TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2017-10-16, n. 201710354

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2Q, sentenza 2017-10-16, n. 201710354
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201710354
Data del deposito : 16 ottobre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/10/2017

N. 10354/2017 REG.PROV.COLL.

N. 07001/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7001 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Linkem S.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati F M, G P, con domicilio eletto presso lo studio F M in Roma, corso Vittorio Emanuele II, 18;

contro

Roma Capitale, rappresentata e difesa dall' avv. A C, con domicilio in Roma, via Tempio di Giove, 21;

per l'annullamento

delle note prot. 65378 del 12 aprile 2016 e 34707 del 29 aprile 2016 inerenti la segnalazione certificata di inizio attività per l'installazione di un impianto radioelettrico per comunicazioni elettroniche in via Casal de' Pazzi 76 e dell’art. 4 del Regolamento approvato dal Consiglio comunale con delibera n. 26 del 14 maggio 2015;

nonché della nota del 27 giugno 2016 prot. 119662 impugnata con i motivi aggiunti;

e per il risarcimento danni.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2017 la dott.ssa C A e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società Linkem il 21 marzo 2016 presentava una segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell’art. 87 bis del d.lgs. n. 259 del 2013 per la installazione di un proprio impianto di comunicazioni elettroniche su una infrastruttura di comunicazione già esistente di altro operatore. Dalla stessa segnalazione di inizio attività emergeva la vicinanza dell’impianto ad un sito sensibile (oratorio della parrocchia Sacro Cuore di Gesù a Ponte Mammolo nel limite di cento metri). Pertanto, con la nota del 12 aprile 2016 l’ufficio stazioni radio base del Dipartimento urbanistica di Roma Capitale invitava l’Unità tecnica del IV Municipio a verificare la circostanza della vicinanza della stazione radio base avvertendo altresì la Linkem della impossibilità di procedere alla installazione in caso di conferma di tale circostanza di fatto (posizione dell’antenna nei limiti di cento metri da un sito sensibile), in contrasto con quanto previsto dall’art. 4 del Regolamento per la localizzazione, installazione e modifica degli impianti di telefonia mobile approvato dal Consiglio comunale con delibera n. 26 del 14 maggio 2015. Con nota del 29 aprile 2016 la direzione tecnica del IV Municipio comunicava l’impossibilità della installazione avendo la stessa società richiedente dichiarato la vicinanza dal sito sensibile.

2. Con il ricorso introduttivo la Linkem s.p.a. ha impugnato tali note unitamente all’art. 4 del “Regolamento per la localizzazione, l’installazione e la modifica degli impianti di telefonia mobile, ai sensi dell’art. 8 comma 6 della legge n. 36 del 2001 e per la redazione del piano ex art. 105 comma 4 delle N.T.A. del P.R.G. vigente, nonché per l’adozione di un sistema di monitoraggio delle sorgenti di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico” approvato dal Consiglio comunale con delibera n. 26 del 14 maggio 2015 formulando le seguenti censure:

- violazione e falsa applicazione dell’art. 1 del Regolamento e dell’art. 105 comma 1 lettera b) delle N.T.A. del vigente P.R.G.;

- violazione e falsa applicazione dell’art. 8 comma 6 della legge n. 36 del 2001, in relazione al disposto degli articoli 3 e 4 della medesima legge;

- violazione e falsa applicazione dell’art. 8 comma 1 lettere a) e e) e comma 4 della legge n. 36 del 2001;
esplicazione del potere regolamentare in assenza della normativa regionale di principio della Regione Lazio;

- incompetenza;
eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto;
arbitrarietà;
sviamento;

- carenza di istruttoria e difetto di motivazione;

- violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge n. 36 del 2001;
incompetenza delle Regioni ed enti locali ad adottare misure radioprotezionistiche ulteriori rispetto a quelle fissate dal legislatore nazionale;
violazione e falsa applicazione degli articoli 4 e 87 del d.lgs. n. 259 del 2003;
incompetenza ;
eccesso di potere per sviamento;
carenza di istruttoria e arbitrarietà;
violazione dell’art. 4 comma 3 lettere e) e h) del d.lgs. n. 259 del 2003;
ingiustizia manifesta, discriminazione e violazione del principio di proporzionalità;

è stata formulata altresì domanda di risarcimento danni.

Successivamente con atto di motivi aggiunti la Linkem s.p.a. ha proposto analoghe censure avverso la nota del 27 giugno 2016 con cui l’Ufficio stazioni radio base di Roma capitale ha comunicato l’archiviazione delle istanze presentate dalla Linkem per la installazione dei propri impianti, in relazione al contrasto con la disciplina del Regolamento.

3. Si è costituita Roma Capitale eccependo la irricevibilità della impugnazione del Regolamento (avvenuta solo con la proposizione del ricorso introduttivo del presente giudizio, inviato alla notifica l’11 giugno 2016, ben oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione del Regolamento) e contestando la fondatezza delle censure proposte.

4. All’udienza del 27 giugno 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

5. Ritiene il Collegio di prescindere dall’esame della eccezione di irricevibilità della impugnazione proposta avverso il regolamento comunale nonché dall’esame della effettiva lesività delle note impugnate con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti, in relazione alla infondatezza dei gravami proposti con il ricorso e con i motivi aggiunti, rivolti sostanzialmente avverso la previsione dell’art. 4 del Regolamento approvato dal Consiglio comunale con delibera n. 26 del 14 maggio 2015, che vieta la installazione degli impianti “ad una distanza non inferiore a cento metri calcolati dal bordo del sistema radiante al perimetro esterno” (del sito sensibile).

5.1. Non appare, infatti, condivisibile la prima censura con cui la difesa ricorrente sostiene che tale previsione del Regolamento sarebbe dettata solo per gli impianti di telefonia mobile e quindi non si applicherebbe agli impianti della Linkem (che non sarebbero impianti di telefonia mobile, ma impianti per la fornitura di servizi di accesso ad internet ad abitazioni ed aziende).

La infondatezza della censura deriva sia dalla previsione testuale del regolamento che dal potere esercitato da Roma Capitale, potere espressamente attribuito dall’art. 8 della legge n. 36 del 2001 con riguardo alla tutela della salute umana dalla esposizione ai campi elettromagnetici.

Il Regolamento approvato con la delibera del 14 maggio 2015 espressamente riguarda “la localizzazione, l’installazione e la modifica degli impianti di telefonia mobile, ai sensi dell’art. 8 comma 6 della legge n. 36 del 2001 e per la redazione del piano ex art. 105 comma 4 delle N.T.A. del P.R.G. vigente, nonché per l’adozione di un sistema di monitoraggio delle sorgenti di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico”.

E’ evidente, dunque, che dall’insieme di tali riferimenti la disciplina del Regolamento non può che riguardare tutti gli impianti di comunicazione che costituiscono fonti di campo elettrico, magnetico, ed elettromagnetico.

Tale interpretazione è confermata dalla disciplina dell’art. 8 della legge n. 36 del 2001.

Come è noto, l’art. 8 comma 6 attribuisce ai Comuni il potere di adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici.

Il potere attribuito da tale norma riguarda, in base a quanto previsto dal medesimo art. 8, comma 1, lettera a), gli impianti per telefonia mobile, gli impianti radioelettrici e gli impianti per radiodiffusione. Tenuto conto che, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera h), della legge n. 36 del 2001, “stazioni e sistemi o gli impianti radioelettrici sono uno o più trasmettitori, nonché ricevitori, o un insieme di trasmettitori e ricevitori, ivi comprese le apparecchiature accessorie, necessari in una data postazione ad assicurare un servizio di radiodiffusione, radiocomunicazione o radioastronomia”, è evidente che le disposizioni del Regolamento comunale sono state dettate per tutti tali impianti.

Anche l’art. 105 delle N.T.A. del P.R.G., si riferisce ad “impianti per telefonia mobile, impianti radioelettrici e impianti per radiodiffusione”, prevedendo il Piano per la localizzazione e richiamando, a sua volta, l’art. 8 comma 6 della legge n. 36 del 2001.

Inoltre, il richiamo - contenuto nelle premesse del Regolamento - al d.lg.s n. 259 del 2003, codice delle comunicazioni elettroniche, in base alla cui disciplina (in particolare ai sensi dell’art. 87 bis) sono state presentate le istanze dalla società ricorrente, conferma ulteriormente l’applicazione del Regolamento anche a tali impianti.

5.2. Quanto alle censure proposte avverso l’art. 4 del Regolamento si deve evidenziare che la Linkem non contesta in fatto la distanza dal sito sensibile, ma che anzi tale circostanza è stata espressamente indicata dalla società stessa nella segnalazione certificata di inizio attività. La società ricorrente, infatti, ha contestato il potere del Comune di provvedere alla individuazione dei cd. siti sensibili a tutela della esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici. Sostiene, infatti, la difesa ricorrente, che gli unici parametri che devono essere rispettati dagli operatori sarebbero costituiti da quelli indicati dal D.P.C.M. 8 luglio 2003;
allega altresì documentazione relativa alla esposizione ai campi elettromagnetici rilevata nei pressi del parco giochi inferiore ai limiti fissati dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, sia per i limiti di esposizione che per i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità.

Ritiene il Collegio la infondatezza di tali profili di gravame.

L’art. 4 del “Regolamento per la localizzazione, l’installazione e la modifica degli impianti di telefonia mobile, ai sensi dell’art. 8 comma 6 della legge n. 36 del 2001 e per la redazione del piano ex art. 105 comma 4 delle N.T.A. del P.R.G. vigente, nonché per l’adozione di un sistema di monitoraggio delle sorgenti di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico” approvato dall’Assemblea Capitolina con delibera n. 26 del 14 maggio 2015 vieta l’installazione di impianti “su siti sensibili quali ospedali, case di cura e di riposo, scuole ed asili nido, oratori, orfanotrofi, parchi gioco, comprese le relative pertinenze ad una distanza non inferiore a 100 metri, calcolati dal bordo del sistema radiante al perimetro esterno”.

L’art. 8 comma 6 della legge n. 36 del 2001 attribuisce ai Comuni un potere regolamentare “per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici”.

La giurisprudenza ha ritenuto che le finalità previste dalla norma comportino che il potere regolamentare del Comune possa esplicarsi nella individuazione di alcune aree in cui limitare la installazione degli impianti a tutela di valori particolarmente rilevanti. In particolare, tale potere è considerato espressione dell'autonoma e fondamentale competenza che i Comuni hanno nella disciplina dell'uso del territorio e può tradursi nell'introduzione sia di regole poste a tutela di zone e beni di particolare pregio paesaggistico, o ambientale, o storico artistico, sia nell'individuazione di siti che, per destinazione d'uso e qualità degli utenti, possano essere considerati "sensibili" alle immissioni radioelettriche, e quindi inidonei alle installazioni degli impianti per la minimizzazione dell'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici (Consiglio di Stato Sez. III, 19 marzo 2014, n. 1361;
14 febbraio 2014 n. 723).

In base all’orientamento giurisprudenziale più recente del Consiglio di Stato, il regolamento comunale previsto dall' art. 8, comma 6, della L. n. 36 del 2001, nel disciplinare il corretto insediamento nel territorio degli impianti, può contenere regole per la protezione dall'esposizione ai campi elettromagnetici di zone sensibili ponendo anche divieti generalizzati alla localizzazione degli impianti nelle adiacenze di siti sensibili come scuole ed ospedali o parchi e aree per il gioco e per lo sport, purchè non impediscano la copertura di rete del territorio nazionale (Consiglio di Stato, n. 3085 del 18 giugno 2015;
n. 4188 dell’8 settembre 2015, cfr. , altresì, n. 2073 del 5 maggio 2017, per cui la pianificazione comunale di settore può interdire agli impianti anche ampie aree, purché ciò sia riconducibile ad uno degli interessi previsti dalla norma, e purché ciò, non determini difficoltà di funzionamento al servizio – circostanze che devono essere verificate in concreto attraverso il confronto con gli operatori).

Applicando tali orientamenti giurisprudenziali, si deve dunque ritenere legittima la disposizione dell’art. 4 Regolamento di Roma Capitale sia nella individuazione dei siti particolarmente sensibili in relazione all’età e allo stato di salute di chi li frequenta (asili nido, scuole, oratori, aree giochi, ospedali, case di cura e case di riposo – peraltro secondo le indicazioni già provenienti dalla giurisprudenza) sia nella misura della distanza da tali siti.

Ritiene il Collegio di dovere, a tale proposito, anche richiamare quanto già affermato dal Consiglio di Stato, con riferimento a Roma Capitale, in relazione alla disciplina del Protocollo di Intesa sottoscritto dal Comune di Roma e dai gestori degli impianti nel 2004, espressamente ricondotto dal Consiglio di Stato ad un atto di esercizio del potere regolamentare di cui all’art. 8 comma 6 della legge n. 36 del 2001, anche se approvato dai gestori. Il Protocollo, infatti, conteneva una analoga disposizione sul divieto di installazione nei limiti di cento metri dai siti sensibili, previsione ritenuta ragionevole e non comportante un assoluto impedimento alla realizzazione degli impianti e alla necessaria copertura di rete (Consiglio di Stato sentenza n. 306 del 23 gennaio 2015).

Non vi sono nel caso di specie elementi per discostarsi da tali orientamenti giurisprudenziali, i cui principi conducono alla infondatezza anche delle ulteriori censure dedotte con riferimento al potere Comunale di individuazione dei siti sensibili.

La società ricorrente non lamenta poi la impossibilità di copertura della rete o di ricorrere a siti alternativi per la copertura dell’area in questione;
infatti fa solo riferimento alla circostanza di fatto meramente dedotta nei gravami che le aree vietate raggiungerebbero il 46% del territorio di Roma Capitale, con ciò, peraltro, evidentemente restando libero il residuo 54 %.

5.3. Con ulteriore censura, la Linkem lamenta la discriminazione e la lesione della concorrenza, in quanto il divieto di installazione non opererebbe per i gestori che operano con impianti già posti nei siti sensibili, a cui non sia applicherebbe il divieto.

Tale censura è infondata. In primo luogo anche gli altri operatori sono tenuti a rispettare i divieti per gli ulteriori impianti che richiedano di installare o di adeguare. Inoltre, ai sensi del secondo comma dell’art. 4 del Regolamento comunale, “gli impianti esistenti installati sugli immobili di cui al comma precedente sono oggetto di delocalizzazione, in conformità alle finalità previste dal presente Regolamento, previa individuazione, autorizzazione e attivazione contestuale di altro sito compatibile al fine di una efficiente erogazione del servizio”, con disposizione che si deve ritenere conforme a quanto affermato dal Consiglio di Stato, per cui la rilocalizzazione degli impianti deriva dalla tutela di interessi costituzionalmente rilevanti, pur con un punto di equilibrio con la salvaguardia della iniziativa economica privata (di recente, cfr. Consiglio di Stato n. 2073 del 2017).

Infine, il principio di non discriminazione, per costante giurisprudenza anche della Corte Costituzionale si applica a situazioni uguali, non a situazioni differenti, come sono, all’evidenza, quelle tra impianti esistenti già autorizzati e installati e impianti che devono essere ancora oggetto di autorizzazione.

6. Il ricorso e i motivi aggiunti sono quindi infondati e devono essere respinti.

La infondatezza dei gravami comporta il rigetto della domanda di risarcimento danni.

7. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nella somma di euro 2.000,00 (duemila,00), oltre accessori di legge.

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