TAR Firenze, sez. III, sentenza 2016-12-06, n. 201601748
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Pubblicato il 06/12/2016
N. 01748/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00030/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 30 del 2016, proposto da:
G F, rappresentato e difeso dall'avvocato Riccardo Bianchini C.F. BNCRCR77R17D612B, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Guelfa N. 1;
contro
Comune di Rufina, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato Sauro Erci C.F. RCESRA56A24L838Y, con domicilio eletto presso il suo studio in Firenze, via Francesco Bonaini N. 10;
Per l'annullamento,
della determinazione n. 251/2015 del 18.11.2015, notificata il 24.11.2015, con la quale è stata irrogata una sanzione pecuniaria di euro 81.612,00 ai sensi dell'art. 200, comma 6 della L.R. Toscana n. 65/2014, nonché di ogni altro atto ad essa connesso, collegato o presupposto fra cui, in particolare, la relazione redatta dall'Ufficio Tecnico comunale del 16.11.2011 sulla cui base è stato quantificato l'importo della sanzione in euro 81.612,00.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Rufina;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2016 il dott. G R e uditi per le parti i difensori avv. F. Vada, delegata dall'avv. R. Bianchini, per la parte ricorrente e avv. E. Vignolini, delegata dall'avv. S. Erci, per l'amministrazione resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso il Sig. G F ha impugnato il provvedimento n. 251/2015 del 18.11.2015, con il quale è stata irrogata una sanzione pecuniaria di euro 81.612,00 ai sensi dell'art. 200, comma 6 della L.R. Toscana n. 65/2014, unitamente alla relazione redatta dall'Ufficio Tecnico comunale del 16.11.2011 sulla cui base è stato quantificato il sopra citato importo.
Tale provvedimento concerne i medesimi abusi relativi al diniego di sanatoria (prot. n. 2284) del 26.1.1996 in conseguenza del quale il Comune di Rufina aveva emanato la nota (prot. n. 17157) del 2.10.1996, con la quale era stata erogata una precedente sanzione pecuniaria in conseguenza della valutazione assunta diretta di non demolire l’immobile.
Detti provvedimenti venivano annullati da questo Tribunale con la sentenza n. 6646/2010, riferita agli RG 1238/96 e 4674/2009.
Nel ricorso ora proposto si rileva che, a seguito della sentenza n. 6646/2010, il Comune di Rufina, senza aver previamente restituito le somme riferite al precedente provvedimento di irrogazione della sanzione pecuniaria (oggetto poi di un separato giudizio civile), aveva attivato un nuovo procedimento di determinazione della sanzione pecuniaria, emanando il relativo provvedimento conclusivo.
Sempre il Comune di Rufina, dopo aver comunicato l’avvio del procedimento di riesame dell’istanza di sanatoria, aveva emanato la determinazione n. 20 del 20/02/2015 con la quale aveva accertato la non sanabilità delle opere abusive, in quanto consistenti in un ampliamento realizzato in assenza di un titolo edilizio, provvedimento di rigetto quest’ultimo rimasto inoppugnato.
Da ultimo, con il provvedimento n. 251/2015 del 18/11/2015, si disponeva l’applicazione della sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione di cui all’art. 200 comma 6 della L Reg. n. 65/2014, quantificando l’importo dovuto in euro 81.612,00.
Nell’impugnare solo detto provvedimento di rideterminazione della sanzione pecuniaria si sostiene l’esistenza dei seguenti vizi:
1. l’eccesso di potere per violazione del principio del ne bis in idem e per abnormità, irragionevolezza, violazione del principio di buon andamento e sviamento del potere, in considerazione del fatto che il Comune di Rufina avrebbe già incassato le somme oggetto della prima sanzione, emessa in relazione al medesimo abuso edilizio;
2. falsa applicazione dell'art. 200, comma 6 della Legge Reg. Toscana n. 65/2014, eccesso di potere per violazione del principio di irretroattività di norme sanzionatorie, per violazione del principio di affidamento e prescrizione della pretesa sanzionatoria ex art. 28 l. n. 689/1981;a parere del ricorrente l’Amministrazione comunale avrebbe dovuto applicare le norme sanzionatorie vigenti al momento del compimento dell’opera abusiva o al momento della scoperta dell’abuso e, non quindi la L. reg. del 2014, che prevedrebbe criteri diversi rispetto alla disciplina in precedenza vigente;inoltre la pretesa sanzionatoria si sarebbe prescritta in quanto sarebbe decorso il termine di prescrizione quinquennale;
3. la violazione dell’art. 7 della L. n. 241/90 in quanto l’irrogazione della sanzione non sarebbe stata preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento.
Nel giudizio si costituiva il Comune di Rufina chiedendo il rigetto del ricorso, in quanto infondato.
Nel corso della camera di consiglio del 9 febbraio 2016, questo Tribunale rilevava la necessità che il ricorso venisse esaminato nell’ambito di un’udienza pubblica che, a sua volta, veniva fissata per l’8 novembre 2016, previa sospensione del provvedimento di determinazione della sanzione pecuniaria.
Alla stessa udienza, uditi i procuratori delle parti costituite, il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Il giudizio è infondato e va respinto.
1.1 Con il primo motivo si sostiene la violazione del “principio del ne bis in idem”, in considerazione del fatto che il Comune di Rufina avrebbe già incassato le somme oggetto della prima sanzione pecuniaria, emessa in relazione al medesimo abuso edilizio, circostanza quest’ultima che impedirebbe la richiesta di nuove somme per la stessa tipologia di sanzione.
1.2 Le argomentazioni sopra citate non possono essere condivise.
1.3 E’ dirimente constatare che il Comune aveva l’obbligo di rideterminarsi a seguito della pronuncia di questo Tribunale che, in accoglimento del ricorso proposto, aveva annullato il precedente diniego di sanatoria.
1.4 La sentenza n. 6646/2010 aveva accolto la censura relativa al difetto di motivazione del precedente diniego, evidenziando che “ invero, è carente di motivazione il diniego di concessione in sanatoria fondato su un generico contrasto dell'opera con leggi o regolamenti in materia edilizia, dovendo invece il diniego stesso soffermarsi sulle disposizioni che si assumano ostative al rilascio del titolo e sulle previsioni di riferimento contenute negli strumenti urbanistici, in modo da consentire all'interessato da un lato di rendersi conto degli impedimenti che si frappongono alla regolarizzazione ed al mantenimento dell'opera abusiva, dall'altro di confutare in giudizio, in maniera pienamente consapevole ed esaustiva, la legittimità del provvedimento impugnato (TAR Toscana, III, 9/4/2009, n. 605;Cons. Stato, V, 23/4/1993, n.502;TAR Toscana, II, 31/1/2000, n.22;TAR Marche, 18/4/2001, n.996;TAR Lazio, Latina, 1/9/2004, n.690) ”.
1.5 E’ peraltro noto che un costante orientamento giurisprudenziale ha distinto tra le sentenze ad effetto vincolante pieno, con le quali l'atto viene annullato per difetto dei presupposti soggettivi o oggettivi o per violazione di termini perentori relativi all'esercizio del potere, da quelle ad effetto vincolante strumentale.
1.6 Nell’ambito di queste ultime l'annullamento per vizi formali (come quelli procedimentali o di mero difetto di motivazione) impone soltanto all'amministrazione di eliminare il vizio dall'atto, ma non la vincola in alcun modo nei contenuti (T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, 10-02-2011, n. 848).
1.7 Si consideri inoltre che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la sentenza di cui si tratta non contiene la condanna alla restituzione delle somme, ma al contrario rinvia all’adozione di successivi e ulteriori provvedimenti dell’amministrazione e, ciò, evidentemente al fine di consentire la conclusione del procedimento avviato con l’istanza di sanatoria.
1.8 Nemmeno sussiste la violazione dei principi di buona fede e di cui all’art.97 della Costituzione, considerando che il provvedimento di applicazione della sanzione alternativa alla demolizione ora impugnato non può che costituire la diretta conseguenza del diniego di sanatoria, provvedimento quest’ultimo che è rimasto non contestato dal ricorrente.
1.9 La sopra citata censura è, pertanto, infondata e va respinta.
2. Altrettanto da rigettare sono le argomentazioni contenute nel secondo motivo nell’ambito del quale si contesta la falsa applicazione dell’art. 200 della L.R. n. 65/2014 e la violazione del principio di irretroattività delle norme sanzionatorie, rilevando come detta disciplina non avrebbe dovuto applicarsi essendo sopravvenuta rispetto al momento in cui era stata presentata l’originaria istanza di sanatoria.
2.1 In realtà sul punto è la stessa ricorrente che ricorda l’esistenza di un orientamento prevalente diretto a sostenere che, in materia di sanzioni amministrative, non si applichi il divieto d'irretroattività.
E’, peraltro, noto che per determinare la sfera di applicabilità della disciplina sanzionatoria sopravvenuta in materia di abusi edilizi, deve aversi riguardo non alla data della costruzione abusiva, ma al momento in cui l'amministrazione opera la scelta tra demolizione e sanzione alternativa (TAR Emilia Romagna, Bologna, 14.1.2015, n. 2 e Cons. Stato Sez. V, 18-03-1998, n. 319).
2.1 Il comune di Rufina ha correttamente ritenuto di applicare l’art. 200 comma 6 della L. reg. 65/14, rideterminando la sanzione pecuniaria sulla base del criterio pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile, conseguentemente alla realizzazione delle opere di cui si tratta.
2.2 Altrettanto infondata è l’argomentazione diretta a sostenere che il termine per applicare la sanzione pecuniaria si sarebbe prescritto ai sensi dell’art. 28 della L. n. 689/81, in considerazione del fatto che l'abuso sarebbe stato rilevato dagli organi comunali in data 17.10.1995 e l'Amministrazione avrebbe omesso di irrogare una nuova sanzione per oltre cinque anni dall'annullamento della prima sanzione.
2.3 Sul punto è necessario ribadire che l’obbligo di rideterminarsi sulla domanda di sanatoria costituiva una conseguenza della pronuncia di questo Tribunale che, nell’annullare il diniego di sanatoria (prot. n. 2284) del 26.1.1996, aveva rilevato l’esistenza di un difetto di motivazione dello stesso provvedimento, circostanza che non poteva che obbligare l’Amministrazione a riattivare il procedimento di sanatoria per emanare un successivo provvedimento conclusivo.
2.4 Infatti, solo a seguito di detta sentenza, l’Amministrazione ha emesso, in data 20.2.2015, un nuovo diniego (peraltro non impugnato da controparte) e sulla base di detto provvedimento conclusivo dell’istanza di sanatoria presentata dalla ricorrente, è stato riesercitato il potere sanzionatorio e, ciò, nel rispetto del termine quinquennale sopra citato e della normativa in quel momento vigente.
2.5 Con la terza censura si sostiene la violazione dell’art. 7 della L. n. 241/90, in quanto l’Amministrazione avrebbe omesso di comunicare al ricorrente l’avvio del procedimento di irrogazione della sanzione amministrativa.
2.6 Sul punto va evidenziato che, non solo il ricorrente ha ritenuto di non impugnare il diniego di sanatoria n. 20/2015, ma in relazione a quest’ultimo procedimento, pur avendo ricevuto la comunicazione di avvio in data 18.12.2014, aveva ritenuto di non presentare alcuna memoria o contestare le conclusioni cui era giunta l’Amministrazione comunale.
2.7 Si consideri, inoltre, che il ricorrente non ha dimostrato la presunta erroneità della sanzione pecuniaria, non deducendo alcun elemento a sostegno, limitandosi ad affermare che la sanzione è molto più alta della precedente irrogata nel 1996, circostanza quest'ultima che non può che comportare l'applicazione dei principi fatti propri dal secondo comma dell'art. 21 octies.
2.8 E’, peraltro, noto che l'adozione di provvedimenti repressivi degli abusi edilizi non deve essere preceduta dall'avviso di avvio del procedimento amministrativo sanzionatorio, trattandosi di provvedimenti tipici e vincolati emessi all'esito di un mero accertamento tecnico della consistenza delle opere realizzate e del carattere abusivo delle medesime (T.A.R. Campania Napoli Sez. III, 10-01-2015, n. 107, T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, 27-01-2012, n. 912).
La censura è, pertanto, da respingere.
2.9 In conclusione l'infondatezza di tutti i motivi consente di respingere il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.