TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2024-12-03, n. 202421778
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Testo completo
Pubblicato il 03/12/2024
N. 21778/2024 REG.PROV.COLL.
N. 07738/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7738 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del Decreto del Ministero dell''Interno (prot. n. -OMISSIS-) del 17/01/19, notificato il 22/03/2019, nonché di tutti gli atti connessi, presupposti e/o consequenziali;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 ottobre 2024 la dott.ssa Antonietta Giudice e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I. - Il ricorrente ha presentato istanza intesa ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992, in data 16 dicembre 2008.
II. - Esperita l’istruttoria di rito, con d.m. 17 gennaio 2019 l’Amministrazione, previa comunicazione del preavviso di rigetto, ha respinto la domanda, ritenendo che non vi fosse coincidenza tra l’interesse pubblico e quello del richiedente alla concessione della cittadinanza, essendo lo stesso gravato da un pregiudizio di carattere penale:
- procedimento penale n. 48286/07 per il reato di cui all’art 416 c.p. (associazione a delinquere), pendente nelle more dell’istanza di concessione;
- notizia di reato in data 30.7.2008 dal Nucleo Antifrodi dei Carabinieri di Roma, per i reati di cui agli artt. 322 bis, 416, 640 bis c.p. (istigazione alla corruzione, associazione a delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche);
- segnalazione di divieto di dimora effettuata dal Nucleo Antifrodi dei Carabinieri di Roma, con successivo divieto revocato in data 26.1.2009 dal GIP del Tribunale di Roma GIP con l’imposizione dell’obbligo di presentazione all’Autorità di PS competente per territorio.
III. – Il ricorrente eccepisce l’illegittimità dell’atto impugnato, chiedendone l’annullamento dell’efficacia, in quanto asseritamente affetto dai vizi di Violazione e falsa applicazione della legge. Eccesso di potere per difetto di motivazione ed insussistenza dei presupposti di diritto .
Il ricorrente segnatamente deduce che il provvedimento impugnato è stato emesso in relazione a presunte violazioni di legge relative ad un unico procedimento penale a suo carico, per il reato di associazione a delinquere ex art. 460- bis c.p., per il quale a suo tempo gli era stata inflitta la misura cautelare dell’obbligo di firma e che si è concluso con sentenza di non luogo a procedere per intervenuta prescrizione, intervenuta prima dell’adozione del decreto impugnato.
IV. - Il Ministero dell’interno, costituito in giudizio per resistere al ricorso, ha depositato documenti del fascicolo del procedimento e una relazione difensiva, contestando nel merito le censure ex adverso svolte e concludendo per il rigetto della domanda di annullamento del diniego impugnato.
V. – Con ordinanza n. 5677/2019 è stata respinta la domanda cautelare per mancanza dei necessari presupposti.
VI. – Con ordinanza collegiale n. 8800/2024 sono stati disposti incombenti istruttori a carico della p.a. al fine di acquisire elementi in grado di dettaglio in ordine ai “precedenti pregiudizievoli” emersi sul conto del ricorrente e ai relativi esiti sul piano penale, cui la p.a. ha ottemperato producendo una memoria difensiva e documenti.
VII. – All’udienza pubblica del 16 ottobre 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
I. - Il ricorso è infondato.
II. - Il Collegio reputa utile una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento (vedi, da ultimo, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018 e 3471/2022).
L'acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone l'esplicarsi di un'amplissima discrezionalità in capo all'Amministrazione. Ciò si desume, ictu oculi , dalla norma attributiva del potere, l’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, a tenore del quale la cittadinanza “ può ” - e non “ deve ” - essere concessa.
La dilatata discrezionalità in questo procedimento si estrinseca attraverso l’esercizio di un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità in ordine al definitivo inserimento dell'istante all'interno della comunità nazionale, apprezzamento influenzato e conformato dalla circostanza che al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti - consistenti, sostanzialmente, oltre nel diritto di incolato, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consentono, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita del Paese di cui si entra a far parte e la possibilità di assunzione di cariche pubbliche) - ma anche doveri nei confronti dello Stato-comunità – consistente nel dovere di difenderla anche a costo della propria vita in caso di guerra (“ il sacro dovere di difendere la Patria ” sancito, a carico dei soli cittadini, dall’art. 52 della Costituzione), nonché, in tempo di pace, nell'adempimento dei “ doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale ”, consistenti nell’apportare il proprio attivo contributo alla Comunità di cui entra a far parte (art. 2 e 53 Cost.).
A differenza dei normali procedimenti concessori, che esplicano i loro effetti esclusivamente sul piano di uno specifico rapporto Amministrazione/Amministrato, l’ammissione di un nuovo componente nell’elemento costitutivo dello Stato (Popolo), incide sul rapporto individuo/Stato-Comunità, con implicazioni d’ordine politico-amministrativo; si tratta, pertanto, di determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (vedi, da ultimo, Consiglio di Stato, sez. III, 7.1.2022 n. 104; cfr. Cons. Stato, AG, n. 9/1999; sez. IV n. 798/1999; n. 4460/2000; n. 195/2005; sez, I, n. 1796/2008; sez. VI, n. 3006/2011; Sez. III, n. 6374/2018; n. 1390/2019, n. 4121/2021; TAR Lazio, Sez. II quater, n. 10588 e 10590 del 2012; n. 3920/2013; 4199/2013).
È stato, in proposito, anche osservato che il provvedimento di concessione della cittadinanza refluisce nel novero degli atti di alta amministrazione, che sottende una valutazione di opportunità politico-amministrativa, caratterizzata da un altissimo grado di discrezionalità nella valutazione dei fatti accertati e acquisiti al procedimento: l'interesse dell'istante ad ottenere la cittadinanza deve necessariamente coniugarsi con l'interesse pubblico ad inserire lo stesso a pieno titolo nella comunità nazionale.
E se si considera il particolare atteggiarsi di siffatto interesse pubblico, avente natura “composita”, in quanto coevamente teso alla tutela della sicurezza, della stabilità economico-sociale, del rispetto dell’identità nazionale, è facile comprendere il significativo condizionamento che ne deriva sul piano dell’ agere del soggetto alla cui cura lo stesso è affidato.
In questo quadro, pertanto, l’amministrazione ha il compito di verificare che nel soggetto istante risiedano e si concentrino le qualità ritenute necessarie per ottenere la cittadinanza, quali l’assenza di precedenti penali, la sussistenza di redditi sufficienti a sostenersi, una condotta di vita che esprime integrazione sociale e rispetto dei valori di convivenza civile.
La concessione della cittadinanza deve rappresentare