TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2022-06-27, n. 202208682

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2022-06-27, n. 202208682
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202208682
Data del deposito : 27 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/06/2022

N. 08682/2022 REG.PROV.COLL.

N. 06470/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Quinta Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6470 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato D A, con domicilio eletto presso il suo studio in Modena, corso Duomo,20;

contro

Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- del decreto di diniego di concessione della cittadinanza italiana, richiesta ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91, emesso in data -OMISSIS-;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 20 giugno 2022 il dott. Alessandro Tomassetti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il ricorso in epigrafe l’odierno ricorrente impugna il decreto di diniego di concessione della cittadinanza italiana, richiesta ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera f) della legge 5 febbraio 1992, n. 91, emesso in data -OMISSIS-.

In data -OMISSIS- l’odierno ricorrente presentava presso la Prefettura di Modena richiesta di

concessione di cittadinanza italiana ai sensi dell'art. 9, comma 1, lettera f) della L.

5.02.92 n. 91.

Il Ministero dell'Interno, tuttavia, in data -OMISSIS- emetteva decreto di diniego della concessione della cittadinanza italiana, notificato in data -OMISSIS-, in quanto dai pregiudizi di carattere penale si evince che la condotta del richiedente è indice di inaffidabilità e di una non compiuta integrazione nella comunità nazionale desumibile da un complesso di situazioni e comportamenti, posti in essere nel corso della permanenza nel territorio nazionale.

Deduce il ricorrente, sia nel ricorso che con motivi aggiunti, la illegittimità del decreto impugnato per violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990;
difetto di istruttoria e di motivazione;
ingiustizia manifesta.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistente.

All’udienza del 20 giugno 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione dal Collegio.

Il ricorso ed i motivi aggiunti sono infondati.

Giova richiamare i principali punti di arrivo della giurisprudenza in materia, come sintetizzata dalla Sezione (TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2945, 3018, 3471, 4280 e 5130 del 2022).

Occorre innanzitutto rilevare come l’ampia discrezionalità dell’Amministrazione nel provvedimento di concessione della cittadinanza si esplica in un potere valutativo che si traduce in un apprezzamento di opportunità circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, sulla base di un complesso di circostanze, atte a dimostrare l'integrazione del soggetto interessato nel tessuto sociale, sotto il profilo delle condizioni lavorative, economiche, familiari e di irreprensibilità della condotta (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. III, 6 settembre 2018, n. 5262 e 12 novembre 2014, n. 5571;
sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913;
id., 10 gennaio 2011, n. 52;
id., 26 gennaio 2010, n. 282).

Invero, l'inserimento dello straniero nella comunità nazionale è considerato legittimo quando l'Amministrazione ritenga che quest'ultimo possieda ogni requisito atto ad inserirsi in modo duraturo nella comunità, mediante un giudizio prognostico che escluda che il richiedente possa successivamente creare inconvenienti o, addirittura, commettere fatti di rilievo penale (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. II, 31 maggio 2021, n. 4151;
TAR Lazio, sez. I ter, 11 febbraio 2021, n. 1719).

L’interesse pubblico sotteso al provvedimento di concessione della particolare capacità giuridica, connessa allo status di cittadino, impone che si valutino, anche sotto il profilo indiziario, le prospettive di ottimale inserimento del soggetto interessato nel contesto sociale del Paese ospitante, atteso che la concessione della cittadinanza - lungi dal costituire per il richiedente una sorta di diritto che il Paese deve necessariamente e automaticamente riconoscergli ove riscontri la sussistenza di determinati requisiti e l'assenza di fattori ostativi - rappresenta il prodotto di una meticolosa ponderazione di ogni elemento utile al fine di valutare la sussistenza di un concreto interesse pubblico ad accogliere stabilmente all'interno dello Stato comunità un nuovo componente e dell'attitudine dello stesso ad assumersene anche tutti i doveri ed oneri (cfr. TAR Lazio, sez. I ter, 3 giugno 2021, n. 6541).

Il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana, infatti, è fondato su determinazioni che rappresentano un'esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (Cons. Stato, sez. III, 28 maggio 2021, n. 4122;
id., 17 dicembre 2020, n. 8133;
id., 16 novembre 2020, n. 7036;
id., 27 febbraio 2019, n. 1390;
id., 13 novembre 2018 n. 6374).

Trattandosi, dunque, di esercizio di potere discrezionale da parte dell’Amministrazione, il sindacato sulla valutazione compiuta dalla stessa, non può che essere di natura estrinseca e formale;
non può spingersi, quindi, al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell'esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole.

Proprio in considerazione della particolare natura del provvedimento concessorio della cittadinanza italiana, della irrevocabilità dello status e del complesso delle conseguenze che derivano dalla concessione della cittadinanza, il legislatore si è limitato a stabilire solo i presupposti di ammissibilità (prescritti dall'art. 9, l. n. 91 del 1992) che consentono all'interessato di avanzare l'istanza di naturalizzazione;
tali presupposti, tuttavia, non costituiscono elementi di per sé sufficienti per conseguire il beneficio - come invece accade nel caso dei procedimenti autorizzatori - né costituiscono una presunzione di idoneità al conseguimento dell'invocato status, in quanto il legislatore ha riservato la decisione all'Amministrazione, attribuendole un'ampia discrezionalità nella valutare l'opportunità di ampliare la platea dei cittadini conferendo lo status civitatis ad un nuovo soggetto. Del resto, l’attribuzione della cittadinanza comporta non solo diritti in capo all’interessato, ma anche doveri, tra cui quello di contribuire al progresso del Paese e di assumersi obblighi si solidarietà economica e sociale nei confronti della collettività di nuova appartenenza, in primis quello di non pregiudicare la sicurezza degli altri membri.

Con riferimento al caso di specie, il Collegio ritiene che l’Amministrazione abbia correttamente esercitato la propria sfera di attività discrezionale evidenziando legittimi motivi di rigetto della istanza per la non compiuta integrazione del ricorrente nella comunità nazionale desumibile dal mancato rispetto delle regole di civile convivenza e dalla violazione della legge penale vigente nell'ordinamento giuridico italiano.

Dal rapporto informativo della Questura di Modena del -OMISSIS- e dal certificato n. -OMISSIS- del casellario giudiziario del -OMISSIS-, a carico dell'interessato risultano le seguenti vicende penali:

- -OMISSIS- sentenza del Tribunale di Velletri, irrevocabile il -OMISSIS-, per falsità materiale commessa dal privato in atti pubblici artt. 476, 482 c.p.;
contraffazione di pubblici sigilli destinati a pubblica certificazione art. 468 c.p.;
ricettazione art. 648 c.p.;

- -OMISSIS- sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (art. 444, 445 c.p.p.) del GUP del Tribunale di Reggio Emilia, irrevocabile il -OMISSIS-, per ricettazione in concorso art. 110, 648 c.p., art. 62 bis c.p.;
falsità materiale commessa dal privato in atti pubblici continuato in concorso art. 81, 110, 476, 482 c.p.;
contraffazione di pubblici sigilli destinati a pubblica certificazione in concorso art. 110, 468 c.p., art. 61 n.2 c.p., art. 62 bis c.p.;
soppressione di atti veri in concorso art. 110, 490 c.p., art. 61 n.2 c.p., art. 62 bis c.p.;
circolazione con veicolo munito di targa non propria o contraffatta in concorso art. 110 C.P., art. 100 c. 12 D.L.vo n. 285/1992.

I richiamati elementi hanno indotto l’Amministrazione a valutare negativamente l’istanza del ricorrente e di ciò è stata data comunicazione all’interessato con nota ministeriale del -OMISSIS- ai sensi dell’art. 10 bis della Legge 241/1990, invitando lo stesso a produrre osservazioni nel termine di dieci giorni dalla data del ricevimento.

Con nota del -OMISSIS-, il ricorrente ha evidenziato che per la sentenza del Tribunale di Velletri era stata richiesta la dichiarazione di cessazione degli effetti penali mentre relativamente alla sentenza del GUP del Tribunale di Reggio Emilia era intervenuta la declaratoria di estinzione dei reati ai sensi dell’art. 445 c.p.p.

L’Amministrazione, non ravvisando la coincidenza fra interesse pubblico ed interesse del richiedente alla concessione della cittadinanza italiana, ha adottato il provvedimento impugnato.

Il ricorrente, dopo aver sottolineato la sua integrazione nel tessuto sociale italiano, ha evidenziato che l’Amministrazione non ha tenuto conto delle osservazioni precisate nella precedente nota difensiva, né ha dato una sufficiente motivazione al provvedimento di diniego, anche in considerazione dello scarso allarme sociale dei reati a lui contestati, peraltro risalenti nel tempo.

Occorre, preliminarmente, rilevare come le valutazioni finalizzate all'accertamento di una responsabilità penale si pongono su di un piano del tutto diverso ed autonomo rispetto alla valutazione del medesimo fatto ai fini dell'adozione di un provvedimento amministrativo;
da ciò deriva la possibilità che le risultanze fattuali oggetto della vicenda penale possano valutarsi negativamente, sul piano amministrativo, anche a prescindere dagli esiti processuali (cfr. Cons. Stato, sez. III, 14 febbraio 2022, n. 1057;
id., 28 maggio 2021, n. 4122;
id., 16 novembre 2020, n. 7036;
id., 23 dicembre 2019, n. 8734;
id., 21 ottobre 2019, n. 7122;
id., 14 maggio 2019, n. 3121;
TAR Lazio, sez. I ter, 20 maggio 2021, n. 5917;
id., 5 luglio 2021, n. 7919;
id., 2 luglio 2021, n. 7828;
id., 22 gennaio 2020, n. 823).

L’Amministrazione, nella fattispecie in esame, ha valutato in maniera non manifestamente illogica la situazione dell’istante, dando rilievo ai procedimenti penali del ricorrente, di diversa tipologia, considerati ragionevolmente indici sintomatici di inaffidabilità del richiedente e di una non compiuta integrazione nella comunità nazionale, desumibile in primis dal rispetto delle regole di civile convivenza e della rigorosa osservanza della legge penale vigente nell’ordinamento giuridico italiano.

Come si evince dagli atti del ricorso, infatti, il ricorrente è stato condannato, per falsità materiale commessa dal privato in atti pubblici (artt. 476, 482 c.p.);
contraffazione di pubblici sigilli destinati a pubblica certificazione (art. 468 c.p.);
contraffazione di pubblici sigilli destinati a pubblica certificazione in concorso (art. 110, 468 c.p., art. 61 n.2 c.p., art. 62 bis c.p.);
soppressione di atti veri in concorso (art. 110, 490 c.p., art. 61 n.2 c.p., art. 62 bis c.p.);
circolazione con veicolo munito di targa non propria o contraffatta in concorso (art. 110 C.P., art. 100 c. 12 D.L.vo n. 285/1992).

Quanto alla rilevanza delle condotte oggetto di condanna, ai fini della concessione della cittadinanza, la giurisprudenza in materia ha ripetutamente osservato, con riferimento alla ricettazione che il “reato che l’art. 648 co. 2 CP punisce con la pena edittale massima fino a quattro anni, sicché, risulta automaticamente ostativo ex art. 6 legge 91/1992 persino all’acquisto della cittadinanza italiana “di diritto” da parte del coniuge di connazionale (TAR Lazio, sez. II quater, n. 1833/15;
3582/14;
n. 9947/2016, 324/2017;
TAR Lazio, sez. I ter, n. 11734/2019, 4632/2020;
TAR Lazio, sez. V bis, n. 2944/2022;
n. 4236/22;
n. 4295/2022;
4941/2022;
n. 5130/2022;
n. 5131/2022;
n. 6254/2022, nel senso che le ipotesi preclusive all'acquisto della cittadinanza per matrimonio previste dall'articolo 6 della legge n. 91 del 1992 si devono ritenere applicabili a fortiori anche alla ipotesi della cittadinanza richiesta per naturalizzazione;
;cfr Consiglio di Stato VI n. 52 del 10 gennaio 2011, per cui la legge 5 febbraio 1992, n. 91 (Cons. Stato, sez. III, n. 52/2011, 1726/2019, 8734/2019, 4151/2021).

Nella medesima ottica, questa Sezione, pronunciandosi sul disvalore dei cd. “reati di sussistenza”, considerati nel loro inquadramento complessivo (ad es. il reato di ricettazione spesso “abbinato” a quello di ricettazione e commercio di prodotti con segni falsi, art. 474 C.P. a fini di semplice detenzione o vendita), rispetto ai quali “potrebbe apparire “eccessivo” il peso attribuito a tale precedente ove ridotto a un mero “fenomeno di costume”, ha precisato che tale reato “comporta comunque l’inserimento del venditore in una rete facente capo ad gruppi criminali che organizzano la produzione e la distribuzione commerciale di prodotti falsi - che quindi vengono indirettamente favoriti dall’attività dei soggetti impiegati in tali traffici – di cui lo straniero costituisce l’ultimo anello della catena – e che giustifica lo sfavore attribuito dall’ordinamento (a tal fine, peraltro, va ricordata anche la ratio della norma in parola, che non è solo quella di tutelare la fiducia dei consumatori nella genuinità della merce acquistata e l’interesse patrimoniale dei titolari dei diritti di sfruttamento di marchi, come nel caso in esame, ma, nel caso di commercializzazione di CD falsi, gli autori delle opere dell’ingegno, i cui unici proventi sono costituiti dai diritti SIAE pagati mediante l’apposizione del bollino)” (TAR Lazio, sez. V bis, n.6609/2022) .

Del resto, i fatti addebitati sono stati valutati non in un’ottica atomistica, bensì nel loro reciproco rapporto, inquadrandoli nell’ambito di un giudizio complessivo che tiene conto del valore sintomatico della rottura del rapporto di fiducia con le Istituzioni.

Orbene, nel caso di specie, il Collegio ritiene che il giudizio formulato dall’Amministrazione, fondato sul complesso di circostanze che caratterizzano la particolare situazione del ricorrente, inclusi i procedimenti penali a carico dell’istante, sia idoneo a giustificare, ad onta degli esiti processuali degli stessi, una non favorevole valutazione della posizione del soggetto che ambisce ad acquisire lo status di cittadino italiano con l’inserimento, a tutti gli effetti, nella collettività nazionale e l’acquisizione a pieno titolo dei relativi diritti e doveri.

A ciò si aggiunga, in linea con la giurisprudenza anche di questo Tribunale, dalla quale non vi è motivo per discostarsi, che la discrezionalità dell’Amministrazione procedente nella concessione dello status civitatis, di cui sono stati delineati sopra gli ampi margini di esercizio - a tutela dei rilevanti interessi dello Stato - nella valutazione in ambito amministrativo della condotta e dell’inserimento sociale dell’interessato, consente che “le valutazioni volte all'accertamento di una responsabilità penale si pongano su di un piano assolutamente differente ed autonomo rispetto alla valutazione del medesimo fatto ai fini dell'adozione di un provvedimento amministrativo, con la possibilità che le risultanze fattuali oggetto della vicenda penale possano valutarsi negativamente, sul piano amministrativo, anche a prescindere dagli esiti processuali penali” (ex multis, T.A.R. Lazio, Sez. I ter, nn. 10323/2021, 3345/2020, 347/2019, 6824/2018, Sez. II, n. 1833/2015).

Nella specie, dunque, l’Amministrazione - tenuta alla sollecita conclusione del procedimento - ha effettuato una valutazione globale della condotta dell’istante alla stregua dei dati disponibili al momento dell’emanazione del provvedimento, dando particolare rilievo, in chiave preventiva, a vicende processuali potenzialmente indicative di una non piena affidabilità dell’istante ai fini di una compiuta integrazione del medesimo nella comunità nazionale, senza peraltro precludere una nuova valutazione successiva alla conclusione del procedimento sulla base di una nuova istanza.

In tale prospettiva il provvedimento impugnato, con cui, nel bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, è stato ritenuto recessivo l'interesse del privato ad essere ammesso come componente aggiuntivo del Popolo italiano, ritenendo inopportuno ampliare la platea dei cittadini mediante l'inserimento di un nuovo componente che risulti privo del requisito della illesae dignitatis, non può ritenersi affetto da irragionevolezza, non potendo la valutazione riservata all'autorità competente essere inficiata da valutazioni personali sul tenue disvalore sociale di taluni reati, quali quelli commessi dal ricorrente.

Da ultimo, occorre anche osservare come lo stabile inserimento socio-economico del richiedente la concessione della cittadinanza costituisce solo il presupposto minimo per conservare il titolo di soggiorno, che autorizza la permanenza dello straniero sul territorio nazionale;
del resto, in relazione alle domande di conferimento della cittadinanza per residenza, come già osservato dalla giurisprudenza (cfr. TAR Lazio 20 maggio 2021, n. 5917;
id., 31 agosto 2020, n. 9289), la mancata commissione di ulteriori fattispecie penalmente rilevanti - in un periodo successivo alla domanda di cittadinanza - non corrisponde ad incensuratezza del richiedente e consente all'Amministrazione di fondare un giudizio prognostico negativo in ordine alla idoneità della ricorrente ad aderire alle norme dell'ordinamento ed a ritenere che il suo stabile inserimento nella comunità nazionale non possa escludere conseguenze negative per quest'ultima.

In tale prospettiva, tenuto conto, appunto, della possibilità sopra richiamata, di poter ripresentare l’istanza nel futuro, per cui le conseguenze discendenti del diniego sono solo temporanee, e non comportano alcuna “interferenza nella vita privata e familiare del ricorrente” (art. 8 CEDU, art. 7 Patto internazionale diritti civili e politici) - dato che l’interessato può continuare a rimanere in Italia ed a condurvi la propria esistenza alle medesime condizioni di prima - il provvedimento impugnato, con cui, nel bilanciamento degli interessi pubblici e privati in gioco, ha ritenuto recessivo l'interesse del privato ad essere ammesso come componente aggiuntivo del Popolo italiano, non può essere ritenuto né irragionevole né sproporzionato, dato che il diniego di cittadinanza comporta il solo svantaggio temporale sopraindicato, che risulta “giustificato” ove si consideri la rilevanza degli interessi in gioco e l’irreversibilità degli effetti connessi alla concessione di tale status, che comporta, oltre al diritto di incolato ed alle limitazioni all’estradizione del cittadino, soprattutto il conferimento di diritti politici (vedi, tra tante, TAR Lazio, sez. V bis, n. 2944/2022 e ss).

Da tale punto di vista, dunque, risulta inopportuno ampliare la platea dei cittadini mediante l'inserimento di un nuovo componente ove sussistano dubbi sulla sua attitudine a rispettare i valori fondamentali per la comunità di cui diviene parte essenziale con piena partecipazione all’autodeterminazione delle scelte di natura politica. Il diniego di ammissione di un nuovo elemento che risulti privo di tale requisito non risulta sproporzionato, avuto riguardo alle conseguenze sopraevidenziate, e non può ritenersi affetto da irragionevolezza, non potendo, peraltro, la valutazione riservata all'autorità competente essere inficiata da valutazioni personali della ricorrente sul “tenue” disvalore sociale del reato dalla stessa commesso.

Il ricorso ed i motivi aggiunti vanno conclusivamente respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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