TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-04-02, n. 201904295
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Pubblicato il 02/04/2019
N. 04295/2019 REG.PROV.COLL.
N. 08234/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8234 del 2012, proposto da
Alleanza Toro S.p.A., Essezerosette S.r.l., Badellino e Penasso S.a.s. di B M e Penasso Massimo, Piazzolla e Rcca S.n.c. di C P e L R, in persona dei rispettivi legali rappresentanti
pro tempore
, rappresentati e difesi dagli avv.ti L D V, Filippo Maria Corbo' e S Lmbo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. L D V in Roma, via di Villa Sacchetti, 11;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del provvedimento n. 23655 del 12 giugno 2012 dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, notificato in data 21 giugno 2012, con il quale l'AGCM ha accertato che le società in epigrafe ivi indicate hanno posto in essere una pratica commerciale scorretta in quanto, nella gestione dei rapporti contrattuali relativi a polizie assicurative RC Auto e degli altri rami danni, i professionisti hanno tenuto, nei confronti della clientela, una condotta contraria alla diligenza professionale, ne ha vietato la diffusione, e ha irrogato a ciascuna una sanzione pecuniaria;
- di tutti gli atti del procedimento distinto con la sigla PS/6770;
- di tutti gli atti presupposti, connessi e/o consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;
Vista l’ordinanza n. 1258 del 31 gennaio 2019;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice la dott.ssa Laura Marzano;
Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 13 marzo 2019, i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe le società ricorrenti hanno impugnato il provvedimento n. 23655 del 12 giugno 2012 con cui l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha accertato che le predette società hanno posto in essere una pratica commerciale scorretta "ai sensi dell'articolo 20, comma 2, del Codice del Consumo, in quanto nella gestione dei rapporti contrattuali relativi a polizie assicurative RC Auto e degli altri rami danni i professionisti hanno tenuto nei confronti della clientela una condotta contraria alla diligenza professionale e idonea - mediante solleciti e minacce di ricorso all'azione legale - a indurre i destinatari al pagamento di premi assicurativi non dovuti", ne ha vietato la diffusione, e ha irrogato le seguenti sanzioni pecuniarie: € 45.000 ad Alleanza Toro;€ 5.000 ad Essezerosette, € 10.000 rispettivamente alle società Piazzolla e Rcca e Badellino e Penasso.
In data 14 febbraio 2012 l'Autorità avviava un procedimento, ai sensi dell'art. 27, comma 3, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, nei confronti di Alleanza Toro S.p.A. e delle Agenzie Badellino e Penasso S.n.c., Piazzolla e Rcca S.n.c. di C P e L R e Settezerosette S.r.l. (poi stralciata dal procedimento e sostituita da Essezerosette S.r.l.), per accertare la sospetta violazione dell'art. 20 del Codice del Consumo.
Il procedimento, aperto a seguito di un reclamo collettivo, aveva ad oggetto l'invio di avvisi di scadenza e solleciti di pagamento relativi a polizze assicurative RC Auto ed altri rami danni, già scadute o validamente disdettate, nonché l'attivazione - nei medesimi casi - di procedure di recupero crediti, anche attraverso società specializzate, accompagnate dalla minaccia di adire l'autorità giudiziaria.
Le condotte oggetto dell’accertamento istruttorio erano connesse ad un avvicendamento nel mandato agenziale avvenuto in una sede “Toro” di Torino, che aveva generato un complesso contenzioso tra l’uscente L R, P F e L V &C S.a.s. (di seguito, anche “RFV”), precedente titolare dell’agenzia “Toro Antonelliana”, e la compagnia assicurativa Alleanza Toro, a seguito del formale recesso di quest’ultima avvenuto in data 1° dicembre 2010.
In sintesi i fatti si sono succeduti secondo la seguente tempistica: il 1 ottobre 2010 l'ex agente RFV diventa plurimandatario di Alleanza Toro e Reale Mutua Assicurazioni;a novembre 2010 Alleanza Toro esegue delle ispezioni presso RFV e accerta una gestione irregolare;il 1° dicembre 2010 Alleanza Toro comunica il recesso all’agenzia “Toro Antonelliana”;il 3 dicembre 2010 quest’ultima trasferisce il portafoglio informatico ai tre nuovi agenti subentranti (Essezerosette, agenzia denominata “Torino Inghilterra”;Piazzolla e Rcca, agenzia denominata “Torino Re Umberto”; Badellino e Penasso, agenzia denominata “Torino De Gasperi”, invece Settezerosette non è mai stata interessata né direttamente né indirettamente dal portafoglio in questione e svolge la propria attività unicamente per conto di “Augusta”, altro marchio di Alleanza Toro);il 12 gennaio 2011 gli ex agenti di Toro Antonelliana consegnano uno scatolone contenente una parte residua delle disdette arrivate in corso di mandato, non registrate nel portafoglio informatico;a febbraio 2011 iniziano le verifiche sulle disdette pervenute;a novembre 2011 Alleanza Toro dispone la sospensione/annullamento dei solleciti di pagamento da parte dei nuovi agenti a seguito delle verifiche.
Le condotte oggetto di accertamento nel procedimento de quo si collocano nel periodo febbraio-novembre 2011 e riguardano l’attività di ricognizione del portafoglio danni dell’ex Agenzia “Torino Antonelliana”, essendo risultato un numero di polizze significativamente inferiore rispetto a quello stimato, a causa dei numerosi annullamenti contrattuali, mediante regolare disdetta, effettuati da parte di ex clienti, transitati a Reale Mutua seguendo gli ex agenti di RFV.
Verificata l’ingente mole di polizze già disdettate, i mandatari subentranti hanno inviato agli ex clienti ripetuti solleciti di pagamento, relativi a polizze già validamente disdettate, preavvertendoli che sarebbero state intraprese azioni di recupero in caso di mancata quietanza delle somme dovute.
In taluni casi, a seguito del mancato riscontro da parte degli assicurati, veniva fatto ricorso a una società di recupero crediti che inviava ulteriori comunicazioni, minacciando anche di adire l’autorità giudiziaria.
L’AGCM ha giudicato scorretta detta partica, ritenuta ascrivibile sia ad Alleanza Toro sia alle tre agenzie affidatarie del portafoglio degli ex agenti: ciò in quanto è emerso che Alleanza Toro ha dato impulso all’attività recuperatoria e non ha provveduto a impartire direttive ai nuovi agenti circa il comportamento da tenere nei riguardi della clientela interessata dal passaggio agenziale, in modo da farli desistere dall’invio dei solleciti di pagamento;al contempo, le tre agenzie affidatarie hanno materialmente inviato le comunicazioni di sollecito di pagamento con riferimento a polizze RC Auto e di altri rami danni validamente disdettate, senza procedere prima a una attenta verifica della situazione amministrativa e contabile della clientela in argomento.
Le società ricorrenti hanno impugnato il suddetto provvedimento censurandolo con i seguenti tre motivi.
1) Carenza di potere, violazione del principio di legalità, di specialità, unicità dell'ordinamento e certezza del diritto;violazione e falsa applicazione del Codice del consumo (artt. da 18 a 27), del Codice delle assicurazioni e dei regolamenti attuativi adottati dall'ISVAP: sostengono che l’AGCM difetterebbe di competenza ad applicare la normativa in materia di pratiche commerciali, esistendo una disciplina di settore volta alla tutela del consumatore, di competenza dell'ISVAP che, a tal fine, è dotato di poteri inibitori e sanzionatori.
2) Violazione e falsa applicazione dell'art. 20, comma 2, del Codice del consumo;eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione, carenza di istruttoria;incompetenza;irragionevolezza. Secondo le ricorrenti mancherebbero gli elementi costitutivi di una pratica commerciale scorretta ai sensi dell'art. 20, comma 2, del Codice del consumo.
3) In subordine, violazione e falsa applicazione dell'art. 11 L. 689/1981;violazione del principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell'illecito: sarebbe stata erroneamente applicata e, in subordine, quantificata la sanzione, non essendo stata considerata la lieve gravità dell'asserita pratica e l'esistenza di circostanze attenuanti.
L’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato si è costituita in giudizio per resistere al gravame.
A seguito di accoglimento dell’opposizione a decreto di perenzione, con ordinanza n. 1258 del 31 gennaio 2019 la causa è stata reiscritta a ruolo.
In vista della trattazione del merito l’Autorità ha depositato documentazione e memoria difensiva;la parte ricorrente ha rassegnato le proprie conclusioni e, con memoria del 1 marzo 2019, ha replicato alle argomentazioni difensive dell’amministrazione.
All’udienza pubblica del 13 marzo 2019, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo parte ricorrente sostiene che, in ragione del principio di specialità, la disciplina generale del Codice del consumo non troverebbe applicazione in presenza di norme, nella specie quelle contenute nel Codice delle assicurazioni, che disciplinano aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali nel ramo delle assicurazioni e richiama, in proposito, le decisioni dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (11 maggio 2012 — nn. 11, 12, 13, 15 e 16), in tema di rapporto tra disciplina generale contenuta nel Codice del consumo e singola disciplina di settore.
Ne discenderebbe, secondo parte ricorrente, l’incompetenza dell’AGCM essendo, viceversa, la materia riservata all’ISVAP.
Ciò sarebbe confermato dall’art. 27, comma 1 bis , del Codice del consumo il quale stabilisce che la competenza ad accertare e sanzionare le pratiche commerciali scorrette è dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, escluso unicamente il caso in cui le pratiche commerciali scorrette siano poste in essere in settori in cui esista una regolazione di derivazione comunitaria, con finalità di tutela del consumatore, affidata ad altra autorità munita di poteri inibitori e sanzionatori e limitatamente agli aspetti regolati.
Sostiene la parte ricorrente che il Codice delle assicurazioni (D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209) contiene una disciplina sistematica del settore e attribuisce all'ISVAP (oggi IVASS) “le funzioni di vigilanza sul settore assicurativo mediante l'esercizio dei poteri di natura autorizzativa, prescrittiva, accertativa, cautelare e repressiva previsti dalle disposizioni del presente codice” (art. 5) e che le predette funzioni di vigilanza si estenderebbero anche allo specifico settore della tutela del consumatore.
Ne sarebbe conferma il fatto che, nel caso di specie, l'ISVAP ha inviato all'intermediario richieste d'informazioni in ordine al rapporto con la clientela, con specifico riguardo al trasferimento del portafoglio tra agenzie, ritenendo all’esito non sussistenti i fatti contestati;viceversa, ove l'Istituto avesse riscontrato una violazione dell'art. 183 del Codice delle assicurazioni, o di altre norme regolamentari, avrebbe avviato un procedimento disciplinare.
1.1. Il motivo è infondato.
La parte ricorrente invoca le citate sentenze dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e sostiene che il Codice del consumo, alla stregua del disposto di cui all’art. 19, comma 3 (di recepimento dell’art. 3, comma 4, della Direttiva 2005/29/CE), non possa essere applicato al caso di specie poiché esisterebbe una disciplina settoriale.
Il Collegio, condividendo le argomentazioni della difesa erariale, osserva che si tratta di un orientamento sostanzialmente superato dall’evoluzione giurisprudenziale successiva, definitivamente cristallizzatasi nella sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea, del 13 settembre 2018, resa nelle cause riunite C-54/17 e C-55/17.
Nella richiamata pronuncia la Corte UE afferma che il contrasto tra norme – unica ipotesi che rende inapplicabile la disciplina delle pratiche commerciali sleali – cui si riferisce l’articolo 3, par. 4, della direttiva 2005/29/CE (articolo 19, comma 3, del Codice del consumo) è solo il contrasto tra norme dell’Unione e non tra norme nazionali, con la conseguenza che le norme della direttiva 2005/29/CE prevalgono su norme nazionali che non siano diretta trasposizione di specifiche disposizioni UE. La sentenza chiarisce, inoltre, che la nozione di «contrasto» denota un rapporto, tra le disposizioni cui si riferisce, che va oltre la mera difformità o la semplice differenza, mostrando una divergenza che non può essere superata mediante una formula inclusiva che permetta la coesistenza di entrambe le realtà, senza che sia necessario snaturarle.
Dunque, secondo la Corte, il contrasto sussiste solo quando disposizioni di stretta derivazione UE, disciplinanti aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, impongono ai professionisti, senza alcun margine di manovra, obblighi “incompatibili” con quelli stabiliti dalla direttiva 2005/29, dando vita a una divergenza insanabile che non ammette la coesistenza di entrambi i plessi normativi.
Osserva il Collegio che le riportate conclusioni della Corte di Giustizia depongono per l’affermazione di una specialità normativa per fattispecie e non per settore, come ritenuto dalla più risalente giurisprudenza nazionale richiamata dalla parte ricorrente, configurando i rapporti tra i due corpi normativi in termini di complementarietà più che di specialità.
La statuizione della Corte di giustizia si pone, peraltro, nel solco della comunicazione della Commissione del 25 maggio 2016 («Orientamenti per l’attuazione/applicazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali») la quale, al punto 1.4.1 (Relazione con altre normative dell'UE), chiarisce che, alla stregua dell’art. 3, par. 4 e del considerando 10 della direttiva 2005/29/CE, una disposizione del diritto dell’Unione prevale sulla direttiva se sono soddisfatte le seguenti tre condizioni: «ha lo status di diritto dell’Unione»;«disciplina un aspetto specifico delle pratiche commerciali»;«è presente un conflitto tra le due disposizioni oppure il contenuto dell’altra disposizione del diritto dell’Unione si sovrappone al contenuto della disposizione pertinente della direttiva, per esempio disciplina il comportamento in questione in modo più dettagliato e/o è applicabile a un settore specifico».
1.2. Da quanto precede discende l’infondatezza del motivo in rassegna atteso che la disciplina contenuta nel Codice delle assicurazioni (che attua la direttiva 2002/92/CE sulla intermediazione assicurativa) non contempla alcuna specifica disciplina in ordine alle pratiche commerciali sleali, né prevede obblighi di trasparenza e regole di comportamento che coinvolgano l’intero panorama delle condotte sanzionate dal Codice del consumo.
Deve aggiungersi che non sono configurabili sovrapposizioni di tutele né conflitti di competenze tali da imporre ai professionisti, senza alcun margine di manovra, obblighi “incompatibili” con quelli stabiliti dalla direttiva 2005/29, dando vita, in ipotesi, ad una divergenza insanabile che non ammette la coesistenza di entrambi i plessi normativi.
E’ inesatta l’affermazione di parte ricorrente secondo cui nel Codice delle assicurazioni sarebbe contemplata una disciplina di settore specifica atta a garantire “la piena tutela del consumatore” (cfr. pag. 3 della memoria di replica del 1° marzo 2019).
Invero, come già osservato, il Codice delle assicurazioni non contiene una disciplina specifica riguardante la tutela del consumatore nel ramo delle assicurazioni ma reca riferimenti al consumatore solo in poche norme, limitatamente al profilo degli obblighi informativi (art. 5, art. 131, art. 132 bis , art. 136).
In definitiva il Codice del consumo e il Codice delle assicurazioni sono tra di loro complementari, dovendosi escludere un rapporto di specialità fra i due corpi normativi con riferimento alla tematica della tutela del consumatore.
Ne discende che sussiste la competenza dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato a valutare la scorrettezza di una pratica commerciale, anche nel settore assicurativo.
1.3. Non colgono nel segno le controdeduzioni svolte, in proposito, dalla parte ricorrente nella citata memoria di replica, secondo cui l'incompetenza dell'AGCM, nel caso di specie, discenderebbe non solo dalla divergenza in astratto fra diversi plessi normativi, ma anche da un conflitto di competenza in concreto, atteso che lo stesso potere sarebbe stato esercitato due volte, da due distinte autorità ISVAP (oggi IVASS) e AGCM, sui medesimi fatti.
A parere del Collegio il fatto che l'ISVAP, sulla base dei reclami trasmessi dai clienti alle società, abbia istruito le singole posizioni di reclamo e, all’esito dell’istruttoria, abbia ritenuto di non dover avviare alcun procedimento, conferma (e non smentisce, come opinato dalla parte ricorrente) che i due corpi normativi sono fra loro complementari e non sovrapponibili, tanto che la stessa condotta, ritenuta neutrale alla stregua della disciplina del Codice delle assicurazioni, risulta invece scorretta alla luce della disciplina del Codice del consumo.
Conclusivamente il motivo deve essere respinto.
2. Con il secondo motivo parte ricorrente lamenta che l'Autorità non avrebbe provato l'esistenza degli elementi costitutivi della fattispecie contestata, ossia che la condotta tenuta dal professionista: rappresenti una vera e propria prassi;sia contraria alla normale diligenza professionale;sia idonea ad incidere sensibilmente sul comportamento economico del consumatore medio.
Sotto il primo profilo l’Autorità non avrebbe tenuto conto: del numero esiguo degli assicurati che hanno sporto denuncia (106 denunce da parte di 25 assicurati che rappresentano 1% circa del portafoglio delle tre agenzie coinvolte);della circostanza che i fatti contestati si inscrivevano nell'ambito di una situazione peculiare del tutto contingente e transitoria, legata al passaggio di consegne del portafoglio clienti, dell'ex Agenzia Antonelliana, ai nuovi agenti e al tentato storno di clientela realizzato dalla prima ai danni dei secondi;del fatto che le condotte esaminate riguardavano un ambito territoriale circoscritto, coincidente con il territorio di competenza di sole tre agenzie di Alleanza Toro presenti nel comune di Torino.
Pur ammettendo che le pratiche commerciali scorrette si iscrivono nel novero degli illeciti di pericolo, la parte ricorrente obietta che, nel caso di specie, non sarebbe stato dimostrato il concreto rischio di reiterazione.
Quanto al profilo della violazione del dovere di diligenza (che, secondo l’Autorità, si è concretato nel fatto che Alleanza Toro, pur avendo avuto contezza dell'anomala gestione delle disdette da parte dell'ex Agenzia Antonelliana già a partire da novembre 2010, non ha impartito precise direttive ai nuovi agenti sulla condotta da tenere con la clientela interessata dal passaggio di consegne al fine di evitare l'invio di solleciti di pagamento o l'attivazione di procedure di recupero crediti ed è intervenuta con tempi eccessivamente lunghi, pari a circa 10 mesi - punti 40 e 41 del provvedimento), la parte ricorrente sostiene che Alleanza Toro, appena ha avuto contezza dell'esistenza di disdette fino ad allora sconosciute, si sarebbe immediatamente attivata per porre termine agli invii di indebiti solleciti di pagamento ai clienti e, a seguito dell'attività di ricognizione delle polizze disdettate, ha annullato tutte le azioni di sollecito e recupero crediti anche laddove si riteneva che fosse legittimo portarle avanti in ragione della irregolarità/invalidità della disdetta.
Infine l’Autorità non avrebbe dimostrato l'idoneità della condotta a falsare il comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto.
2.1. Il motivo è infondato.
Nel provvedimento impugnato l’Autorità rileva che, sebbene la situazione di gestione anomala del portafoglio da parte degli ex agenti, con particolare riguardo al trattamento delle disdette, sia stata accertata da Alleanza Toro nel mese di novembre 2010, attraverso verifiche ispettive cui è seguito rapidamente il recesso del mandato agenziale (1° dicembre 2010), la stessa non risulta aver impartito precise direttive ai nuovi agenti circa il comportamento da tenere nei riguardi di questa clientela interessata dal passaggio, né ha imposto loro di desistere dall’invio dei solleciti di pagamento.
Inoltre, una volta entrata in possesso della documentazione riguardante le disdette in argomento, a partire dalla metà di gennaio 2011, Alleanza Toro ha lasciato che i controlli, iniziati a febbraio 2011, si protraessero quasi per 10 mesi e che l’ammissione della validità delle disdette avvenisse soltanto dopo l’invio di diversi solleciti di pagamento e il successivo ricorso a una società di recupero crediti.
L’Autorità ha rilevato che analoghi ritardi sono stati riscontrati in relazione alla gestione delle ulteriori disdette inviate dagli assicurati in data successiva al 1° dicembre 2010.
Quanto alla dedotta esiguità del numero delle denunce e dei reclami rispetto al portafoglio trattato, l’Autorità richiama l’art. 18, lettera d), del Codice del consumo, il quale fornisce una definizione estremamente ampia di “pratiche commerciali tra professionisti e consumatori” e afferma che essa ricomprende ogni condotta posta in essere da un professionista prima, durante o dopo un’operazione commerciale relativa ad un prodotto o servizio offerto, che si connoti per caratteristiche tali da poter essere astrattamente replicata a prescindere dal numero di soggetti che in concreto ne siano stati destinatari e dalle vicende contrattuali circoscritte al rapporto tra il professionista ed un singolo utente: caratteristiche cui è riconducibile la pratica esaminata.
2.2. Osserva il Collegio che i dati rilevati dall’Autorità, e non contestati dalla parte ricorrente se non con riferimento all’interpretazione che l’Autorità ne ha complessivamente dato, sono idonei a dimostrare il carattere non episodico della condotta che, come si è visto, si è protratta per circa dieci mesi.
Vieppiù, si tratta di circostanze da cui emerge la non necessarietà della condotta posta in essere (consistente nell’invio di ripetuti solleciti di pagamento e, perfino a volte, di intimazioni da parte di società di recupero crediti) per raggiungere quel fine che la parte ricorrente adombra essere non altrimenti raggiungibile: ossia avere contezza di quali e quanti ex clienti avessero consapevolmente e volontariamente deciso di rescindere il rapporto contrattuale con Alleanza Toro per seguire i loro agenti di fiducia affidandosi a Reale Mutua.
In proposito giova rammentare che l’art. 20, comma 2, del Codice consumo definisce una pratica commerciale come scorretta se risulta contraria alla diligenza professionale ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta (o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori).
Osserva il Collegio che la pratica contestata alle ricorrenti nel caso di specie si palesa come scorretta in quanto una simile condotta è astrattamente idonea a indurre il consumatore a saldare l’asserito debito, anche se convinto di non esservi più obbligato, pur di non rischiare di dover intraprendere un contenzioso con la compagnia di assicurazioni, facendo insorgere in lui il dubbio sulla non correttezza della disdetta inviata.
L’induzione psicologica può portare il consumatore a recedere dalla propria posizione perché, nel bilanciamento dei relativi oneri, saldare la somma che gli si imputa a debito potrebbe essere ritenuto economicamente più conveniente che difendersi in un eventuale giudizio (cfr. per il principio: T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 3 maggio 2018, n. 4919).
Rispetto a una simile condotta, non è compito dell’Autorità verificare quanti consumatori abbiano, in concreto, pagato il premio non dovuto, così recedendo dalla già manifestata volontà di interrompere il rapporto con Alleanza Toro per passare ad altra Compagnia, in quanto, come riconosciuto dalla stessa parte ricorrente, la natura dell’illecito in esame deve inquadrarsi nell’ambito degli illeciti di mero pericolo, con la conseguenza che l’effettiva incidenza della pratica commerciale scorretta sulle scelte dei consumatori non costituisce un elemento idoneo a elidere o ridurre i profili di scorrettezza della stessa (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 24 aprile 2018, n. 4571).
Il carattere della pratica commerciale deve, in sostanza, essere valutato ex ante , quindi a prescindere dal dato di fatto concreto, variabile per le più svariate ragioni, soggettive e oggettive, legato all’esito concretamente lesivo prodotto dalla condotta del professionista (Cons. Stato, Sez. VI, 10 dicembre 2014, n. 6050).
2.3. Non può essere condivisa l’affermazione di parte ricorrente secondo cui l’Autorità non avrebbe tenuto conto delle risultanze istruttorie e non avrebbe motivato in modo esaustivo.
Il provvedimento finale dà ampiamente conto dell’attività istruttoria svolta e delle evidenze acquisite (punti da 27 a 33), che sono opportunamente valorizzate nelle valutazioni conclusive (cfr., in particolare, i punti 42 e 47). Inoltre la condotta esaminata è stata ritenuta non conforme al parametro della diligenza professionale avendo l’Autorità osservato che il principio di correttezza avrebbe imposto, in generale, una maggiore attenzione nella gestione dei rapporti con la clientela, affinché non venissero inviati perentori solleciti di pagamento quando i premi non erano dovuti.
Anzi l’Autorità rileva che, proprio a causa delle note difficoltà insorte con il subentro nella gestione agenziale, le tre agenzie, Essezerosette, Piazzolla e Rcca e Badellino e Penasso, avrebbero dovuto procedere a una attenta e tempestiva verifica e contattare i clienti la cui situazione amministrativa e contabile meritasse dei chiarimenti, al fine di evitare l’invio di perentori solleciti di pagamento per premi non dovuti;parallelamente, Alleanza Toro avrebbe dovuto impartire ai propri agenti precise istruzioni circa il comportamento da tenere nei riguardi degli assicurati. L’Autorità ha anche osservato che le comunicazioni di sollecito di pagamento rivolte alla clientela avrebbero, poi, dovuto illustrare fedelmente la situazione determinatasi, richiedendo di confermare, se del caso, l’effettiva vigenza del contratto assicurativo;“al contrario, il tenore delle intimazioni indirizzate ai consumatori risulta al tempo stesso confusorio e aggressivo” (punto 45 del provvedimento).
Per un verso, infatti, senza alcun previo e accurato controllo, si riporta nelle comunicazioni di sollecito di pagamento l'ammontare delle somme da corrispondere relative a premi o rate di premio in realtà non dovuti;per altro verso, si minaccia di adire le vie legali per il recupero di un credito insussistente.
Inoltre nel provvedimento si considera l’idoneità della pratica ad incidere negativamente sul comportamento economico del consumatore che ne venga raggiunto il quale, pur avendo esercitato la facoltà di recesso dal contratto assicurativo, nel vedersi recapitare una comunicazione di sollecito di pagamento, potrebbe essere indotto in errore circa la validità della disdetta, soprattutto in ragione della sua limitata confidenza con gli strumenti tecnico-giuridici e della minacciosa assertività e assiduità dei solleciti.
Il Collegio osserva che non sono né irragionevoli né immotivate le conclusioni cui è giunta l’Autorità nel ritenere la condotta descritta come contraria allo standard di diligenza richiesto al professionista del settore.
Conclusivamente il secondo motivo deve essere respinto.
3. Anche il terzo motivo è infondato.
Le ricorrenti sostengono che l'Autorità, nella quantificazione della sanzione inflitta a ciascuna di esse, non avrebbe rispettato l'art. 11 L. 689/1981 perché non avrebbe tenuto in debito conto l'assenza di gravità della condotta contestata e la circostanza attenuante data dall'opera svolta, sia da Alleanza Toro sia dalle tre nuove agenzie, per l'eliminazione della presunta violazione.
3.1. Contrariamente a quanto sostiene la parte ricorrente, il provvedimento impugnato, sul punto, è piuttosto dettagliato, atteso che si sofferma, per ciascuna delle imprese coinvolte, su tutti i parametri da assumere a riferimento nella determinazione della sanzione, la quale, infatti, risulta essere di importo diverso per ciascuna delle società coinvolte.
L’Autorità ha, infatti, considerato uguale, per tutte le società, la durata, stimata in undici mesi. Ha, invece, differenziato l’ampiezza della pratica commerciale scorretta contestata dai consumatori, che per Alleanza Toro è riferita al bacino di utenza delle tre agenzie “Toro” di Torino affidatarie del portafoglio degli ex agenti e, per le altre, al più ridotto bacino di utenza di ciascuna agenzia.
Inoltre, in ragione della dimensione economica del professionista, rilevante nel solo caso di Alleanza Toro che rappresenta uno dei principali operatori sui mercati assicurativi in Italia, ha irrogato a questa una sanzione di € 50.000, ridotta a € 45.000 in considerazione delle condizioni economiche non positive della stessa e del suo bilancio in perdita. Alle altre società ha irrogato sanzioni in misura inferiore in quanto: Essezerosette ha una dimensione economica non significativa (sanzionata per € 7.000, ridotta a € 5.000 in considerazione della situazione economica non positiva con un bilancio in perdita);Piazzolla e Rcca ha una dimensione economica non significativa (sanzionata per € 10.000);Badellino e Penasso ha una dimensione economica non significativa (sanzionata per € 10.000).
In definitiva, nella ponderazione della sanzione da irrogare, l’Autorità, avuto riguardo a tutti i parametri di riferimento e dovendo garantire l’effettiva efficacia deterrente della sanzione pecuniaria secondo criteri di proporzionalità ed adeguatezza, ha tenuto conto di tutte le circostanze caratterizzanti il caso di specie ed ha determinato la sanzione nell’esercizio di una discrezionalità sindacabile, in sede giurisdizionale, solo nei limiti del travisamento o della macroscopica illogicità o della manifesta mancanza di proporzione, nel caso di specie non ravvisabili.
3.2. E’ infondata anche l’affermazione per cui l’Autorità non avrebbe tenuto conto dell’opera posta in essere per la eliminazione o l’attenuazione delle conseguenze della violazione;la Sezione ha già avuto modo di chiarire che il comportamento meramente interruttivo non può essere ascritto ad un’ipotesi di ravvedimento operoso, il quale presuppone non il semplice venir meno della pratica commerciale scorretta ma una condotta attiva, tesa ad eliminare le conseguenze della precedente condotta, comportamento assente nel caso di specie (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 8 febbraio 2018, n. 1523).
In ogni caso deve rilevarsi che, ai sensi dell’articolo 27, comma 9, del Codice del consumo, nel testo applicabile ratione temporis , con il provvedimento che vieta la pratica commerciale scorretta, l’Autorità poteva disporre l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria da € 5.000 a € 500.000;nel caso di specie le somme quantificate qualificano in termini di congruità le sanzioni irrogate (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 9 marzo 2018, n. 3063 che richiama Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2016, n. 38).
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
4. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.