TAR Roma, sez. II, sentenza 2019-04-16, n. 201904945

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. II, sentenza 2019-04-16, n. 201904945
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201904945
Data del deposito : 16 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/04/2019

N. 04945/2019 REG.PROV.COLL.

N. 08768/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8768 del 2018, proposto da
Bar Banqueting s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G G e F D, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dei difensori in Roma, Via Dandolo, 19/a;

contro

Consip s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati F S ed E L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia e domicilio eletto presso lo studio dei difensori in Roma, Via

XXIV

Maggio, 43;
ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (ora Ministero per i beni e le attività culturali) in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore , rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

CAMST soc. coop. a r.l., non costituita in giudizio;

per l’annullamento

del silenzio-diniego maturato sull’istanza di accesso agli atti presentata a mezzo PEC in data 9 maggio 2018, nonché per la condanna delle Amministrazioni intimate all’ostensione dei documenti richiesti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip s.p.a., di ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione e del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (ora Ministero per i beni e le attività culturali);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2019 la dott.ssa Floriana Venera Di Mauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Bar Banqueting s.r.l. ha partecipato alla gara indetta da Consip s.p.a., per conto del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, con bando inviato per la pubblicazione sulla GUUE in data 1 agosto 2016, avente ad oggetto l’affidamento in concessione del servizio di caffetteria, ristorazione e catering presso Palazzo Massimo alle Terme, in Roma, sede del Museo Nazionale Romano.

La società, risultata prima graduata, è stata tuttavia esclusa dalla procedura, essendo stata riscontrata, a seguito di apposita verifica, l’insostenibilità della relativa offerta.

Il provvedimento di esclusione è stato impugnato da Bar Banqueting innanzi a questo Tribunale amministrativo, con ricorso iscritto al R.G. n. 9141 del 2017, definito dalla Sezione con la sentenza n. 10905 del 31 ottobre 2017, che lo ha rigettato.

Avverso la suddetta sentenza, la società ha proposto appello, iscritto al R.G. n. 8764 del 2017 del Consiglio di Stato, nell’ambito del quale ha domandato anche la sospensione degli effetti della pronuncia di primo grado.

In pendenza del giudizio di appello, il 2 febbraio 2018 Consip ha comunicato alle imprese concorrenti, inclusa Bar Banqueting, l’avvenuta aggiudicazione della gara in favore della seconda graduata, CAMST soc. coop. a r.l.

Con ordinanza n. 860 del 6 febbraio 2018, il Consiglio di Stato ha respinto l’istanza di sospensione della sentenza di questa Sezione n. 10905 del 31 ottobre 2017, evidenziando che “ la sopravvenuta adozione del provvedimento di aggiudicazione definitiva elide, allo stato, i presupposti di gravità ed irreparabilità del lamentato pregiudizio ”.

Bar Banqueting ha quindi impugnato il provvedimento di aggiudicazione della gara con ricorso iscritto al R.G. n. 3122 del 2018 di questo Tribunale amministrativo, tuttora pendente.

La società ha anche presentato a Consip un’istanza di autotutela, datata 27 marzo 2018, con la quale, dopo aver dedotto profili di illegittimità sia della propria esclusione che dell’aggiudicazione in favore di CAMST, chiedeva alla Stazione appaltante di riesaminare la complessiva vicenda, annullando la predetta esclusione e affidandole la concessione del servizio.

Successivamente, con nota del 9 maggio 2018, trasmessa mediante comunicazione di posta elettronica certificata, indirizzata a Consip s.p.a., all’ANAC – Autorità Nazionale Anticorruzione e al Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, la stessa società ha integrato e reiterato la precedente domanda di autotutela e ha formulato, inoltre, un’istanza di accesso agli atti, con la quale ha chiesto:

(i) di prendere visione ed estrarre copia di tutti gli eventuali atti adottati dalla Stazione appaltante e dalle altre Amministrazioni in indirizzo in relazione all’istanza di autotutela del 27 marzo 2018;

(ii) di prendere visione ed estrarre copia del provvedimento di aggiudicazione, non trasmessole in allegato alla comunicazione dell’aggiudicazione della gara;

(iii) di sapere se fosse già stato stipulato il contratto di concessione con l’aggiudicataria e “ di prendere visione della eventuale corrispondenza intercorsa al riguardo fra quest’ultima e la Stazione appaltante ”.

2. Non avendo ricevuto riscontro entro il termine di trenta giorni, Bar Banqueting ha quindi proposto il ricorso introduttivo del presente giudizio, con il quale ha impugnato il silenzio-diniego formatosi sulla predetta istanza di accesso agli atti e ha domandato la condanna delle Amministrazioni intimate all’esibizione di copia della documentazione richiesta.

3. Consip s.p.a., costituitasi in giudizio, ha depositato la sentenza n. 5419 del 17 settembre 2018, con la quale la Quinta Sezione del Consiglio di Stato ha respinto l’appello di Bar Banqueting contro la decisione di questa Sezione n. 10905 del 31 ottobre 2017, così rendendo definitivo il provvedimento di esclusione dalla gara dell’odierna ricorrente.

In considerazione di ciò, Consip ha eccepito l’improcedibilità del presente giudizio per sopravvenuta carenza di interesse. Ha, comunque, allegato anche l’infondatezza nel merito del ricorso, evidenziando che l’aggiudicazione era stata comunicata a Bar Banqueting in data 2 febbraio 2018 e che con nota del 13 febbraio 2018 Consip aveva poi riscontrato positivamente la prima istanza di accesso agli atti della società, mettendole a disposizione tutta la documentazione richiesta, relativa alle operazioni di gara. Consip ha, inoltre, rimarcato che in relazione all’istanza di autotutela datata 27 marzo 2018 non vi erano documenti da esibire, posto che non vi era alcun obbligo a carico della Stazione appaltante di provvedere su tale istanza.

4. Anche l’ANAC e il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (ora Ministero per i beni e le attività culturali) si sono costituiti in giudizio e hanno depositato una memoria, con la quale hanno sostenuto l’inammissibilità del ricorso, nella parte in cui la ricorrente domanda anche alle predette Amministrazioni l’esibizione della documentazione relativa a eventuali procedimenti di autotutela di competenza di Consip. Hanno, inoltre, eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto alla domanda di accesso al provvedimento di aggiudicazione e alla documentazione relativa agli sviluppi della gara successivi all’esclusione della ricorrente.

5. Bar Banqueting ha replicato alle difese delle Amministrazioni resistenti, ribadendo sia la ritenuta legittimazione passiva dell’ANAC e del Ministero, sia il proprio perdurante interesse a ottenere l’accesso alla documentazione richiesta.

6. Alla camera di consiglio del 23 gennaio 2019 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.

7. In via preliminare, il Collegio ritiene di non dover disporre l’estromissione dal giudizio dell’ANAC e del Ministero per i beni e le attività culturali.

7.1. Deve, infatti, rilevarsi che le suddette Amministrazioni erano destinatarie dell’istanza di accesso agli atti e, non fornendo riscontro a Bar Banqueting, hanno con ciò opposto per silentium il proprio diniego all’accoglimento della richiesta ostensiva. Conseguentemente, esse sono state correttamente individuate dalla ricorrente quali legittimate passive del ricorso avverso il silenzio-diniego.

Il profilo concernente la dedotta incompetenza dell’ANAC e del Ministero all’esibizione dei documenti attiene, invece, propriamente al merito del giudizio sull’accesso, ossia alla valutazione della legittimità del diniego opposto dalle stesse Amministrazioni, sia pure tacitamente, all’istanza di Bar Banqueting.

7.2. Ne consegue il rigetto dell’eccezione.

8. Ciò posto, il ricorso è in parte improcedibile e in parte infondato, per le ragioni che si espongono di seguito.

9. E’, anzitutto, improcedibile la domanda volta a ottenere l’accesso agli atti della gara successivi all’esclusione della ricorrente (ossia al provvedimento di aggiudicazione, al contratto di concessione con l’aggiudicataria, all’eventuale corrispondenza intercorsa al riguardo fra quest’ultima e la Stazione appaltante).

9.1. Occorre infatti rilevare che, in base all’articolo 53, comma 1, primo periodo, del Codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, “ Salvo quanto espressamente previsto nel presente codice, il diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, ivi comprese le candidature e le offerte, è disciplinato dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241. ”.

La previsione presenta una formulazione identica rispetto a quella precedentemente contenuta all’articolo 13, comma 1, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in ordine alla quale la giurisprudenza ha da tempo chiarito che si tratta di una “(...) norma eccezionale la cui portata va limitata sia soggettivamente ad altro concorrente che proponga istanza di accesso alla stazione appaltante, che oggettivamente alla sola tutela in giudizio dei propri interessi (cfr. Cons. giust. amm. Sic., 23 settembre 2016, n. 324 e Cons. Stato, V, 16 marzo 2016, n. 1056) ” (così Cons. Stato, Sez. V, 27 giugno 2018, n. 3953;
Id., 18 ottobre 2017, n. 4813). E ciò con la precisazione, avanzata dalla giurisprudenza più recente, che la disciplina generale degli articoli 22 e seguenti della legge n. 241 del 1990 rimane, invece, applicabile (unicamente) per i terzi – ossia per i soggetti che si collocano al di fuori della platea dei concorrenti che competono per il bene della vita dell’aggiudicazione – in ragione del rinvio contenuto al comma 1 dell’articolo 53 alla legge n. 241 del 1990 (cfr., in questo senso, le pronunce ora richiamate).

Più in dettaglio, si è affermato che “ la disciplina contenuta nell’art. 13 del codice dei contratti pubblici - con la previsione di particolari limiti oggettivi e soggettivi all’accessibilità degli atti concernenti le procedure di affidamento dei contratti pubblici e l’introduzione di veri e propri doveri di non divulgare il contenuto di determinati atti, assistiti da apposite sanzioni di carattere penale, destinata a regolare in modo completo tutti gli aspetti relativi alla conoscibilità degli atti e dei documenti rilevanti nelle diverse fasi di formazione ed esecuzione dei contratti pubblici - costituisce una sorta di microsistema normativo, collegato alla peculiarità del settore considerato, pur all’interno delle coordinate generali dell’accesso tracciate dalla l. n. 241 del 1990 (cfr. Cons. Stato, V, n. 1446 del 2014;
1927 del 2011).
” (Cons. Stato, Sez. V, 17 giugno 2014, n. 3079). In questa prospettiva, la previsione normativa – che pure sembra ripetere, specificandoli, i principi dell’art. 24 della legge n. 241 del 1990 sul bilanciamento degli interessi contrapposti alla trasparenza ed alla riservatezza – “ è più puntuale e restrittiva, definendo esattamente l’ambito di applicazione della esclusione dall’accesso, ancorandola, sul versante della legittimazione soggettiva attiva, al solo concorrente che abbia partecipato alla selezione (...) e sul piano oggettivo, alla sola esigenza di una difesa in giudizio (in questa prospettiva, quindi, la previsione è molto più restrittiva di quella contenuta nell’art. 24, l. n. 241 cit., la quale contempla un ventaglio più ampio di possibilità consentendo l’accesso ove necessario per la tutela della posizione giuridica del richiedente, senza alcuna restrizione alla sola dimensione processuale) ” (così ancora Cons. Stato n. 3079 del 2014, cit.).

La giurisprudenza è quindi pervenuta ad affermare che, per i partecipanti alla gara, il rispetto della disciplina dell’articolo 53 del decreto legislativo n. 50 del 2016 comporta “ un accurato controllo in ordine alla effettiva utilità della documentazione richiesta ed, in conseguenza, il necessario preliminare espletamento della cd prova di resistenza nei confronti dell’offerta della ricorrente, allo specifico fine di verificare la sussistenza del concreto nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e la tutela difesa in giudizio degli interessi della stessa impresa ricorrente, quale partecipante alla procedura di gara pubblica il cui esito è controverso ” (così Cons. Stato, Sez. III, 26 ottobre 2018, n. 6083).

Coerentemente con la suddetta impostazione, si è ritenuto in particolare – per quanto qui rileva – che “ In base al combinato disposto dell’art. 24 della l. n. 241 del 1990 e dell’art. 13 del d. lgs. n. 163 del 2006, nonché in base ai principi affermati dalle Adunanze Plenarie n. 4 del 2011 e n. 9 del 2014 in materia di legittimazione al ricorso del concorrente escluso dalla procedura di gara ”, l’impresa esclusa dalla gara con provvedimento divenuto definitivo è “ carente della legittimazione e dell’interesse all’accesso agli atti di gara ” (cfr. ancora Cons. Stato, n. 3079 del 2014, cit.).

9.2. Nel caso oggetto del presente giudizio, Bar Banqueting ha chiesto di accedere a una serie di atti inerenti allo svolgimento della procedura di gara, successivi alla sua esclusione, e comprendenti anche l’eventuale corrispondenza finalizzata alla stipulazione del contratto di concessione da parte dell’aggiudicataria.

Tuttavia, al momento del passaggio in decisione del ricorso avverso il silenzio-diniego opposto all’accesso, la società era stata ormai definitivamente esclusa dalla procedura, con un provvedimento risultato immune dalle censure dedotte anche in esito al giudizio d’appello.

9.3. In ossequio ai principi sopra richiamati, ciò ha determinato il venir meno della legittimazione e dell’interesse della ricorrente ad accedere alla documentazione richiesta, atteso che dalla relativa ostensione la parte non potrebbe trarre alcuna utilità ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi.

Con riferimento al caso oggetto del presente giudizio, risulta infatti dirimente l’approdo cui è pervenuta la Corte di Giustizia con la sentenza del 21 dicembre 2016, nella causa C-355/15, ove si è statuito che “ l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/665 dev’essere interpretato nel senso che esso non osta a che a un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico con una decisione dell’amministrazione aggiudicatrice divenuta definitiva sia negato l’accesso ad un ricorso avverso la decisione di aggiudicazione dell’appalto pubblico di cui trattasi e la conclusione del contratto, allorché a presentare offerte siano stati unicamente l’offerente escluso e l’aggiudicatario e detto offerente sostenga che anche l’offerta dell’aggiudicatario avrebbe dovuto essere esclusa ”. La Corte ha quindi affermato che, laddove la decisione di esclusione del concorrente sia divenuta definitiva, è corretto ritenere che sia venuta meno la possibilità per lo stesso concorrente di accedere alla tutela giurisdizionale avverso il provvedimento di aggiudicazione definitiva, persino nel caso in cui vi siano state solo due offerte. Deve, peraltro, aggiungersi per completezza che, nel caso qui in esame, la ricorrente, oltre a non poter ormai aspirare all’aggiudicazione della gara, dalla quale è stata definitivamente esclusa, non potrebbe comunque vantare un interesse strumentale alla riedizione della procedura (peraltro non dedotto dalla parte, la quale ha sempre allegato nelle proprie istanze l’interesse a ottenere l’aggiudicazione in proprio favore della concessione), atteso che alla gara risulta aver partecipato anche una terza impresa.

Coerentemente con la richiamata statuizione della Corte di Giustizia, deve concludersi che Bar Banqueting non abbia più interesse a contestare le fasi di gara successive alla sua esclusione, ormai definitiva, e – conseguentemente – non abbia interesse neppure ad accedere alla relativa documentazione.

9.4. La circostanza che la ricorrente abbia ormai perduto la legittimazione e l’interesse all’accesso determina parallelamente anche il venir meno dell’interesse a ricorrere, il quale però, essendo una condizione dell’azione, deve sussistere fino al passaggio in decisione della causa (cfr., ex multis , Ad. Plen. n. 9 del 2014;
Cons. Stato, Sez. IV, 4 maggio 2010, n. 2549;
Id., Sez. VI, 2010, n. 176).

Da ciò deriva, come detto, l’improcedibilità, per questa parte, del giudizio avverso il silenzio-diniego formatosi sull’istanza di accesso.

10. E’, invece, infondata la domanda della ricorrente volta a ottenere l’accesso agli atti adottati in merito alla propria istanza di autotutela.

10.1. Al riguardo, va rilevato anzitutto che, secondo un principio giurisprudenziale costituente ius receptum , l’amministrazione non ha l’obbligo di pronunciarsi su una richiesta volta ad ottenere un provvedimento di autotutela, costituendo l’esercizio del relativo potere una facoltà ampiamente discrezionale della stessa amministrazione, che non ha alcun dovere giuridico di esercitarla ( ex multis , tra le più recenti: Cons. Stato, Sez. V, 27 dicembre 2018, n. 7265;
Id., Sez. IV, 12 settembre 2018, n. 5344;
Id., III, 11 giugno 2018, n. 3507;
Id., Sez. VI, 13 marzo 2018, n. 1591;
Id., Sez. IV, 7 giugno 2017 n. 2751).

In questa prospettiva, è lecito domandarsi se la richiesta della ricorrente, volta genericamente a conseguire l’ostensione degli eventuali atti di trattazione dell’istanza di autotutela, non miri in realtà a ottenere un qualche riscontro – sia pure di segno negativo, ossia di attestazione del mancato avvio di un procedimento – in ordine alla predetta istanza, sulla quale però non vi è alcun obbligo di provvedere. Può, perciò, dubitarsi della stessa ammissibilità della domanda di accesso proposta nei termini suddetti.

10.2. In ogni caso, deve rilevarsi che, nella memoria depositata in prossimità della camera di consiglio, la difesa di Consip ha affermato che “ (...) non vi erano documenti da ostendere, posto che a carico di Consip non vi era alcun obbligo di provvedere su tale istanza (anche in considerazione del fatto che nell’ambito di tale richiesta, la ricorrente ha riproposto le medesime argomentazioni già formulate in sede giudiziale e, all’epoca dell’istanza, già respinte da codesta Ecc.ma Sezione) ” (v. memoria del 7 gennaio 2019, p. 5).

Nella propria replica, la stessa ricorrente ha quindi preso atto che, con riferimento all’istanza di autotutela e alla sua successiva integrazione, “ Consip – secondo quanto è dato leggere nella sua memoria difensiva – non ha prodotto alcun atto, preferendo mantenere il più rigoroso silenzio ” (v. replica della ricorrente, seconda pagina).

10.3. Ne consegue che, in disparte ogni altra considerazione, il diniego formatosi per silentium in ordine all’eventuale documentazione inerente alla trattazione dell’istanza di autotutela è comunque adeguatamente sorretto dalla circostanza che tale documentazione non risulta essere esistente.

10.4. Da ciò il rigetto, per questa parte, della domanda qui azionata.

11. In definitiva, per le ragioni sin qui esposte, il ricorso va dichiarato in parte improcedibile e va respinto per la restante parte.

12. La complessità delle questioni affrontate e l’andamento della vicenda processuale sorreggono, peraltro, la compensazione delle spese tra le parti.

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