TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-08-04, n. 202313105

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-08-04, n. 202313105
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202313105
Data del deposito : 4 agosto 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 04/08/2023

N. 13105/2023 REG.PROV.COLL.

N. 13525/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 13525 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato C I B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

del decreto di rigetto dell’istanza di concessione della cittadinanza (-OMISSIS-);


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2023 il dott. G V e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.- In data 30.06.2018 il ricorrente ha presentato istanza volta ad ottenere la concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, comma primo, lettera f) della legge 91/1992.

Il Ministero dell’Interno, previa comunicazione del preavviso di diniego ex art. 10- bis Legge n. 241/1990, con decreto del 17.08.2022 ha respinto la domanda dell’istante sulla base di un precedente penale a suo carico, segnatamente un decreto penale del Tribunale di Pordenone del 28.10.2015 per violazione degli artt. 110, 189 comma 6 e comma 7 del D.lgs. 285/1992 (omissione di soccorso in caso di incidente).

Avverso il predetto decreto di rigetto ha quindi proposto ricorso l’interessato, deducendone l’illegittimità per un unico articolato motivo di diritto rubricato “ Violazione e falsa applicazione dell’art.9 della legge n.91/1992. Difetto assoluto di istruttoria e difetto di motivazione del decreto di diniego. Violazione delle norme sul procedimento amministrativo. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, illogicità, arbitrarietà ”, a mezzo del quale lamenta essenzialmente:

- vizi di eccesso di potere per insufficienza di motivazione e difetto d’istruttoria, in quanto il decreto penale di condanna del 2015, unico elemento ostativo posto a fondamento del diniego, sarebbe stato in realtà successivamente revocato nell’ambito del procedimento penale poi, peraltro, conclusosi con sentenza di assoluzione “ per non aver commesso il fatto ” pronunciata dal Tribunale di Pordenone in data 29.11.2017, dunque ben prima non solo del diniego impugnato ma anche della domanda di cittadinanza;

- che l’Amministrazione, per altro verso, avrebbe dovuto compiere, in ogni caso, un più approfondito giudizio circa la complessiva condotta tenuta dal richiedente nell'arco dell'intero periodo di permanenza sul territorio nazionale, essendosi ormai compiutamente integrato nel tessuto economico e sociale.

Il Ministero intimato si è costituito in giudizio per resistere al ricorso, depositando la documentazione inerente al procedimento nonché la relazione ministeriale.

Con ordinanza collegiale n. 7612 del 13.12.2022 questa Sezione, in esito alla discussione sull’incidente cautelare, ha ritenuto la sussistenza dei presupposti per la sollecita fissazione dell’udienza di merito, ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a.

In vista della trattazione del merito la parte ricorrente ha depositato memoria difensiva in data 25.05.2023 e, alla pubblica udienza del 27.06.2023, la causa è passata in decisione.

2.- Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto nei limiti che seguono.

Il Collegio reputa utile, in funzione dello scrutinio delle doglianze formulate nell’atto introduttivo del giudizio, una premessa di carattere teorico in ordine al potere attribuito all’amministrazione in materia, all’interesse pubblico protetto e alla natura del relativo provvedimento alla luce della giurisprudenza in materia, nonché dei precedenti dalla Sezione (cfr., ex multis , TAR Lazio, Roma, Sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018, 3471, 4280 e 5130 del 2022).

Ai sensi dell'articolo 9 comma 1 lettera f) della legge n. 91 del 1992, la cittadinanza italiana " può " essere concessa allo straniero che risieda legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.

L'utilizzo dell'espressione evidenziata sta ad indicare che la residenza nel territorio per il periodo minimo indicato è solo un presupposto per proporre la domanda a cui segue "una valutazione ampiamente discrezionale sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e delle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall'appartenenza alla comunità nazionale" (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato sez. III, 23/07/2018 n. 4447).

Il conferimento dello status civitatis , cui è collegata una capacità giuridica speciale, si traduce in un apprezzamento di opportunità sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del richiedente nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (Consiglio di Stato sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;
n. 52 del 10 gennaio 2011;
Tar Lazio, sez. II quater, n. 3547 del 18 aprile 2012).

L'interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante (Tar Lazio, sez. II quater, n. 5565 del 4 giugno 2013), atteso che, lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi, rappresenta il frutto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri.

In altri termini, il provvedimento di concessione della cittadinanza in esame “ è atto squisitamente discrezionale di ‘alta amministrazione’, condizionato all'esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno ‘ status illesae dignitatis’ (morale e civile) di colui che lo richiede ” (Consiglio di Stato, sez. III, 07/01/2022, n. 104).

Pertanto, l’anzidetta valutazione discrezionale può essere sindacata in questa sede nei limiti del controllo di legittimità;
il sindacato del giudice, infatti, non si estende al merito della valutazione compiuta dall'Amministrazione, non potendo dunque spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole (cfr., ex multis , Consiglio di Stato sez. III, 16 novembre 2020, n. 7036;
nonché, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2944/2022 su prospettive e limiti dell’applicazione del principio di proporzionalità in tale materia).

Quanto, in particolare, all’onere motivazionale, la giurisprudenza ha più volte precisato che l'ampiezza e la profondità dell'obbligo di motivazione del provvedimento di diniego della concessione della cittadinanza devono correlarsi allo stadio del procedimento penale, alla natura del reato commesso, nonché alla circostanza che esso sia stato commesso a distanza di tempo dal momento in cui l'istanza di concessione della cittadinanza viene proposta. Questi profili incidono anche sul livello di discrezionalità dell'amministrazione per la quale la valutazione della condotta penalmente rilevante deve costituire, a norma di legge, uno degli elementi rilevanti ai fini della decisione sulla concessione della cittadinanza, con la conseguenza che, “ nel caso di sentenza penale e, a fortiori , di sentenza passata in giudicato l'ampiezza e l'intensità dell'obbligo motivazionale relativo al diniego di concessione di cittadinanza può essere minore rispetto a quello che deve, invece, caratterizzare un diniego in presenza di una mera comunicazione di notizia di reato o di una denuncia, della quale il ricorrente potrebbe non essere al corrente ” (Consiglio di Stato sez. I, 04/04/2022, n.713;
cfr., in senso conforme, Cons. Stato, Sez. II, 31 maggio 2021, n. 4151).

3.- Tanto premesso, ritiene il Collegio che, nel caso concreto, il provvedimento sia affetto dai denunciati vizi di illegittimità, attesa la totale mancanza, nel corredo motivazionale del gravato diniego, di un riferimento al successivo esito del procedimento penale a carico del ricorrente e posto a fondamento del decreto di rigetto, segnatamente della sentenza assolutoria, intervenuta persino prima della domanda di cittadinanza.

Più in particolare, dalla disamina della motivazione si evince che l’Amministrazione sia pervenuta al diniego qui impugnato esclusivamente sulla base del decreto penale di condanna del 28.10.2015 per violazione degli artt. 110, 189 comma 6 e comma 7 del D.lgs. 285/1992 (omissione di soccorso in caso di incidente), assumendo tale precedente come “ indice sintomatico di inaffidabilità del richiedente e di una mancata integrazione nella comunità nazionale ”.

Senonchè, il diniego appare affetto dal dedotto vizio di eccesso di potere per difetto dei presupposti e travisamento dei fatti, e ciò per l’assorbente rilievo che l’anzidetto decreto penale di condanna è stato poi fruttuosamente opposto dal ricorrente e il relativo procedimento si è concluso a suo favore con sentenza assolutoria del Tribunale di Pordenone n. 853 del 29.11.2017 “ per non aver commesso il fatto ” (dalla lettura delle motivazioni della sentenza emerge, infatti, che al ricorrente è stato contestato il reato di omissione di soccorso in concorso, ex art. 110 c.p., nella sua presunta veste di terzo trasportato, laddove, tuttavia, l’unico elemento a suo carico, costituito dalla chiamata in correità svolta dal conducente del veicolo, è rimasto “sfornita del benché minimo elemento di riscontro ”, in quanto la persona del richiedente non è stata riconosciuta né dalla vittima né dai testimoni escussi).

Tale pronuncia favorevole, ancorché intervenuta in data antecedente non solo al gravato diniego ma anche all’istanza di cittadinanza presentata il 30.06.2018, non è stata neppure menzionata nella motivazione del decreto di rigetto, e ciò in quanto verosimilmente neanche acquisita agli atti del procedimento amministrativo a causa di un’istruttoria manifestamente insufficiente e inadeguata.

L’omissione innanzi indicata denota, pertanto, anche un grave deficit istruttorio che vale evidentemente a viziare l’impugnato decreto di rigetto, siccome adottato sulla base di un quadro fattuale e documentale inesatto e, comunque, non completo, giacché la penale responsabilità del richiedente – contrariamente a quanto emerge dall’impianto motivazionale del provvedimento - è stata poi definitivamente esclusa con sentenza assolutoria divenuta irrevocabile.

Del resto, sebbene sia indubitabile che le valutazioni relative all'accertamento di una responsabilità penale si pongano – per giurisprudenza costante condivisa anche da questa Sezione - su di un piano assolutamente differente ed autonomo rispetto alla valutazione del medesimo fatto ai fini dell'adozione di un provvedimento amministrativo, nondimeno si ritiene che, nel caso in esame, l’Amministrazione avrebbe quanto meno dovuto menzionare, nella motivazione, l’intervenuta sentenza di assoluzione per poi esplicitare le concrete ragioni fondanti, ciò nonostante, il giudizio di inaffidabilità e di non compiuta integrazione del ricorrente nella comunità nazionale.

Dalle considerazioni che precedono consegue dunque che, in accoglimento del ricorso proposto, il diniego di cittadinanza deve essere annullato.

Per l’effetto, l’Amministrazione, fatte salve le ulteriori determinazioni in merito, avrà l’obbligo di rivalutare, nei sensi sopra chiariti, la posizione complessiva del richiedente e la sua effettiva integrazione nel tessuto economico e sociale, tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto e senza fare applicazione di automatismi ostativi derivanti dall’anzidetto decreto penale di condanna, attesa la successiva revoca dello stesso e, soprattutto, l’intervenuta sentenza di assoluzione “ per non aver commesso il fatto ”.

4.- Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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