonché una semplice comunicazione di “riserva” di richiesta di restituzione delle somme versate quali oneri e costo di costruzione in caso di mancata conclusione anche della “ pratica di inserimento nel POC delle aree limitrofe e dei rustici già oggetto della pratica 4585 e già adottata dal Consiglio Comunale ” ;
tale ultima precisazione non può certamente rivestire la natura di intimazione formale valida ai fini interruttivi della prescrizione sia in quanto è condizionata ad un fatto eventuale sia in quanto non contiene nemmeno l’indicazione della somma richiesta.

Al riguardo secondo i generali principi espressi dalla costante giurisprudenza della Corte di Cassazione: “ in tema di interruzione della prescrizione, un atto, per avere efficacia interruttiva, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo). Quest'ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l'uso di formule solenni nè l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto (laddove non è ravvisabile tale requisito in semplici sollecitazioni prive di carattere di intimazione e di espressa richiesta di adempimento al debitore e che è priva di efficacia interruttiva la riserva, anche se contenuta in un atto scritto, di agire per il risarcimento di danni diversi e ulteriori rispetto a quelli effettivamente lamentati, trattandosi di espressione che, per genericità ed ipoteticità, non può in alcun modo equipararsi ad una intimazione o ad una richiesta di pagamento (Cass. n. 3371 del 2010;
conf. Cass. n. 18546 del 2020; Cass. n. 15714 del 2018;Cass. n. 24054 del 2015;
Cass. n. 17123 del 2015;
Cass. 24656 del 2010
)" (si veda al punto n.

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