TAR Firenze, sez. II, sentenza 2012-12-06, n. 201201973
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N. 01973/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02362/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2362 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Tognozzi Building s.p.a., in persona del legale rappresentante pt., rappresentata e difesa dagli avv. G G, A U S, con domicilio eletto presso G G in Firenze, via Maggio 30;
contro
- Comune di Bagno a Ripoli, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. D M T, con domicilio eletto presso D M T in Firenze, via Lamarmora 14;
- ASL n. 10 - Firenze, in persona del direttore generale p.t., rappresentata e difesa dagli avv. L M, M F, con domicilio eletto in Firenze, p.za S.M. Nuova 1;
per l'annullamento
- anche con atto di motivi aggiunti depositati presso questo Tribunale in data 30 01. 2012;
a) dell'ordinanza n. 2/636 del 18 novembre 2011, con cui il sindaco di Bagno a Ripoli ha ordinato alla ricorrente di provvedere " alle operazioni di rimozione e smaltimento dei materiali contenenti amianto derivanti dal crollo delle coperture di cemento-amianto dei capannoni presenti nel sito ex Fornace Brunelleschi ubicato in via di Tizzano 177-179, loc. Capannuccia, comune di Bagno a Ripoli, dando attuazione al piano di lavoro presentato dall'Azienda sanitaria Firenze in data 06/10/2011 " e, ultimate queste operazioni, a presentare " il piano di bonifica complessivo dell'intero sito nell'area , per la rimozione e smaltimento dell'amianto " ed a " mettere in atto le proposte presentate nel piano di lavoro approvato ";
b) di ogni atto presupposto, conseguente e comunque connesso ed in particolare delle note e pareri della Azienda sanitaria di Firenze n. 10, Ufficio di igiene e sanità pubblica e Ufficio prevenzione igiene e sicurezza luoghi di lavoro in data 12 agosto 2011, 17 agosto 2011, 4 novembre 2011 e 14 novembre 2011.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Bagno a Ripoli e di ASL 10 - Firenze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2012 il dott. B M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Riferisce la società ricorrente di essere proprietaria di un ampio compendio immobiliare sito in località Capannuccia, nel comune di Bagno a Ripoli, costituito dalla ex fornace Brunelleschi, della consistenza di mq. 74.947.
Il compendio è inserito, unitamente a terreni di proprietà del Comune, della Provincia di Firenze e di terzi, in un comparto unitario di trasformazione la cui attuazione è soggetta a Piano attuativo, presentato al Comune per l'approvazione nell’agosto 2005 e, al momento della proposizione del ricorso, non ancora approvato, né adottato.
Ai primi di luglio 2011 la ricorrente denunciava alla Stazione dei Carabinieri di Grassina che ignoti si erano introdotti nel compendio immobiliare mediante l'effrazione del sistema di chiusura dell'ingresso e avevano asportato una ingente quantità di materiale ferroso (circa 40 t) costituente la struttura portante della tettoia di due capannoni. Veniva altresì segnalato che, a seguito della demolizione, si era provocata la rottura dei pannelli di eternit costituenti il manto della copertura.
Con nota del 26 luglio 2011 di tali circostanze veniva informato anche il Comune di Bagno a Ripoli con la precisazione che, essendo la società deducente immune da colpe, non reputava di essere soggetta ad alcun obbligo di intervento.
Nondimeno, nel corso del mese successivo, la ricorrente provvedeva all'incapsulamento di tutto il materiale in cemento-amianto presente in terra, in conformità del piano di lavoro predisposto dalla ditta Tecneco, all’uopo incaricata, e del parere autorizzativo formulato dalla ASL n. 10 in data 4 agosto 211.
Detto ente, peraltro, in data 12 agosto 2011 formulava l'invito alla presentazione di un nuovo piano di lavoro per la bonifica totale dell'amianto presente nel sito.
Con missiva del 21 ottobre 2011 la Tognozzi Building escludeva ogni obbligo di esecuzione degli interventi previsti dal nuovo piano di lavoro, lamentando di avere già provveduto ad attivare le operazioni di messa in sicurezza ed evidenziando l'ingente costo che avrebbe comportato il portare a compimento il piano di lavoro richiesto dalla ASL n. 10.
Con l'ordinanza in epigrafe, notificata il 22 novembre 2011, il Sindaco di Bagno a Ripoli, visto il piano di lavoro della Tecneco e le note della Azienda ASL del 12 agosto, 17 ottobre, 4 e 14 novembre 2011 con le quali si ribadiva la sussistenza di condizioni di degrado della struttura in questione tali da rendere palese un rischio significativo per la salute pubblica ingiungeva alla ricorrente di " dare avvio alle operazioni di rimozione e smaltimento dei materiali contenenti amianto derivanti dal crollo delle coperture in cemento-amianto dei capannoni presenti nel sito ”;di terminare i lavori di cui al punto precedente entro 120 giorni dalla notifica dell'ordinanza;di presentare il " Piano di Bonifica complessivo dell'intero sito industriale, quale completamento degli interventi già svolti o in corso nell 'area" precisando che in difetto di adempimento da parte dell’intimata " si provvederà d'ufficio a spese del contravventore, oltre alla denuncia all'Autorità Giudiziaria ai sensi dell'articolo 650 cod. pen. ".
Contro tali atti ricorre la società in intestazione chiedendone l’annullamento, con vittoria di spese e deducendo i motivi che seguono:
1. Violazione di legge con riferimento all’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, all’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, all’art. 12 l. n. 257/1992 e al principio di tipicità dell’illecito omissivo. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e di motivazione, illogicità e sviamento.
2. Violazione di legge con riferimento all’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, all’art. 12 l. n. 257/1992. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di motivazione e di istruttoria, contraddittorietà, illogicità e sviamento.
3. Violazione di legge con riferimento all’art. 50 del d.lgs. n. 267/2000, all’art. 12 l. n. 257/1992. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, illogicità e sviamento.
Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate opponendosi all’accoglimento del gravame.
Con ordinanza n. 30 del 13 gennaio 2012 veniva respinta la domanda incidentale di sospensione dell’atto impugnato.
Sull’appello proposto dalla ricorrente, il Cons. Stato, sez. V, con ordinanza n. 1488 del 18 aprile 2012, accoglieva la domanda di sospensione limitatamente alla “ presentazione di un piano di bonifica complessiva del sito, nonché alla sua esecuzione entro brevi termini ”.
A seguito del deposito da parte della Comune e dell'Azienda sanitaria n. 10 di Firenze di documentazione concernente il procedimento, la società ricorrente notificava, ritualmente depositandolo il 30 gennaio 2012, un atto contenente motivi aggiunti, come di seguito precisati:
4. Violazione di legge con riferimento agli artt. 50 e 54 del d.lgs. n. 267/2000. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e di motivazione, travisamento dei fatti, contraddittorietà manifesta, carenza di istruttoria.
Alla pubblica udienza del 16 ottobre 2012 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Con il ricorso in esame viene impugnata l’ordinanza in epigrafe con cui il Sindaco del Comune di Bagno a Ripoli ha ingiunto alla ricorrente, entro 120 giorni dalla notifica, di rimuovere e smaltire i materiali contenti amianto “ derivanti dal crollo delle coperture in cemento-amianto dei capannoni presenti nel sito di proprietà della medesima (ex fornace Brunelleschi )”,, nonché di presentare il " Piano di Bonifica complessivo dell'intero sito industriale, quale completamento degli interventi già svolti o in corso nell'area " precisando che in difetto di adempimento da parte dell’intimata " si provvederà d'ufficio a spese del contravventore, oltre alla denuncia all'Autorità Giudiziaria ai sensi dell'articolo 650 cod. pen. ".
Il ricorso è suscettibile di parziale accoglimento.
La ricorrente lamenta, con il primo motivo, che l'assenza di ogni responsabilità in ordine alla causazione dei fatti dai quali si è poi originato il danneggiamento parziale della copertura in eternit dei capannoni eliderebbe in radice l'obbligo di provvedere allo smaltimento atteso che l'art. 192 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 impone tale adempimento al proprietario dei luoghi in cui i rifiuti sono stati abbandonati solo quando il fatto sia imputabile al proprietario stesso, a titolo di dolo o di colpa.
La tesi non può essere condivisa.
L’art. 12, co. 3, della l. 27 marzo 1992, recante norme relative alla cessazione dell'impiego dell'amianto, stabilisce che “ Qualora non si possa ricorrere a tecniche di fissaggio, e solo nei casi in cui i risultati del processo diagnostico la rendano necessaria, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dispongono la rimozione dei materiali contenenti amianto, sia floccato che in matrice friabile. Il costo delle operazioni di rimozione è a carico dei proprietari degli immobili ”.
Una piana lettura della norma conduce ad escludere ogni riferimento a profili soggettivi riconducibili a colpa o dolo del proprietario dell’immobile a cui restano addossati gli oneri della rimozione per una sorta di collegamento oggettivo con il possesso dell’immobile stesso, salva ovviamente la possibilità di rivalersi sull’effettivo autore della contaminazione.
La seconda censura è incentrata sulla mancanza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 50 del Testo unico degli enti locali, nonché sul difetto di istruttoria e travisamento dei fatti da cui sarebbe inficiato il provvedimento avversato. Ciò in quanto la legge n. 257 del 1992 non impone un obbligo generalizzato di rimozione del materiale contenenti amianto esistente negli edifici realizzati prima dell'entrata in vigore della legge stessa. Tale obbligo sussiste solo quando “ siano presenti materiali prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile ” e qualora “ non si possa ricorrere a tecniche di fissaggio ”.
L’assunto è solo in parte persuasivo.
Dispone l’art. 50, co. 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 che “… in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale… ”.
Per consolidata giurisprudenza la norma è interpretata nel senso il potere del Sindaco di adottare le ordinanze ex art. 50 comma 5, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, è subordinato all'eccezionalità ed imprevedibilità della situazione, a cui non sia possibile far fronte con i mezzi previsti in via ordinaria dall'ordinamento, e ad una situazione di pericolo effettivo, quest'ultima da indicare nell'ordinanza quale ragionevole probabilità che accada un evento dannoso nel caso in cui l'Amministrazione non intervenga prontamente.
Ne discende che il collegamento con le esigenze di protezione dell'igiene e della salute pubblica costituisce un presupposto necessario per giustificare il ricorso a detto potere ordinatorio, ma non è sufficiente, laddove non sussistano gli ulteriori particolari requisiti di urgenza e, quindi, pericolo per l'incolumità pubblica (cfr. T.A.R. Lazio, Latina, 10 maggio 2012, n. 351;T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. II, 3 novembre 2004, n. 2453).
Orbene, nel caso di specie gli accertamenti eseguiti dall’Ufficio di igiene e sanità pubblica e dall’Ufficio prevenzione igiene e sicurezza luoghi di lavoro dell’ASL 10 di Firenze hanno evidenziato a sufficienza l’esistenza di un potenziale pericolo per la salute pubblica tale da non poter essere scongiurato attraverso gli ordinari strumenti di tutela approntati dall’ordinamento. Né in tal senso può essere considerato sufficiente l’incapsulamento già eseguito dalla deducente, atteso il carattere provvisorio di tale soluzione atta a fornire solo una risoluzione parziale del problema.
Per contro il provvedimento impugnato si palesa illegittimo, come rilevato in sede cautelare dal Giudice d’appello, per quanto attiene all’estensione dell’intervento anche alla predisposizione del piano di bonifica complessivo dell'intero sito industriale, a completamento degli interventi di messa in sicurezza.
Invero, dalla lettura della normativa recata dalla citata legge n. 257/1992 non pare potersi evincere un obbligo cogente e generalizzato di rimuovere il materiale contenente amianto già utilizzato negli edifici privati prima dell'entrata in vigore della legge n. 257/1994, salvo che lo stato di manutenzione del medesimo ne renda evidente l'opportunità (T.A.R. Toscana, sez. II, 11 dicembre 2010 n. 6722).
Per altro verso, i principi enucleati dalla giurisprudenza in tema di ordinanze extra ordinem subordinano l’utilizzo di tale strumento giuridico all'eccezionalità ed imprevedibilità della situazione, a cui non sia possibile far fronte con i mezzi previsti in via ordinaria dall'ordinamento.
In tal guisa, oltre che per la contingibilità ed urgenza, i provvedimenti in esame si caratterizzano anche per la loro provvisorietà, nel duplice senso dell'imposizione di misure non definitive e di efficacia temporale normalmente limitata (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, 20 gennaio 2009, n. 47), non potendo il Sindaco farvi ricorso per risolvere problematiche che necessitano l’espletamento delle misure ordinarie previste dall'ordinamento per il corretto esercizio dell'azione amministrativa (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 13 marzo 2008, n. 593).
In definitiva, l'atipicità contenutistica di siffatti provvedimenti, che deroga al principio di legalità sostanziale, per consentire una maggiore duttilità all'azione dell'Ente locale, è giustificabile, all'esito di un complessivo bilanciamento dei valori, proprio e soltanto se sussistono effettivamente le suesposte note identificative delle predette ordinanze (T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. II, n. 47/2009, cit.).
Non può quindi ritenersi che, in via d’urgenza, sia possibile imporre al privato l’obbligo di provvedere alla bonifica del sito contaminato o di predisporne il relativo preliminare piano, atteso il carattere definitivo che l’assetto di interessi in gioco verrebbe a configurare.
Infondato si palesa il terzo motivo con cui la ricorrente solleva problematiche inerenti alla mancata approvazione del piano attuativo che, tuttavia, possono avere solo un rilievo mediato con la vicenda in esame, non attenendo direttamente alla situazione di pericolo venutasi a creare a seguito dei fatti descritti in narrativa.
L’ultima doglianza avanzata con i motivi aggiunti depositati il 30 gennaio 2012 insiste sull’insussistenza dei presupposti per l’esercizio, da parte del sindaco, dei poteri extra ordinem .
Valgono in proposito le considerazioni già esposte in precedenza che conducono ad un parziale accoglimento della censura.
In definiva, tanto il ricorso che i motivi aggiunti possono essere accolti solo nella misura in cui il provvedimento impugnato impone alla società ricorrente l’ulteriore onere di provvedere a predisporre il " Piano di Bonifica complessivo dell'intero sito industriale, quale completamento degli interventi già svolti o in corso nell'area ", mentre vanno respinti per il resto.
Le spese del giudizio, in ragione della reciproca e parziale soccombenza, possono trovare integrale compensazione tra le parti.