TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2017-06-16, n. 201707099

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2017-06-16, n. 201707099
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201707099
Data del deposito : 16 giugno 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/06/2017

N. 07099/2017 REG.PROV.COLL.

N. 08758/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8758 del 2000, proposto dalla Società Azienda Agricola Benatte e Oppioli di Romani Ss, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avvocati E E, G G, con domicilio eletto presso lo studio Fabiola Trombetta in Roma, via degli Anemoni, 6/SC;

contro

Aima - Azienda Stato Interventi nel Mercato Agricolo in Liquidazione, (ora Agea) in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Ministero delle Risorse Agricole Alimentari e Forestali, Regione Lombardia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio;

nei confronti di

Società Caseificio Sociale La Motta Srl, Società Latteria Padana Scrl, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

- della comunicazione AIMA quantitativi di riferimento individuali - settore lattiero caseario - periodo 2000/2001 n. 06651442680, inviata con raccomandata ricevuta in data 1.4.2000, con la quale è stata determinata la quota di produzione individuale attribuita all' azienda ricorrente per l'annata 2000/2001.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’ Aima - Azienda Stato Interventi Mercato Agricolo in Liquidazione (ora Agea);

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 aprile 2017 il Cons. Mariangela Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.L' azienda agricola in epigrafe, esercente attività di produzione lattiera nella provincia di Mantova e soggetta al regime comunitario delle "quote latte", riferisce che il settore di appartenenza ha subito una gravissima penalizzazione per il ritardo nell’adozione della regolamentazione nazionale che avrebbe addossato retroattivamente sugli allevatori le conseguenze stabilite dalla CE per tale ritardo.

La incapacità dell'Amministrazione di porre gli imprenditori del settore nelle condizioni di conoscere le rispettive quote di produzione prima dell'inizio delle singole campagne annuali avrebbe determinato il sorgere di un lungo contenzioso.

Lamenta che l’Aima con la nota pervenuta con raccomandata in data 3.4.2000 ha comunicato la determinazione della quota di produzione individuale attribuita all' azienda per l' anno 2000/2001, comunicazione apparentemente tempestiva con riferimento all' annata lattiera in corso, ma non configurante una nuova determinazione delle quote di riferimento, bensì la semplice riproposizione delle erronee quantificazioni degli anni precedenti, con l' effetto che l' atto e il procedimento complessivo di determinazione delle singole quote sarebbe illegittimo.

Pertanto ha proposto ricorso avverso la suddetta comunicazione, allegando i seguenti motivi di impugnazione: 1) Incompetenza (in relazione a quanto previsto dall' art. 1 del d.l.4.2.2000, n. 8) . Violazione di legge ed eccesso di potere per mancato esercizio delle attività di competenza regionale ( art. 1, comma 2, del d.l.4.2.2000, n. 8): sarebbero riportati i quantitativi degli anni precedenti, già impugnati, senza tener conto delle novità di ampliamento delle quote di produzione attribuite all' Italia in sede comunitaria dalla norma rubricata, risultando altresì assente alcun riferimento ad eventuale intervento della Regione Lombardia competente ad assegnare ai titolari di quota operanti nella Regione il quantitativo di quota ripartito. L' AIMA non avrebbe competenza residua nell' assegnare le quote di riferimento, risultando tale competenza delle Regioni, comunque qualora si ritenesse una competenza regionale istruttoria nell' assegnazione delle nuove quote assegnate dalla UE, tuttavia di tale operazione non risulterebbe traccia nel provvedimento impugnato, riproduttivo di quello delle precedenti annate.

2 ) Violazione della legge n. 241 del 1990. Eccesso di potere per difetto di motivazione. Carenza di istruttoria ed erronea valutazione dei presupposti: il provvedimento sarebbe carente di riferimenti istruttori svolti prima della campagna di produzione di riferimento e non dopo tale campagna nonchè privo dei riferimenti agli aumenti di quote disposti dalla UE (con regolamento del 17 maggio 1999), con conseguente carenza di motivazione in relazione anche alle effettuate compensazioni e calcoli.

3) Violazione di legge. Illegittimità per contrasto con norma comunitarie degli art. 2 e 3 del D.l. n.411 del 1997 conv. in legge n. 5 del 1998, art. 1 del dl. n. 43 del 1999, conv. in legge n. 118 del 1999 e art. 1 del d.l. n. 8 del 2000, conv. in legge n.79 del 2000). Violazione del principio generale dell' ordinamento comunitario di tutela del legittimo affidamento : la normativa italiana sarebbe contraria a quella comunitaria ammettendo la determinazione delle quote individuali spettanti a ciascun produttore anche a campagna conclusa. In sede di prima applicazione (legge n. 468/1992) era previsto che la comunicazione delle singole quote individuali ai produttori dovesse avvenire entro il 31 gennaio di ogni anno per consentire una programmazione sulla produzione, successivamente tale determinazione della quota sarebbe stata determinata con ritardo fino a giungere nel 2000 alla quantificazione della quota relativa ai due o tre anni precedenti. In tal modo lo scopo della politica agricola comunitaria (misure adottate per il futuro) non sarebbe stato perseguito dalla normativa italiana con l’adozione di tale regime di quote retroattive, sfavorevole in materia di compensazione e di individuazione delle quote individuali, con irrogazione di sanzioni spropositate in capo ai produttori, in violazione dell' art. 39 del Trattato istitutivo e del principio del diritto comunitario della tutela del legittimo affidamento dei cittadini nei confronti dell' attività della PA e del legislatore;
conseguirebbe a ciò la disapplicazione della normativa italiana in contrasto con le disposizioni in materia comunitaria e annullamento dell' atto adottato sulla base di tale normativa.

4) Violazione di legge (illegittimità per contrasto con norma comunitarie degli art. 2 e 3 del D.l. n. 411 del 1.12.1997, conv in legge n. 5 del 1998, art. 1 del d.l.n. 43 del 1999, conv. l. n.118/1999 e art.1 del d.l.n.8 del 4.2.2000, conv. Legge n. 79 del 2000). Violazione del principio fondamentale comunitario di irretroattività di misure sanzionatorie comunitarie: la previsione di retroattività del regime dei prelievi prima della determinazione dei quantitativi di produzione sarebbe illegittima e in contrasto con la normativa comunitaria che prevede il diritto fondamentale della irretroattività delle sanzioni comunitarie, con conseguente disapplicazione.

5) Violazione di legge (illegittimità costituzionale degli art. 2 e 3 del D.l. n.411 del 1.12.1997, conv.l. 5 del 1998, art. 1 del d.l. n. 43 del 1999, conv. l. n. 118 del 1999 e art. 1 del d.l. n. 8 del 2000, conv. Legge n. 79 del 2000 in relazione agli artt. 3, 41 e 97 Cost.): le Regioni Lombardia e Veneto hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale della normativa in materia sopra indicata, i cui motivi sarebbero validi anche nei confronti delle norme sopravvenute;
inoltre sussisterebbe la violazione dell' art. 41 Cost. con riferimento alle norme contestate con regolamentazione retroattiva dell' attività economica privata e compressione della libertà di iniziativa economica, nonché dell' art. 97 Cost perché la norma irretroattiva sarebbe irragionevole e non imparziale.

Conclude con la richiesta di annullamento dell'atto impugnato, previa rimessione delle questioni interpretative alla Corte di giustizia CE e delle questioni di costituzionalità alla Corte Costituzionale.

Il ricorso è stato dichiarato perento con decreto presidenziale n. 8821 del 2001, successivamente revocato con decreto n. 4303 del 2016.

Con istanza in data 20.12.2016 l' Agenzia per le erogazioni in agricoltura per il tramite dell' Avvocatura Generale dello Stato ha chiesto il prelievo per la discussione nel merito della causa ai fini della definizione del contenzioso in materia di quote latte ed ha depositato memoria difensiva con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso alla luce della consolidata posizione della giurisprudenza in materia di compatibilità delle norme nazionali con quelle comunitarie riguardo l’assegnazione retroattiva dei quantitativi di riferimento individuali ai produttori lattiero caseari, orientamento consolidatosi anche dal giudizio della Corte costituzionale e della CGCE.

Alla pubblica udienza del 4 aprile 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.Il Collegio ritiene che sussistano i presupposti per pronunciare, ai sensi dell’art. 74 del c.p.a., una sentenza in forma semplificata, con riferimento a precedenti conformi, dalle cui conclusioni non ha motivo di discostarsi e non sussistendo i presupposti per sollevare le questioni di legittimità costituzionale e/o di compatibilità comunitaria della normativa nazionale che la parte ricorrente ha eccepito.

Va necessariamente premesso che le censure dedotte nel presente giudizio sono state esaminate e ritenute infondate da questa Sezione con molteplici sentenze, come la sentenza 7 gennaio 2013, n. 75 e 29 maggio 2012, n. 4864 la quale, nel richiamare la precedente giurisprudenza della Sezione, tra cui la sentenza 6 luglio 2011, n. 5975 (ed altre dello stesso tenore: tra le quali, cfr. TAR Lazio, sez. Seconda Ter, 12 luglio 2011, nn. 6191, 6184, 6221 e 6224), ha svolto ulteriori considerazioni con specifico riferimento all’assegnazione retroattiva dei QRI e al mancato coinvolgimento delle Regioni dopo la pronuncia della Corte Costituzionale n. 520 del 1995 ( si richiamano anche le sentenze della sezione 6 luglio 2011, n. 5975;
12 luglio 2011, nn. 6191, 6184, 6221 e 6224;
ed ancora, n. 11376/2008, n. 10584/2010, n. 5975/2011, n. 6184/2011, n. 3805/2012, n. 4426/2012, n. 4718/2012, n. 4786/2012;
nonché C.d.S. sez. V, n. 3804/2005;
C.d.S. sez. III, n. 3665/2012 e tutte le decisioni rese dalla Sezione nelle udienze celebrate nel 2013, 2014, 2015 e 2016).

In particolare, la Terza Sezione del Consiglio di Stato, con sentenza 8 novembre 2013, n. 5322, nel respingere l’appello proposto per la riforma della sentenza di questa Sezione n. 4784 del 2012, ha sostanzialmente confermato gli approdi interpretativi cui è pervenuto il giudice di primo grado.

In particolare il Consiglio di Stato ha posto in rilievo come la Corte Costituzionale, con sentenza 7 luglio 2005, n. 272, abbia precisato che la rideterminazione dei QRI non è soggetta al vincolo della irretroattività, giacchè le funzioni di accertamento ed aggiornamento dei dati, anche in relazione a campagne lattiere già concluse, è conseguenza diretta di controlli successivi effettuati dagli organi statali preposti al controllo del settore che sono, a loro volta, funzionali all’applicazione corretta della normativa UE sull’intero territorio della Repubblica.

Il Supremo Consesso della magistratura amministrativa ha sul punto anche specificato che non si può nutrire un legittimo affidamento sul mantenimento di un QRI inesatto o di una situazione manifestamente illegale rispetto al diritto comunitario, così come (il legittimo affidamento) non sussiste se la determinazione del QRI, pur se tardiva, sia coerente con i dati reali di ciascun singolo produttore.

Né, le doglianze proposte per dimostrare in linea generale l’illegittimità della complessiva azione amministrativa sono idonee a dare conto dell’invalidità dell’atto impugnato in quanto non formulate con specifico riferimento alla posizione individuale dell’azienda ricorrente e, quindi, prive di un adeguato supporto probatorio in ordine alla sussistenza di una concreta ed effettiva lesività degli atti.

Si tratta, infatti, di censure che attengono a profili generici di contestazione dell’intero sistema, ma non forniscono elementi di prova circa una diversa produzione lattiera per le campagne in discorso, né il diritto ad una diversa assegnazione di quota.

Più in generale, trattandosi come detto di questioni analoghe affrontate con le sopra citate sentenze, il Collegio non ha motivi per discostarsi dalle conclusioni già rassegnate e, pertanto, si riporta integralmente alle argomentazioni ivi contenute a motivo di rigetto di ogni profilo di censura dedotto in ricorso.

2.Il Collegio, tuttavia, ritiene opportuno svolgere le seguenti, ulteriori considerazioni a motivo di rigetto delle articolate censure:

- la rettifica dei quantitativi di riferimento individuali nonché il ricalcolo dei prelievi supplementari dovuti dai produttori in esubero, è stata ritenuta legittima, dalla giurisprudenza sia comunitaria che nazionale, anche dopo il termine di scadenza di ciascuna campagna lattiera (cfr. Tar Lazio, II ter n. 10584/2010;
n. 5975/2011;
sentenza 25 marzo 2004 C-480 della C.G.C.E.;
Corte Cost. sentenza n. 272/2005);

- l’affidamento riposto nel mantenimento di un quantitativo di riferimento inesatto non è meritevole di tutela siccome fondato su presupposti illegittimi rispetto alla fonte comunitaria, strumentali, invero, alla produzione di latte senza limiti nel tempo;

- la questione relativa alla attendibilità dei dati relativi alla produzione lattiera è stata affrontata in più occasioni dalla Sezione con le sentenze - tra le tante - sopra citate (cit. TAR Lazio, sez. Seconda Ter, 6 luglio 2011, n. 5975, 4 maggio 2012, nn. 4014 e 4016), con conseguente giudizio di infondatezza di tali censure dal quale il Collego non ravvede motivi per cui discostarsene;

- in particolare, i dati sulla produzione e sulla commercializzazione sono assistiti da una procedura caratterizzata dalla rilevazione incrociata delle informazioni relative a livello di produzione dei singoli produttori il cui esito è sottoposto al contraddittorio con l’interessato: circostanza, questa, che fa ragione anche sulla correttezza degli accertamenti in ordine ai medesimi dati utilizzati da AIMA;

- con l'art. 1 del D.L. 15 giugno 1998, n. 182 è stata abrogata la disposizione contenuta nell'art. 4, comma 2, della legge n. 5 del 1998 secondo cui i modelli L1 (contenenti, tra l'altro, i dati della produzione lattiera delle singole aziende), compilati in maniera non conforme a quanto ivi previsto, avrebbero dovuto essere considerati "irricevibili" da parte degli organismi competenti;

- in base al Reg. CE n. 3950 del 1992, lo Stato membro ha la facoltà e non l’obbligo di procedere sia alla ripartizione delle quote non utilizzate prima di chiedere il versamento del prelievo che ad una restituzione del prelievo in eccesso, mentre ha in obbligo di ripartire il prelievo tra i produttori che hanno contribuito al superamento della quota nazionale;
pertanto, come anche evidenziato dalla difesa erariale, lo Stato può riscuotere per intero il prelievo dovuto dai singoli produttori anche attraverso l’obbligo di trattenuta in capo agli acquirenti, per poi restituire ai produttori, in tutto o in parte, le somme eccedenti il prelievo dovuto alla UE;

- la legittimità costituzionale della rideterminazione delle quote latte da parte di AIMA non è, peraltro, contestabile alla luce di quanto affermato dalla Corte costituzionale con decisione n. 272 del 7 luglio 2005, i cui principi appaiono applicabili anche con riguardo alla presente fattispecie;
sul punto la Sezione, a confutazione della relativa censura per violazione del principio di leale cooperazione tra Stato e Regioni, richiama la propria sentenza 6 luglio 2011, n. 5975 con la quale sono state sviluppate ulteriori considerazioni con specifico riferimento all’assegnazione retroattiva dei QRI ed al mancato coinvolgimento delle Regioni dopo la pronuncia della Corte Costituzionale n. 520 del 1995;

- la questione relativa alla attendibilità dei dati relativi alla produzione lattiera è stata affrontata in più occasioni dalla Sezione (v. sentenze, tra le tante, sopra citate: ex plurimis, TAR Lazio, sez. Seconda Ter, 6 luglio 2011, n. 5975;
idem, 4 maggio 2012, nn. 4014 e 4016), che ha respinto costantemente le relative censure con motivazione dalla quale Collego non ravvede motivi per cui discostarsene;
in particolare, i dati sulla produzione e sulla commercializzazione sono assistiti da una procedura caratterizzata dalla rilevazione incrociata delle informazioni relative a livello di produzione dei singoli produttori;

- il sistema della compensazione basato sull’applicazione di un prelievo a prescindere dalla prova della effettiva produzione lattiera, non è stato ritenuto arbitrario dalla giurisprudenza amministrativa sul presupposto che si tratta di una forma di prelievo scelta dal legislatore nazionale nell’esercizio della sua discrezionalità politica (cfr C.d.S., sez. III, n. 4428/2013);
il prelievo supplementare – come precisato anche dalla C.G.U.E. - non rappresenta, infatti, una sanzione bensì costituisce una restrizione che origina da precise regole di dinamica politica dei mercati;
ebbene, essendo stati accertati numerosissimi errori con riferimento ai QRI originariamente attribuiti dalle autorità italiane, si è resa necessaria la rettifica dei QRI attribuiti ad ogni produttore, ed al conseguente ricalcolo che ha generato i prelievi supplementari: il regime introdotto dal legislatore nazionale non s’appalesa, pertanto, in contrasto con il diritto comunitario né può fondare un legittimo affidamento in ordine al mantenimento di un QRI inesatto;

- in merito all'assenza di contrasto con la disciplina comunitaria delle modalità dettate dall'art. 1 del D.L. n. 43 del 1999, convertito nella legge n. 118 del 1999, per l'effettuazione delle operazioni di compensazione nazionale, privilegiando talune categorie di produttori, il Consiglio di Stato si è pronunziato con decisioni della Sezione VI, n. 2491 del 27 aprile 2011 e n. 3978 del 4 luglio 2011 nonché della Sezione III, 21 giugno 2012, n. 3665 dalle cui conclusioni il Collegio non ravvisa regioni per doversi discostare;
le medesime argomentazioni valgono con riguardo alle disposizioni di cui all’art. 1, c. 1, L. n. 79/2000;

- tutte le censure dedotte – talune volte a dimostrare in linea generale l’illegittimità della complessiva azione amministrativa, ma non formulate con specifico riferimento alla posizione individuale della ricorrente – sono, quindi, infondate.

3. Per quanto sopra argomentato, il ricorso all’esame è infondato e va, pertanto, respinto.

Le spese di giudizio possono comunque essere compensate tra le parti in ragione della particolarità della materia contenziosa e in coerenza con i precedenti della Sezione.

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