TAR Napoli, sez. I, sentenza 2018-07-24, n. 201804933

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2018-07-24, n. 201804933
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201804933
Data del deposito : 24 luglio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/07/2018

N. 04933/2018 REG.PROV.COLL.

N. 05637/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5637 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Società -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato G C, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, viale Gramsci n.16 c/o studio Abbamonte;

contro

U.T.G. - Prefettura di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz, n. 11;

per l'annullamento,

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

della nota della Prefettura di Caserta, mai notificata né comunicata, di data e numero non conosciuti, con la quale sarebbe stato adottato un provvedimento interdittivo antimafia nei confronti della società ricorrente;
di ogni altro atto o provvedimento preordinato, connesso e conseguente, comunque lesivo per la società ricorrente, comprese le indagini istruttorie, se ed in quanto esistenti.

Per quanto concerne i motivi aggiunti:

della nota della Prefettura di Caserta del 5 ottobre 2011;
della nota della Legione dei Carabinieri Campania – Comando Provinciale di Caserta del 17 gennaio 2011;
della nota della Questura di Caserta Divisione di Polizia Anticrimine del 26 marzo 2011;
della nota della Guardia di Finanza Nucleo Polizia Tributaria di Caserta del 21 giugno 2011;
della nota della Guardia di Finanza dell’11 marzo 2011;
del verbale del Gruppo Ispettivo Antimafia del 27/09/2011 relativa alla società -OMISSIS- s.r.l.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’U.T.G. - Prefettura di Caserta;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 maggio 2018 il dott. Domenico De Falco e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso spedito a notifica in data 6 dicembre 2016, pervenuto il 9 dicembre e depositato il successivo 15 dicembre, la società -OMISSIS- ha premesso di essere venuta a conoscenza che la Prefettura di Caserta ha adottato nei propri confronti un’informativa antimafia mai comunicata o notificata e ne ha chiesto l’annullamento, previa sospensione cautelare sulla base dei motivi di seguito sintetizzati, proponendo contestualmente anche istanza di istruttoria per l’esibizione della documentazione rilevante.

I) Violazione dell’art. 1 e ss. e 7 e ss. della l.n. 241/1990.

Sarebbe violata la disciplina in materia di partecipazione procedimentale, in quanto il provvedimento antimafia sarebbe stato adottato all’insaputa della ricorrente e senza garantire alcuna partecipazione, impedendole così di far valere le proprie ragioni.

II) Violazione del giusto procedimento di legge;
violazione degli artt. 1 e ss. della l. n. 241/1990;
violazione dell’art. 97 Cost..

Il provvedimento interdittivo sarebbe emerso oltre 5 anni dopo la sua adozione, in violazione dei principi di economicità e celerità dell’azione amministrativa.

III) Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990;
violazione degli artt. 24 e 41 Cost.;
violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e ss del d.lgs. n. 159/2011;
eccesso di potere per carenza di motivazione ed ingiustizia manifesta;
assoluto difetto di istruttoria;
contaddittorietà.

Nell’attesa di conoscere il contenuto specifico della gravata interdittiva, parte ricorrente contesta comunque qualunque addebito atteso che sia l’Amministratore che i soci della società sarebbero del tutto estranei a qualunque tentativo di ingerenza nella gestione da parte della malavita organizzata.

IV) Violazione e falsa applicazione degli art. 83 e ss. del d.lgs. n. 159/2011;
eccesso di potere;
difetto dei presupposti in fatto e in diritto;
difetto di istruttoria;
travisamento dei fatti;
difetto di motivazione.

Parte ricorrente lamenta che non risulta alcuna indagine a carico degli esponenti della società sicché il provvedimento avversato non potrebbe che fondarsi su un deviato esercizio del potere prefettizio.

Con ordinanza presidenziale del -OMISSIS- questo Tribunale ha ordinato alla Prefettura - UTG di Caserta di depositare la nota recante il contestato provvedimento interdittivo nonché tutti gli atti, i verbali e gli accertamenti sui quali essa si fonda oltre che tutta la documentazione utile ai fini della decisione.

In data 28 dicembre 2016 la UTG di Caserta ha ottemperato all’ordine, depositando la documentazione richiesta.

Con atto depositato in data 27 gennaio 2017 si è costituito in giudizio l’UTG di Caserta.

Con ricorso per motivi aggiunti notificato in data 22 febbraio 2017 e depositato il successivo 10 marzo parte ricorrente ha impugnato gli atti in epigrafe dettagliati, comprensivi della interdittiva antimafia risalente al 2011 unitamente agli atti dell’istruttoria e a quelli adottati nei confronti di altre società collegate, sulla base dei seguenti motivi.

I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 10 del d.P.R. 3 giugno 1998, n. 252;
violazione e falsa applicazione dell’art. 86 del d.lgs. n. 159/2011;
illegittimo utilizzo di documentazione non più attuale.

Secondo parte ricorrente l’informativa adottata dall’UTG di Caserta si fonderebbe su fatti e documenti assai risalenti nel tempo e che non potrebbero più sorreggere la prognosi di infiltrazione malavitosa.

L’esigenza di fondare qualunque prognosi di pericolo sottesa all’informativa presuppone che gli elementi a supporto siano recenti, basti al riguardo considerare che l’istituto dell’aggiornamento di cui all’art. 10, co. 8 del d.P.R. n. 252/1998 prevede espressamente che la Prefettura su richiesta dell’interessato aggiorni la documentazione;
ciò si ricollega all’art. 86 del d.lgs. n. 159/2011 (“codice antimafia”) che dispone che interdittiva e informativa antimafia hanno una validità predefinita (sei mesi e un anno).

II) Insufficiente motivazione, violazione e falsa applicazione art. 4 del d.lgs. n. 490/1994;
violazione e falsa applicazione degli artt. 83 e ss. del d.lgs. n. 159/2011;
violazione degli artt. 3 e 7 della l. n. 241/1990;
eccesso di potere per errore sui presupposti, difetto assoluto di motivazione;
illogicità, arbitrarietà, contraddittorietà, perplessità;
violazione e falsa applicazione dell’art. 41 Cost..

Parte ricorrente lamenta che le singole circostanze addotte a supporto della contestata informativa sarebbero comunque irrilevanti, dato che risale al 2010 il controllo nel corso del quale il sig. -OMISSIS-, esponente della -OMISSIS- s.r.l., è stato trovato in compagnia di un tal -OMISSIS-, gravato da precedenti di polizia, e il -OMISSIS- sarebbe, comunque, incensurato.

Quanto ai rilievi riferiti al sig. -OMISSIS-, amministratore e rappresentante legale, essi riguarderebbero un procedimento penale conclusosi con la completa assoluzione dell’esponente e risalente a quasi 20 anni addietro. Quanto alle ulteriori condanne subite dal sig. -OMISSIS- esse non avrebbero collegamenti con la normativa antimafia e sarebbero comunque risalenti nel tempo.

I controlli all’esito dei quali il sig. -OMISSIS- è stato trovato in compagnia di persone attinte da procedimenti di polizia sarebbero poi estremamente risalenti e, in alcuni casi, riguarderebbero persone a quel tempo ancora incensurate e non interessate da provvedimenti di polizia. In ogni caso si tratterebbe di frequentazioni isolate e sporadiche da cui non potrebbe desumersi alcunché, incluso l’incontro con il -OMISSIS-del tutto occasionale e che deriverebbe da un semplice avvistamento.

Quanto alla partecipazione del sig. -OMISSIS- al -OMISSIS- esso sarebbe limitato ad un solo anno e nei confronti di tale consorzio sarebbe stata adottata solo una proposta di provvedimento interdittivo, mai seguita da tale provvedimento.

Quanto infine alla circostanza che il fratello del -OMISSIS- sia gravato da precedenti di polizia e per numerosi reati, si tratterebbe di mera parentela che non assume carattere decisivo.

In ogni caso i precedenti penali del sig. -OMISSIS- avrebbero carattere non mafioso e sarebbero risalenti al 1996.

III) Stessa censura sub II sotto diverso profilo

La censurata istruttoria avrebbe ad oggetto altre società, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS- con le quali non sussiste alcuna collaborazione, mentre l’unico collegamento con la -OMISSIS- s.r.l. risiederebbe nel fatto che essa è gestita da -OMISSIS- e -OMISSIS-, rispettivamente moglie e fratello del -OMISSIS-.

IV) Stessa censura sub II sotto diverso profilo.

Parte ricorrente ha insistito con i successivi atti nelle proprie eccezioni e deduzioni e all’udienza pubblica del 9 maggio 2018 la causa è stata trattenuta per la decisione.

Oggetto del presente giudizio è l’informativa antimafia adottata nei confronti della -OMISSIS- s.r.l. con la gravata nota prot. n. 1455/12b.16/ANT/

AREA

1^ del 5 ottobre 2011, successivamente conosciuta. Tale nota richiama, tra l’altro, l’informativa del Comando Provinciale di Caserta del 17 gennaio 2011 e la successiva determinazione assunta dal Gruppo Ispettivo Antimafia del 27 settembre 2011 in base alla quale l’amministratore e rappresentante legale della società -OMISSIS-:

1) è stato segnalato dal G.I.C.O. (NA) per associazione di tipo mafioso e poi prosciolto da tale imputazione con sentenza n. -OMISSIS- del Tribunale di Napoli perché il fatto non sussiste. Risulta poi “ gravato da condanna penale per reati finanziari e precedenti per furto, ingiuria, associazione per delinquere e truffa aggravata ”;

2) è stato poi controllato in compagnia di numerosi soggetti quali:

-OMISSIS-, elemento di spicco del clan dei casalesi, gravato da precedenti di polizia per associazione mafiosa, truffa ed altro;
-OMISSIS- gravato da precedenti di polizia per truffa, associazione a delinquere, riciclaggio e 12-quinquies del d.l. 306/1992 (trasferimento fraudolento di valori, provvedimento contro la criminalità organizzata mafiosa in concorso);
-OMISSIS- gravato da precedenti di polizia per ricettazione, associazione per delinquere, truffa, estorsione, usura, riciclaggio e violazione art. 12-quinquies del d.l. 306/1992 (trasferimento fraudolento di valori, provvedimento contro la criminalità organizzata mafiosa in concorso);

3) è destinatario di proposta di decreto interdittivo del 15.03.2002 nell’ambito della società “-OMISSIS-”;
è fratello non convivente di -OMISSIS- gravato da precedenti di Polizia per evasione, associazione mafiosa, associazione per delinquere, estorsione, rapina, ricettazione, furto, truffa ed altro.

L’altro amministratore della società -OMISSIS-, in occasione di un controllo nel 2010 è stato trovato in compagnia di -OMISSIS-, già sottoposto a sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno e gravato da precedenti in materia di associazione mafiosa ed altro.

Così delineati i termini dell’informativa gravata, vanno in primo luogo scrutinati i motivi del ricorso introduttivo che, tuttavia, scontano una certa genericità essendo stato il gravame proposto precedentemente alla conoscenza sia dell’interdittiva stessa sia degli atti dell’istruttoria tutti successivamente impugnati con i motivi aggiunti.

Sia il ricorso che i motivi aggiunti sono infondati.

Con il primo e il secondo motivo del ricorso introduttivo parte ricorrente lamenta la violazione delle regole di partecipazione di cui alla legge 241/1990, sulla base della considerazione che l’avvio del procedimento e anche il provvedimento finale non siano mai stati comunicati alla ricorrente.

Le doglianze non colgono nel segno.

In base all’orientamento consolidato della giurisprudenza, cui il Collegio aderisce, la P.A. è esonerata dall' obbligo di comunicazione di avvio del procedimento in occasione dell’emissione di provvedimenti conseguenti alle comunicazioni e informative prefettizie (anche atipiche), ossia di atti che sfociano nell’adozione di provvedimenti consequenziali a questi ultimi (quali quello in esame di interdizione all’attività), intrinsecamente caratterizzati da profili connessi ad attività di indagine oltre che da finalità, da destinatari e da presupposti incompatibili con le procedure partecipative, nonché da oggettive e intrinseche ragioni di celerità e di riservatezza propri del procedimento (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 febbraio 2008 n. 756;
idem, sez. V, 8 agosto 2014, n. 4255;
sez. III, 24 luglio 2015, n. 3653;
idem, 29 settembre 2015, n. 4541;
idem, 28 ottobre 2016, n. 4555). Il contraddittorio procedimentale non costituisce un valore assoluto e nella specie deve essere contemperato con le esigenze superiori della tutela del principio di legalità sostanziale - per preservare i rapporti economici dal pericolo di condizionamento di organizzazioni illecite, che per la loro ragion d’essere costituiscono un danno alla sicurezza, alla libertà e dignità umana (art. 41, primo comma Cost.) - rispetto al "mero" interesse delle parti alla libera iniziativa d’impresa (Cons. Stato, sez. III, 5 ottobre 2016, n.4121;
idem, 24 ottobre 2016, n.4454;
da ultimo in tal senso TAR Lazio, sez. II ter, 14 marzo 2018, n. 2909).

La mancata comunicazione alla società della gravata informativa, poi, non costituisce motivo di invalidità ratione temporis del provvedimento gravato, atteso che esso è del 5 ottobre 2011, laddove l’obbligo di comunicazione all’impresa attinta dal provvedimento in questione è stato introdotto dal comma 2bis dell’art. 92 del codice antimafia (d.lgs. n. 159/2011) solo successivamente (a partire dal 2013).

Gli ulteriori motivi di ricorso censurano genericamente l’informativa, invocando la violazione dei principi di difesa e libertà di iniziativa economica oltre di quelli che ispirano il “codice delle leggi antimafia”. Tuttavia tali doglianze, necessariamente generiche in quanto formulate prima di avere diretta contezza dell’informativa e della documentazione su cui essa si fonda, devono essere scrutinate unitamente ai motivi aggiunti, proposti dopo il deposito di tutta la documentazione del procedimento.

Con il primo motivo aggiunto, parte ricorrente lamenta che l’informativa si fonderebbe su documentazione non più attuale che, dunque, sarebbe stata illegittimamente utilizzata tenendo conto dell’istituto dell’aggiornamento dell’informativa e della validità limitata nel tempo dell’informativa antimafia ai sensi dell’art. 86 del d.lgs. n. 159/2011.

Il motivo non merita positiva considerazione.

Premesso che la legittimità di un atto deve essere valutata con riferimento alla situazione esistente all’epoca della sua adozione, rileva il Collegio che sia dal verbale del Gruppo Ispettivo Antimafia relativo proprio alla -OMISSIS- s.r.l. sia da quello relativo alla -OMISSIS- s.r.l., pure versato agli atti del presente giudizio, emerge un quadro di legami di parentela (la moglie del -OMISSIS- gestisce la società -OMISSIS- s.r.l. con il fratello del primo), di frequentazioni con esponenti malavitosi, di legami societari, saldati anche da unioni matrimoniali che risulta perdurante e che vale a testimoniare, quanto meno fino alla data dell’adozione della contestata informativa, la sussistenza di una vera e propria galassia societaria e di cointeressenze riferibili alla famiglia -OMISSIS-.

Il riferimento all’aggiornamento dell’informativa antimafia non risulta perspicuo, atteso che l’art. 10, co. 8, del d.P.R. 3.6.1998, n. 252 dispone che la Prefettura, anche su richiesta dell’interessato, “ aggiorna l'esito delle informazioni al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell'accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa” , ma nel caso di specie tali circostanze rilevanti non sono venute meno, ma anzi esse perdurano.

Può dunque affermarsi con la giurisprudenza di questa Sezione che << la situazione di rischio di infiltrazioni non si può considerare automaticamente fugata per il mero e formale trascorrere del tempo da una precedente verifica fatta, occorrendo invece la sopravvenienza e l'accertamento di fatti positivi che diano conto persuasivamente di un oggettivo e reale discostamento della situazione in precedenza rilevata. Infatti, il dato normativo contenuto nell'art. 2, d.P.R. n. 252 del 1998 (oggi, art. 86 commi 1 e 2, d.lg. n. 159 del 2011) affermante la limitata utilizzabilità temporale della documentazione antimafia, si riferisce solo ai casi di documentazioni negative (le quali attestino che non sussistono tentativi di infiltrazioni mafiose) e non anche alle ipotesi di documentazioni positive, che conservano quindi la loro capacità interdittiva anche oltre quel termine. Deve, dunque, ribadirsi che il rischio derivante dall'emersione di tentativi di infiltrazione mafiosa della criminalità organizzata in organismi imprenditoriali non può considerarsi fugato per il mero trascorrere di un certo lasso di tempo dall'originaria verifica effettuata, ma occorre piuttosto il sopraggiungere anche di fatti positivi, idonei a dar conto di un nuovo e consolidato operare dei soggetti cui veniva ricollegato il pericolo, che persuasivamente giustifichi lo scostamento dalla situazione rilevata in precedenza >>
(TAR Campania, Napoli, sez. I, 11 giugno 2014 n. 3236).

Sotto questo aspetto la giurisprudenza appena indicata, che il Collegio condivide, ha segnato il superamento del precedente orientamento, pure fatto proprio dalla pronuncia di questa Sezione 24 aprile 2014 n. 2304, richiamata da parte ricorrente, secondo cui incombe sull’Amministrazione procedente l’onere di dare la prova della perduranza di elementi indiziari, nel caso in cui quelli concretamente addotti siano risalenti.

Non coglie nel segno nemmeno il riferimento alla validità semestrale o annuale dell’interdittiva e dell’informativa di cui all’art. 86,co. 2, del d.lgs. n. 159/2011 (“codice antimafia”), atteso che tale disposizione, nello stabilire che l'informazione antimafia ha una validità di dodici mesi dalla data dell'acquisizione, non riguarda di per sé l'efficacia temporale della misura interdittiva che constata il pericolo della infiltrazione e, dunque, neppure riguarda l'ambito dei doveri della Prefettura dopo il decorso dell'anno dalla sua emanazione, ma disciplina l'ambito dei doveri delle pubbliche amministrazioni e degli enti che richiedono l'informativa i quali - in base al comma 2, quando sia comunque decorso un anno dalla acquisizione di quest'ultima - devono nuovamente acquisire la documentazione antimafia, prima di poterla fare valere come misura interdittiva (Consiglio di Stato sez. III, 5 ottobre 2016 n. 4121).

Del resto nel caso di specie il provvedimento antimafia è esso stesso risalente nel tempo, in quanto parte ricorrente adduce di esserne venuta a conoscenza solo dopo diversi anni dalla concreta adozione, con la conseguenza che l’attualità degli elementi addotti a supporto del provvedimento gravato non possono che essere valutati rispetto alla data in cui lo stesso è stato adottato, ferma restando la possibilità di parte ricorrente di richiedere, qualora ritenuto utile, una nuova valutazione prefettizia, anche adducendo fatti nuovi rispetto a quelli a quel tempo scrutinati.

Con il secondo motivo, che può essere esaminato congiuntamente con il terzo e quarto motivo che lo richiamano espressamente, parte ricorrente adduce che l’amministratore -OMISSIS- è stato assolto dal reato di associazione mafiosa menzionato dell’informativa e che, dunque, tale circostanza non avrebbe potuto essere considerata, mentre le ulteriori condanne subite sarebbero risalenti nel tempo e non esprimerebbero rischi di infiltrazione mafiosa. Quanto ai controlli nel corso dei quali il -OMISSIS- è stato trovato in compagnia di persone attinte da procedimenti di polizia e con precedenti penali si tratterebbe di casi sporadici non significativi. Irrilevante sarebbe poi la partecipazione del sig. -OMISSIS- al -OMISSIS- non essendo mai stata adottata alcuna interdittiva. Quanto infine alla circostanza che il fratello del -OMISSIS-, pure menzionato negli atti, sia gravato da precedenti di polizia e penali sarebbe irrilevante, trattandosi di mera parentela che non assume valore.

Il rilievo non coglie nel segno.

Vero è che il Gruppo Ispettivo Antimafia rende espressamente conto di un procedimento per associazione mafiosa ai danni del -OMISSIS- conclusosi con un’assoluzione, ma è anche vero che tale ultima circostanza risulta puntualmente evidenziata nello stesso verbale del G.I.A., con il risultato che non vi è stato alcun travisamento del fatto, ma che esso è solo uno dei molteplici fattori considerati ai fini della prognosi formulata dal medesimo Gruppo Ispettivo.

E infatti, ai fini dell’adozione dell’informativa devono valutarsi nel loro complesso tutte le circostanze anche potenzialmente rivelatrici dei tentativi di infiltrazione criminale.

E’ noto, infatti, che la valutazione che l’autorità prefettizia è chiamata a compiere, per determinarsi in ordine alla sussistenza o meno del pericolo di infiltrazione mafiosa nell’attività d’impresa (ai sensi del d.lgs. n. 159/2011), deve svolgersi sul complesso degli elementi raccolti e non va condotta partitamente su ciascuno di essi e che, a sua volta, il sindacato del giudice sulla valutazione compiuta dall’autorità prefettizia di sussistenza del pericolo mafioso deve incentrarsi sull’atto complessivamente considerato e non va parcellizzato nella disamina di ogni singolo elemento di fatto preso in considerazione dall’autorità come sintomatico del pericolo di infiltrazione mafiosa, non venendo in rilievo, nel caso, la necessità di accertare singole e individuate responsabilità come, invece, necessariamente avviene nel processo penale, ma, piuttosto, l’esigenza, prevalente rispetto ad altre pur connesse ad interessi a rilievo costituzionale (come la libertà di iniziativa economica e la libertà di impresa), di porre un argine significativamente preventivo al pernicioso fenomeno del condizionamento mafioso dell’attività economica del Paese. E’ stato ben detto, in proposito, dal Consiglio di Stato che << gli elementi raccolti non vanno riguardati in modo atomistico ma unitario, sì che la valutazione deve essere effettuata in relazione al complessivo quadro indiziario, nel quale ogni elemento acquista valenza nella sua connessione con gli altri;
tutto ciò comporta l'attribuzione al prefetto di un ampio margine di accertamento e di apprezzamento, sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesti vizi di eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza e travisamento dei fatti
>>
(TAR Piemonte, Torino, sez. I, 10 dicembre 2014, n. 1923) ed ancora che << in sede di redazione dell'informativa antimafia il Prefetto gode di ampi margini di discrezionalità, potendo, tra l'altro, desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa anche da circostanze ex se prive di certezza assoluta, quali, ad esempio, sentenze di condanna, anche non definitive, o collegamenti parentali con soggetti malavitosi;
peraltro, trattandosi in sostanza di un giudizio di probabilità, elaborato alla stregua della nozione di pericolo, al fine dell'efficacia preclusiva dell'informazione de qua, è necessario che gli elementi fondanti la stessa siano, nel loro complesso, tali da ingenerare il serio pericolo che l'attività d'impresa possa in qualche modo agevolare le attività criminali o esserne, comunque, condizionata
>>
(Cons. Stato, sez. III, 23 aprile 2014 n.2040).

D’altra parte, risponde proprio alla finalità di marcata anticipazione della tutela il disegno legislativo secondo il quale l’informativa antimafia costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata impedendole di avere rapporti contrattuali con la Pubblica amministrazione, cosicché, proprio per il carattere preventivo, si prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell'esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la Pubblica Amministrazione e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia e analizzati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente, la cui valutazione costituisce espressione di ampia discrezionalità che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo solo sotto il profilo della sua logicità, in relazione alla rilevanza dei fatti accertati. Essa, quindi può essere sorretta da fattori sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi che manifestino il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata. E’ stato ribadito, inoltre, che al provvedimento in parola vada riconosciuta la natura di tipica misura cautelare di polizia, preventiva ed interdittiva, che si aggiunge alle misure di prevenzione antimafia di natura giurisdizionale e che prescinde dall'accertamento in sede penale di uno o più reati connessi all'associazione di tipo mafioso (Cons. Stato, sez. III, 17 febbraio 2015 n. 808;
Con. Stato, sez. III, 19 gennaio 2015, n. 115).

Non si richiede quindi la prova di un fatto, ma solo la presenza di una serie di indizi in base ai quali non sia illogico o inattendibile ritenere la sussistenza di un collegamento con organizzazioni mafiose o di un condizionamento da parte di queste. Pertanto, ai fini della sua adozione, da un lato, occorre non già provare l'intervenuta infiltrazione mafiosa, bensì soltanto la sussistenza di elementi sintomatico-presuntivi dai quali – secondo un giudizio prognostico latamente discrezionale – sia deducibile il pericolo di ingerenza da parte della criminalità organizzata;
d’altro lato, detti elementi vanno considerati in modo unitario, e non atomistico, cosicché ciascuno di essi acquisti valenza nella sua connessione con gli altri (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, n. 2342/2011;
n. 5019/2011;
n. 5130/2011;
n. 254/2012;
n. 1240/2012;
n. 2678/2012;
n. 2806/2012;
n. 4208/2012;
n. 1329/2013;
sez. VI, n. 4119/2013;
sez. III, n. 4414/2013;
n. 4527/2015;
n. 5437/2015;
n. 1328/2016;
n. 3333/2017;
TAR Lazio, Roma, sez. II, n. 1951/2011;
TAR Campania, Napoli, sez. I, n. 3242/2011;
n. 3622/2011;
n. 2628/2012;
n. 2882/2012;
n. 4127/2012;
n. 4674/2013;
n. 858/2014;
n. 4861/2016;
TAR Calabria, Reggio Calabria, n. 401/2012;
TAR Lombardia, Milano, sez. III, n. 1875/2012;
TAR Basilicata, Potenza, n. 210/2013;
TAR Piemonte, Torino, sez. I, n. 1923/2014;
TAR Campania, sez. I, 14 febbraio 2018, n. 1019).

Analoghe considerazioni devono esprimersi con riguardo agli ulteriori elementi rappresentati dalla partecipazione al -OMISSIS- e con riferimento all’ulteriore circostanza che il gemano del sig. -OMISSIS- sia pluripregiudicato e che gestisce insieme alla moglie del -OMISSIS- la -OMISSIS- s.r.l. espressione anch’essa della galassia societaria riferibile alla famiglia -OMISSIS-. Non si tratta infatti di mera parentela ma di intrecci di affari uniti a relazioni familiari che testimoniano una contiguità, non solo basata sui legami di sangue, che unitamente agli altri elementi rilevati dall’Amministrazione convenuta, tratteggia un quadro di contiguità ad ambienti criminali credibile e che resiste alle censure di parte ricorrente.

Trattasi infatti di circostanze che isolatamente potrebbero anche non essere significative della prognosi in ordine alla sussistenza di tentativi di infiltrazione, ma di elementi che devono, come detto essere valutati unitamente agli altri, al fine di compiere un giudizio complessivo che, nei limiti di un sindacato giurisdizionale che risulta nella materia de qua limitato ai vizi di irragionevolezza e illogicità della valutazione compiuta dalla Prefettura che, nella fattispecie, anche alla luce degli atti versati in causa non sono ravvisabili.

Né può assumere rilevanza la circostanza che il sig. -OMISSIS- non poteva conoscere lo spessore criminale delle persone in compagnia delle quali è stato controllato, sul presupposto che all’epoca dei controlli gli esponenti malavitosi in questione non erano stati ancora attinti da provvedimenti dell’Autorità giudiziaria o di Polizia.

E infatti tale censura si fonda sull’erroneo presupposto che l’informativa ovvero la stessa interdittiva antimafia abbiano funzione sanzionatoria, che deve, invece, ritenersi ad estranea al provvedimento in esame. L’informativa, come detto, si connota per una funzione di tipo cautelare e di contrasto alla criminalità, mirando ad eliminare i tentativi di infiltrazione mafiosa nell’economia, con la conseguenza che il profilo psicologico della colpevolezza da parte degli esponenti delle imprese sfuma, potendosi in teoria desumere la sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa in un’impresa anche a prescindere da un’indagine sul grado di consapevolezza e condivisione da parte degli esponenti dell’impresa interessata rispetto alle finalità criminali degli appartenenti ai sodalizi malavitosi che infiltrano l’operatore economico.

Infine diverse sono le fattispecie oggetto dei giudizi definiti con la sentenza -OMISSIS-, invocata da parte ricorrente, che, pur avendo riguardo a soggetti appartenenti al medesimo gruppo familiare, aveva ad oggetto un provvedimento antimafia fondato su elementi distinti e, comunque, non circostanziati con un grado di dettaglio e di attualità idonei a rivelare il pericolo di contaminazione mafiosa che, invece, appare adeguatamente suffragato dal provvedimento impugnato nell’odierno giudizio.

In definitiva il ricorso si appalesa infondato, ma la complessità delle questioni e la novità di alcune delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del presente giudizio.

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