TAR Perugia, sez. I, sentenza 2010-01-13, n. 201000002
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
N. 00002/2010 REG.SEN.
N. 00301/2001 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 301 del 2001, proposto da:
D A S, rappresentato e difeso dall'avv. M C T, con la quale è elettivamente domiciliato presso l’avv. A Ma in Perugia, via Bonaccia, 5;
contro
Comune di Todi, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. C F, con domicilio eletto presso l’avv. S C in Perugia, Piazza Italia, 9;
per l'annullamento
del provvedimento del dirigente del Settore Tecnico-Urbanistica-Polizia del Comune di Todi in data 2 aprile 2001, prot. n. 6230, con il quale è stata rigettata la domanda di sanatoria di opere edilizie abusive presentata dal ricorrente in data 31 dicembre 1986 ai sensi della legge n. 47 del 1985, nonché di ogni altro atto presupposto e/o connesso e/o consequenziale, ed in particolare della delibera del Consiglio direttivo del Consorzio Economico Urbanistico della Media Valle del Tevere n. 25 del 19 marzo 1986.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Todi;
Viste le memorie difensive dell’Amministrazione resistente;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 ottobre 2009 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, proprietario di una rata di terreno sito sul versante nord del Colle di Todi, premette di avervi abusivamente posto in opera, all’incirca nel 1976, una piccola casa prefabbricata, poggiata su di una soletta di cemento;successivamente ha richiesto il titolo edilizio, che gli è stato però negato con provvedimento del 7 febbraio 1980.
Espone che con successiva ordinanza sindacale n. 744 del 22 ottobre 1980 veniva ordinata la rimozione (in parte) e demolizione (in parte) del manufatto, ma tale provvedimento è stato sospeso con provvedimento cautelare di questo T.A.R.
Essendo sopravvenuta la legge 28 febbraio 1985, n. 47, il ricorrente ha presentato, il 31 dicembre 1986, domanda di sanatoria.
Solamente con l’impugnato provvedimento in data 2 aprile 2001, a distanza dunque di circa quindici anni dall’istanza di sanatoria, è intervenuto il diniego, fondato sul duplice presupposto della sentenza 30 dicembre 1992, n. 435, con cui il T.A.R. Umbria ha rigettato il ricorso avverso il provvedimento disponente la demolizione d’ufficio di una serie di opere, e del parere negativo al rilascio della sanatoria comunicato dal Consorzio Economico Urbanistico della Media Valle del Tevere con nota prot. n. 441 del 25 marzo 1986.
A sostegno del ricorso deduce i seguenti motivi di diritto :
1) Violazione dell’art. 35, comma 12, della legge 28 febbraio 1985, n. 47;violazione dei principi in materia di autotutela;eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione e per errore nei presupposti.
La norma indicata in rubrica prevede che, salvo i casi di opere insuscettibili di sanatoria di cui al precedente art. 33, decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta;di conseguenza sulla domanda di sanatoria presentata in data 31 dicembre 1986 dal sig. D A si è formato il silenzio assenso.
Né appare ostativa l’esistenza di un vincolo di bellezza panoramica ai sensi della legge n. 1497 del 1939, dal momento che lo stesso non rientra tra quelli di inedificabilità assoluta previsti dall’art. 33 della legge n. 47 del 1985, ma tra quelli contemplati dall’art. 32, richiedenti il nulla osta dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo stesso.
Formatosi dunque il silenzio assenso, il Comune non poteva adottare un provvedimento di diniego, ma, se del caso, procedere all’annullamento d’ufficio del “provvedimento tacito”, in applicazione del potere generale di autotutela amministrativa.
2) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, per errore nei presupposti e per illegittimità derivata dall’illegittimità della delibera del Consiglio direttivo del Consorzio Economico Urbanistico della Media Valle del Tevere n. 25 del 19 marzo 1986.
Erronei sono i presupposti su cui si basa il provvedimento impugnato;in particolare, inconferente è il richiamo della sentenza del T.A.R. Umbria, avente ad oggetto il provvedimento di ingiunzione della demolizione del manufatto;allo stesso modo, privo di rilievo è il parere negativo espresso dal Consorzio Economico Urbanistico della Media Valle del Tevere, il quale rileva che l’abuso ricade in zona di notevole interesse ambientale, senza però tenere conto che tale circostanza non impedisce in assoluto l’edificazione, ma soltanto la subordina ad una speciale autorizzazione da parte dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.
Si è costituito in giudizio il Comune di Todi chiedendo la reiezione del ricorso.
All’udienza del 21 ottobre 2009 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. - Con il primo motivo il ricorrente deduce l’illegittimità del diniego di sanatoria opposto alla propria istanza del 31 dicembre 1986, nell’assunto che sia comunque maturato il silenzio assenso previsto dall’art. 35, comma 17, della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
La censura non appare meritevole di positiva valutazione, e deve pertanto essere disattesa.
La norma in questione dispone che «con esclusione dei casi di cui all’art. 33, decorso il termine perentorio di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda, quest’ultima si intende accolta ove l’interessato provveda al pagamento di tutte le somme eventualmente dovute a conguaglio ed alla presentazione all’ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all’accatastamento».
Ora, è pur vero che, al momento dell’adozione del provvedimento negativo gravato, era ampiamente decorso il termine di ventiquattro mesi dalla presentazione della domanda (di sanatoria), ma nel caso di specie non poteva trovare applicazione la formazione del provvedimento tacito di assenso alla concessione in sanatoria, incidendo l’abuso in zona assoggettata a vincolo panoramico dal d.m. 8 maggio 1956.
Nelle aree interessate da vincolo paesaggistico il silenzio assenso prefigurato dall’art. 35, comma 17, della legge n. 47 del 1985 postula indefettibilmente la previa acquisizione del parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo stesso, ai sensi dell’art. 32, comma 1, dello stesso corpus normativo (in termini T.A.R. Campania, Napoli, Sez. IV, 18 maggio 2009, n. 2666;24 gennaio 2008, n. 370;16 maggio 2008, n. 4710;1 dicembre 2004, n. 17812;Cons. Stato, Sez. IV, 31 marzo 2009, n. 2024;30 giugno 2005, n. 3542).
Occorre ricordare che nella fattispecie controversa il Consiglio direttivo del Consorzio Media Valle del Tevere ha espresso un parere sfavorevole al rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, come si evince dalla nota prot. n. 441 del 25 marzo 1986, con la conseguenza di impedire, per effetto del combinato disposto degli artt. 32, comma 1, e 35, comma 17, della legge n. 47 del 1985, la formazione del silenzio assenso ai fini del rilascio della concessione edilizia in sanatoria, e di legittimare dunque il provvedimento espresso di diniego.
Ed invero, giova ripeterlo, in caso di istanza di sanatoria edilizia per opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincolo, il silenzio assenso per decorso del termine di ventiquattro mesi dall’emissione del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo si forma solo nel caso di parere favorevole, e non anche di parere contrario, atteso che il rilascio della concessione in sanatoria per abusi in zone vincolate presuppone necessariamente il parere favorevole, e non già il parere sic et simpliciter della predetta Autorità (T.A.R. Piemonte, Sez. I, 21 luglio 2009, n. 2062).
2. - Le considerazione che precedono inducono a disattendere anche il secondo mezzo di gravame, con cui si deduce l’erronea presupposizione del provvedimento di diniego, motivato con riferimento alla sentenza n. 435 del 1992 di questo Tribunale Amministrativo Regionale, ma soprattutto con riguardo al suindicato parere del Consorzio Economico Urbanistico.
In particolare, assume parte ricorrente che il parere, nel sottolineare che «l’abuso ricade in zona di notevole interesse ambientale quale è il colle della Rocca ove non possono essere consentiti tali inserimenti», non avrebbe tenuto conto che tale condizione non si traduce in un vincolo di inedificabilità assoluta ai sensi dell’art. 33 della legge n. 47 del 1985, inficiando per tale ragione in via derivata il provvedimento impugnato.
La tesi non merita condivisione sotto un duplice profilo.
Il primo, di ordine processuale, consiste nel fatto che il parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo, avendo natura obbligatoria e vincolante, nel procedimento di condono assume carattere di atto con autonoma capacità lesiva, e doveva dunque essere tempestivamente impugnato, risultando il relativo gravame, in questa sede, verosimilmente inammissibile (in termini Cons. Stato, Sez. V, 6 febbraio 2008, n. 310;T.A.R. Emilia Romagna, Bologna, Sez. II, 22 ottobre 2008, n. 4444).
Ad ogni buon conto, sotto il profilo sostanziale, il parere in questione appare legittimo, in quanto, non equiparando il vincolo panoramico a quei “vincoli di inedificabilità” che rendono le opere non suscettibili di sanatoria ai sensi dell’art. 33 della legge n. 47 del 1985, si è limitato ad affermare che, nello specifico, l’opera abusivamente realizzata contrasta con l’interesse generale;ciò nell’esercizio di quella congrua ponderazione degli interessi che si attua subordinando l’esecuzione di opere edilizie già eseguite al parere favorevole dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo (ovvero subordinando l’esecuzione di opere nuove ad un provvedimento autorizzatorio) (in termini Cons. Stato, Sez. V, 4 maggio 1995, n. 696).
3. - Quanto esposto, ed in particolare l’incontestata esistenza del vincolo panoramico, rende evidente anche l’inutilità dell’istruttoria richiesta, nel corso dell’udienza, da parte ricorrente, peraltro inconferente con i motivi di ricorso articolati, perchè finalizzata a dimostrare che il sedime interessato dall’abuso è, dal punto di vista urbanistico, qualificato come “verde privato” (e non già come “verde pubblico”).
4. - La reiezione del ricorso giustifica comunque, sussistendone giusti motivi, la compensazione tra le parti delle spese di giudizio.