TAR Napoli, sez. II, sentenza 2019-01-28, n. 201900434

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2019-01-28, n. 201900434
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201900434
Data del deposito : 28 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/01/2019

N. 00434/2019 REG.PROV.COLL.

N. 02567/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2567 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’Avv. V P, con il quale è elettivamente domiciliato in Napoli alla Via Toledo n. 156;

contro

MINISTERO DELLA SALUTE, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la quale è domiciliato per legge in Napoli alla Via A. Diaz n. 11;

per l’ottemperanza

al giudicato discendente dalla sentenza n. 6669/2014 del 20 ottobre 2014, emessa dalla Corte di Appello di Napoli, Sez. Lavoro, nei confronti del Ministero della Salute in materia di indennizzo ai sensi della legge n. 210/1992.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 114 cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 gennaio 2019 il dott. Carlo Dell'Olio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il ricorrente agisce per l’esecuzione del giudicato discendente dalla sentenza in epigrafe, con la quale si è disposto quanto segue: “accoglie l’appello proposto dal sig. -OMISSIS-, e per l’effetto in riforma della impugnata sentenza dichiara il diritto del medesimo a percepire l’indennizzo previsto dalla legge n. 210/1992 con decorrenza dal 26/7/1995 facendosi riferimento all’ottava categoria della Tabella A del D.P.R. n. 834 del 30/12/1981;
per l’effetto condanna il Ministero della Salute al pagamento in favore del medesimo delle conseguenti somme maturate nel periodo 26/7/1995 – 31/3/2004 da maggiorarsi con interessi legali con decorrenza dalla data di maturazione di ciascun credito al saldo effettivo”.

In dettaglio, il medesimo chiede che sia dichiarato l’obbligo del Ministero della Salute di provvedere al pagamento in suo favore delle suddette somme, maggiorate delle spese successive di registrazione della sentenza azionata, della rivalutazione e degli interessi, anche moratori in aggiunta ai compensativi riconosciuti in sentenza, fino al soddisfo, e con nomina, per il caso di ulteriore inottemperanza, di un commissario ad acta che si attivi in tal senso in sostituzione dell’amministrazione.

Il ricorrente domanda, altresì, il risarcimento dei danni connessi alla violazione del giudicato ai sensi dell’art. 112, comma 3, c.p.a., nonché la fissazione della penalità di mora che l’amministrazione è tenuta a corrispondere in caso di ulteriore violazione del giudicato.

Il Ministero della Salute si è costituito in giudizio con memoria formale.

All’udienza camerale del 22 gennaio 2019 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. Il Tribunale, nelle forme sintetiche imposte dal c.p.a., rileva che:

- sussiste la legittimazione passiva del Ministero della Salute;

- sussistono altresì tutti i presupposti per l’accoglimento, atteso che: a) la sentenza della Corte di Appello azionata è passata in giudicato come da certificazione in atti;
b) è trascorso il termine di 120 giorni dalla notifica della predetta sentenza ex art. 14 del decreto legge n. 669/1996, convertito nella legge n. 30/1997;

- parte resistente non ha dimostrato, come sarebbe stato suo onere, di avere adempiuto agli obblighi derivanti dalla sentenza su menzionata.

3. Si ritiene, pertanto, che:

- va dichiarato l’obbligo dell’amministrazione di dare esecuzione alla sentenza in epigrafe entro sessanta giorni dalla comunicazione in via amministrativa della presente decisione ovvero dal perfezionamento della notifica di essa a cura di parte, se anteriore alla comunicazione;
entro detto termine il Ministero della Salute dovrà provvedere al pagamento, in favore della parte ricorrente, delle somme liquidate nel titolo indicato in epigrafe, come sopra specificate, maggiorate degli interessi legali decorrenti dalla data di maturazione di ciascun credito fino al soddisfo. Tuttavia, è appena il caso di precisare che la quantificazione complessiva di tali spettanze operata in gravame è meramente indicativa e non costituisce vincolo per l’organo liquidatore, che dovrà attenersi esclusivamente alle statuizioni contenute nella sentenza azionata;

- va, altresì, accolta la domanda inerente alla corresponsione della penalità di mora (o astreinte), prevista dall’art. 114 comma 4, lettera e), c.p.a. Quest’ultima disposizione, nel disciplinare i poteri del “giudice in caso di accoglimento del ricorso”, stabilisce che lo stesso, “salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato;
tale statuizione costituisce titolo esecutivo”. La lett. a) del comma 781 dell’art. 1 legge n. 208/2015 (legge di stabilità 2016), ha aggiunto al predetto enunciato il seguente periodo: “Nei giudizi di ottemperanza aventi ad oggetto il pagamento di somme di denaro, la penalità di mora di cui al primo periodo decorre dal giorno della comunicazione o notificazione dell'ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza;
detta penalità non può considerarsi manifestamente iniqua quando è stabilita in misura pari agli interessi legali”. L’indicata novella ha, quindi, espressamente sancito il principio, in realtà già acquisito in via giurisprudenziale (Cons. Stato, Ad. Plen., 25 giugno 2014, n. 15), secondo cui la penalità di mora è dovuta anche per le condanne al pagamento di somme di denaro, atteso che l’istituto assolve ad una finalità sanzionatoria e non risarcitoria, in quanto non è volto a riparare il pregiudizio cagionato dalla non esecuzione della sentenza, ma a sanzionare la disobbedienza alla statuizione giudiziaria e stimolare il debitore all'adempimento. Ha, altresì, indicato come non possa considerarsi manifestamente iniqua un’astreinte qualora sia stabilita in misura pari agli interessi legali. La precisazione legislativa induce il Collegio a rivedere il precedente orientamento giurisprudenziale circa la configurabilità dell’iniquità della debenza dell’astreinte in relazione a condanne pecuniarie dell’amministrazione, avuto riguardo alle esigenze di bilancio e allo stato di crisi finanziaria della finanza pubblica, non potendo ora la penalità di mora, pur in presenza di condanne pecuniarie derivanti da un contenzioso seriale, considerarsi iniqua per stessa definizione legislativa, laddove rapportata al saggio degli interessi legali, trattandosi di previsione che attua un equo contemperamento degli interessi del creditore e del debitore pubblico. La quantificazione della relativa penalità di mora deve pertanto essere effettuata in una misura percentuale rispetto alla somma di cui alla condanna, prendendo a riferimento il tasso legale di interesse (in tal senso, già prima della legge di stabilità 2016, cfr. T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 15 gennaio 2015, n. 629;
T.A.R. Lazio, Roma Sez. II, 16 dicembre 2014, n. 12739). In sintesi, l’astreinte verrà calcolata, nella misura indicata dell’interesse legale, sulla somma di cui alla condanna in aggiunta agli interessi legali già dovuti, stante la funzione sanzionatoria della stessa (e non compensativa del danno subito), che deve anche costituire un elemento di coazione indiretta all’adempimento. Quanto alla data di decorrenza iniziale dell’astreinte, la novella introdotta dall’art. 1 della legge n. 208/2015 all’art. 114, comma 4, lett. e), c.p.a., ha previsto che la penalità di mora debba essere disposta a far data dal giorno della comunicazione o notificazione dell’ordine di pagamento disposto nella sentenza di ottemperanza. Quanto, invece, alla sua data di decorrenza finale, la penalità in parola, in conformità all’orientamento giurisprudenziale attualmente prevalente, sarà corrisposta fino all’effettivo soddisfacimento del credito o, in alternativa, sino alla data di insediamento del commissario ad acta (ex multis Cons. Stato, Sez. IV, 3 novembre 2015, n. 5014;
T.A.R. Lazio Roma, Sez. I, 18 gennaio 2016, n. 464);

- con riguardo alle spese di registrazione, che costituiscono spese successive alla sentenza azionata, e come tali non liquidate nella stessa, va precisato che in sede di giudizio di ottemperanza può riconoscersi l’obbligo di corresponsione alla parte ricorrente anche delle spese accessorie, purché funzionali all’introduzione di detto giudizio (T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, 28 ottobre 2009, n. 1798 e 14 luglio 2009, n. 1268;
T.A.R. Sardegna, 29 settembre 2003, n. 1094). Avendo le spese di registrazione tale natura, vengono liquidate in modo onnicomprensivo nell’ambito delle spese di lite inerenti alla presente controversia, come quantificate in dispositivo;

- vanno, viceversa, disattese le rimanenti richieste economiche avanzate dal ricorrente, e ciò per le seguenti dirimenti ragioni: i) va esclusa la rivalutazione, in quanto le somme liquidate in via giudiziale costituiscono un debito di valuta, per cui ad esse non è applicabile il computo della rivalutazione monetaria propria delle obbligazioni di valore (T.A.R. Campania Napoli, Sez. II, 8 marzo 2016 n. 1263). Invero, in caso di inadempimento o di ritardato adempimento di un’obbligazione avente ad oggetto una somma di denaro — assoggettata, in quanto tale, alla disciplina dell’art. 1277 c.c. — la rivalutazione monetaria del credito può essere riconosciuta solo a condizione che il creditore alleghi e dimostri, ai sensi dell’art. 1224, comma 2, c.c., l’esistenza del maggior danno derivante dalla mancata disponibilità della somma durante il periodo di mora, non compensato dalla corresponsione degli interessi legali nella misura predeterminata dall’art. 1224, comma 1, c.c. Nulla di tutto ciò è stato allegato e provato da parte ricorrente;
ii) non sono riconoscibili interessi moratori in aggiunta a quelli compensativi, giacché questi ultimi sono già intrinsecamente idonei a ristorare il privato delle conseguenze negative del ritardo (colpevole o meno) dell’amministrazione nell’adempimento dell’obbligazione pecuniaria;
iii) non è accordabile alcun risarcimento dei danni connessi alla violazione del giudicato, non essendo stata fornita alcuna prova circa la sussistenza e l’ammontare di tali danni;

- va, infine, accolta la richiesta di nominare sin d’ora un commissario ad acta con il compito di provvedere al pagamento di quanto sopra riconosciuto in esecuzione della sentenza in epigrafe, una volta decorso infruttuosamente il termine assegnato all’amministrazione, e ciò entro i successivi sessanta giorni decorrenti dalla comunicazione, a cura di parte ricorrente, dell’ulteriore inottemperanza dell’amministrazione;
si nomina, quindi, il commissario ad acta indicato in dispositivo attingendo alle risorse interne all’amministrazione, il quale, entro il suddetto termine, darà corso al pagamento compiendo tutti gli atti necessari, comprese le eventuali modifiche di bilancio;

- le spese per l’eventuale funzione commissariale restano poste a carico dell’amministrazione inadempiente, in quanto comprese per legge nell’onnicomprensività della retribuzione dirigenziale;
infatti, la disposizione di cui all’art.

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