TAR Trieste, sez. I, sentenza 2015-11-04, n. 201500472
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N. 00472/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00326/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 326 del 2011, proposto da:
DMD S.a.s. di Pozzetto Massimo &C., O G, B A, Deltin Ermanno quale titolare dell’impresa individuale Cantiere Navalnautico di Deltin Ermanno, Marizza Gianluca, Deltin Silvano, D I, La Gradese Piccola s.c. autotrasporti a r.l., tutti rappresentati e difesi dall’avv. I P, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d'Italia n. 7;
contro
Comune di Grado, rappresentato e difeso dall'avv. E B, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d'Italia n. 7;
nei confronti di
Immobiliare Monte Mare S.p.A., e Monte Mare Grado S.r.l., entrambe rappresentate e difese dagli avv.ti Guido Barzazi e Giovanni Borgna, con domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Trieste, Via S. Nicolò n. 21;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Confartigianato Imprese Friuli Venezia Giulia - Federazione Regionale Artigiani Piccole e Medie Imprese del Friuli Venezia Giulia, e Associazione Provinciale Artigiani e Piccole Imprese di Gorizia, entrambe rappresentate e difese dall'avv. Giovanni Ortis, con domicilio eletto presso la Segreteria Generale del T.A.R., in Trieste, piazza Unità d'Italia n. 7;
per l’annullamento
- della deliberazione del Consiglio Comunale di Grado del 14.03.2009 n. 12 di approvazione dello schema di accordo di pianificazione;
- dell’accordo di pianificazione sottoscritto il 20.05.2009;
- della deliberazione del Consiglio Comunale di Grado del 30.06.2009 n. 36 di approvazione delle direttive per la redazione di una variante al vigente PRGC Zona C ex Valle Cavarera;
- del decreto del 12.11.2010 n. 48 del Commissario straordinario del Comune di Grado avente a oggetto la modifica delle direttive già assunte dal Consiglio Comunale con la deliberazione n. 36/2009 e l’approvazione dello schema di novazione additiva dell’originale accordo di pianificazione;
- dell’atto di novazione additiva stipulato il 12.11.2010;
- del decreto del Commissario Straordinario del Comune di Grado del 31.12.2010 n. 60 di adozione della variante n. 15 al PRGC ex Valle Cavarera;
- del decreto del Commissario Straordinario del Comune di Grado del 25.03.2011 n. 19 di approvazione della variante n. 15 al PRGC ex valle Cavarera pubblicata sul BUR n. 16 del 20.04.2011.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Grado e di Immobiliare Monte Mare S.p.A. e di Monte Mare Grado S.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 ottobre 2015 la dott.ssa A T e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.1. I ricorrenti, in qualità di proprietari di immobili siti nel Comune di Grado già classificati quale zona omogenea C – ex Valle Cavarera con destinazione artigianale, impugnano la Variante n. 15 del PRGC, che ne ha modificato l’azzonamento.
1.2. La nuova disciplina urbanistica, che identifica l’ambito per cui è causa con la dicitura ZTO B - ex Valle Cavarera Nord, prevede in sintesi:
- che l’ulteriore edificazione possa intervenire solo previa approvazione di un nuovo piano attuativo;
- che le destinazioni d’uso ammesse siano solamente l’artigianale e la residenziale di tipo convenzionato;
- che la destinazione d’uso artigianale, per essere ammessa, debba essere compatibile con quella residenziale;
- che in caso di trasferimento delle attività produttive già esistenti presso altra area artigianale, specificamente indicata, diventino ammissibili anche le destinazioni residenziale pura, residenziale turistica, ricettiva, commerciale, artigianale di servizio;
- che la volumetria dei nuovi insediamenti sia calcolata con modalità diverse, le quali – a detta di parte ricorrente – garantiscono un vantaggio del 20%.
1.3. Il nuovo strumento di pianificazione generale è intervenuto a seguito di un accordo integrativo di provvedimento ex articolo 11 L. n. 241/1990, intercorso tra il Comune e altri soggetti proprietari di aree limitrofe con identica destinazione, evocati in giudizio quali controinteressati. All’accordo sono rimasti estranei gli odierni ricorrenti.
2.1. Avverso gli atti in epigrafe indicati, siccome lesivi del proprio interesse a destinare gli immobili di cui sono proprietari alle rispettive attività artigianali, insorgono i ricorrenti, chiedendone l’annullamento per i motivi di seguito sintetizzati.
2.2. “ Violazione dell’art. 13 L. n. 241/1990 ”: con il primo motivo di gravame sostiene parte ricorrente che lo strumento dell’accordo integrativo non possa avere a oggetto la pianificazione generale. Ne consegue che la Variante n. 15 al PRGC, approvata in adempimento di tale accordo, è illegittima.
2.3. “ Violazione degli articoli 7 e 11 della legge n. 241/1990 ”: in subordine, con il secondo motivo di gravame si dolgono i ricorrenti di non essere stati coinvolti nell’accordo integrativo in questione, il quale, infatti, pur finendo per incidere sulle aree di loro proprietà, è intercosto solamente tra il Comune e i controinteressati.
2.4. “ Violazione dell’art. 63 comma 5 della LR n. 5/2007 e dell’art. 17 DPR n. 86/2008. Violazione dell’art. 63 bis LR n. 5/2007 ”: con il terzo motivo di gravame ritengono i deducenti che illegittimamente la variante per cui è causa è stata assoggettata alla procedura di approvazione prevista per le varianti non sostanziali.
2.5. “ Violazione dell’art. 3 L. n. 241/1990 ”: con il quarto motivo di gravame stigmatizzano i ricorrenti l’assenza di motivazione della Variante pur a fronte delle situazioni di aspettativa qualificata consolidata di cui essi sono portatori.
2.6. “ Eccesso di potere per illegittimità manifesta ”: con il quinto motivo di gravame parte ricorrente contesta la legittimità sotto il profilo della ragionevolezza di una scelta pianificatoria che introduce la destinazione residenziale convenzionata in un’area a vocazione artigianale per di più affiancata da aree già destinate alla residenza e alla residenza convenzionata. Viene altresì evidenziato, quale ulteriore profilo di irrazionalità della scelta, come il travolgimento degli strumenti attuativi in corso abbia quale effetto quello di privare il Comune di un valido titolo per pretendere la cessione delle aree interessate dalle opere di urbanizzazione.
2.7. “ Eccesso di potere per disparità di trattamento ”: con il sesto motivo di gravame i deducenti si dolgono che non sia stato esteso il più vantaggioso metodo di calcolo previsto per la ZTO C ex Valle Cavarera anche alla ZTO B ex Valle Cavarera.
2.8. “ Violazione dell’art. 7 della legge urbanistica;dell’art. 44 LR n. 5/2007 e degli artt. 42 e 41 della Costituzione. Eccesso di potere per disparità di trattamento sotto altro profilo ”: con il settimo motivo di gravame i ricorrenti ritengono illegittima la scelta dell’Amministrazione di allocare solamente sulle proprie aree l’edilizia residenziale convenzionata.
3.1. Si è costituito in giudizio il Comune di Grado, dapprima con costituzione formale e poi con memoria difensiva, opponendosi, dopo una dettagliata descrizione del quadro fattuale nel quale è maturata l’approvazione della contestata Variante n. 15 al PRGC, alla prospettazione avversaria e concludendo per la reiezione delle domande tutte promosse da controparte.
3.2. Preliminarmente, la difesa comunale eccepisce la tardività del ricorso per essere stato notificato oltre il termine decadenziale di 60 giorni, fissato dal combinato disposto degli articoli 41, comma 2, e 29 Cod. proc. amm., decorrente dalla data di scadenza della pubblicazione all’albo pretorio comunale del decreto commissariale di approvazione della Variante di cui si discute.
3.3.1. Nel merito, parte resistente difende la legittimità della propria scelta, evidenziando come l’utilizzabilità dello strumento pattizio anche nell’ambito pianificatorio generale sia stata avallata da un esperto del settore, che, su richiesta del Commissario prefettizio, aveva redatto un parere pro veritate. In subordine, ritiene che l’eventuale illegittimità dell’accordo debba rimanere circoscritta a tale atto, senza estendersi allo strumento urbanistico approvato sulla scorta di esso.
3.3.2. Nega, poi, l’Amministrazione che nel caso di specie siano stati violati le prerogative partecipative dei ricorrenti, che se pure non hanno partecipato alla formazione dell’accordo, hanno partecipato al procedimento di approvazione della Variante n. 15 al PRGC.
3.3.3. Ancora, insiste l’Ente comunale sulla natura non sostanziale della Variante de qua e sulla ragionevolezza della nuova regolamentazione urbanistica della zona, nell’ambito dell’ampia discrezionalità che connota l’attività della Amministrazione in materia.
4. Si sono parimenti costituite in giudizio, con atto meramente formale, seguito da memoria di replica le controinteressate, vale a dire le società che hanno sottoscritto l’accordo integrativo ex articolo 11 L. n. 241/1990, anch’esse instando per la reiezione del ricorso.
5.1. Sono intervenute ad adiuvandum la Confartigianato Imprese Friuli Venezia Giulia e la Associazione Provinciale Artigiani e Piccole Imprese di Gorizia, a tutela degli interessi diffusi ex articolo 4, comma 2, L. n. 180/2011, di cui sono portatrici, in quanto dipendenti da quello fatto valere in giudizio dai ricorrenti, insistendo per l’annullamento degli atti impugnati per i motivi dedotti nel ricorso principale.
5.2. L’ammissibilità, oltre che la fondatezza nel merito, del dispiegato intervento ad adiuvandum è tuttavia contestata dal Comune, ritenendo che quello azionato sia un interesse autonomamente tutelabile.
6. Le parti hanno replicato agli assunti avversari in successive memorie, nelle quali hanno altresì argomentato le proprie tesi.
7.1. All’udienza di merito del 7 ottobre 2015, nel corso di ampia discussione, il difensore dei ricorrenti ha preliminarmente eccepito la irritualità della memoria di replica delle controinteressate in assenza di una memoria ex articolo 73, comma 1, Cod. proc. amm. cui replicare, nel merito ha ricordato le ragioni che sostengono il ricorso.
7.2. Il difensore delle controinteressate, di contro, ha preliminarmente eccepito l’eccezione di tardività del ricorso con riguardo all’accordo pianificatorio, che, in quanto atto non meramente endoprocedimentale, andava impugnato immediatamente, argomentando poi in merito alla infondatezza del ricorso.
7.3. I difensori delle altre parti si sono richiamati agli scritti difensivi depositati, insistendo particolarmente l’Amministrazione resistente sull’eccezione di tardività.
7.4. Al termine la causa è stata introitata per la decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, il Collegio prende atto della dichiarazione contenuta nella memoria depositata dalla difesa di parte ricorrente in data 16 settembre 2015 per cui per il signor D I non vi è più interesse a coltivare il gravame, e, conseguentemente, dichiara improcedibile il ricorso con riguardo a detto ricorrente.
2. Sempre preliminarmente, il Tribunale, sulla scorta della propria consolidata giurisprudenza (cfr., ex plurimis, sentenze n. 232/2014 e n. 205/2014), e in accoglimento di specifica eccezione di parte, dispone l’espunzione dal fascicolo d’ufficio della memoria di replica delle controinteressate depositata in data 16 settembre 2015, stante l’assenza di una memoria ex articolo 73, comma 1, Cod. proc. amm. cui replicare.
Non è consentito, infatti, giusta il divieto generale di abuso degli strumenti processuali, utilizzare la memoria di replica per opporsi alle argomentazioni proposte della controparte negli scritti difensivi diversi dalla memoria conclusiva di cui al già citato articolo 73, comma 1, Codice di rito, perché diversamente si determinerebbe una elusione dei termini decadenziali previsti per i suvvisti incombenti processuali.
3.1. Continuando con le questioni preliminari, va dichiarato inammissibile l’intervento ad adiuvandum dispiegato dalle due Associazioni di rappresentanza, a livello regionale e provinciale, delle imprese artigiane.
3.2. Nel processo amministrativo l’intervento ad adiuvandum è ammesso a condizione che l’interveniente non sia parte dello rapporto sostanziale dedotto in giudizio e che l’interesse che si fa valere sia connesso, derivato, dipendente o almeno accessorio o riflesso rispetto a quello a tutela del quale è stato proposto il ricorso (cfr., C.d.S., Sez. III^, sentenza n. 4699/2015;C.d.S., Sez. V^, sentenza n. 4509/2015).
Di contro, non è consentito intervenire a chi sarebbe legittimato a proporre ricorso autonomo, al fine di evitare un surrettizio aggiramento dei termini decadenziali per proporre l’azione (cfr., T.A.R. Lazio – Roma, Sez. I^, sentenza n. 10329/2013).
3.3. Nel caso di specie le associazioni intervenienti assumono di agire a tutela di interessi diffusi, così come gli è consentito dall’articolo 4, comma 2, L. n. 180/2011.
Ma se così è, allora esse avrebbero dovuto dispiegare ricorso autonomo.
Infatti, in presenza delle altre condizioni dell’azione, anche l’interesse diffuso legittima l’impugnazione degli atti e provvedimenti amministrativi che ne determinano una lesione concreta e attuale (cfr., C.d.S., Sez. IV^, sentenza n. 36/2014).
3.4. Ne consegue che le associazioni di categoria hanno illegittimamente dispiegato intervento in luogo di autonomo ricorso avverso gli atti di pianificazione qui impugnati.
4.1. Seguendo l’ordine logico delle questioni, questo Giudice deve ora valutare il rispetto del termine decadenziale per esperire l’azione caducatoria, sul duplice versante della tempestività del ricorso con riguardo tanto l’atto approvativo della Variante n. 15, quanto all’accordo pianificatorio ex articolo 11 L. n. 241/1990 che ne sta a monte.
4.2. Con riguardo al primo profilo, l’eccezione risulta infondata.
Invero, non è in contestazione che il ricorso introduttivo del presente giudizio sia stato proposto nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione sul BUR del decreto commissariale di approvazione della Variante al PRGC in esame: il che ne esclude la tardività.
Va, infatti, considerato che l’articolo 33 L.R. F.V.G. n. 52/1991 (con previsione sostanzialmente coincidente con quella degli articoli 17 e 22 L.R. F.V.G. n. 5/2007), subordina l’entrata in vigore dello strumento di pianificazione generale alla pubblicazione sul BUR dell’ultimo atto del procedimento. Ne consegue che solamente con l’esaurimento di detto adempimento la lesione diviene attuale e sorge l’interesse a impugnare: dunque è da tale momento che decorre il termine decadenziale per esercitare l’azione caducatoria (cfr., T.A.R. Friuli Venezia Giulia, sentenza n. 466/2005 e n. 8/2009).
4.3. Conclusioni analoghe si impongono con riguardo all’impugnazione dell’accordo pianificatorio intercorso tra l’Amministrazione comunale e le controinteressate.
Ai sensi dell’articolo 11 L. n. 241/1990, l’accordo integrativo o sostitutivo non pregiudica i diritti dei terzi (comma 1) ed è assoggettato ai principi del Codice civile in materia di obbligazioni e contratti (comma 2): tra questi, quello positivizzato dall’articolo 1372 Cod. civ., per cui di regola il contratto produce effetti solamente tra le parti.
Ora, posto che i ricorrenti non sono stati parte dell’accordo in questione, è evidente che esso non era idoneo di per sé solo a produrre effetti e, segnatamente, effetti pregiudizievoli nei loro confronti. E’ solamente con la approvazione della Variante n. 15, che trasmuta in provvedimento i contenuti dell’atto pattizio, con effetti ora potenzialmente anche erga omnes, che la lesività dell’accordo si attualizza anche nei confronti di coloro che, come gli odierni ricorrenti, non sono stati parte dell’accordo medesimo, con la conseguenza che è in questo momento che sorge per i terzi (rispetto all’accordo) l’interesse a ricorrere.
Dunque, correttamente e tempestivamente l’accordo integrativo è stato impugnato unitamente al provvedimento integrato.
5. Infine, con riguardo alla sussistenza dell’interesse dei ricorrenti a impugnare, che la difesa del Comune pare mettere in dubbio in una delle memorie difensive, il Collegio ritiene che l’assunto dei deducenti – assunto non contestato – per cui la nuova disciplina urbanistica preclude loro la possibilità di costruire, sui terreni di proprietà, immobili funzionali alla relativa attività artigianale, sia sufficiente a rendere ammissibile la dispiegata azione caducatoria.
6.1. Respinte le questioni preliminari ostative alla cognizione nel merito del ricorso principale, può ora passarsi all’esame del primo motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente al secondo, in ragione dell’alternatività dell’uno rispetto all’altro.
6.2. Anticipando le conclusioni del ragionamento, va affermata la fondatezza del primo motivo di impugnazione e, per converso, l’infondatezza del secondo.
6.3. Al riguardo deve necessariamente muoversi dal dato normativo, e, segnatamente, dall’articolo 13, comma 1, L. n. 241/1990 e dall’articolo 18, comma 1, L.R. F.V.G. n. 7/2000, leggi entrambe che disciplinano il procedimento amministrativo, le quali, con dicitura pressoché coincidente, sottraggono gli atti di pianificazione dall’ambito di applicazione degli istituti di partecipazione al procedimento medesimo, tra cui sono annoverati gli accordi integrativi e sostitutivi del provvedimento.
A fronte di una chiara e inequivoca previsione normativa, che nega che l’attività di pianificazione urbanistica, intendendosi per tale quella generale, possa costituire oggetto di accordo integrativo o sostitutivo ex articolo 11 L. n. 241/1990 ovvero ex articolo 17 L.R. F.V.G. n. 7/2000 tra Amministrazione e privati, non residua spazio per un opzione ermeneutica di tipo estensivo (cfr., T.A.R. Toscana, Sez. I^, sentenza n. 383/2009).
6.4. Peraltro, tale conclusione si impone anche per ragioni di ordine sistematico.
L’approvazione degli strumenti di pianificazione urbanistica è assoggettata a una disciplina specialistica di fonte regionale, come tale derogatoria della normativa generale sul procedimento amministrativo. Tale disciplina speciale, pur con le differenze da regione a regione, si caratterizza per la previsione di modalità ampie di comunicazione ai possibili interessati dell’avvio del procedimento di pianificazione urbanistica (deposito degli elaborati presso gli uffici comunali e avvisi dell’incombente con vari strumenti) e di partecipazione, ugualmente ampia, nelle forme delle osservazioni e delle opposizioni al PRG.
Orbene, è evidente che l’accordo integrativo o sostitutivo inevitabilmente finirebbe per sovrapporsi a questo sistema di garanzie partecipative precludendo ogni possibilità di interloquire con l’Amministrazione a chi, vuoi perché in disaccordo, vuoi perché semplicemente proprietario delle aree confinanti con quelle interessate dall’accordo, non ne è stato parte.
La pianificazione generale, in quanto diretta a garantire l’ordinato sviluppo del territorio, per definizione produce effetti che, per le interferenze che le singole previsioni hanno tra loro, eccedono il limitato ambito territoriale disciplinato. Le qualità edificatorie di un bene immobile dipendono non solamente dalla disciplina che a esso conferisce la strumentazione urbanistica, ma anche da quella che la stessa strumentazione urbanistica detta per ambiti contermini o comunque interferenti. Ed, infatti, non a caso la legittimazione a presentare osservazioni è attribuita dalla normativa regionale non ai soli proprietari degli immobili interessati ma a “chiunque” (cfr., articolo 32 L.R. F.V.G. n. 52/1991, ora articoli 17 e 22 L.R. F.V.G. n. 7/2005).
Ma l’accordo pianificatorio per sua natura non consente modifiche di contenuto in sede procedimentale da parte di terzi, rendendo del tutti inutile l’apporto partecipativo delle eventuali osservazioni allo strumento urbanistico adottato.
6.4. Né tali criticità risultano superate nel parere pro veritate formulato dall’esperto incaricato dalla Amministrazione comunale.
Invero, la legittimità dell’accordo pianificatorio è legata dal consulente comunale alla persistenza in capo all’Amministrazione del potere di determinarsi in sede procedimentale diversamente da quanto stabilito in sede pattizio, di modo che l’accordo non vincoli in toto e a priori la discrezionalità del Comune in campo pianificatorio.
Il Collegio ritiene di poter prescindere dal verificare la fondatezza della suesposta tesi, che, pervero, negandone la vincolatività, priva di qualsivoglia evidente utilità l’accordo sostitutivo o integrativo di provvedimento.
Il punto è, infatti, che, anche tutto voler concedere, nel caso di specie difetta totalmente la precondizione esplicitata dall’esperto comunale, affinché possa concludersi un accordo sostitutivo o integrativo di uno strumento di pianificazione generale.
Risulta, per l’appunto dalla documentazione versata in atti che alcune delle osservazioni proposte avverso la Variante n. 15 (segnatamente la n. 2 e la n. 4) sono state in parte respinte dal commissario prefettizio esclusivamente perché contrastanti con l’accordo procedimentale concluso dall’Amministrazione e le controinteressate.
Ancora, risulta sempre per tabulas che le parti dovettero sottoscrivere un accordo novativo, perché in sede di approvazione consiliare delle direttive per la redazione della futura Variante venne approvato un emendamento in aula che modificava, rispetto a quanto precedentemente pattuito, la percentuale minima di alcune destinazioni. L’accordo novativo ha previsto l’impegno dell’Amministrazione a modificare sul punto le direttive conformemente a quanto al riguardo pattuito dalle parti.
Ulteriormente, la relazione tecnica che accompagna la Variante n. 15 testualmente afferma che essa « ha la finalità di chiarire e tradurre in forma grafica e normativa il contenuto degli accordi stipulati tra le parti che sottoscrivendola la riconoscono conforme alla propria volontà »;e in più punti richiama espressamente l’accordo pianificatorio per affermare la rispondenza allo stesso delle nuove previsioni di piano.
Le suvviste circostanze dimostrano inequivocabilmente come con l’accordo pianificatorio in esame il Comune di Grado si sia pienamente vincolato, rinunciando alla propria discrezionalità. Il che comporta la illegittimità dell’accordo pianificatorio.
6.5. Peraltro, tale illegittimità non può essere circoscritta, così come pretende la difesa comunale, al solo accordo determinativo del contenuto della Variante. Come osservato in precedenza, l’atto provvedimentale non è espressione di autonoma volontà dell’Amministrazione procedente, ma si limita a esternare la scelta pianificatoria assunta nell’accordo viziato.
Non essendo un atto autonomo, ma meramente esecutivo, alla Variante si estendono i vizi dell’accordo pianificatorio e, dunque, anch’essa, per le medesime ragioni, va dichiarata illegittima e per l’effetto annullata.
6.6. La fondatezza del primo motivo di impugnazione comporta, a contrario, l’infondatezza del secondo motivo: fra le disposizioni che l’articolo 13, comma 1, L. n. 241/1990 e l’articolo 18, comma 1, L.R. F.V.G. n. 7/2000 non estendono agli atti di pianificazione territoriale vi sono, oltre a quelle sugli accordi integrativi e sostitutivi di provvedimento, anche quelle sulla partecipazione procedimentale.
Conseguentemente, i ricorrenti non possono dolersi del mancato rispetto dell’articolo 7 L. n. 241/1990. Altre – diverse dalla comunicazione individuale di avvio del procedimento – sono, infatti, le modalità in cui si esplica la partecipazione dei singoli alle procedure di approvazione degli strumenti di pianificazione generale.
7.1. Il Collegio, ritenendo di non vertere in una delle ipotesi residuali nelle quali, secondo l’insegnamento dell’Adunanza plenaria (cfr., sentenza n. 5/2015), è consentito utilizzare la tecnica dell’assorbimento, passa ora all’esame delle ulteriori doglianze sollevate dai ricorrenti avverso gli atti gravati, muovendo da quella che contesta l’utilizzo nel caso di specie della procedura di approvazione prevista per le cd. varianti al PRGC non sostanziali.
7.2. Ci si riferisce, segnatamente, al procedimento semplificato, delineato dal combinato disposto dell’articolo 63, comma 5, L.R. F.V.G. n. 5/2007, e dell’articolo 17 del Regolamento regionale emanato con Decreto presidenziale n. 86/2008: procedimento nel quale sostanzialmente manca l’atto Regionale che conferisce esecutività allo strumento urbanistico.
L’atto pianificatorio è, dunque, interamente un atto comunale, ragione per cui la Regione non doveva qui essere evocata in giudizio.
Orbene, le disposizioni sopra richiamate indicano le ipotesi tassative nelle quali è consentito accedere a questa modalità semplificata di approvazione di una variante, tutte accomunate dal rispetto di stringenti parametri urbanistici.
7.3. La tesi di parte ricorrente è che la Variante n. 15 non sia sussumibile in alcuna delle ipotesi normativamente previste, a tal fine depositando la relazione peritale di consulente di parte, tesa a dimostrare la sostanzialità dello strumento in esame. L’argomento principale si fonda sull’assunto errato dimensionamento degli abitanti previsti, operato dai progettisti del piano comunale (160 mc. per abitante, in luogo di 100 mc. per abitante, e utilizzo della superficie utile di pavimento in luogo di quella lorda).
Sennonché, le obiezioni dei deducenti sono state tutte puntualmente ribattute dalla difesa comunale nella memoria depositata in data 15 settembre 2015. E, ancor prima, la relazione tecnica alla Variante n. 15 esplicita con chiarezza le ragioni che, anche sulla scorta della strumentazione previgente, ne giustificano la qualificazione in termini di non sostanzialità. Infatti, è stato spiegato che il diverso indice volumetrico utilizzato è ammesso dal PURG e che il diverso indice di superficie è consentito dalla vigente disciplina regionale (legislativa e regolamentare) in materia edilizia.
Ebbene, il ragionamento dell’Amministrazione non risulta affetto da incongruenze o da carenze di motivazioni, che sole potrebbero consentire a questo Giudice, eventualmente con l’ausilio di una CTU di giungere a una conclusione diversa.
7.4. Il motivo di impugnazione è, dunque, infondato e va respinto.
8.1. Possono, infine, essere trattati congiuntamente i restanti motivi di impugnazione (dal quarto al settimo), in quanto tutti diretti a contestare nel merito le scelte pianificatorie dell’Amministrazione comunale.
8.2. Preliminarmente, va ricordato come, per consolidato insegnamento giurisprudenziale, cui il Collegio ritiene senz’altro di aderire, la discrezionalità del Comune nella disciplina del proprio territorio sia assai ampia, non necessiti di regola di puntuale motivazione delle singole scelte (essendo sufficiente l’esplicitazione delle ragioni di fondo che sorreggono il nuovo assetto) e non sia vincolata in linea di principio dalle zonizzazioni e localizzazioni preesistenti (cfr., T.A.R. Umbria, sentenza n. 402/2015).
Di per sé una destinazione precedentemente impressa a un’area non implica affatto che quell’area mantenga all’infinito quella destinazione, è nella natura della pianificazione urbanistica tener conto delle mutazioni medio tempore intervenute nel più ampio contesto in cui l’area medesima si inserisce, nonché delle sopravvenute esigenze da soddisfare (cfr., T.A.R. Emilia Romagna – Bologna, Sez. I^, sentenza n. 654/2015).
Pertanto, sugli atti di esercizio del potere di pianificazione il sindacato del Giudice amministrativo è necessariamente limitato alle ipotesi di errori di fatto o di irrazionalità, irragionevolezza o abnormità della scelta (cfr., C.d.S., Sez. IV^, sentenza n. 4072/2015).
8.3.1. Riesaminate alla luce delle suvviste coordinate giurisprudenziali, le censure sollevate dai deducenti nei confronti delle scelte pianificatorie operate dal Comune di Grado nella Variante n. 15 non sono suscettibili di favorevole apprezzamento, a eccezione di quella che stigmatizza la disparità di trattamento quanto alle modalità di calcolo della volumetria nei due ambiti contermini della ex Valle Cavarera (sesto motivo).
8.3.2. I ricorrenti, infatti, da un lato, non sono titolari di un‘aspettativa qualificata (come tale tutelata) a che le aree di cui sono titolari mantengano la destinazione artigianale, dall’altro lato, la scelta di affiancare, a quella artigianale, altre destinazioni urbanistiche, ivi compresa la residenziale pura e la residenziale convenzionata, non appare ictu oculi irragionevole, tenuto conto che anche in origine non si trattava di aree a vocazione produttiva, come denota il precedente azzonamento come ZTO C.
8.3.3. Discorso diverso va, invece, fatto con riguardo alla previsione per i diversi ambiti di due modalità diverse, che all’evidenza conducono a risultati diversi, di calcolo della volumetria. Tale differenziazione risulta in effetti priva di giustificazione alcuna. Né l’Amministrazione può trincerarsi dietro il paravento della discrezionalità amministrativa, che per quanto ampia non può assurgere ad arbitrio.
9.1. In conclusione, il ricorso viene accolto per le ragioni esposte in precedenza e per l’effetto gli atti impugnati vengono annullati.
9.2. In considerazione della complessità delle questioni giuridiche e della circostanza che l’Amministrazione si sia avvalsa, sia pure in un momento successivo, dell’apporto del parere di un esperto, il Collegio ritiene di compensare per metà le spese di lite e per metà di porre a carico del Comune resistente e delle società controinteressate, in solido tra loro, le spese sostenute dai ricorrenti, nella misura liquidata in dispositivo, compensando integralmente le spese con le associazioni intervenienti ad adiuvandum.