TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-09-25, n. 202416612

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 1Q, sentenza 2024-09-25, n. 202416612
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202416612
Data del deposito : 25 settembre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/09/2024

N. 16612/2024 REG.PROV.COLL.

N. 16064/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 16064 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato F L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo :

- dell’esclusione dalla procedura speciale di reclutamento a domanda per la copertura di posti nella qualifica di Vigile del fuoco nel Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, riservata al personale volontario di cui al decreto del Capo Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, n. 238 del 14 novembre 2018, comunicata dall’amministrazione tramite pec del 12 ottobre 2023, ribadita con la nota del 21 novembre 2023 prot. n. 18284, nonché sulla posizione personale della ricorrente sul sito www.vigilfuoco.it, alla sezione concorsi, considerandola assente non giustificata alla prova di capacità operativa fissata per il 12 ottobre 2023, ai sensi dell’art. 13 comma 4, d.l. 13 giugno 2023, n. 69, convertito nella l. 10 agosto 2023, n. 103, che ha disposto “ l’assenza ingiustificata o la mancata partecipazione per due volte, anche se giustificata, all’accertamento dell’idoneità o dei requisiti di idoneità psico-fisica e attitudinale, determinano l’esclusione del candidato dalla graduatoria ”,

per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati il 19 febbraio 2024 :

- del decreto del Capo Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, n.18 del 16 gennaio 2024, con il quale è stata disposta l''esclusione, tra gli altri, della ricorrente dalla graduatoria finale, approvata con il decreto dipartimentale 11 giugno 2019 n. 310, relativa alla procedura selettiva per il reclutamento, per la copertura di posti, nella qualifica di vigile del fuoco, di cui al decreto dipartimentale del 14 novembre 2018 n. 238.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 giugno 2024 il dott. Agatino Giuseppe Lanzafame e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO



1. La ricorrente è un vigile del fuoco volontario, che ha preso parte alla procedura speciale di reclutamento a domanda indetta con decreto dipartimentale n. 238 del 14 novembre 2018, volta a promuovere la “stabilizzazione” del personale iscritto negli elenchi di cui all’art. 6 del d.lgs. 8 marzo 2006, n. 139, previa formazione di una graduatoria, in cui i candidati sono inseriti con il punteggio derivante dal numero dei giorni di servizio e dall’anzianità di iscrizione nei citati elenchi (art. 6), e successivo superamento delle prove di capacità operativa (art. 8), delle visite per l’accertamento dei requisiti psico-fisici e attitudinali (art. 9) e del corso di formazione (art. 10).

Le prove di capacità operativa si svolgono in periodiche sessioni, alle quali i quasi 9.000 candidati vengono convocati «secondo l’ordine della graduatoria finale» .

L’art. 8 del decreto n. 238/2018 prevede che «al fine di completare le procedure selettive entro i termini previsti per le assunzioni per ciascuna delle annualità, di cui all’articolo 1, comma 295, della legge n. 205 del 2017, qualora nel giorno fissato per l’accertamento dell’idoneità il candidato risulti assente giustificato, si procederà, per l’annualità in corso, allo scorrimento della graduatoria, fermo restando il diritto del medesimo alla riconvocazione alle procedure di reclutamento per le successive annualità» , così disciplinando il caso di momentanea e giustificata impossibilità del candidato a presenziare alla prova nella data a lui riservata mediante la concessione del suo differimento ad altra data.

L’art. 13, comma 4, d.l. 13 giugno 2023, n. 69, poi convertito dalla legge 10 agosto 2023, n. 103, ha, tuttavia, introdotto alcuni espressi limiti alle “riconvocazioni”, stabilendo che «in relazione alle assunzioni effettuate attingendo alla graduatoria formata ai sensi dell'articolo 1, comma 295, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, l'assenza ingiustificata o la mancata partecipazione per due volte, anche se giustificata, all'accertamento dell'idoneità o dei requisiti di idoneità psico-fisica e attitudinale, determinano l'esclusione del candidato dalla graduatoria» .

La ricorrente, convocata una prima volta per lo svolgimento delle prove in data 15 giugno 2023, ha presentato in data 14 giugno 2023 un certificato medico, datato 12 giugno 2023, per « postumi di trauma distorsivo al ginocchio destro » e ha quindi ottenuto un rinvio della prova alla data del 12 ottobre 2023.

In data 10 ottobre 2023, la ricorrente ha quindi chiesto un nuovo differimento della prova allegando un certificato di malattia per «postumi da I.C. di ricostruzione LCA» , nel quale era espressamente indicato che la stessa avrebbe dovuto osservare un programma riabilitativo specifico e avrebbe potuto riprendere l’attività sportiva solamente dopo 60 giorni, previo nuovo controllo.

Con p.e.c. in data 12 ottobre 2023, l’amministrazione ha rigettato l’istanza, in applicazione del richiamato art. 13, comma 4, d.l. n. 69/2023, integrando l’assenza alle prove del 12 ottobre 2023 «la mancata partecipazione per due volte, anche se giustificata, all’accertamento dell’idoneità» alla quale la norma ricollega l’esclusione del candidato.



2. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, la sig. -OMISSIS- ha impugnato la sua esclusione dalla procedura, lamentando:

- per un verso che, il provvedimento era viziato per « violazione di legge ex art. 13 comma 4 del decreto legge 13 giugno 2023, n. 69, convertito nella legge 10 agosto 2023, n. 103 », in quanto l’amministrazione non aveva considerato che « il primo certificato medico, datato 12 giugno 2023, è antecedente all’entrata in vigore del predetto decreto legge »;

- per altro verso che in ogni caso l’art. 13, comma 4, d.lgs. n. 69/2023, così come interpretato e applicato dall’amministrazione, si poneva in contrasto con gli artt. 3, 32 e 97 Cost.



3. L’amministrazione resistente si è costituita in giudizio difendendo la legittimità dell’esclusione, in quanto disposta in conformità a una chiara disposizione di legge, «adottata per l’attuazione di obblighi derivanti da atti dell’Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano» , che non lascerebbe all’amministrazione alcun potere di apprezzamento delle condizioni soggettive del candidato.



4. Con ordinanza Tar Lazio, I- quater , -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, questo Tribunale ha rigettato la domanda cautelare avanzata con il ricorso introduttivo, osservando che « la decisione del giudizio appare involgere la valutazione di possibili profili di illegittimità costituzionale dell’art. 13, comma 4, d.l. n. 69/2023, convertito in l. n. 103/2023 … la cui consistenza richiede di essere vagliata nell’appropriata sede di merito all’esito di un effettivo contraddittorio tra le parti, tenuto conto dell’insieme degli interessi coinvolti» e che in ogni caso « la ricorrente ha versato in atti una certificazione medica del 10 ottobre 2023 nella quale è evidenziato che la stessa potrà riprendere l’attività sportiva tra 60 giorni previo nuovo controllo ma non ha dimostrato di aver svolto detta visita di controllo e di essere oggi nelle condizioni di salute necessarie per lo svolgimento delle prove ».



5. Con motivi aggiunti depositati in data 19 febbraio 2024, parte ricorrente ha impugnato il decreto del 16 gennaio 2024 con cui l’amministrazione ha formalizzato l’esclusione della ricorrente dalla graduatoria della procedura – articolando avverso lo stesso le medesime doglianze svolte nell’atto introduttivo del giudizio – e ha chiesto nuovamente l’adozione di misure cautelari, producendo certificazione medica idonea a comprovare la sua idoneità fisica allo svolgimento delle prove.



6. Con ordinanza Tar Lazio, I- quater , -OMISSIS-, n. -OMISSIS-, questo Tribunale ha ritenuto che le esigenze cautelari evidenziate da parte ricorrente potessero essere « adeguatamente soddisfatte attraverso una sollecita fissazione dell’udienza di merito ai sensi dell’art. 55, comma 10, c.p.a. per la data del 18 giugno 2024 (data in cui è già prevista la trattazione di ricorsi analoghi) ».



7. All’udienza pubblica del 18 giugno 2024, la causa è stata trattenuta in decisione.



8. Il ricorso è infondato e deve essere rigettato per le ragioni di seguito illustrate.

9. È in primo luogo infondata la censura con cui parte ricorrente ha lamentato che la p.a. non avrebbe potuto applicare nei suoi confronti la disposizione di cui all’art. 13, comma 4, d.l. n. 69/2023.

A tal riguardo il Collegio osserva:

- che l’art. 27, d.l. n. 69/2023 dispone che « il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana »;

- che il d.l. n. 69/2023 è stato pubblicato nella GU Serie Generale n.136 del 13 giugno 2023 e che le sue disposizioni sono quindi entrate in vigore in data 14 giugno 2023;

- che la prima prova alla cui la ricorrente non ha partecipato per giustificato motivo era fissata in data 15 giugno 2023 (ovvero dopo l’entrata in vigore d.l. n. 69/2023), e che la sua richiesta di rinvio della predetta prova per motivi di salute – con allegata la certificazione medica – è stata formulata in data 14 giugno 2023 (ovvero sempre dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 69/2023);

- che, pertanto, a ritenere che l’art. 13, comma 4, d.l. n. 69/2023 possa applicarsi al solo caso di due assenze per giustificato motivo entrambe successive all’entrata in vigore del d.l. n. 69/2023 (come invero questo Collegio ritiene, cfr. infra sub 12.3, ultimo capoverso), l’amministrazione, nel caso di specie, ha correttamente fatto applicazione della disposizione ora richiamata tenuto conto che tanto la data di primo rinvio (15 giugno), quanto la data in cui è stata avanzata la richiesta del rinvio medesimo (14 giugno) sono successive all’entrata in vigore della disposizione applicata dalla p.a.

Conclusivamente, poiché parte ricorrente risulta essere stata beneficiaria di un primo rinvio dopo l’entrata in vigore del d.l. n. 69/2023 non vi sono dubbi che la sua posizione ricada integralmente nell’ambito di applicazione della disposizione di cui all’art. 13, comma 4, del predetto decreto (essendo la sua assenza alla nuova convocazione del 12 ottobre 2023, la seconda assenza giustificata dopo l’entrata in vigore del decreto).

Né a una soluzione diversa può addivenirsi valorizzando la circostanza che il certificato medico inviato in data 14 giugno 2023 riporti la data 12 giugno 2023: in disparte ogni altra considerazione, infatti, deve notarsi che tale certificato è stato redatto da un medico nell'espletamento dell'attività libero professionale e che non sono stati prodotti in giudizio elementi idonei a comprovare che lo stesso sia stato effettivamente rilasciato nella data ivi indicata.

10. Chiarito quanto sopra, il Collegio ritiene poi che – così come già evidenziato con sentenza Tar Lazio, I- quater , 25 luglio 2024, n. 15223 (adottata in relazione a vicenda trattata e decisa nella medesima camera di consiglio di quella oggetto del presente giudizio) – la questione di legittimità costituzionale prospettata da parte ricorrente sia manifestamente infondata.

11. A tal riguardo, va innanzitutto evidenziato che la previsione dell’art. 13, comma.4, d.l n. 69/2023 ha natura di “legge-provvedimento”.

La disposizione riporta, infatti, all’interno di un involucro formalmente legislativo, prescrizioni particolari, tipiche del provvedimento amministrativo, in quanto destinate ad incidere sulla partecipazione alla procedura selettiva della platea di candidati inseriti nella graduatoria « formata ai sensi dell'articolo 1, comma 295, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 », coincidente con quella approvata con decreto dipartimentale 11 giugno 2019, n. 310, presentando, così, i caratteri che a tale categoria vengono tradizionalmente ascritti dalla giurisprudenza, secondo la quale «le leggi provvedimento … sono quelle che contengono disposizioni dirette a destinatari determinati (Corte cost., n. 154 del 2013, n. 137 del 2009 e n. 2 del 1997), ovvero incidono su un numero determinato e limitato di destinatari (Corte cost., n. 94 del 2009);
che hanno contenuto particolare e concreto (Corte cost., n. 20 del 2012, n. 270 del 2010, n. 137 del 2009, n. 241 del 2008, n. 267 del 2007 e n. 2 del 1997) e che comportano l'attrazione alla sfera legislativa della disciplina di oggetti o materie normalmente affidati all'autorità amministrativa (Corte cost., n. 94 del 2009 e n. 241 del 2008)»
(cfr. Consiglio di Stato, VII, 1 marzo 2023, n. 2164).

Questo giudice è, pertanto, chiamato a verificare se la scelta, effettuata direttamente dal legislatore, di comminare l’esclusione della procedura, sulla base di criteri legati al numero delle assenze giustificate alle prove di capacità operativa e agli accertamenti psico-fisici – privando, quindi, il candidato, già beneficiario di un precedente rinvio e impossibilitato, per ragioni oggettive, a presentarsi alla prova anche la seconda volta, di ulteriori chance di superare il concorso – risponda al principio di ragionevolezza, avuto riguardo alla meritevolezza della finalità perseguita, intesa nel senso di «causa ultima della norma, quale componente razionalmente coordinata nel più vasto insieme dell’ordinamento» (Corte Costituzionale, 27 luglio 2020, n. 168), e ai diversi valori costituzionali in gioco, tenendo a mente che non sono predicabili «pretese di assolutezza per nessuno di essi» (Corte Costituzionale, 9 maggio 2013, n. 85);
ciò – appunto – al fine di stabilire se il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 4, d.l. n. 69/2023, per violazione degli artt. 3, 32 e 97 della Costituzione sia o meno manifestamente infondato, ai sensi dell’art. 23, l. 11 marzo 1953, n. 87, ovvero se «l'opzione normativa… si appalesi, in concreto, come espressione di un uso distorto della discrezionalità che raggiunga una soglia di evidenza tale da atteggiarsi alla stregua di una figura per così dire sintomatica di "eccesso di potere" e, dunque, di sviamento rispetto alle attribuzioni che l'ordinamento assegna alla funzione legislativa» (Corte Costituzionale, 12 luglio 1995, n. 313), potendosi considerare, invece, senz’altro integrato il requisito della rilevanza laddove, come nel caso di specie, il giudizio penda avverso un atto amministrativo vincolato il cui contenuto è integralmente predeterminato dalla disposizione in ipotesi contraria alla Costituzione (cfr. Tar Lazio, I- quater , ord. 26 maggio 2020, n. 5547).

12. Tanto premesso, il Collegio ritiene che non sussistano i presupposti per l’incidente di costituzionalità, in quanto la disposizione di cui all’art. 13, comma 4, d.l. n. 69/2023 appare idonea a realizzare un equo bilanciamento degli interessi, pubblici e privati, coinvolti nella procedura in questione, ricorrendo a una formula “di compromesso” che, per un verso, codifica una regola già estrapolabile dai principi in materia di concorsi pubblici e, per altro verso, è del tutto ragionevole e proporzionata (se non addirittura necessitata), avuto riguardo alla necessità di concludere tempestivamente la procedura di stabilizzazione oggetto del presente giudizio, nella prospettiva di addivenire rapidamente alla chiusura della procedura di infrazione INFR(2014)4231.

12.1.A tal riguardo, il Collegio evidenzia innanzitutto che l’eccezionalità del rinvio di una prova già calendarizzata costituisce, a ben vedere, la soluzione che meglio coniuga l’interesse pubblico ad un rapido e ordinato svolgimento della selezione e quello individuale al riconoscimento di impedimenti oggettivi al proficuo svolgimento della prova, in quanto coincidente con il limite oltre il quale la contrazione dei principi di imparzialità e buon andamento, che governano tutto il procedimento di reclutamento, ai sensi dell’art. 1, comma 3, d.P.R. n. 487/1994, finirebbe con l’intaccarne il nucleo essenziale. La molteplicità e la complessità degli interessi coinvolti, analoghe a quelle riscontrabili nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, per le quali già da tempo è stata codificata la necessità di un «corretto e razionale svolgimento delle procedure» (così già gli artt. 10, comma 3, lett. c), d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e 31, comma 4, lett. c), d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50), ostano, pertanto, al continuo adeguamento della procedura alle esigenze, seppur legittime, dei candidati.

12.1.1. Il principio di imparzialità impone, infatti, una rigorosa predeterminazione non solo dei criteri di valutazione delle prove, ex art. 12 del d.P.R. n. 487/1994, ma anche di quelli per la convocazione dei candidati: il corrispondente autolimite, inserito nel bando, ha il fine di privare l’amministrazione, una volta nota l’identità dei partecipanti, del potere di decidere il giorno in cui ciascuno di essi dovrà sostenere la prova, avvantaggiando taluno con tempi più lunghi, utili per consolidare la propria preparazione, teorica o, nel caso delle prove fisiche, atletica.

A proposito del termine di preavviso di cui all’art. 6, comma 3, del d.P.R. n. 487/1994 (nel testo antecedente la riforma introdotta con d.P.R. 16 giugno 2023, n. 82), questo Tribunale ha avuto modo di affermare che «nell’ottica del rispetto della par condicio fra gli aspiranti… sotto il profilo del tempo a disposizione per la preparazione, il termine minimo di preavviso, ragionevolmente, prima ancora che giuridicamente, deve operare con riferimento alla prima (e tendenzialmente unica) convocazione, di norma fissata per tutti i candidati secondo criteri predeterminati che assicurano imparzialità e, dunque, parità di chance, nelle tempistiche di esame (per esempio, tramite sorteggio)» (Tar Lazio, II- ter , 8 luglio 2022, n. 9388).

Nel concorso de quo , il criterio, oggettivo e non discriminatorio, scelto dall’amministrazione per individuare la data nella quale sottoporre i partecipanti alle prove di capacità operativa è indicato nell’ incipit dell’art. 8, secondo il quale «secondo l’ordine della graduatoria finale di cui al precedente articolo 7, i candidati sono, per ciascuna delle annualità previste dall’art. 1, comma 287, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, convocati per l’accertamento dell’idoneità da parte della Commissione esaminatrice» , sicché è la posizione nella graduatoria, formata con l’attribuzione dei punteggi di cui all’art. 6, a definire la precedenza nella convocazione alle prove.

È evidente che qualsiasi rinvio determina un’alterazione dell’ordine prestabilito e una deroga al criterio, con conseguente arretramento del principio di imparzialità a favore delle esigenze del beneficiario, ancorché l’impossibilità di partecipare alla prova dipenda da un evento fortuito.

Secondo il Consiglio di Stato, «costituisce, infatti, principio d’ordine generale, immanente nel sistema … quello secondo cui gli impedimenti soggettivi dei concorrenti, anche causati da caso fortuito o forza maggiore, sono irrilevanti ai fini della procedura e, quindi, non giustificano l’assenza del candidato con conseguente sua esclusione dalla selezione» (Consiglio di Stato, VII, 13 dicembre 2022, n. 10914). Se «detto principio riposa, a sua volta, sul principio di contestualità delle prove che informa le procedure concorsuali e selettive, il quale costituisce un corollario della par condicio tra candidati, secondo cui, per questi ultimi, devono valere le medesime condizioni di espletamento e valutazione delle prove» , ciò non vuol dire che, nelle procedure in cui non è previsto lo svolgimento contestuale delle prove per tutti i candidati, l’evento fortuito possa giustificare un numero indefinito di rinvii.

È, infatti, coerente con le dinamiche concorsuali che il candidato, al quale sia già stato eccezionalmente accordato un differimento, sopporti le conseguenze degli ulteriori impedimenti che non gli consentano di partecipare neanche alla prova “di recupero”, in quanto, per effetto di ogni rinvio, lo stesso ottiene, comunque, un tempo supplementare per preparare la prova e, quindi, ogni volta, un’utilità aggiuntiva rispetto agli altri partecipanti, con grave vulnus ai principi di imparzialità e par condicio , anche se per fatti indipendenti dalla sua volontà, tenuto conto degli effetti distorsivi che una continua allocazione del rischio dell’evento fortuito sulla procedura provoca, comunque, sulla tutela degli altri interessi.

La modifica del calendario di svolgimento delle prove per le esigenze di un candidato può, pertanto, essere tollerata nella misura in cui resti un fatto isolato, coerentemente con la giurisprudenza che ammette, in casi di strettissima interpretazione, il rinvio della prova orale di un concorso, allorché insorga una «patologia che [ne] impedisca temporaneamente…lo svolgimento… sempreché l’interessato faccia tempestivamente constare alla Commissione esaminatrice l’impedimento mediante la produzione di idonea certificazione medica e sempreché i tempi di guarigione siano conciliabili con una conclusione delle varie operazioni che non comprometta il regolare andamento della selezione e non vanifichi le finalità sottese alla stessa» (Tar Bologna, I, 1 agosto 2013, n. 568), e non sussista « una ragionevole giustificazione dell’amministrazione a sua volta ancorata ad un interesse prevalente rispetto a quello addotto dall’interessato, quale quello di consentire il rispetto di precise scadenze temporali e una rapida conclusione della procedura» (Tar Napoli, V, 30 gennaio 2023, n. 683).

Anche questo Tribunale, di recente, ha considerato illegittimo il rifiuto espresso dall’amministrazione al differimento della prova orale di un concorso nei confronti di una candidata che aveva chiesto un breve rinvio per riprendersi dai postumi di una gravidanza difficile, ritenendo che «l’amministrazione avrebbe potuto (e dovuto) accordare il (breve) rinvio richiesto, data anche la disponibilità di ulteriori giornate dedicate alle prove orali, a dimostrazione dell’agevole conciliabilità dell’istanza della ricorrente con gli aspetti organizzativi del concorso, che non sarebbero stati per nulla compromessi dal suo accoglimento» (Tar Lazio, I- quater , 22 marzo 2024, n. 5765).

In tutti i casi richiamati, tuttavia, il giudice amministrativo, lungi dall’avallare un perpetuo “diritto al rinvio”, ha accolto le doglianze del ricorrente avverso il diniego su un’unica istanza di rinvio (valorizzando, peraltro, l’assenza di ragioni ostative alla concessione del richiesto rinvio) senza mai riconoscere una incondizionata posizione di “soggezione” dell’amministrazione dinanzi a qualsiasi richiesta del candidato di conseguire lo spostamento della data della prova, solo perché “giustificata”, in quanto la valutazione dei motivi dell’assenza integra, comunque, un’apertura all’interesse individuale del candidato che comprime il principio di parità di trattamento, garantito anche, come si è più volte ricordato, dal rispetto dei criteri di scansione temporale delle prove stabiliti dal bando di concorso.

Questo Collegio ritiene, in conclusione, che, nelle procedure in cui il bando prevede un ordine di chiamata dei candidati alle prove, il bilanciamento tra la tutela dei diritti della persona, il cui esercizio si opponga allo svolgimento della prova di un concorso, e il principio di imparzialità esiga il riconoscimento dell’eccezionalità del rinvio.

12.1.2. Si è già accennato, poi, al fatto che il reiterato differimento delle prove di un concorso confligge anche con il principio di buon andamento dell’attività amministrativa, nella particolare declinazione costituita dal principio di tempestività, che l’ordinamento considera connaturato alle procedure concorsuali.

L’art. 35, comma 3, lett. a), d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, prevede che «le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano a … modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento» , elevando espressamente la “celerità” a criterio informatore della selezione.

L’art. 11, comma 4, d.P.R. n. 487/1994, come novellato dal d.P.R. n. 82/2023, stabilisce un termine, seppure tendenziale, di 180 giorni dalle prove scritte per la conclusione delle procedure concorsuali, imponendo alla commissione di “giustificare” l’eventuale ritardo al Dipartimento della funzione pubblica o all’amministrazione procedente, analogamente a quanto faceva il comma 5 nella versione antecedente alla citata riforma, così confermando l’importanza di un contingentamento dei tempi della procedura, che l’art. 29, comma 2- bis , l. 7 agosto 1990, n. 241, considera attinente «ai livelli essenziali delle prestazioni di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione» e che la giurisprudenza amministrativa ritiene consustanziale ai «concorsi di massa» , in cui gli istituti partecipativi devono recedere al fine di garantire la «massima accelerazione possibile nelle procedure» (cfr. Consigli di Stato, V, 2 gennaio 2024, n. 28, a proposito del “soccorso istruttorio”).

Il tempo è, infatti, un «bene della vita per il cittadino» ( ex multis , Consiglio di Stato, IV, 17 febbraio 2023, n. 1665), ma anche una risorsa scarsa per la stessa pubblica amministrazione: ogni istanza del privato comporta l’attivazione di un’istruttoria e di un processo decisionale (nonché, laddove l’esito sia favorevole per il destinatario, anche la pianificazione di un’attività esecutiva), che distrae gli uffici dalla trattazione di altri affari e procedimenti, rallentandone l’avanzamento, sicché l’incessante inoltro di richieste da parte di uno stesso soggetto, sbilanciando l’impegno degli apparati amministrativi nei suoi confronti, finisce inevitabilmente con il pregiudicare il pari diritto di ogni altra persona «a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole» (art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea).

Sotto tale punto di vista, l’art. 13, comma 4, d.l. n. 69/2023, limitando il numero di richieste che ciascun candidato può avanzare per ottenere il differimento della prova, persegue la finalità di evitare che gli uffici preposti alle procedure di reclutamento restino “immobilizzati” a causa della necessità di valutare e rivalutare la posizione di singoli soggetti, con effetti esiziali sui criteri di efficacia, efficienza ed economicità, nonché, a ben vedere, sul principio di imparzialità dell’azione amministrativa, in ragione dell’innesto, all’interno del procedimento principale, di tanti sub-procedimenti quante sono le istanze di rinvio, che dilatano la durata complessiva del primo, a discapito dell’interesse pubblico e di quello degli altri candidati in attesa di convocazione.

12.2. Tanto premesso sulla ragionevolezza “intrinseca” della soluzione fissata nella novella legislativa, è poi appena il caso di evidenziare che la legittimità della norma contenuta nell’art. 13, comma 4, d.l. n. 69/2023 trova – anche e soprattutto – conforto nel dovere dello Stato di adempiere agli obblighi derivanti dalla sua appartenenza all’Unione Europea e, quindi, nell’art. 11 della Costituzione.

La disposizione in parola assolve, infatti, una funzione evidentemente acceleratoria rispetto ad un obiettivo, quello di stabilizzazione del personale volontario dei vigili del fuoco, che si pone come un tassello fondamentale per la chiusura della procedura di infrazione INFR(2014)4231 avviata dalla Commissione europea nei confronti dell’Italia per stigmatizzare l'abuso di contratti a tempo determinato nel settore pubblico, in violazione della Direttiva 1999/70/CE del Consiglio del 28 giugno 1999 (vds., da ultimo, il parere motivato ex art. 258 T.F.U.E. del 19 aprile 2023).

Il d.l. n. 69/2023, come eloquentemente indica il titolo del provvedimento, è, infatti, diretto a introdurre «disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi derivanti da atti dell'Unione europea e da procedure di infrazione e pre-infrazione pendenti nei confronti dello Stato italiano» , al fine, come si legge nel preambolo, «di prevenire l'apertura di nuove procedure di infrazione o l'aggravamento di quelle esistenti, ai sensi degli articoli 258 e 260 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), attraverso l'immediato adeguamento dell'ordinamento nazionale agli atti normativi dell'Unione europea e alle sentenze della Corte di giustizia dell'Unione europea» , secondo il meccanismo delineato dall’art. 37, l. 24 dicembre 2012, n. 234.

Nel dossier della XIX legislatura, predisposto dal Servizio studi della Camera dei deputati e del Senato ai fini della conversione in legge del d.l. n. 69/2023, poi avvenuta con la l. n. 103/ 2023, in cui è citata la “Relazione illustrativa”, si legge che la disposizione di cui all’art. 13, comma 4, del decreto legge si è resa necessaria per contrastare «il fenomeno di reiterata presentazione di certificati medici da parte delle stesse persone chiamate ad effettuare i predetti accertamenti, che costituiscono condizione necessaria per l’assunzione» , che, «oltre ad appesantire le procedure assunzionali generando una permanenza senza fine nella graduatoria, costituisce un evidente segnale di mancanza dei requisiti necessari all’assunzione o di non interesse alla stessa» .

L’innegabile “appesantimento” della procedura costituisce, quindi, l’ humus giustificativo dell’intervento legislativo, destinato a porre un argine alla – potenzialmente infinita – valorizzazione delle condizioni soggettive del candidato, che stride con la logica stessa del concorso pubblico e, nel caso di specie, con l’impellente esigenza, imposta dalle istituzioni unionali, di superare la condizione di precariato in cui si trovano i vigili del fuoco volontari, tramite la loro stabile assunzione nei ruoli del Corpo nazionale dei vigili del fuoco ovvero la loro definitiva esclusione per inidoneità al servizio.

Va ricordato, infatti, che, nella graduatoria finale del concorso in questione, approvata con decreto dipartimentale n. 310/2019, come successivamente e più volte rettificata, risultano iscritti circa 9.000 candidati: se l’amministrazione dovesse tenere incondizionatamente conto degli impedimenti di ciascuno per rinviare, per un numero indefinito di volte, la data di svolgimento delle prove o degli accertamenti psico-fisici, il termine di conclusione del procedimento si sposterebbe ogni volta in avanti, senza poter mai prevedere la fine dell’ iter concorsuale.

La previsione del limite alla riconvocazione è, pertanto, coerente con la molteplicità e complessità degli interessi che ruotano intorno alla procedura di reclutamento in argomento, anche di carattere sovranazionale.

12.3. Precisato quanto sopra, il Collegio ritiene poi che non siano apprezzabili gli argomenti con cui parte ricorrente ha evidenziato che la novella legislativa determinerebbe:

a) una disparità di trattamento della ricorrente rispetto ai candidati eventualmente beneficiari, prima dell’emanazione del d.l. n. 69/2023, di reiterati rinvii delle prove;

b) una lesione del legittimo affidamento maturato dalla stessa sulla possibilità di un differimento per giustificato motivo delle prove concorsuali.

A tal riguardo, il Collegio ritiene opportuno innanzitutto osservare che:

- la giurisprudenza costituzionale ha già avuto modo di evidenziare che « non contrasta, di per sé, con il principio di eguaglianza un trattamento differenziato applicato alle stesse fattispecie, ma in momenti diversi nel tempo, poiché il fluire del tempo può costituire un valido elemento di diversificazione delle situazioni giuridiche (ordinanze n. 25 del 2012, n. 224 del 2011, n. 61 del 2010, n. 170 del 2009, n. 212 e n. 77 del 2008) » (cfr. Corte costituzionale, 13 novembre 2014, n. 254 e 8 novembre 2018, n. 194), fermo il limite di innovazioni legislative arbitrarie e irragionevoli;

- la giurisprudenza ha già in altre occasioni notato che non può dirsi precluso, in linea generale, alla pubblica amministrazione di modificare le regole di una procedura concorsuale, in presenza di giusti motivi e purché alle rettifiche venga data adeguata pubblicità (Cass. civ., sez. lav., 17 maggio 2012, n. 7756).

Tanto notato in termini generali, appare evidente, allora, che nel caso di specie la legittimità della modifica introdotta dal legislatore discende, per un verso, dalla già richiamata esistenza di ragioni che rendevano non solo opportuna ma quasi necessaria l’introduzione della norma in oggetto (l’esigenza di ripristinare le condizioni per un ordinato svolgimento della procedura e una sua tempestiva conclusione, in aderenza ai principi di imparzialità e buon andamento);
per altro verso, dalla conoscibilità della “nuova” regola per tutti i candidati, assicurata mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento legislativo (anziché amministrativo);
e infine dall’applicazione non retrospettiva della “nuova” regola, ovvero nella garanzia, per tutti i candidati che alla data di entrata in vigore del d.l. n. 69/2023 non erano stati valutati (anche coloro che avevano già ottenuto precedenti rinvii), di beneficiare comunque di una possibilità di un rinvio per giustificato motivo (e ciò al fine di assicurare che gli effetti decadenziali previsti dalla nuova normativa non siano in alcun modo collegati a richieste formulate dai candidati prima dell’entrata in vigore della normativa, ovvero a decisioni assunte dai medesimi candidati sulla base del quadro normativo preesistente, sulla stabilità del quale gli stessi avevano fatto affidamento).

12.4. Le superiori considerazioni consentono di ritenere evidentemente superato il test di ragionevolezza della disposizione di cui all’art. 13, comma 4, d.l. n. 69/2023.

13. Per tutte le ragioni sopra evidenziate, quindi, il ricorso non può essere accolto.

14. Tenuto conto della novità della questione e della natura del contenzioso, le spese possono essere integralmente compensate tra le parti.

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