TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2020-11-05, n. 202011484
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Pubblicato il 05/11/2020
N. 11484/2020 REG.PROV.COLL.
N. 08671/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8671 del 2011, proposto da
Società Deutsche Bank S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati E C e M C, con domicilio eletto presso lo studio M C in Roma, viale Liegi, 32;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
M L M, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell’esecuzione,
del "provvedimento relativo alla pratica commerciale scorretta posta in essere dalla società Deutsche Bank S.p.A., consistente nella diminuzione della durata e non dell'importo delle rate residue, contrariamente a quanto previsto nelle condizioni generali di contratto, con riferimento alle estinzioni anticipate di mutui a tasso variabile a rata costante e durata variabile", assunto dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nell'adunanza del 4 agosto 2011, trasmesso con lettera prot. n. 0044997 del 12 agosto 2011, ricevuta in data 17 agosto 2011, e pubblicato sul Bollettino dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato n. 31/2011 del 22 agosto 2011, come provvedimento n. 22670 (PS3231 - DEUTSCHE BANK - RIMBORSO MUTUO BANCOPOSTA), che ha deliberato "a) che la pratica commerciale descritta al punto II del presente provvedimento, posta in essere dalla società Deutsche Bank S.p.A., costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2, e 21 del Codice del Consumo, e ne vieta l'ulteriore diffusione o continuazione;b) di irrogare alla società Deutsche Bank S.p.A. una sanzione amministrativa pecuniaria di 100.000E (centomila giuro);c) che il professionista comunichi all'Autorità, entro il termine di trenta giorni dalla notifica del presente provvedimento, le iniziative assunte in ottemperanza alla diffida di cui al punto a)" e di tutti gli atti antecedenti, successivi, conseguenti e comunque connessi, ivi compresi, per quanto occorrer possa, la lettera prot. 0025877 del 15 aprile 2011, contenente la comunicazione di avvio del procedimento;nonché, in via subordinata,
per la riduzione dell'importo della sanzione comminata a Deutsche Bank S.p.A.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 30 ottobre 2020 la dott.ssa Rosa Perna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Sulla base di una segnalazione proveniente da un consumatore, pervenuta il 2 febbraio 2009, cui ha fatto seguito attività preistruttoria, in data 15 aprile 2011 l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (di seguito, “Autorità” o anche AGCM”) comunicava l’avvio di un procedimento istruttorio (PS3231) avente ad oggetto una presunta pratica commerciale scorretta posta in essere dalla società Deutsche Bank S.p.A. (di seguito anche Deutsche Bank o Società) consistente nell’applicazione, da parte del professionista, di condizioni difformi rispetto a quelle previste nelle condizioni generali di contratto relative ai mutui a tasso variabile, a rate costanti e durata variabile (anche denominati di “mutuo-affitto”), a fronte di estinzioni anticipate parziali dell’importo dovuto, integrante la violazione degli articoli 20, 21 e 22 del Codice del Consumo.
Dalla fase preistruttoria emergeva, infatti, che il professionista, in 271 casi di estinzioni anticipate parziali dei mutui in esame, effettuate da clienti nel periodo 21 settembre 2007 – 20 febbraio 2011, diminuiva la durata del rimborso e non l’importo delle rate residue, in contrasto con quanto previsto dall’articolo 16 delle condizioni generali di contratto vigenti al momento della sottoscrizione dei contratti interessati dal procedimento e ad essi allegate.
Nello specifico, i contratti di mutuo-affitto prevedono che “la parte mutuataria si obbliga (..) a rimborsare il finanziamento mediante il pagamento di (..) rate mensili costanti di importo fisso (..)” e che “tenuto conto che il tasso di interesse (..) è variabile, le oscillazioni dello stesso potranno incidere sulla durata dell’ammontare del finanziamento” (cfr. art. 7).
L’articolo 16 delle condizioni generali di contratto in parola prevedeva, invece, che “ogni estinzione anticipata parziale del finanziamento comporta l’automatica riduzione dell’importo delle rate ancora dovute, restando invariato, invece, il numero delle stesse in base a quanto originariamente pattuito nel contratto. In tal caso la Banca procederà al ricalcolo del piano di ammortamento sulla base del debito residuo e ne darà comunicazione alla Parte Mutuataria”. Tale disposizione era stata successivamente modificata nelle date 3 luglio 2007 e 7 agosto 2009.
1.1 Nel caso di specie, l’Autorità rilevava che la riduzione della durata del rimborso, in luogo dell’importo delle rate residue, ponendosi in contrasto con quanto previsto nel citato articolo 16 delle condizioni generali di contratto, potesse rappresentare una pratica commerciale scorretta in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea a indurre in errore il consumatore medio riguardo alle caratteristiche e alle condizioni economiche dei finanziamenti offerti dal professionista.
1.2 Contestualmente alla comunicazione di avvio del procedimento istruttorio, l'Autorità formulava una richiesta di informazioni, ai sensi dell'art. 12, comma 1, del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette.
Il successivo 4 maggio la Società forniva le informazioni richieste nel provvedimento di avvio, altresì depositando memorie difensive.
1.3 Nel corso del procedimento emergevano 11 ulteriori casi di estinzioni parziali anticipate, verificatisi successivamente, che presentavano le stesse caratteristiche.
A tal riguardo, la Società riportava la formulazione dell’articolo 16 delle condizioni generali di contratto che Deutsche Bank aveva definito per tutti i mutui sottoscritti attraverso il canale distributivo del BancoPosta, ad un mero errore materiale che ne avrebbe determinato un disallineamento rispetto all’articolo 7 del contratto di finanziamento, per il quale la parte mutuataria si obbliga a rimborsare il finanziamento mediante il pagamento di un certo numero di rate mensili costanti di importo fisso e, in caso di oscillazioni del tasso applicato al mutuo, le oscillazioni incidono solo sulla durata del mutuo e non sull'importo delle rate medesime.
Nel redigere le condizioni generali, DB non aveva da subito raccordato la clausola sull'estinzione parziale anticipata del mutuo con la caratteristica essenziale della specifica proposta "mutuo-affitto", vale a dire la costanza della rata. Quest'ultima caratteristica era invece chiaramente indicata dal prospetto informativo, dal modulo di proposta contrattuale e dal contratto di mutuo sottoscritto unitamente al rogito di acquisto dell'immobile.
1.4 Sulla base delle risultanze istruttorie, nell’adunanza del 4 agosto 2011 AGCM adottava il provvedimento n. 24670 con cui deliberava:
a) che la pratica commerciale posta in essere dalla società Deutsche Bank S.p.A., costituiva una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2, e 21 del Codice del Consumo, e ne vietava l'ulteriore diffusione o continuazione;b) di irrogare alla società Deutsche Bank S.p.A. una sanzione amministrativa pecuniaria di 100.000 euro;c) che il professionista comunichi all'Autorità, entro il termine di trenta giorni dalla notifica del presente provvedimento, le iniziative assunte in ottemperanza alla diffida di cui al punto a).
2. Avverso il suddetto provvedimento Deutsche Bank si gravava con il ricorso in epigrafe e ne chiedeva l’annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, deducendone l’illegittimità per i seguenti motivi:
I. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 20, comma 2, e dell'art. 21, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 2006, recante il Codice del consumo, come modificato dall'art. 1, d.lgs. 2 agosto 2007, n. 146;violazione e/o falsa applicazione dell'art. 3, legge 7 agosto 1990, n. 241;eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione.
Ove l'Autorità ritenesse ingannevole il comportamento iniziale di predisposizione delle condizioni contrattuali, il provvedimento sarebbe illegittimo per l'anteriorità delle condotte contestate rispetto alla normativa applicata, atteso che la vicenda in contestazione farebbe riferimento a contratti sottoscritti prima della modifica delle condizioni generali;il provvedimento sarebbe anche contraddittorio e immotivato poiché non chiarirebbe se la presunta ingannevolezza avesse ad oggetto la documentazione contrattuale e informativa a disposizione del consumatore o la sua fase di esecuzione;
II. Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 20, comma 2, e dell'art. 21, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 2006, recante il Codice del consumo, come modificato dall'art. 1, d.lgs. 2 agosto 2007, n. 146;violazione e/o falsa applicazione dell'art. 3, legge 7 agosto 1990, n. 241;eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione.
Ove l'Autorità ritenesse ingannevole l'inadempimento perché deviante ex post rispetto alle condizioni originariamente prospettate, con una forzatura si verrebbe a qualificare il preteso inadempimento a una chiara disposizione contrattuale quale comportamento ingannevole che, a ritroso, avrebbe falsato la percezione del consumatore sull'offerta commerciale;la condotta contestata avrebbe potuto essere, semmai, elemento di una fattispecie di pratica aggressiva per ostacolo all'esercizio di una facoltà contrattuale, come in precedenti provvedimenti di AGCM.
In ogni caso, l’assunto principale del provvedimento sarebbe erroneo, in quanto contraddirebbe alla chiara proposta contrattuale di un contratto di finanziamento (a tasso variabile e) "a rata costante e durata variabile", come si evincerebbe anche dal foglio informativo;il nucleo della offerta commerciale della Società sarebbe la tendenziale stabilità della rata di rimborso, al punto che la stessa sarebbe proposta commercialmente come "mutuo-affitto".
Ancora, nel provvedimento mancherebbe del tutto l’analisi del profilo di consumatore rilevante per accertare l'ingannevolezza della pratica, come dimostrerebbe l’odierno caso di segnalazione, l’unico in un campione significativo di 282 consumatori "reali", che interesserebbe un consumatore non rappresentativo del consumatore medio perché esercente la professione legale.
Infine, sarebbe assente quel minimo di rilevanza sociale che serve per considerare una condotta alla stregua di una "pratica commerciale", trattandosi al più di un contrasto interpretativo che potrebbe essere affrontato con gli ordinari rimedi civilistici, nell’unica controversia originata dall’applicazione delle disposizioni in questione;ne discenderebbe altresì la violazione del diritto di Deutsche Bank di difendere i propri interessi giuridici nel rapporto con il cliente.
III. Quanto alla sanzione inflitta a Deutsche Bank S.p.A.: violazione e/o falsa applicazione dell'art. 27, co. 9 e 13, d.lgs. 6 settembre 2005, n. 2006, recante il Codice del consumo, come modificato dall'art. 1, d.lgs. 2 agosto 2007, n. 146;violazione e/o falsa applicazione dell'art. 11, legge 24 novembre 1981, n. 689. Violazione del principio di proporzionalità e di ragionevolezza. Eccesso di potere per illogicità manifesta e contraddittorietà intrinseca. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.
La sanzione comminata risulterebbe sproporzionata e carente di motivazione, non essendo provato il dolo o l'inganno, né essendo ipotizzabile un pregiudizio economico per i clienti direttamente riferibile alla condotta addebitata.
3. Nel presente giudizio si costituiva l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato per resistere al ricorso in epigrafe, chiedendone il rigetto siccome infondato nel merito, svolgendo in distinta memoria le proprie difese.
4. In vista della trattazione della causa alla udienza di smaltimento del 30 ottobre 2020, sia Deutsche Bank che l’Autorità intimata depositavano memorie difensive per insistere nelle rispettive deduzioni e conclusioni e, quanto alla ricorrente, anche una successiva memoria di replica.
5. Alla udienza di smaltimento del 30 ottobre 2020 la causa era trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Osserva preliminarmente il Collegio che l'Autorità, con il provvedimento gravato, ha sanzionato la scorrettezza delle condotte poste in essere da Deutsche Bank, sub specie di ingannevolezza della pratica, in quanto idonea ad indurre in errore il consumatore riguardo alle caratteristiche e alle condizioni economiche dei finanziamenti offerti dal professionista, in merito alle condizioni di estinzione anticipata parziale dei mutui a tasso variabile a rata costante e durata variabile. Nello specifico, la Società, a fronte di richieste di estinzione anticipata parziale del finanziamento da parte dei clienti, disattendendo quanto indicato nelle condizioni generali di contratto conoscibili al momento della sottoscrizione del mutuo (prima della modifica del 3 luglio 2007), non riduceva l’importo delle rate residue ma diminuiva la durata del rimborso (par. 18 del provvedimento).
Venendo all’esame delle censure svolte, con il primo motivo la ricorrente lamenta la contraddittorietà del provvedimento impugnato, non risultando evidente se la presunta ingannevolezza avesse ad oggetto le condizioni generali di contratto o piuttosto la fase di esecuzione del contratto medesimo;in ogni caso il provvedimento sarebbe illegittimo, perché, nella prima opzione ermeneutica, riguarderebbe condotte non sanzionabili ai sensi del d.lgs n. 146/2007 in quanto ad esso precedenti, nella seconda opzione, riguarderebbe un semplice inadempimento contrattuale privo di rilievo per il codice del consumo.
2. Le censure non sono meritevoli di adesione nel loro complesso.
2.1 Il Codice del Consumo, all’art. 18, comma 1, lett. d), ricalcando la definizione data dall’art. 5, comma 2, della Direttiva 2005/29/CE, offre una definizione di pratica commerciale molto ampia, tale da includere “qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale, ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori”.
Il successivo articolo 19 del Codice del Consumo, al comma 1, delimita l’applicazione delle norme in esame “alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa ad un prodotto”.
Ne consegue che nella nozione di pratiche commerciali scorrette vadano inclusi anche i comportamenti con i quali il professionista incide sulle scelte del consumatore in tutte le fasi del rapporto di consumo e quindi anche quelli posti in essere successivamente alla stipula del contratto, durante la fase di esecuzione e anche nell’ambito delle vicende estintive del rapporto tra professionista e consumatore (Cons. Stato, VI, 26 settembre 2011, n. 5368).
2.2 E invero, la ricomprensione delle condotte che investono la fase successiva alla conclusione del contratto nel perimetro della nozione di pratica scorretta, risulta in linea con l’orientamento giurisprudenziale che vi riporta appunto anche le condotte attive o commissive legate ad una operazione commerciale, successive alla conclusione del negozio giuridico, purché a quest'ultimo finalisticamente riconducibili. Pertanto, ai fini che ne occupano, la pratica rilevante ben può investire gli incombenti successivi all’esaurimento della fattispecie negoziale con riguardo alle prestazioni che si accompagnano necessariamente alla operazione commerciale conclusa (Cons. Stato, VI, 24 agosto 2011, n. 4800;id., 26 settembre 2011, n. 5368).
Nel caso in esame il professionista, in sede di esecuzione del contratto, applicava condizioni diverse da quelle rese conoscibili in sede di conclusione del contratto stesso (contemplanti il diritto dei consumatori alla riduzione degli importi delle rate residue), e tale circostanza avrebbe potuto essere idonea, se nota al momento della sottoscrizione del contratto, ad indurre il consumatore medio ad optare per una diversa forma di finanziamento. Di qui, la corretta qualificazione come pratica ingannevole della condotta tenuta dalla Società.
2.3 A tal riguardo giova rammentare che la valutazione del carattere ingannevole della pratica commerciale posta in essere e delle informazioni fornite o omesse costituisce una valutazione tecnico-discrezionale compiuta dall'Autorità, che può essere sindacata dal giudice amministrativo in sede di giudizio di legittimità soltanto sotto il profilo della congruenza logica e della razionalità delle deduzioni espresse;sicché, per consolidato orientamento giurisprudenziale, in caso di corretta e completa acquisizione degli elementi di fatto rilevanti, il convincimento dell'Autorità non è sindacabile se non sul piano della ragionevolezza e della congruità della valutazione, con esclusione di interventi del Giudice di carattere sostitutivo idonei a sovrapporre la propria valutazione tecnica opinabile o il proprio modello logico di attuazione del concetto indeterminato all'operato dell'Autorità, dovendosi reputare, di contro, ragionevole l'esistenza di una riserva di amministrazione in ordine al merito amministrativo, specie laddove vengano in rilievo provvedimenti adottati da un organo posto in posizione di particolare indipendenza, nell'esercizio di poteri neutrali (così, Tar Lazio, Sez. I, 13/01/2015, n. 372;analogamente, ex multis, Cons. Stato, VI, 25/02/2003, n. 1054;id., 01/10/2002, n. 5156).
2.4 Né varrebbe a superare le conclusioni cui giunge l’Autorità la circostanza, invocata dalla odierna ricorrente, di un errore materiale incorso nella redazione delle clausole contenute nelle condizioni generali di contratto.
Come la giurisprudenza della Sezione ha affermato (Tar Lazio, sez. I, 12 aprile 2017, n. 4520), in materia di pratiche scorrette l’errore non costituisce una ragione sufficiente ad escludere la colpevolezza del professionista.
La disciplina posta a divieto della pubblicità ingannevole, nel presupporre l’attribuibilità psicologica del fatto al soggetto, non postula necessariamente la presenza del dolo (specifico o generico), sicché la configurabilità della fattispecie prescinde dalla sussistenza di un elemento volitivo costituito dal preordinato proposito di porre in essere una condotta antigiuridica. E’ sufficiente la sussistenza dell’elemento psicologico della colpa, vale a dire di un difetto di diligenza rilevabile dal complessivo atteggiarsi del comportamento posto in essere dall’operatore commerciale, di talché, non è affatto richiesto che l’imprenditore abbia volontariamente posto in essere una condotta illecita, mentre è sufficiente che, pur sussistendo le obiettive condizioni per scongiurarne il verificarsi, quest’ultimo abbia omesso di modellare il proprio comportamento ai canoni dell'ordinaria diligenza.
Per costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, infatti, nelle sanzioni amministrative è necessaria e sufficiente la coscienza e volontà della condotta attiva od omissiva, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, in quanto la norma pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, riservando poi a questi l'onere di provare di aver agito senza colpa (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, 29 marzo 2011, n. 1897;Tar Lazio, sez. I, 22 ottobre 2015, n. 12081;18 aprile 2012, n. 3503).
Nel caso di specie, l’Autorità ha correttamente espresso un giudizio di rimproverabilità in relazione alla condotta omissiva dell’agente, che, con la sua condotta, ha ingenerato nei clienti il falso convincimento di non aver diritto ad una riduzione dell’importo delle rate residue dovute, a fronte di un’estinzione anticipata parziale del mutuo.
La tesi difensiva della Società non ha dunque pregio, atteso che l’invocato errore non escluderebbe comunque la scorrettezza della pratica.
2.5 È noto infatti che i professionisti sono tenuti ad adottare una particolare diligenza nel rapporto con i consumatori, tale da assicurare a questi ultimi un’informazione chiara e completa sugli elementi essenziali delle proposte commerciali, di tal che le carenze informative sugli elementi medesimi correttamente vengono ricondotte nell’alveo di quei dati o informazioni tali da alterare la reale percezione del consumatore in ordine all’offerta commerciale che lo interessa.
Grava, dunque, sul soggetto che offre un prodotto o una prestazione l’onere di rendere disponibili tutte le informazioni rilevanti ai fini dell’adozione di una scelta consapevole da parte del consumatore (Tar Lazio, sez. I, 8 gennaio 2013, n. 104), secondo una valutazione ex ante, che prescinde sia dall’idoneità della condotta ingannevole rispetto alle effettive competenze dei soggetti che sono specificamente venuti in contatto con l’operatore, sia dal concreto danno ad essi procurato (Tar Lazio, sez. I, 18 settembre 2014, n. 9829;id. 9 settembre 2014, n. 9559;id.12 giugno 2015, n. 8253;id. 10 novembre 2015, n. 12708).
2.6 Sotto connesso profilo, osserva il Collegio che, ai fini dell’analisi e dell’individuazione del preciso canone di diligenza richiesto al professionista, la normativa a tutela del consumatore consente al sistema stesso di plasmarsi e rendersi applicabile nel modo più conforme alle necessità del caso concreto, in special modo avuto riguardo agli utenti, ed alle forme particolarmente variegate delle pratiche commerciali (Cons. Stato, Sez. VI, 27 aprile 2017, n. 1960).
Nel settore dei servizi bancari e finanziari, in ragione della forte complessità dei servizi offerti e della conseguente marcata asimmetria informativa tra professionisti e consumatori, la diligenza richiesta agli operatori del settore risulta particolarmente rafforzata. Come la giurisprudenza ha affermato con specifico riferimento agli operatori finanziari, la diligenza ordinariamente richiesta viene ad assumere “carattere di accentuata rilevanza, alla stregua della fondamentale indicazione di cui al comma 2 dell’art. 1176 c.c.;e ciò in quanto, similmente a quanto dalla giurisprudenza ripetutamente osservato a proposito dell’esercizio dell'attività creditizia, viene in considerazione un criterio di “alta” diligenza professionale ex art. 1176, comma 2, c.c.” (Tar Lazio, sez. I, 18 gennaio 2010, n. 306).
2.7 In conclusione, in disparte gli aspetti negoziali della vicenda, ciò che nella presente sede rileva è che la condotta in esame, suscettibile di reiterazione nei confronti di qualunque altro cliente che avesse richiesto l’estinzione anticipata parziale di mutui retti dalle medesime condizioni generali di contratto, è risultata ingannevole, in quanto idonea a indurre in errore il consumatore medio riguardo alle caratteristiche e alle condizioni economiche dei finanziamenti offerti da Deutsche Bank.
3. Con il secondo motivo la ricorrente contesta che l’interpretazione data dall'Autorità all’articolo 16 delle condizioni generali di contratto condurrebbe a conclusioni contrarie alla chiara proposta contrattuale del contratto di finanziamento de quo, il cui nucleo sarebbe rappresentato dalla tendenziale stabilità della rata di rimborso. Ancora, nel provvedimento mancherebbe del tutto l’analisi del profilo di consumatore rilevante per accertare l'ingannevolezza della pratica, come dimostrerebbe l’unico caso di segnalazione della pratica, la quale difetterebbe pure di un minimo di rilevanza sociale.
3.1 Sul primo punto, osserva il Collegio che l’articolo 16 delle condizioni generali di contratto, con una formulazione chiara, che non poteva lasciare margini di dubbio, prevedeva espressamente che ogni estinzione anticipata parziale del finanziamento comportasse l’automatica riduzione dell’importo delle rate ancora dovute, restando invariato il numero delle stesse in base a quanto originariamente pattuito nel contratto. D’altra parte, non sembra condivisibile l’assunto di parte ricorrente, che la riduzione dell’importo delle rate residue per effetto delle estinzioni parziali anticipate avrebbe stravolto la finalità del contratto di mutuo in quanto, se è vero che la ratio del contratto di mutuo-affitto è quella di far sì che l’importo delle rate non aumenti nel tempo, è altrettanto vero che tale ratio non viene contraddetta né esclusa dalla possibilità che lo stesso importo venga a diminuire a fronte di un’estinzione parziale anticipata del finanziamento.
3.2 Quanto all’individuazione del “consumatore medio” di riferimento per la vicenda de qua , applicando il noto parametro giurisprudenziale, per “consumatore medio” deve intendersi quello "normalmente informato e ragionevolmente avveduto", tenuto conto delle caratteristiche del mercato in cui opera le proprie scelte (Cons. Stato, Sez. VI, 4 marzo 2013, n. 1259 e 23 febbraio 2012, n. 1008).
Coerentemente, nel provvedimento l’Autorità ha tenuto conto della particolare asimmetria informativa che caratterizza il settore finanziario e della necessità che il consumatore, fruitore dei relativi servizi, sia adeguatamente informato degli elementi essenziali che caratterizzano le offerte commerciali (par. 20 del provvedimento).
3.3 Quanto al rilievo per cui l’Autorità avrebbe ricevuto una sola segnalazione al riguardo, si evidenzia che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, ai fini della configurazione dell’illecito consumeristico non rileva l’esiguità delle segnalazioni, mentre il carattere episodico e occasionale del fenomeno, oltre ad essere contraddetto, nella specie, dalle evidenze istruttorie, risulta irrilevante ai fini che ne occupano, anche alla luce dell’orientamento il quale esclude che “la significatività statistica del dato percentuale dei consumatori o clienti destinatari della pratica possa assurgere ad elemento negativo ostativo all'integrazione della fattispecie di una pratica commerciale scorretta” (Tar Lazio, I, 8 aprile 2009, n. 3722 - PS91- Enel Energia, conf. da C.d.S., VI, 17 aprile 2012, n. 4753 - PS91 Enel Energia).
3.4 Infatti, secondo consolidata giurisprudenza, “Per configurare una pratica commerciale è sufficiente che si tratti “di una prassi - tale essendo il significato di “pratica” - e che questa sia rivolta in incertam personam , sicché l’elemento materiale della pratica commerciale scorretta può estrinsecarsi anche in condotte che nei fatti poi risultano soggettivamente identificabili, senza necessità che la stessa debba dirigersi, numericamente, contro una consistente percentuale di consumatori, o clienti, dell’impresa, ovvero concretarsi in condotte reiterate nel tempo, potendo tale dato tutt’al più rilevare quale criterio di valutazione della gravità oggettiva della condotta e del grado di colpevolezza in sede di determinazione dell’entità della sanzione” (Consiglio di Stato, 22 luglio 2014, n. 3896;7 settembre 2012, n. 4753;TAR Lazio, sez. I, 5 maggio 2016, n. 5220).
In ogni caso, nella specie, proprio l’asimmetria informativa tra consumatori ed operatori del settore rendeva difficile ai primi contestare ai professionisti il contenuto delle informazioni ricevute in merito ai servizi finanziari offerti.
4. Quanto all’ultimo motivo di gravame, con cui si contesta l’ammontare della sanzione irrogata, deve osservarsi come nella determinazione della sanzione l’Autorità si sia attenuta ai parametri di riferimento individuati dall’art. 11 della legge n. 689/81, in virtù del richiamo previsto all'articolo 27, comma 13, del d.lgs. n. 206/05.
4.1 In tale quadro di riferimento, di particolare rilievo è la valutazione della dimensione economica e dell'importanza del professionista - “una delle principali banche operanti in Italia” - circostanza idonea ad aggravare la valenza lesiva della pratica commerciale accertata.
4.2 Quanto alla lamentata sproporzionalità della sanzione, in assenza di prove circa il dolo e l’inganno, è sufficiente rinviare alle considerazioni già svolte in proposito dal Collegio (sub par. 2.4).
4.3 In merito alla circostanza che la condotta avrebbe interessato solo una cerchia ristretta di clientela, si osserva che, nella quantificazione della sanzione, l’Autorità ha tenuto conto del fatto che “la pratica ha riguardato solo quanti hanno sottoscritto un mutuo Deutsche Bank in vigenza di specifiche e determinate condizioni generali di contratto di cui sia stata chiesta l’estinzione anticipata parziale” (par. 24 del provvedimento).
In ogni caso, le pratiche commerciali scorrette o ingannevoli costituiscono illeciti di pericolo.
La ratio complessiva della disciplina consumeristica di cui al d.lgs. n. 206 del 2005 rende le norme a tutela del consumatore fattispecie di pericolo, essendo preordinate a prevenire le possibili distorsioni delle iniziative commerciali sicché non è richiesto all’Autorità di dare contezza del maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, essendo sufficiente la potenziale lesione della loro libera determinazione (v., ex multis, Cons. Stato, sez. VI, n. 6050 del 2014 e n. 6204 del 2011).
La natura di illeciti di pericolo, e non di danno, delle condotte in questione comporta che l’Autorità, nell’accertare il carattere scorretto e ingannevole della pratica, è chiamata a valutare l’impatto della condotta posta in essere con riguardo al potenziale condizionamento dell’autodeterminazione del consumatore, anche a prescindere dagli effetti concreti, in termini di vantaggio economico, verificatisi per il professionista;e per questa ragione, nel procedere al calcolo delle sanzioni, AGCM non è tenuta ad accertare il maturarsi di un pregiudizio economico per i consumatori, essendo sufficiente la potenziale lesione della loro libera scelta.
4.4 Non sembra peraltro condivisibile l’assunto di parte ricorrente in merito all’assenza di un pregiudizio economico per i clienti, come effetto diretto della condotta addebitata, considerato che, per effetto della pratica contestata, in caso di estinzioni anticipate parziali il cliente non otteneva la riduzione della rata mensile, cui avrebbe avuto titolo sulla base delle condizioni generali di contratto assentite, e quindi non poteva contare su una maggiore disponibilità mensile, come osservato dall’Autorità nel provvedimento impugnato (par. 19 del provvedimento).
5. In definitiva, la valutazione effettuata da AGCM, tenuto conto dei parametri normativi volti alla quantificazione della sanzione, appare corretta e proporzionata;e pertanto le censure svolte dalla ricorrente vanno disattese nel loro complesso.
6. Conclusivamente, il provvedimento impugnato risulta immune dai prospettati vizi e, conseguentemente, il ricorso deve essere respinto.
7. Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare le spese di lite, in ragione della particolarità della vicenda.