TAR Torino, sez. II, sentenza 2012-01-12, n. 201200065
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N. 00065/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01554/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1554 del 2010, proposto da:
DANIELA ARCUDI, rappresentata e difesa dagli avv. C C, F B, con domicilio eletto presso C C in Torino, via Botero, 17;
contro
MINISTERO DELL'ISTRUZIONE DELL'UNIVERSITA' E DELLA RICERCA, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45;
nei confronti di
PASQUALE INCORONATO, MARIA GRAZIA SFORZANI, GIUSEPPE GIOIOSA, STEFANIA BRUSA, DOMENICO VALERIOTI, BIANCHI LAURA;
per l'annullamento
1. “Graduatoria Provinciale definitiva per la mobilità professionale ATA – Biennio Scolastico 2009/2011” pubblicata con decreto 18.10.2010 del Dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte, Ufficio XII, Ambito territoriale per la Provincia di Asti, Dr. Contino, nella parte in cui non contempla la ricorrente;
2. Tabella di valutazione allegata al Verbale della seduta del 25 agosto 2010 dell’”Esame Finale per DSGA – Direttore dei Servizi Generali e Amministrativi”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione dell'Universita' e della Ricerca;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 novembre 2011 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con decreto direttoriale 28 gennaio 2010, n. 979, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha indetto una procedura, articolata su livelli provinciali, per la mobilità professionale da un’area professionale inferiore a quella immediatamente superiore, per il biennio scolastico 2009/10 – 2010/11, del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (c.d. ATA) appartenente alle aree contrattuali “A” e “B” di cui alla Tabella C allegata al contratto collettivo nazionale del comparto scuola del 29 novembre 2007.
In base al bando, gli aspiranti avrebbero dovuto sostenere una prova selettiva il cui punteggio, sommato a quello derivante dai titoli, avrebbe determinato una graduatoria per l’ammissione ad uno specifico corso di formazione. La mobilità professionale sarebbe stata, quindi, acquisita previo superamento di un esame finale, da tenersi alla conclusione del corso, ed articolato in una “prova pratica” ed in un “colloquio e valutazione finale”.
Per la Provincia di Asti, in particolare, sono stati messi a concorso due posti per l’accesso al profilo professionale DSGA (Direttore dei Servizi Generali ed Amministrativi).
2. La sig.ra D A, appartenente all’area contrattuale “B” del personale c.d. ATA della scuola, ha partecipato alla selezione per la Provincia di Asti: dopo aver superato la prova selettiva, essa è stata ammessa al corso di formazione. L’esito dell’esame finale, tuttavia, non è stato positivo: come risulta dalla tabella di valutazione finale, espressa in trentesimi, la sig.ra A ha riportato, per la prova pratica, i giudizi di “totalmente giusto” (per il primo quesito), “parzialmente giusto nella misura di ½” (per il secondo quesito) e di “errato o omesso” (per il terzo quesito), nonché, per il colloquio e la valutazione finale, il giudizio di “insufficiente 20”. La graduatoria finale, pubblicata con decreto del 18 ottobre 2010, non ha dunque contemplato la sig.ra A.
Il ricorso in epigrafe è stato, quindi, presentato dalla sig.ra A per contestare l’esito finale della selezione, con richiesta di annullamento della graduatoria finale e delle valutazioni riportate nel corso dell’esame finale, previa sospensione cautelare dell’efficacia.
In diritto, l’esponente contesta anzitutto l’omessa indicazione, da parte della commissione esaminatrice, dei criteri per la valutazione delle prove dell’esame finale, in violazione dell’art. 12 del d.P.R. n. 487 del 1994 nonché dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990. Con riferimento, poi, al giudizio di “insufficiente 20”, attribuito alla prova orale, la ricorrente contesta la mancata indicazione delle valutazioni attribuite a ciascuna singola risposta fornita alle cinque domande formulate in sede di colloquio, la commissione essendosi limitata ad attribuire un giudizio unico all’intera prova orale. Sempre con riferimento alla prova orale, infine, la ricorrente sostiene di aver dovuto rispondere a “due domande (su quattro) che non erano attinenti a contenuti trattati nel corso di formazione”, laddove la circolare ministeriale n. 7200 del 29 luglio 2010 aveva espressamente stabilito che “ La prova verte quindi sui contenuti trattati nel corso di formazione tenuto conto del percorso formativo realizzato dal corsista e documentato dal portfolio ”.
3. Si è costituita in giudizio l’amministrazione dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura dello Stato, depositando documenti ed argomentando l’infondatezza, nel merito, delle censure avversarie.
4. Con ordinanza n. 51 del 2011 questo TAR ha respinto la domanda cautelare, non ritenendo sussistente il requisito del periculum in mora , “anche in considerazione della fissazione, in tempi relativamente brevi, della pubblica udienza di discussione del merito”.
5. All’esito della pubblica udienza dell’8 giugno 2011 questo TAR, rilevato il mancato deposito dell’impugnata graduatoria, ha ordinato all’amministrazione di depositare in giudizio tale atto – oggetto di specifica impugnazione – contestualmente ordinando alla ricorrente di provvedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti i controinteressati “individuabili in base alla suddetta graduatoria” (ord. collegiale n. 703/2011).
Entrambe le parti, per quanto di rispettiva competenza, hanno ottemperato all’ordinanza suddetta. In particolare, come riferito dal dirigente dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte (nota dell’8 luglio 2011), la graduatoria conclusiva del profilo di DSGA per la Provincia di Asti “non è stata mai stilata in quanto gli unici due candidati [...] che erano stati avviati al corso di formazione [...] non hanno poi superato il relativo esame finale”.
Alla pubblica udienza del 23 novembre 2011, quindi, la causa è stata trattenuta in decisione.
6. Il ricorso è fondato.
Coglie nel segno il primo motivo di gravame, mediante il quale la ricorrente ha evidenziato la mancata predisposizione, da parte della commissione esaminatrice, dei criteri di valutazione delle prove, in violazione dell’art. 12, comma 1, prima parte, del d.P.R. n. 487 del 1994. Così dispone tale norma: “ Le commissioni esaminatrici, alla prima riunione, stabiliscono i criteri e le modalità di valutazione delle prove concorsuali, da formalizzare nei relativi verbali, al fine di assegnare i punteggi attribuiti alle singole prove ”.
6.1. Va, sul punto, sgombrato il campo, anzitutto, dall’argomentazione avanzata dalla difesa dell’amministrazione resistente, secondo la quale la citata norma non si applicherebbe alla procedura selettiva per cui è causa che sarebbe invece regolata, unicamente, dalla normativa dei contratti collettivi di settore. Sostiene l’Avvocatura, al riguardo, che, mentre il citato d.P.R. n. 487 del 1994 disciplina le procedure concorsuali di reclutamento per il pubblico impiego, la procedura selettiva de qua “invece è finalizzata alla riqualificazione di alcuni dipendenti con finalità e forme diverse dall’accesso all’impiego, inteso come ‘reclutamento’”. Del resto, prosegue l’Avvocatura, anche a voler ritenere questa procedura di mobilità quale forma di “reclutamento”, l’integrale applicazione del d.P.R. citato sarebbe in violazione dell’art. 70, comma 13, del d.lgs. n. 165 del 2001, norma che – come è noto – consente bensì l’applicazione di tale d.P.R. per tutte le procedure di reclutamento delle pubbliche amministrazioni, salvo tuttavia “ che la materia venga regolata, in coerenza con i princìpi ivi previsti, nell'àmbito dei rispettivi ordinamenti ”: e, sul punto, la commissione avrebbe osservato “pedissequamente” la normativa contrattuale di settore, specificamente predisposta per le procedure di mobilità del personale c.d. ATA, la quale è conforme alla legge.
Tale argomentazione non può essere accolta per un duplice, e convergente, ordine di ragioni.
Anzitutto deve osservarsi che la procedura selettiva per cui è causa, al di là del nomen che formalmente le è stato attribuito (“mobilità professionale”), era diretta a realizzare passaggi del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario “dall’area professionale inferiore all’area immediatamente superiore” (così l’art. 1 del decreto che l’ha indetta): si realizzava, cioè, una vera e propria novazione del rapporto di lavoro con l’amministrazione, per effetto della quale il dipendente che fosse risultato vincitore della selezione avrebbe ottenuto la cessazione del precedente rapporto di lavoro e la contestuale instaurazione di uno nuovo;ciò, non solo con l’attribuzione di una qualifica superiore, ma anche con il passaggio all’area superiore. Si tratta, quindi, della medesima situazione nei confronti della quale la giurisprudenza (cfr., da ultimo, TAR Lazio, Roma, sez. III- ter , n. 1120 del 2011;Cons. Stato, sez. IV, n. 7993 del 2009) è ormai ferma nel ritenere sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo ex art. 63, comma 4, del d.lgs. n. 165 del 2001, proprio perché si tratta di una vera e propria procedura concorsuale di “assunzione” di un dipendente pubblico. Nessun dubbio, pertanto, che, anche ai fini dell’applicabilità del d.P.R. n. 487 del 1994, quella per cui è causa possedesse i tratti di una vera e propria procedura di reclutamento, sia pure sotto forma di “mobilità” (ossia passaggio) da un’area professionale inferiore ad una superiore.
In secondo luogo, poi, non si apprezza alcuna violazione della clausola di salvezza di cui al richiamato art. 70, comma 13, del d.lgs. n. 165 del 2001, posto che, nel caso di specie, a) le norme contrattuali di settore non contenevano affatto disposizioni che regolassero in modo esplicito gli adempimenti che la commissione giudicatrice era chiamata a compiere nella sua prima riunione (si vd., in particolare, l’art. 8 del contratto collettivo nazionale integrativo, stipulato il 29 novembre 2007 [doc. n. 1 dell’Avvocatura] il quale, nel regolare l’esame finale della procedura, si occupa soltanto di stabilire le materie oggetto di esame, le relative modalità di espletamento ed il punteggio minimo) e b) l’adempimento della preventiva fissazione dei criteri di giudizio appare senz’altro in linea con i principi di cui al medesimo d.lgs. n. 165 del 2001 (in particolare, con i suoi artt. 35 e 36).
Va anche evidenziato che il bando della selezione aveva fatto un esplicito richiamo alle “ disposizioni generali sullo svolgimento dei concorsi per gli impiegati civili dello Stato ” (art. 8.3), sulla scorta di quanto previsto, del tutto analogamente, dall’art. 604 del d.lgs. n. 297 del 1994. Anche sotto questo profilo, pertanto, non può revocarsi in dubbio l’applicabilità, nella fattispecie, delle norme del relativo regolamento, di cui al d.P.R. n. 487 del 1994.
6.2. Venendo, ora, al merito della censura sollevata, il Collegio non può non evidenziare che – come correttamente osservato dalla ricorrente – i “criteri” che la commissione esaminatrice aveva, nella specie, prefissato non possono assolutamente essere ritenuti sufficienti a soddisfare quanto imposto dall’art. 12, comma 1, prima parte, del d.P.R. n. 487 del 1994.
Nel verbale della riunione del 23 agosto 2010 (doc. n. 4 della ricorrente) si legge che i “ criteri ” per “ lo svolgimento e la valutazione delle prove di concorso ” sarebbero stati i seguenti: “ 1) la prova pratica, verterà su n. 3 quesiti (diversificati per ogni fila mediante estrazione) oggetto di valutazione separata. Ciascuno dei tre quesiti è valutabile come totalmente giusto, parzialmente giusto (nella misura di 1/3 1/2 o 2/3), errato o omesso;2) il colloquio verterà sulla tesina, sulla prova pratica e su quesiti riguardanti le competenze del Dsga ... ”. E’ evidente che non di “criteri” di valutazione si tratta, ma solo dell’esplicitazione delle modalità operative dello svolgimento della prova, con indicazione della griglia dei giudizi (totalmente giusto, parzialmente giusto, errato o omesso) che sarebbero stati pronunciati. Nel verbale della riunione del 25 agosto 2010, poi, si legge che i “ criteri valutativi ” sarebbero stati i seguenti: “ Prova Pratica: totalmente giusto, parzialmente giusto (nella misura di 1/3 1/2 o 2/3), errato o omesso. Colloquio: gravemente insufficiente, Insufficiente, Sufficiente, Buono, Ottimo ”. E’ evidente, anche in questo caso, che la commissione, così stabilendo, ha unicamente indicato le possibili scale di giudizio, senza precisare i criteri e le modalità di valutazione degli elaborati o del colloquio che avrebbero consentito la trasparenza nella valutazione.
Né, nel caso di specie, la mancata predeterminazione dei criteri è stata poi superata da una motivazione articolata del giudizio finale, tale da rendere comunque percepibile l’ iter logico seguito dalla commissione (cfr., in proposito, TAR Marche, sez. I, n. 113 del 2011): la valutazione finale è stata espressa, infatti, unicamente con l’attribuzione del giudizio sintetico (si – no – insufficiente;ecc.), rendendo di fatto impossibile percepire la valenza del giudizio ed i motivi dei punteggi.
Va, sul punto, richiamata la costante giurisprudenza amministrativa – alla quale il Collegio aderisce – secondo la quale la circostanza che dai verbali della commissione di concorso non emerga alcuna individuazione dei criteri di valutazione delle prove integra una grave violazione delle regole di trasparenza ed imparzialità che devono presiedere ad ogni procedura concorsuale, attesa la valenza imperativa dell'art. 12 del d.P.R. n. 487 del 1994, che impone espressamente la previa fissazione di criteri di massima anche per la valutazione delle prove d'esame, sia scritte sia orali (TAR Calabria, Catanzaro, sez. II, n. 1095 del 2006;TAR Campania, Salerno, sez. II, n. 11035 del 2010).
Gli atti impugnati vanno, pertanto, annullati, con assorbimento dei restanti motivi di gravame.
7. Il Collegio rinviene giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.